Capitolo 14
Crowley, 20 Gennaio 2023, ore 18.45
Lusso.
Sfrenato e sfacciato.
Potevano dire qualunque cosa volessero dell'interno del Ritz, che era elegante, di classe, intramontabile e profondamente inglese, ma quel posto per Crowley era prima di tutto sfacciato. E lui ne sapeva qualcosa: la sfrontatezza era il suo pane quotidiano, l'impudenza il condimento di ogni suo cibo.
Era tutto troppo: le pesanti tende ai lati delle enormi finestre, i decori dorati, gli specchi a parete, le tovaglie lunghe fino a terra e le sedie imbottite di rosso. I lampadari e le loro luci calde, le ceramiche, i tappeti, e tutta l'atmosfera generale.
Più di una testa si voltò a guardare Crowley, ancheggiante ancor più del solito sui tacchi altissimi. Lui ignorò sia gli sguardi ammirati che quelli disapprovanti: era al fianco di Aziraphale e tanto bastava. Comunque alla fine l'educazione inglese ebbe la meglio su qualunque curiosità potessero aver suscitato e nessuno sbirciò troppo nella loro direzione una volta che il cameriere li ebbe accompagnati a prendere posto.
Fu una cena abbastanza tranquilla, nonostante tutto.
A dispetto di tutto quello che aveva pensato e sperato Crowley prima di uscire di casa. Invece di essere lui a provocare Aziraphale si era ritrovato per una buona mezz'ora a premere con forza una coscia sull'altra per cercare di far scemare un'erezione che con quello che indossava sarebbe stata del tutto impossibile da nascondere e a dir poco sconveniente. E sebbene lui amasse esserlo, quella in particolare non era una cosa che avrebbe amato mettere in mostra. Non quella sera, non lì con Aziraphale.
Appena riuscì si alzò per andare al bagno e ci si chiuse dentro, appoggiando la fronte sulle mattonelle fresche. Si sentiva la testa calda e leggera, forse anche a causa del vino e dello champagne dell'aperitivo. Non gli faceva così effetto di solito, ma in quell'occasione l'eccitazione e la novità di tutta la situazione lo avevano mandato davvero su di giri. Si guardò a lungo allo specchio, tenendo le mani appoggiate ai due lati del lavandino. Quella sera le sue lentiggini si vedevano più del solito. Era una delle poche cose che gli piacevano in un viso che era decisamente troppo irregolare per essere considerato canonicamente bello. Il naso era curvo e affilato, gli occhi diseguali, gli zigomi alti e taglienti e le labbra troppo sottili che sembravano sempre portare un po' il broncio. Sospirò. Era inutile soffermarsi troppo sui suoi difetti. Quella era una bella serata, una serata felice. Non doveva pensare a niente di brutto o spiacevole. Doveva solo concentrarsi sull'attimo. Si sentì di nuovo avvampare di desiderio, pensando ad Aziraphale che lo aspettava seduto al tavolo, con gli occhi buoni e luccicanti, pieni di affetto verso di lui. Tamponò leggermente il viso con una salvietta bagnata con l'acqua fredda per rinfrescarsi, cercando di sentirsi appena più padrone di sé stesso.
Aziraphale era fuori dalla porta del bagno.
"Ero preoccupato" aveva detto. "Sei stato via così tanto che iniziavo a temere fossi scappato dalla finestra".
Ridacchiò, ma aveva comunque una piccola ruga tra le sopracciglia. Crowley lo guardò con gli occhi spalancati, come se fosse davvero colpevole di qualcosa.
"Non lo farei mai..."
Aziraphale non lo lasciò finire e lo spinse sul muro per dargli un bacio sulla bocca che lo colse totalmente di sorpresa. Si contorse sotto di lui, sentendo il peso del suo corpo che lo schiacciava contro la parete, mentre il desiderio risvegliava ogni centimetro della sua pelle.
"Ho desiderato baciarti così da quando siamo entrati" gli disse Aziraphale direttamente sulle sue labbra, il fiato caldo e dolce.
"Sei incredibilmente affascinante stasera" aveva continuato a dirgli, baciandogli il collo. "E lo sai. Ti ho sentito prima, carezzarmi la caviglia con un piede per un attimo. Perché non hai continuato?".
"Non credevo avresti voluto" gli aveva risposto Crowley, in affanno.
"Mmh".
"Avresti voluto?" chiese.
Aziraphale lo strinse tra le braccia, sfiorandogli ancora il collo con il naso.
"Finiamo la cena, mio adorato. Ne parleremo poi".
Si allontanò da lui, lasciandolo contro al muro, ansimante.
A Crowley ci vollero altri dieci minuti prima di riuscire a tornare nella sala del ristorante.
Nel taxi, al ritorno, Aziraphale rimase in silenzio tenendogli una mano stretta tra le sue. Con un pollice gli carezzava piano il palmo.
Il percorso dal centro di Londra fino alla casa di Aziraphale era abbastanza lungo perché Crowley sentisse l'atmosfera caricarsi di aspettativa e di elettricità. Era una sera speciale e lo sapeva, e ogni sensazione gli sembrava amplificata.
(avrebbe voluto baciarlo lì sul sedile del taxi, e spogliarlo di quell'aria così compassata e tranquilla. Eppure si sentiva del tutto pietrificato, incapace di fare niente altro che lasciare che Aziraphale lo carezzasse teneramente)
Quando arrivarono davanti casa Crowley riusciva a malapena a respirare.
Aziraphale pagò la corsa, così come aveva pagato la cena, e Crowley non riuscì a proferire parola. Lo lasciò fare, come se fosse incantato dalla magia del momento, come se non avesse una borsa con la sua carta di credito, quasi come se la galanteria di Aziraphale gli fosse dovuta. Come se lui stesso si trovasse nei panni di quella cretina di Cenerentola, riaccompagnata a casa dal Principe Azzurro o chi cazzo fosse quel tizio vestito da idiota, pensò confusamente mentre Aziraphale, ancora, gli porgeva la mano per alzarsi dal sedile.
Si sentì rinsavire solo una volta entrati dentro il salottino.
L'aria fredda dell'esterno e l'ambiente di nuovo familiare lo avevano fatto tornare in sé.
"Scusami, non mi sono nemmeno offerto di pagare la mia parte" aveva balbettato, con tutta una serie di versetti imbarazzati ad inframezzare le parole.
Aveva combattuto per avere la sua indipendenza fin da quando aveva avuto una testa per pensare da solo. Aveva preferito dormire per strada piuttosto che fare lavori che detestava. Aveva pagato ogni cosa che aveva avuto (e perso, molte volte). Eppure in quel frangente non ci aveva nemmeno pensato.
"Non essere sciocco. Sei mio ospite stasera".
Aziraphale aveva fatto un gesto con la mano, come a scacciare via anche solo l'idea..
"Ma..."
"Shh. Vieni qui, adesso" gli tese la mano, guidandolo verso di sè.
Lo abbracciò stringendogli la vita sottile.
Ore 22.30
"Fatti baciare, mio adorato".
Crowley si chinò verso di lui, a cercare la sua bocca. Era calda, insistente, tormentosa sulle sue labbra. Le mani di lui si insinuarono sotto la maglia, sfilandogliela dai pantaloni, e lo carezzarono sulla schiena e sui fianchi riempiendogli la pelle di brividi. Crowley se la tolse e la lanciò via incurante, restando a petto nudo.
Dio, voleva sentire la pelle di Aziraphale sulla sua.
Aziraphale non si era mai spogliato completamente davanti a lui, aveva sempre lasciato qualche indumento addosso, mentre lui aveva bisogno di non avere nulla addosso, aveva bisogno di sentire con tutto il corpo.
Si baciarono confusamente lungo le scale, e Crowley inciampò sullo scendiletto per via dei tacchi. Cadde all'indietro sul letto e Aziraphale ridacchiò, arrampicandosi accanto a lui.
"Ci hanno guardato tutti, stasera, lo sai".
Baci piccoli accanto all'orecchio, sull'attaccatura dei capelli.
"Mh-mh, ci ho fatto caso".
"Sei alto due metri, con questi tacchi. Sfacciato".
"Speravo ti piacesse".
"Infinitamente. Ma non quanto mi piacerà quando te li toglierai. Insieme ai pantaloni. E tutto il resto".
Crowley mugolò qualcosa di inintellegibile, di rimando. Lasciò cadere le scarpe oltre il bordo del letto e poi si contorse per sfilarsi i pantaloni, gettandoli poi via in qualche luogo imprecisato della stanza. Si era dimenticato che aveva deciso di indossare della biancheria femminile, sotto. Aziraphale sentì il pizzo sotto le dita, probabilmente, perché Crowley lo sentì grugnire qualcosa che somigliava tantissimo a un "Gesù Cristo, Crowley".
Non lo aveva mai sentito imprecare in quel modo.
"Sei così bello, mio adorato" gli aveva detto poi all'orecchio con la voce più morbida del mondo. Le sue mani gli sfiorarono la pelle dell'interno delle cosce e Crowley sentì istantaneamente tutti i peli del corpo rizzarsi.
"Aziraphale".
"Sei splendido, non so come sia possibile che tu stia proprio qui, con me" aveva continuato, implacabile.
"Aziraphale" aveva ripetuto. Implorante. Non era in grado di reggere se lui faceva così. Piagnucolò un po' tra un bacio e l'altro.
"Sei una meraviglia. Lo eri in montagna, sudato e abbronzato. Lo eri oggi con quei tacchi sfacciati e lo sei adesso con queste mutandine così femminili".
"È un tanga, Aziraphale. Cazzo". Crowley avrebbe dato qualunque cosa per stemperare quella tensione.
"Un tanga. Interessante".
Una delle due mani di Aziraphale gli passò sotto il corpo e si chiuse a coppa su una natica, stringendo la carne.
"Interessante davvero".
Seguì un attimo di silenzio.
"E vorresti farmi vedere come ti sta? Così non riesco a capire" lo stuzzicò ancora.
"Per l'amor del cielo Aziraphale, toglimi questa roba di dosso".
"Questa roba, come la chiami tu, è fatta per essere guardata. Alzati, mio adorato. Lascia che io ti guardi un attimo". Aveva una voce così suadente che Crowley non sarebbe mai riuscito a negarglielo. Non che volesse, davvero.
Aveva notato che Aziraphale aveva una certa tendenza a guidarlo, in alcuni momenti, e Crowley trovava questa cosa tragicamente sensuale, irresistibile. Non aveva alcun potere quando Aziraphale gli chiedeva questa o quella cosa, soprattutto quando dava voce a desideri che lo spingevano appena oltre la sua zona di comfort. La natura di Crowley lo portava a oltrepassare i limiti, e sentire che Aziraphale chiedeva che lui lo facesse, che Aziraphale premesse quel centimetro di più che lo faceva sentire sempre in bilico era un gioco pericolosissimo, che Crowley affrontava senza nessuna rete di salvataggio. Si lanciava nel vuoto senza dare a vedere di possedere un minimo di buon senso, sperando che Aziraphale lo prendesse al volo.
"Rimettiti i tacchi, vuoi?" aveva detto di nuovo con quella voce che era una carezza su di lui, ma allo stesso tempo ferma.
Crowley si sedette con le gambe fuori dal letto e se li infilò senza fiatare, poi si alzò in piedi, con solo quei minuscoli, ridicoli slip che aveva creduto fossero una bella idea, perché così non si sarebbero visti sotto i pantaloni aderenti che aveva indossato quella sera. Non aveva certo creduto che Aziraphale lo avrebbe fatto stare lì in piedi con solo quelli indosso, e che lo avrebbe guardato in quel modo.
"Stai fermo ora" gli aveva detto. Come se lui fosse stato in grado di muoversi.
Poi Aziraphale si era seduto sulle ginocchia, si era chinato e gli aveva baciato una caviglia.
"Sei splendido".
Il minuscolo contatto che c'era stato tra le labbra di Aziraphale e la parte interna della sua caviglia, proprio sotto al malleolo, lo aveva fatto tremare.
Aziraphale gli aveva baciato il polpaccio, poi il ginocchio. Si era tirato su sulle ginocchia e lo aveva preso per i fianchi, facendolo girare. Crowley non poteva vederlo, ma sentiva il suo fiato caldo sul retro delle cosce. Aziraphale lo baciò ancora, risalendo fino alle natiche. Insistendo nella piega tra di loro. Il cervello di Crowley a quel punto si era totalmente disconnesso. L'unica cosa che riusciva a pensare era che se Aziraphale avesse iniziato a leccarlo, sarebbe esploso in quel momento. Sentiva l'erezione tesa fino allo spasmo, ma non aveva nemmeno pensato a toccarsi. Era in una sorta di incantesimo, e solo Aziraphale avrebbe potuto liberarlo.
Non lo fece.
Un microscopico morso, solo perché così un'altra valanga di sensazioni e desideri gli invadesse il petto.
(Aziraphale che gli mordeva l'interno delle cosce. Aziraphale che gli mordeva le labbra. Aziraphale che veniva dentro di lui, mordendogli una spalla)
"Sei così bello. La tua pelle sembra così delicata. E sensibile. Rispondi ad ogni tocco, tremi ogni volta che ti sfioro".
"Per Satana, Aziraphale..."
"Shh... non ho finito".
Lo baciò alla base della schiena, più o meno dove aveva una delle fossette. Altri brividi. Miliardi di cellule epidermiche percorse da elettricità, bruciante e deliziosa.
Lo fece girare, manovrandolo senza fatica, e baciò la sua pancia, strusciando il viso sul pizzo nero semi trasparente di quelle dannatissime mutande.
"Aziraphale se non mi spogli..."
"Impaziente. Sei sempre di corsa. Lasciami godere di te".
Si era alzato, finalmente, leccandogli la pancia e il petto, lasciandogli baci incandescenti sulla pelle tesa tra una costola e l'altra, poi sulla spina dorsale, sulla nuca, sui capezzoli minuscoli e sensibili. Crowley non lo aveva ancora nemmeno sfiorato, e Aziraphale era vestito di tutto punto, mentre lui praticamente nudo: era totalmente in suo potere.
"Ho così voglia di te" aveva detto poi.
"Sono qui, Aziraphale, lascia che..." aveva detto, cercando di tirarsi via di dosso la biancheria.
"No, voglio farlo io". Gli sfilò le mutande e Crowley rimase totalmente nudo, in bilico su quei tacchi che ora si maledisse per aver comprato. Il suo pene eretto gli sfiorava il ventre, teso e vibrante, mentre una singola goccia di liquido preseminale scendeva giù per la sua lunghezza. Crowley poteva sentirla sulla pelle ipersensibile, e sapeva che Aziraphale stava guardando. Essere lì davanti a lui, visibilmente eccitato, immobile e pieno di bramosia, lo stava spingendo in un mondo quasi trascendentale.
Aziraphale leccò quella goccia, dal basso fino alla punta del suo pene, con un profondo verso di piacere. Crowley pensò a tutte le volte che lo aveva sentito emettere quello stesso suono quando mangiava qualcosa che gli piaceva moltissimo. Deglutì. Un attimo dopo lo aveva inghiottito fino in fondo, con un movimento tanto fluido e morbido da lasciarlo a bocca aperta e privo della capacità di respirare.
(oh mio dio, oh mio dio oh mio dio oh mio dio)
Non sarebbe riuscito a resistere. Era già così vicino all'orgasmo che aveva paura di venirgli in bocca senza nemmeno riuscire ad avvisarlo per tempo.
"Aziraphale Cristo Santo non ce la faccio".
"Mmhhh".
Il verso che aveva fatto aveva vibrato dentro la sua bocca, e Crowley aveva perso forse dieci anni di vita in quell'attimo.
"Ti prego, Aziraphale".
Le sue dita tra le cosce stavano sfiorando la zona ipersensibile tra i testicoli e l'ano, e
"Aziraphale!" aveva quasi urlato.
Aziraphale aveva lasciato andare il suo pene, lucido ora di saliva così come lo erano le sue abbra arrossate, e poi lo aveva guardato con aria interrogativa.
"Non vuoi?" gli aveva chiesto poi, quasi rassegnato.
Crowley gli mise le mani sulle spalle, stringendo forte.
"Voglio che ti spogli, Aziraphale. Ti prego. Voglio vederti nudo. E ti voglio dentro di me. Adesso. Sto impazzendo, sono settimane che ci penso costantemente. Se non mi scopi stasera io morirò".
"Melodrammatico" aveva risposto, ma aveva sorriso. Si era tirato sù e lo aveva baciato sulle labbra. Crowley sentì il proprio sapore sulla sua lingua.
"Non ne posso più, ti prego" aveva ripetuto Crowley. Avrebbe pregato. Avrebbe implorato. Avrebbe fatto qualsiasi cosa. Ma doveva sentirlo dentro di sé quella sera.
Aziraphale sbottonò la camicia e il cravattino, togliendoli poi e piegandoli accuratamente sulla panca ai piedi del letto. Sfilò i pantaloni, i calzini, e poi anche i boxer che aveva indosso. Lasciò che Crowley lo guardasse per qualche attimo, e lui riuscì quasi a vedere un guizzo nei suoi occhi, come se lo stesse sfidando. Come se gli stesse dicendo "eccomi, questo è quello che sono". La pelle era chiara ma leggermente abbronzata sugli avambracci e sul viso. Aveva le ginocchia e il volto arrossati. Il ventre era un po' tondo, e il pelo chiaro che aveva sul petto scendeva sulla pancia e si addensava giù sull'inguine, dove il suo pene era eretto, e gonfio, ed invitante. Aveva polpacci solidi e cosce tornite, spalle muscolose e fianchi maschili, appena arrotondati dalla carne morbida che Crowley conosceva al tatto.
Non aveva mai visto nulla di più bello e desiderabile nella sua vita.
Salì sul letto e si stese lasciando le cosce aperte, invitandolo silenziosamente ad accomodarsi nel mezzo. Aziraphale lo seguì subito dopo.
"Sicuro che vuoi farlo?".
"Vaffanculo, Aziraphale. Devo pregarti, forse? Devo prepararmi da solo e farti vedere quanto ti voglio?".
"Un'altra volta, forse".
Lo baciò d'impeto, leccando dentro la sua bocca, succhiandogli le labbra. Aveva allungato una mano alla cieca per tirare fuori una boccetta di lubrificante dal cassetto del comodino. Crowley sentì le dita di Aziraphale scendere lungo la sua erezione a tormentarlo ancora, e poi a carezzargli i testicoli, ed infine a toccare esattamente nel punto dove moriva dalla voglia di essere toccato. Eppure Aziraphale non lo penetrò subito. Crowley si aspettava che a quel punto non ci fosse molto altro da fare ed invece Aziraphale iniziò a carezzare con l'indice e l'anulare in piccoli movimenti circolari attorno al suo ano, insistendo leggermente, spingendo appena senza entrare mai. Con il pollice premeva verso il basso, sotto ai testicoli, intensificando quelle sensazioni.
Tremava.
Finalmente, sentì un dito entrare appena. Si ritirò subito. E poi di nuovo. E di nuovo. Non si fermava mai abbastanza per farlo sentire appagato, nostante cercasse di andargli incontro con il bacino.
"Dio mio Aziraphale" aveva detto, e poi aveva sentito una penetrazione più profonda. Un dito e poi due, mentre lui gli si offriva senza riuscire a dire nulla, solo muovendsi come poteva, gemendo involontariamente ed incontrollatamente. Aziraphale aveva sul viso uno sguardo concentrato, mentre spingeva dentro di lui. Aveva continuato per un tempo che gli era parso lunghissimo. Poi aveva ritirato la mano.
"Posso?" gli aveva chiesto, pianissimo. Senza guardarlo, con il viso ora affondato nell'incavo del suo collo.
Crowley aveva infilato le proprie dita dentro di sé, allargandole, con una manciata di movimenti brevi e profondi, quasi frenetici.
Aveva poi annuito, senza riuscire a dirgli molto altro.
Poco dopo Aziraphale aveva iniziato a spingere dentro di lui. Era una sensazione quasi dimenticata, così diversa da quella che poteva provocare qualunque dildo avesse a casa. La carne rigida del pene di Aziraphale che entrava dentro di lui, facendosi spazio, stirando la pelle sensibile, i tessuti umidi e gonfi e ricettivi.
Crowley aveva fatto a malapena a tempo ad abituarsi a quella sensazione che Aziraphale aveva iniziato ad oscillare il bacino, scivolando dentro e fuori di lui, mandandolo quasi immediatamente in sovrastimolazione.
"Piano Aziraphale, mi uccidi così".
"Ti faccio male?" aveva chiesto lui, bloccando a metà un movimento, immediatamente in ansia.
"No, ma sei... abbondante. Dammi un attimo".
"Oh" aveva risposto, pianissimo.
Aveva atteso, immobile, senza sfiorarlo.
"Va tutto bene. É perfetto. Sei perfetto" gli aveva detto Crowley poi, dopo qualche attimo, baciandolo leggermente ad un angolo della bocca.
Si erano guardati negli occhi, e Crowley non era riuscito a decifrare quello sguardo, scuro e quasi selvaggio, in un Aziraphale che non aveva ancora mai conosciuto. Sapeva solo che gli stava chiedendo il pemesso, di nuovo.
Così dopo qualche istante aveva annuito brevemente, e Aziraphale aveva ricominciato a muoversi. Più lentamente, ora. Con oscillazioni più lunghe, più controllate, più profonde. Tormentose. Crowley aveva sgranato gli occhi di sorpresa quando Aziraphale aveva preso una delle sue gambe e l'aveva ripiegata indietro, incastrando il suo braccio nell'incavo dietro al ginocchio, facendo così che con il movimento successivo aveva sfiorato la sua prostata rigonfia e sensibile. Crowley aveva tirato la testa indietro, strizzato gli occhi e aveva lasciato andare un gemito sommesso tra le labbra.
Aziraphale se n'era accorto, ovviamente. E così aveva mantenuto quell'angolazione e poi aveva aumentato il ritmo.
E Crowley era come caduto in deliquio.
(non si era mai sentito così pieno, così sensibile, così tanto catturato ed eccitato e)
Aziraphale gli aveva preso il pene in mano
(oh mio dio)
E poi aveva cominciato a stringergli le dita addosso, e muovere il pugno, e le sue mani si erano aggrappate alle spalle tese di Aziraphale
E poi aveva sentito quel fiotto caldo dentro di sé e Aziraphale aveva detto
Amore mio, mio adorato, vieni con me
Quanti anni erano che qualcuno non gli diceva amore, e tanto bastò perché lui perdesse completamente il controllo.
Venne tra le sue dita, gridando il suo nome, mentre Aziraphale ancora spingeva in lui, nelle ultime propaggini di un orgasmo che aveva riverberato dal suo corpo a quello di Crowley, ancora e ancora, in una serie infinita di onde di piacere che erano quasi troppo, quasi oltre la sua capacità di sopportazione.
Non era possibile amare così.
Non era possibile che Aziraphale lo amasse così.
Ogni tanto disegno anche io. Ecco Crowley e Aziraphale, al Ritz:
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