Capitolo 2

Aziraphale ci mise un minuto buono per capire dove si trovasse.

La sua schiena invece lo sapeva benissino: dormire per terra, che fosse la terra o un soppalco o qualunque altra superficie piatta e rigida, non era assolutamente cosa per lui. Si sentiva la mente annebbiata e tutte le membra intorpidite.

Crowley non c'era. Doveva essersi svegliato prima di lui.

Sentì la porta aprirsi proprio in quel momento.

"Crowley?" chiese.

Ci fu un fruscio di foglie e rumore di qualcosa che cadeva a terra.

"Buongiorno Aziraphale! Ho approfittato per andare a recuperare un po' di legna. Se la lascio qui dentro si asciugherà presto. Ha smesso di piovere stanotte".

La sua voce suonava allegra, viva.

"Che ore sono?"

"Sei e trenta. Fuori è un po' bagnato, ma oggi non dovrebbe piovere. Vieni giù, facciamo colazione. Poi ti accompagnerò fino alla macchina e ti segnerò il percorso sulla mappa fino al primo distributore".

Aziraphale scese e trovò il té già pronto nella tazza.

"Sei davvero troppo gentile. Posso andare da solo, non ti preoccupare".

"Preferisco accompagnarti almeno fino a dove hai lasciato la macchina, poi la strada è più semplice. Mi piace camminare, è una bella giornata. Quando arrivi al distributore puoi fare il mio nome, qualcuno ti accompagnerà indietro. Qui sono tutti gentili... è un posto speciale".

Aziraphale rimase in silenzio per un po', sorseggiando il té.

"Tu vivi qui da molto?" gli domandò.

"Da qualche anno. Quattro o cinque. Ho una specie di scuola di sopravvivenza, se vogliamo chiamarla così. Faccio la guida in montagna, soprattutto in estate".

"Oh! Potrei magari assumerti? È evidente che ne sai più di me".

Crowley rimase per un secondo paralizzato con la tazza sbreccata in mano, a metà strada tra il tavolino e la bocca.

"Certo" rispose.

"Ti scrivo il numero da qualche parte" aggiunse con un'espressione indecifrabile.


***


Poco dopo avevano finito la colazione, avevano chiuso gli zaini ed erano già sulla strada.

Crowley camminava velocemente, a falcate lunghe, e sembrava uno di quegli stambecchi in grado trovare un percorso sicuro in mezzo a qualunque sassaia. Il sentiero non era segnato, almeno non agli occhi di Aziraphale, quindi lo seguì senza parlare. Dovette faticare un po' per stare al suo passo, ma aveva muscoli forti, se non lo stesso fiato. Approfittò per guardarsi di nuovo intorno: era un'area davvero bellissima. Il giorno precedente, in salita, era stato più difficile.

Quando arrivarono il Pandino giallo era lì ad aspettarli, esattamente come Aziraphale lo aveva lasciato il giorno precedente. Crowley si sedette sul ciglio della strada e gli spiegò come proseguire dal punto in cui si trovavano.

"Scendi giù per la sterrata tenendo sempre la sinistra" disse, seguendo con il dito il percorso sulla cartina topografica, "Quando arrivi alla strada asfaltata gira sempre a sinistra. Cammina sul lato interno, e fai attenzione ai tornanti. Ce ne sono due o tre molto stretti, e se passa qualche macchina tende a stringere. Il distributore è lungo la strada, potresti metterci altre due ore più o meno. Mi rendo conto che non è vicino, e se fossi qui con la macchina ti accompagnerei, ma sono a piedi come te. Quando arrivi chiedi di Tomat e digli che deve un favore a Crowley. Ti accompagnerà lui".

Gli cacciò la mappa tra le mani, e poi si rialzò con un movimento fluido che Aziraphale gli invidiò moltissimo.

"Torno su. Ho alcune cose da controllare, al rifugio. In bocca al lupo, angelo".

"Grazie mille, davvero. Mi hai salvato. Sei davvero gentile" gli sorrise con calore, stringendo la cartina tra le dita.

"Nhh, non sono gentile. È tutto a posto".

Voltò i tacchi, e riprese il sentiero da cui erano arrivati.

Aziraphale bevve un sorso d'acqua dalla borraccia termica. Solo allora si ricordò che non aveva più chiesto il numero di telefono a Crowley. Inseguirlo per la seconda volta in due giorni gli sembrava davvero troppo sfacciato. Chinò la testa, sentendosi sconfitto. Era stato uno sciocco, come aveva potuto dimenticarselo? Forse avrebbe potuto domandare al signor Tomat, ma non era del tutto sicuro di essere in grado di farlo, un po' perché non riusciva a parlare bene in italiano, un po' per l'imbarazzo.

Solo alla fine della giornata, una volta aver recuperato la macchina ed essere riuscito a tornare nel suo mini appartamento a Gemona, e dopo una lunga doccia ristoratrice, si rese conto che Crowley aveva scarabocchiato il suo numero sul retro della cartina.


***


I giorni successivi furono pieni di impegni per Aziraphale.

C'era stato un lungo meeting con il Preside di Facoltà. Poi aveva dovuto preparare una presentazione per un convegno. Infine aveva iniziato a scrivere la prima parte di un articolo. Si era immerso in quella che era la sua routine e, in buona sostanza, aveva rimandato più volte quella telefonata. Quasi una settimana dopo si rese conto di aver aspettato troppo. Forse non avrebbe dovuto chiamare. Forse era stata un'idea sciocca.

Forse non avrebbe dovuto tentare di contattare Crowley.

Gli uomini attraenti portano guai.

Se lo era ripetuto più e più volte durante la vita, fino ad esserne convinto.

E Crowley era estremamente attraente.

Aziraphale sapeva perfettamente di essere gay, ma non era stata una realizzazione istantanea per lui.

Alle scuole primarie aveva trovato la compagnia delle bambine piacevole più o meno quanto quella dei bambini, ma quando aveva raggiunto l'adolescenza si era reso conto di non capire per quale motivo i compagni di classe non facessero altro che parlare di questa o quell'altra ragazza. Poco distante dal loro edificio, dall'altro lato di un piccolo parco nella campagna fuori Londra, si trovava la scuola femminile gemella della sua, e gli altri ragazzini organizzavano rocambolesche fughe notturne per incontrare di nascosto la ragazza del loro cuore. Aziraphale non ci aveva mai provato e i suoi rarissimi contatti con le coetanee erano ridotti alle poche feste che dava la scuola e alla messa della domenica, fatta nella cappella al centro del parco. Tra i ragazzi era tutto un bisbigliare e un indicarsi tra di loro e risatine e rimbrotti dei professori, mentre Aziraphale provava solo un enorme imbarazzo, principalmente perché non riusciva a sentire lo stesso interesse. Spinto dai compagni e visto che lo facevano tutti, aveva tentato un paio di timidi approcci, ma aveva lasciato perdere quasi immediatamente. Le ragazze non facevano per lui.

E poi c'era stato George.

George dai riccioli scuri e gli occhi neri, il fisico asciutto, sottile e atletico.

George dalle labbra piene e il sorriso da malandrino.

Aveva avuto una tremenda cotta per lui per tutto il periodo delle scuole superiori. Erano stati compagni di stanza durante il terzo anno, ed Aziraphale ricordava perfettamente con quanto imbarazzo la mattina gli capitava di dover nascondere la sua inconveniente eccitazione quando lo vedeva vestirsi. E poi c'era stata quella sera in cui George aveva tirato fuori una bottiglia di rum da sotto al letto, e avevano bevuto insieme e riso fino alle lacrime, e poi Aziraphale lo aveva baciato, e George aveva risposto baciandolo a sua volta, ed erano finiti a masturbarsi a vicenda, confusamente e in modo maldestro, ridendo e gemendo, e poi si erano addormentati insieme nel letto di Aziraphale... E lui non era mai stato così felice. Aveva provato per la prima volta una sensazione di completezza, come se qualcosa si fosse aggiustato nella sua vita. Come se avesse trovato finalmente il pezzo del puzzle che gli mancava per capire se stesso. Ma il giorno dopo George aveva chiesto di cambiare stanza, lo aveva evitato in classe e lungo i corridoi della scuola, e i loro rapporti non erano mai tornati come prima.

Aziraphale aveva avuto il cuore spezzato per tantissimo tempo.

C'erano state altre persone, poi.

Storie che duravano il tempo di una notte. Uomini più grandi, che lo rimorchiavano ai locali per via dei suoi occhi grandi e i suoi riccioli chiari, e lo scopavano contro il muro di un bagno, per poi lasciarlo pieno di rimorsi e di senso di colpa. Era sempre andato fuori Londra, sempre in posti diversi, sempre di nascosto. Negli ultimi anni non si era più preoccupato molto di tutta la faccenda "relazioni e sesso", e a parte occasionali momenti di desiderio, che risolveva da solo nel letto o nella doccia, Aziraphale aveva lasciato le cose così come stavano. Gli uomini non lo guardavano più allo stesso modo, perché lui non era più un ragazzino. Oramai aveva quarant'anni, e fare un coming out ufficiale era insensato.

La sua famiglia... era un discorso differente.

Era una solida famiglia tradizionale, e l'unica volta che Aziraphale aveva provato a parlare con la madre dell'argomento lei lo aveva zittito dopo pochi minuti, dicendogli che gli sarebbe passata, che tutti i ragazzini prima o poi hanno delle cotte per i loro compagni di classe. Col passare degli anni le cose per Aziraphale non erano cambiate e lui si era reso conto che quella non era una fase. Constatando la sua incapacità nel trovarsi una moglie da solo, i genitori avevano organizzato delle cene o dei piccoli party per presentargli questa o quella ragazza di buona famiglia, ed Aziraphale aveva cortesemente declinato qualunque tipo di avance. Erano ormai almeno due o tre anni che non succedeva più: probabilmente le giovani donne cercavano altro. Ad Aziraphale andava benissimo così.

Aveva il suo lavoro, le sue passioni, i suoi libri. La sua migliore amica, Maggie, di tanto in tanto gli diceva che non avrebbe dovuto chiudersi così, che meritava di essere amato e che doveva lasciarsi andare, perché poteva ancora trovare un compagno. Maggie era l'unica che sapeva della sua omosessualità. Aziraphale sorrideva e le rispondeva "A che mi serve qualcuno? Ho te!". Lei scuoteva la testa, ma prima o poi tornava sempre sull'argomento.

Aziraphale non voleva un compagno. Era troppo complicato. E poi non riusciva mai ad avvicinarsi a nessuno abbastanza da provare vero interesse.

Crowley era un discorso a parte.

Aziraphale si era sentito stranamente a suo agio con lui e aveva provato un'attrazione immediata, che però si era affrettato a negare. Infatuarsi di un uomo così attraente, sicuramente eterosessuale, era una cosa stupida che gli avrebbe portato solo problemi.

Così come lo sarebbe stato rivederlo, probabilmente.


***


Da quando era in Italia, la mattina aveva preso l'abitudine di andare ad un bar che si trovava al piano terra dello stabile in cui si trovava il suo appartamento. Lui era al secondo piano, proprio sotto al tetto. Aveva un minuscolo balconcino da cui però riusciva a vedere un bel pezzo di cielo e in lontanaza le montagne.

Solitamente prendeva una brioche e un cappuccino e rimaneva seduto ad uno dei tavolini per una mezz'ora. A volte portava con sé un libro. A volte ascoltava le chiacchiere dei locali per cercare di capire un po' meglio la lingua. A volte rimaneva semplicemente perso nei suoi pensieri.

Questa era una di quelle mattine.

Si gingillava ancora con il pensiero di telefonare a Crowley, non risolvendosi però a farlo. Cercò di concentrarsi sulle voci attorno a lui, sulla musicalità di quella lingua, sui toni differenti.

Una delle voci colpì la sua attenzione. Aveva un marcato accento britannico.

Gli ci volle solo un attimo per rendersi conto che era quella di Crowley.

Si costrinse a rimanere calmo. Si sarebbe alzato e gli sarebbe andato incontro e lo abrebbe salutato normalmente. Tra un minuto lo avrebbe fatto.

"Hey angelo!" aveva sentito esclamare.

"Crowley!" replicò Aziraphale. Gli sorrise, cercando di infondere tutto il calore che sentiva, forse anche per sopperire alla chiamata mai fatta.

"Che sorpresa incontrarti" aggiunse.

Crowley indossava dei jeans neri usurati sulle ginocchia, aderenti come una seconda pelle, e una giacca scura. Ovviamente tutto gli calzava a pennello. I capelli erano raccolti in un nodo disordinato, e portava gli stessi occhiali da sole con cui lo aveva visto la prima volta.

Era bellissimo.

"Davvero una sorpresa. Sei qui di passaggio?" domandò Crowley.

"Oh no, ho un appartamento proprio qui sopra, al secondo piano".

"Non mi dire. Siamo quasi vicini di casa".

Aziraphale dovette sforzarsi per non battere le mani, per quanto era deliziato dalla coincidenza.

"Sul serio? Ma è splendido! Vuoi sederti?".

"Beh... perché no. Non ho impegni adesso, o comunque niente che non si possa rimandare".

Appoggiò il mento su una mano, e lo guardò attraverso le lenti scure. Un raggio di sole, passandoci attraverso, gli illuminò gli occhi, che apparivano divertiti ed interessati.

Il cuore di Aziraphale saltò un battito.

"Mi devo scusare con te" incominciò.

"Non ti ho più chiamato né scritto, anche se avevo intenzione di farlo. Mi sono lasciato prendere dalla mia routine e ho atteso troppo".

Ecco, l'aveva detto. Sperò di non averlo offeso, e poi pensò che Crowley non aveva alcun motivo di sentirsi offeso o risentito. Sicuramente aveva avuto altro a cui pensare, che non la sua telefonata.

"Non c'è problema. Ho pensato che avessi trovato qualcun altro che ti accompagnasse in montagna. In questo periodo non c'è moltissima richiesta quindi ci sono tante guide disponibili".

Si strinse leggermente nelle spalle.

"Assolutamente no!" si affrettò a rispondergli.

"Ho soltanto avuto molto da fare, non sono più andato in montagna, sono rimasto rintanato qui a scrivere. Ho iniziato un articolo e..."

"Non eri obbligato a chiamarmi" lo interruppe Crowley un po' bruscamente, alzando una mano. Poi aggiunse, con un tono leggermente più morbido: "Intendo dire che non abbiamo certo un contratto scritto. Quando e se avrai bisogno hai il mio numero".

Aziraphale rimase leggermente deluso, anche se sapeva che non doveva aspettarsi nulla. Non erano amici, il fatto che Crowley lo avesse aiutato non significava nulla di che: lo aveva detto anche lui che quello era un posto in cui si aiutavano tutti tra di loro.

"Dammi il tuo telefono" disse poi, colto da un'ispirazione improvvisa.

"Il mio telefono?".

"Sì, ti scrivo il mio numero".

Crowley glielo passò senza fiatare.

Aziraphale digitò il numero in fretta, aggiungendo nome e cognome per buona misura.

"Ecco qui, adesso anche tu hai il mio. E per ringraziarti dell'aiuto l'altro giorno, permettimi di invitarti a pranzo. Pensi di essere disponibile domani? Potremmo discutere di quello che mi servirebbe e potresti dirmi se mi serve altro equipaggiamento, per cominciare" chiese, speranzoso.

"Beh, come ti ho detto non c'è granché da fare fintanto che non arriva l'estate. Va bene. Hai già un'idea di dove vorresti pranzare?".

"Pensavo di invitarti da me. Posso cucinare io, e avremmo tutto il tempo di... pianificare".

Crowley rimase per qualche attimo in silenzio.

"Senza'altro. Hai detto che abiti qui sopra, giusto?".


***

***


Aziraphale aveva imparato a cucinare appena era uscito dal collegio.

Gli piaceva mangiare bene e, di conseguenza, si rifiutava categoricamente di ricorrere ai fast food. Non potendo andare ogni giorno al ristorante, si era risolto ad arrangiarsi da solo e aveva imparato abbastanza rapidamente. Aveva comprato un buon numero di libri da cucina, aveva studiato le ricette con cura e, da scienziato qual era, aveva fatto più esperimenti per affinare la tecnica.

Dopo vent'anni, si riteneva relativamente sicuro di poter offrire a qualcuno un pranzo di buona qualità.

Aveva quindi comprato tutto il necessario per fare un piatto tipico della zona, il frico. Lo aveva mangiato una delle prime sere che era arrivato in quel paesino incastrato tra il fiume e le montagne. Gli era piaciuto moltissimo, sebbene fosse un piatto semplice. Bastava avere degli ingredienti di buona qualità e il gioco era fatto. Preprò anche un piatto con del prosciutto e dei formaggi locali. Un po' di pane preso la mattina stessa al piccolo forno a pochi passi dal suo appartamento, un paio di bottiglie di rosso fermo, e la cena sarebbe stata pronta.

Crowley arrivò in perfetto orario, e Aziraphale gli aprì la porta con una certa trepidazione. Era un appuntamento di lavoro, ma era davvero molto tempo che non invitava nessuno a pranzo.

Crowley aveva gli stessi abiti del giorno prima, ma qualche tocco diverso qui e lì fece capire ad Aziraphale che in qualche modo si era vestito "per l'occasione". I pantaloni lisi sulle ginocchia erano identici, ma il maglione a collo alto era più aderente, e aveva messo una sorta di cravattino di maglia metallica annodato all'altezza del torace. Era decisamente attraente.

Gli porse un vassoietto incartato e chiuso con un nastrino giallo.

"Qui in Italia si usa portare il dolce se si è invitati a pranzo. Spero ti piaccia".

Aziraphale sorrise con calore.

"Adoro i dolci. Per fortuna ci hai pensato tu, perché non avevo preparato nulla!".

Crowley non rispose se non con un breve sorriso. Si tolse gli immancabili occhiali da sole e li posò sul tavolinetto accanto alla porta di ingresso. Poi si guardò intorno.

Aziraphale era stato davvero felice di aver trovato quell'appartamento. Aveva un ampia zona giorno, con uno splendido tetto in legno a doppio spiovente, un caminetto su uno dei due lati corti e un angolo cottura subito accanto. C'era poi un bagnetto con una splendida vasca da bagno in ceramica bianca e la camera da letto, con un bel letto matrimoniale e un minuscolo balconcino. Era quasi più spazio di quanto gli servisse, ma era una zona davvero economica, ed Aziraphale aveva deciso di fare uno strappo. I tessuti dei divani erano di colori caldi e morbidi, a parte qualche cuscino dai toni più vivaci. Crowley si sedette sul bracciolo di uno dei divanetti e annusò l'aria.

"C'è un ottimo odore, angelo. Che cosa hai preparato?"

Angelo. Di nuovo.

Aziraphale si trovò ad arrossire leggermente nel sentire di nuovo quel soprannome. Crowley sembrava invece perfettamente a suo agio.

"Nulla di speciale, ho fatto il frico. E poi ci sono affettati e formaggi locali. Spero vada bene".

"Sembra perfetto".

Aziraphale versò due bicchieri di vino e ne porse uno a Crowley.

"A questa nuova collaborazione" disse Aziraphale.

"A una nuova amicizia" rispose Crowley.



Crowley, Marzo 2022

Cristo santissimo.

Non aveva mai conosciuto nessuno così. Quell'uomo era pieno zeppo di cose. Era sorridente, aveva delle piccole affettazioni che lo rendevano buffo, parlava in modo estremamente cortese e aveva il più classico dei classici accenti del sud dell'Inghilterra, una voce modulata, morbida, mutevole. E poi tutto a un tratto lo guardava in tralice. Alzava le sopraccigia, e il suo sguardo cambiava del tutto, e da radioso diventava pungente, provocante, quasi beffardo. E poi tornava quello di prima. E cambiava ancora. Non sembrava quasi una persona sola. Sembrava una moltitudine di esseri diversi che lottavano per uscire fuori e mostrarsi al mondo.

Aveva fatto del suo meglio per concentrarsi sulle cartine topografiche della zona, e sui sentieri che avrebbero dovuto seguire per cercare questo o quell'altro ammasso di rocce che interessava ad Aziraphale, ma aveva continuato a distrarsi. Lui aveva allargato le mani sul tavolo ed era chino sulle mappe, e Crowley si era ritrovato a fissare lo sguardo sulla pelle dietro alle sue orecchie, dove i capelli si arricciavano in piccole ciocche quasi bianche. La pelle era rosea e sembrava morbidissima. Crowley aveva voglia di baciarla.

Si costrinse a guardare la cartina per l'ennesima volta.

"Non ci puoi arrivare da questa parte" disse, poggiando il dito vicino a dove lo aveva tenuto Aziraphale solo un attimo prima. Doveva cercare di sembrare professionale, non un maniaco.

"Come mai?".

"Perché questa è una direttissima, salire su dritti per dritti è faticoso e ci vuole allenamento e pratica. Hai mai fatto arrampicata?"

"No ma..."

"Posso insegnarti. Ho tutta l'attrezzatura che serve. Ma non passeremo da qui, non subito".

"Va bene. Quindi cosa mi consigli?".

"Di passare da un'altra parte. O di rimandare".

Aziraphale lo guardò con le sopracciglia corrucciate per qualche istante. Strinse le labbra, come se volesse dire qualcosa, e poi scosse la testa.

"Come pensi sia meglio".

Aziraphale aveva assunto un'espressione arrendevole che Crowley avrebbe voluto dirgli tutto il contrario
(certo che possiamo andare da questa parte, ti porterò io, oppure andrò su io e ti tirerò giù tutta la montagna per fartela vedere)
ma nonostante la sua tendenza all'autodistruzione, ancora non era tanto pazzo dal dire roba del genere, non così, non adesso.


***


Avevano continuato a discutere e a fare piani per tutto il pomeriggio. Ormai avevano definito una serie di percorsi verso alcuni punti specifici. Avrebbero iniziato in un paio di giorni, se il tempo si fosse mantenuto buono.

"Buon dio, ti ho tenuto occupato tutto il pomeriggio!" aveva esclamato Aziraphale, quando aveva finalmente alzato gli occhi dal tavolo ingombro di mappe e guide e quaderni di appunti.

Ormai l'unica luce che entrava dalla finestra del salone era quella del lampione sulla piazzetta.

"Vuoi cenare qui?" gli chiese Aziraphale.

Avrebbe voluto. Non aveva poi così tanta voglia di prendere la macchina e tornare fin su alla chiesa. Ma non aveva coraggio di rimanere così a lungo con Aziraphale. Si sentiva già abbastanza sbalestrato e fuori di sé.

"Grazie, ma no. Devo tornare adesso".

"Abiti lontano? Mi dispiace se ti ho trattenuto troppo".

"Naaah. È una strada che faccio tutti i giorni. Potrei guidare a occhi chiusi" gli disse.

(ogni tanto lo aveva fatto. Era una cosa stupida, ma lo aveva fatto solo per vedere se ne era capace. Una volta aveva quasi rischiato di finire fuori strada, perché aveva perso il conto mentre voltava. Lui contava i secondi di ogni rettilineo e ogni curva, e in quell'occasione ne aveva saltato qualcuno. Plausibilmente sarebbe potuto morire, se ne avesse perso anche solo un paio di più. Ma era ancora vivo, quindi non era importante. Era importante essere qui, adesso, vivo)

"Lascia che ti riempia un paio di tupperware con qualcosa, così avrai la cena pronta".

Si voltò senza lasciargli modo di rispondere, e tornò dopo poco con un pacchetto e dei contenitori pieni di cibo. Tutta quella roba gli sarebbe bastata per un paio di giorni. Non era uno che mangiava tanto, in fondo.

"Allora buonanotte".

"Ngk. 'Notte angelo".

(Cristo Santo, Angelo, come cazzo mi viene in mente ma perché non la smetto)


***


Casa era sempre casa.

Sempre la stessa, da quasi cinque anni a questa parte.

Una minuscola chiesa sconsacrata, che Crowley aveva comprato insieme al pezzo di terra sui cui era costruita. In quei posti la terra costava poco, anche se ci trovavi una chiesa nel bel mezzo. In realtà, Crowley aveva scelto quel punto proprio perché in qualche modo perverso il pensiero di vivere in una chiesa sconsacrata gli piaceva. Gli dava la misura di quello che poteva essere e quello che non era più. Gli dava il sapore del disordine opposto all'ordine. Sapeva di gioventù e di vecchiaia, di ribellione e di una infinita protesta contro l'istituizione. Contro la famiglia, lo stato, contro lo stesso dio. Non ci era mai andato d'accordo in ogni caso, tanto valeva renderlo palese.

Crowley era uno che protestava. Non aveva mai smesso da quando aveva lanciato il primo vagito. La madre glielo aveva detto centinaia di volte quando era bambino: mai contento, mai soddisfatto, sempre contro le regole. Faceva troppe domande, sempre troppo scomode.

Scrollò le spalle. Il passato era il passato.

Lo spiazzo di fronte al piccolo edificio era illuminato dalla luna. Si sedette su una delle due panchine ai lati della porta, e appoggiò la schiena contro il muro in pietra, rilassando per intero le spalle e la colonna vertebrale. Si rese conto che era rimasto in tensione tutto il pomeriggio, come se fosse dovuto rimanere sull'attenti. Come se avesse voluto mostrarsi più alto, più forte, più possente forse, e non l'ammasso di ossa che era, tenute su da tendini e nervi e muscoli sottili. Crowley era sempre stato troppo magro, niente a che vedere con la pienezza e la forza quieta che mostrava uno come Aziraphale. Sembrava così pacato, così padrone dell'ambiente, mentre lui non riusciva a stare mai fermo.

Strinse il collo e la nuca con le dita sottili. Forse avrebbe dovuto provare con lo yoga prima o poi, anche se si sentiva stupido. Magari gli sarebbe bastato appendersi per un po' a testa in giù al bamboo sospeso in mezzo alla sala. Mentalmente ripassò i nodi che avrebbe dovuto eseguire.

Era una notte tersa, e Crowley si fermò per un attimo ancora a guardare la valle illuminata più in basso. Per la prima volta da che viveva lì, rimpianse di non poter vedere le luci di Gemona, ma solo quelle della più piccola Venzone.

Aziraphale era da qualche parte, dietro le Cime del Musi e del Chiampon.




Note: Ed eccoci al secondo capitolo. Si entra un pochino più nel vivo della storia, e soprattutto si gettano le basi per il loro rapporto. Crowley, ovviamente, è già andato, perso. Aziraphale... ha i suoi tempi. Come avete visto, questa storia oscillerà un po' tra i due punti di vista di Crowley e di Aziraphale... mi auguro che risulti comprensibile!
A tra una settimana.
Gladia <3

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