Capitolo 13
Crowley, Dicembre 2022
A parte la luce del cellulare, la chiesa di Crowley era nella completa oscurità. Anche se aveva dei faretti nel piazzale non li lasciava mai accesi la notte, e dal paese non arrivava nulla, per fortuna. La luna era calata così presto che non c'era nemmeno quella a rischiarare la notte.
Tutta la luce del suo mondo era lì, tra le sue mani, nelle parole che aveva scritto Aziraphale.
***
"Quando vuoi".
Quando si era trovato seduto sull'aereo Crowley aveva finalmente tirato una sorta di sospiro.
Era stato difficilissimo trattenersi dal baciare Aziraphale davanti a tutti, in aeroporto. Aveva segretamente sperato che lo facesse lui, ma l'altro gli aveva solo tenuto le mani e lo aveva guardato negli occhi, senza fare altro. Un abbraccio fin troppo rapido, e poi si era costretto a voltarsi e a muoversi, anche se tutto il suo corpo gli urlava di fare esattamente il contrario.
Non poteva restare e Aziraphale non aveva nemmeno accennato a chiedergli quando si sarebbero rivisti. Forse doveva semplicemente aspettare e navigare a vista, ma non era bravo in questo genere di cose. Crowley, da innamorato, era un disastro.
Perché Crowley, quando amava, non aveva limiti.
(eccoti le chiavi del mio cuore, Aziraphale, ecco la combinazione del caveau. Sono qui per te, prendi tutto ciò che vuoi, perché già sono tuo. Sull'altare di fronte a te è pronto il tabernacolo del mio amore, offerto perché tu ne faccia ciò che vuoi. Ecco la mia bocca, parlerà solo della tua bellezza e della meraviglia che provo di fronte a te, della tua mutevolezza, della tua passione per quello che ami. È fatta per assaggiare e leccare e gustare ogni tuo sapore. Ecco le mie mani, sono qui per accarezzarti e per fare ghirlande di fiori da posarti sul capo. Sono fatte per toccare il tuo corpo, per sentirne la pelle di seta, per inttecciarsi ai tuoi riccioli d'oro pallido. Prendi il mio corpo, fanne ciò che vuoi, usalo per il tuo piacere e godi di me e con me. Prendimi come più ti piace e dimmi come posso appagare ogni tuo appetito e bisogno: perché quello che voglio è darti tutto quello che hai mai desiderato, tutto quello che hai sognato e per qualche strano motivo non hai ancora avuto)
Lo attendeva un futuro difficile, se era già a questo punto.
Ma Crowley non aveva mai avuto mezze misure: amava con ogni cellula del suo corpo, ed ogni singola terminazione nervosa era accesa di desiderio e passione. Aveva posto una corona ai piedi di Aziraphale, forse senza che lui nemmeno se ne accorgesse. Era già pronto ad incoronarlo suo re e padrone.
E forse tutto questo potrebbe sembrare troppo, forse nessuno avrebbe capito se avesse avuto il coraggio di esternare quelle sensazioni (nemmeno Aziraphale, tantomeno lui), però Crowley era sempre stato fatto di assoluti, ed era fatto per adorare la persona che amava. Non era mai stato equilibrato, nè ragionevole, nè in alcun modo saggio. Aveva creduto, dopo Alex, che non si sarebbe più innamorato in quel modo. Si era promesso di non cedere più così facilmente, di non lasciarsi andare senza riflettere. Crowley era stato sicuro che arrivare a quarant'anni gli avesse regalato un minimo di assennatezza, e per la verità era anche riuscito ad esserlo, per un po'. L'incontro con Aziraphale aveva mandato a rotoli ogni suo proposito di usare il buon senso quando si trattava di un possibile partner. Si era riscoperto quello che era sempre stato: sconsiderato e appassionato, incosciente e avventato. Non aveva resistito un solo attimo di fronte alla luce accecante che si irradiava da Aziraphale: come una pianta troppo a lungo tenuta al buio si era sentito rifiorire sotto ai suoi occhi splendendi. Come un girasole, si sarebbe voltato ovunque Aziraphale si fosse spostato, perché quello era l'unico modo che conosceva per amare. Crowley non sapeva altro che essere quello che era.
Appoggiò la fronte sull'oblò freddo dell'aereo, guardando le luci di Londra che si allontanavano rapidamente.
Ripensò a quello che era successo tra lui e Aziraphale in quelle ore. Un brivido gli fece rizzare i peli sulle braccia e gli solleticò la nuca, quando ricordò il viso di Aziraphale nell'estasi dell'orgasmo. Sarebbe vissuto per rivedere quell'espressione ancora ed ancora.
Solo un dettaglio rimaneva stonato in quell'altrimenti perfetto fine settimana: lo sguardo preoccupato sul volto Aziraphale quando erano scesi dalla macchina, nel parcheggio davanti alla casa. Aveva spaziato tutto intorno, come ad accertarsi che nessuno li vedesse. Crowley suo malgrado lo aveva notato, e adesso era venuto a rosicchiargli i pensieri felici come un tarlo. Aziraphale era sicuramente una persona molto riservata. Non gli aveva raccontato nulla delle sue storie passate, e Crowley non sapeva nemmeno se Aziraphale fosse gay o bi, o qualunque altra fosse la sua posizione all'interno dello spettro di preferenze sessuali. Magari non era nemmeno apertamente queer. Quello avrebbe spiegato la sua ritrosia. E anche molte altre cose.
Sospirò di nuovo e tornò a guardare di fuori.
Aziraphale era lì sotto, da qualche parte. Magari già a casa, seduto sul divano dove si erano baciati. Forse pensava a lui in quell'esatto momento.
***
L'indomani era di nuovo in paese, e si dondolava sui piedi all'ingresso del "Give me coffee or give me death", il caffè di Nina.
Se solo non si fosse sentito così patetico sarebbe andato a darle un bacio, per averlo spinto a farsi quella foto. Forse avrebbe dovuto baciare anche il viticoltore che aveva vendemmiato, e il commesso che gli aveva venduto poi il vino. Magari anche il padrone dell'enoteca, chissà.
Intanto sarebbe stato un successo anche solo riuscire a nascondere la sua espressione soddisfatta e probabilmente sognante, perché in realtà gli sembrava di avere l'autocontrollo di un adolescente in preda ad un'esplosione ormonale e si sentiva un perfetto idiota. Aziraphale aveva azzerato in un attimo tutti gli anni passati a cercare di arrivare ad un approccio maturo alle relazioni.
Nina gli fece il solito espresso doppio ristretto senza nemmeno guardarlo in faccia, e Crowley quasi pensò di averla fatta franca. Poi lei alzò lo sguardo.
"Hai scopato" aveva detto, con un ghigno. Ci mancava poco che battesse le mani, stando all'espressione divertita che aveva.
Crowley tossì nel caffè, quasi strozzandosi. Si pulì con un tovagliolino di carta, cercando di mantenere un contegno.
"Nessuno ha quella faccia, se non ha scopato" aggiunse lei.
"Non so di che parli".
Per fortuna aveva gli occhiali da sole (li portava sempre proprio per quello). Anche se non poteva giurare di non essere arrossito a quell'affermazione così diretta.
(Satana maledetto, ho quarant'anni e ancora arrossisco. Sono un coglione)
"Non ho fatto niente di quello che dici" aveva ripetuto, cercando di darsi un contegno.
Per quale ragione stesse negando il fatto di essere stato con Aziraphale non lo sapeva nemmeno lui di preciso. Forse aveva ancora troppa paura. Forse si vergognava di come aveva reagito male alla loro separazione, prima, e ora non voleva farsi vedere felice. Forse aveva il terrore che sarebbe finita prima ancora di cominciare, e in questo modo cercava di allontanare il pensiero.
Sta di fatto che Nina non sembrava affatto convinta. Ebbe pietà di lui, comunque.
"Sarà" aveva concesso.
E pensare che avrebbe voluto ringraziarla, ed invece era finito a tentare di nascondere tutto quello che era successo.
Lei aveva immediatamente preso a blaterare qualcosa su quanto non le piacessero le luci di Natale che la giunta comunale aveva scelto per la strada principale del paese. Crowley non aveva nemmeno fatto caso che ci fossero - effettivamente - delle luci natalizie. Però annuì lo stesso, grato del fatto che Nina avesse cambiato discorso.
Si perse quasi subito nei propri pensieri.
Quel fine settimana era stato assolutamente magico. Aveva amato ogni cosa, ogni attimo. Il sesso poi era stato incredibile. L'approccio che aveva avuto Aziraphale nei suoi confronti era stato inusuale, attento, pieno di dolcezza. Così diverso dai suoi precedenti amanti uomini che lo aveva lasciato del tutto senza parole. Si era abituato ad essere preso, ad arrivare all'orgasmo in fretta e furia, mentre con Aziraphale era andata in modo totalmente diverso. Le sensazioni si erano amplificate, e gli era sembrato come se il suo corpo e quello di Aziraphale fossero in risonanza. Come se vibrassero insieme, come un'armonizzazione di due strumenti musicali.
Venne riportato alla realtà quando si rese conto che Nina gli aveva fatto una domanda, anche se non sapeva assolutamente quale.
"Mh. Ngk. Eh".
"Vattene a casa" gli rispose lei, scuotendo la testa "Non hai ascoltato nemmeno mezza parola di quelle che ho detto".
"Le luci natalizie".
"Era mezz'ora fa, deficiente. Vattene via" aveva detto, con un gesto stizzito delle mani.
Crowley uscì senza fiatare.
***
Arrotolato nelle coperte, quella sera, si chieste cosa Aziraphale intendesse per quel "quando vuoi". Si chiese quanti giorni dovesse aspettare, secondo l'etichetta delle relazioni, per non apparire troppo appiccicoso o pretenzioso. Fosse stato solo per lui sarebbe tornato immediatamente, ma Aziraphale aveva la sua vita a Londra, e lui non poteva certo monopolizzare il suo tempo.
Sospirò, girandosi sul fianco opposto. Mandò mentalmente una buonanotte, sperando che Aziraphale la potesse sentire anche se non pronunciata.
***
Andò a finire che Crowley gli chiese di poter tornare il giorno dopo.
***
Il fine settimana successivo era di nuovo a Londra.
Gli importava poco di dimostrare l'autocontrollo di un ragazzino alla prima storia d'amore, se in cambio della sua dignità poteva ottenere Aziraphale accanto a lui.
Ogni imbarazzo veniva cancellato dal sapore della bocca di Aziraphale, da quello della sua pelle, dalle mani che correvano sul suo corpo. Tutto il resto non contava.
Gli importava solo di sentire le sue dita forti che si stringevano convulsamente tra i suoi capelli, mentre ingoiava il suo orgasmo. Gli importava solo delle sue labbra, delle sue espressioni di piacere, dei suoi gemiti. Gli importava di dormire accanto a lui, di svegliarsi e di poterlo guardare. Di sentire il suo calore, di ascoltare la sua voce. Di osservarlo mentre faceva piccole cose quotidiane. Di far parte del suo mondo. Crowley aveva il cuore traboccante d'amore, e il corpo sveglio e recettivo come non lo era mai stato nella sua vita.
Era andato a a trovarlo ancora un'altra volta, e Dicembre era passato, denso di piacere e di gioia.
Era Gennaio, in un giorno terso e gelato. Le nuvole grigie del giorno precedente erano state spazzate via dal vento dell'est, lasciando il posto a un cielo di cobalto che annunciava un freddo secco e pungente, inusuale per Londra, quasi sempre molto più umida.
Quel pomeriggio Aziraphale gli aveva detto che voleva portarlo in un bel ristorante.
Crowley non era assolutamente pronto all'evenienza, e si maledisse per non avere un outfit adatto. Poteva sempre comprarlo, però.
"Due ore, angelo" gli aveva detto.
"Crowley, lascia almeno che ti accompagni".
"Puoi accompagnarmi alla stazione della metro. Dopo, no. Sarò di ritorno tra due ore. Promesso".
"Sei testardo come un mulo. Non serve che compri nulla. È colpa mia, anzi, che non ti ho detto che volevo portarti a mangiare fuori. Possiamo rimandare, se preferisci".
"Due ore".
Gli stampò un bacio sulla bocca.
In fondo aveva vissuto a Londra per moltissimo tempo, e i negozi eleganti non cambiano spesso indirizzo. Sapeva dove andare, più o meno, e sapeva cosa voleva indossare. Il fatto che avrebbe speso una cifra esorbitante per un abito che probabilmente non avrebbe mai più indossato era l'ultimo dei suoi pensieri.
Una cena in un ristorante di lusso con Aziraphale andava oltre i suoi pensieri più selvaggi, quindi andava assolutamente celebrata.
***
"Crowley?" aveva sentito la sua voce dall'altra parte della porta, leggermente incerta.
Stava finendo di mettersi l'eyeliner. I capelli erano raccolti in uno chignon molle sulla nuca, con qualche ricciolo che usciva fuori.
Era pronto.
E aveva il cuore in gola.
Era da quel concerto al Duomo di Gemona che non metteva un abito tanto elegante. Ed era da quel giorno che non si piaceva altrettanto. Sperò che Aziraphale la pensasse come lui.
Prima di uscire dalla stanza da bagno si guardò ancora per un attimo nello specchio a figura intera che occupava il retro della porta (proprio come nella sua chiesa in montagna, migliaia di chilometri più a sud).
I pantaloni di taglio leggermente militare gli fasciavano alla perfezioni i fianchi e il sedere, scendevano aderenti lungo le cosce e i polpacci, lasciando scoperta la loro metà inferiore e le caviglie. Aveva ai piedi delle Christian Louboutin a punta, in pelle di serpente lucida. Crowley aveva sempre amato come gli stavano i tacchi, e per quanto lo riguardava le Louboutin erano il massimo dell'eleganza. Avere dei tacchi altissimi e una suola rosso fiamma mai usata aveva un che di peccaminoso che gli faceva sperare che Aziraphale gli chiedesse di non toglierle, una volta che sarebbero tornati a casa - e nel suo letto.
Il top però era in assoluto quello che gli donava di più: una maglia aderente di tulle nero trasparente a maniche lunghe, con un serpente che gli si arrotolava sul braccio destro ed uno che sul petto andava a coprire in onde sinuose i capezzoli e poco altro, finendo con la testa sulla spalla sinstra. Sull'altro braccio, un decoro di toulle arricciato scendeva fino al polso, seguendo altre spire. Era sicuramente un abbigliamento eccentrico ed estremamente vistoso, benchè fosse completamente nero. Crowley era alto e magro nonostante avesse una discreta muscolatura, e con i tacchi arrivava quasi a due metri di altezza. Di certo non sarebbe passato inosservato.
Aziraphale lo aveva già visto una volta abbigliato in modo femminile, ma quella sera si sentiva estremamente più audace del solito. Tutto l'outfit era un azzardo. Era provocante.
(Crowley voleva che Aziraphale lo guardasse e restasse senza fiato. Voleva che non riuscisse a staccargli gli occhi di dosso nemmeno per un attimo. Voleva che lo desiderasse per tutta la sera, che gli sussurrasse sconcezze all'orecchio, e voleva che gli proponesse di scappare via prima per andare a fare sesso da qualche parte, che fosse il bagno del ristorante, la sua Mini, o a casa. Voleva rifiutarsi per una volta, o magari addirittura due volte, e farsi implorare di concedersi prima del tempo. Voleva guardare Aziraphale sedere davanti a lui a disagio, scomodo sulla sedia, e magari sfilarsi una scarpa, allungare un piede nudo e spingere con le dita sulla sua erezione, fino a che non lo avesse pregato di smettere. Finchè non fosse esploso. Voleva vedere le sue guance arrossate e i suoi occhi luminosi, e il suo sorriso caldo e dolce, e poi voleva leccare e baciare e succhiare e)
Aziraphale lo accendeva di passione e lo scaldava di una tenerezza a cui non era assolutamente abituato, al punto che di tanto in tanto lo imbarazzava. Teneva molto al suo aspetto più "cool", ma di fronte ad Aziraphale tutti i suoi propositi di mostrarsi affascinante e misterioso si sgretolavano come un castello di sabbia al sole. La verità alla fine era che avrebbe ceduto immediatamente, qualunque fosse la richiesta di Aziraphale. Perché lui era più importante, e Crowley aveva già deposto le armi prima di iniziare qualunque conflitto: era innamorato, e da innamorato Crowley era - appunto - sempre un disastro.
Aprì la porta con una lieve trepidazione.
Si trovò Aziraphale esattamente davanti a lui, fermo con la mano a mezz'aria nell'atto di bussare.
Crowley non lo aveva mai visto vestito di scuro. Solitamente indossava varie sfumature del crema, beige e bianco, talvolta arrivava all'azzurro e al blu carta da zucchero, ma il nero era una novità. Camicia bianca con i gemelli (solo più tardi Crowley notò che erano due topazi), panciotto di seta color crema, damascato, con orologio da taschino e cravattino bianco, ed infine un completo nero. Uno schianto.
I suoi capelli d'oro bianco sembravano morbidissimi e Crowley aveva una voglia matta di infilarci le dita in mezzo e spettinarlo tirandolo a sé per baciarlo e mandare al diavolo tutta la serata. Tenne le mani a posto a fatica.
"Sei... splendido" disse Aziraphale, precedendolo di un secondo. Teneva gli occhi leggermente abbassati, come se faticasse a guardarlo in viso.
"Ho pensato che l'occasione giustificasse l'abito" gli rispose, civettuolo. Forse non giustificava le migliaia di sterline che aveva speso per acquistare tutta quella roba, ma questo Aziraphale non lo avrebbe mai saputo.
"Sei fin troppo perfetto, mio caro. Sono più che mai felice allora che tu non mi abbia fatto rimandare la prenotazione. Ammetto di aver faticato non poco per averla, e che sia stato più che altro un colpo di fortuna riuscirci".
"Mi vuoi viziare?"
"Se posso, sì" rispose Aziraphale con semplicità, guardandolo dritto negli occhi.
Fu la volta di Crowley di abbassare gli occhi. Niente occhiali scuri quella sera. Non c'era nulla a frapporsi tra lui e il suo angelo lì di fronte.
Lo prese per mano.
"Mi aiuti a scendere le scale?".
Aziraphale non rispose nulla, ma la sua presa era salda, le sue mani calde, il suo braccio forte. Scese l'ultimo gradino con una grazia che non credeva di possedere, indossò la giacca e aggiunse una sciarpa di seta svolazzante color avorio, che da lontano sarebbe potuta sembrare quasi un ben più volgare boa di piume.
Si sentiva, per una volta, perfetto.
***
Oh, quella era davvero una cena elegante.
"Sei pazzo, mi hai portato al Ritz" aveva detto quasi senza alcuna inflessione nella voce.
Non gli sembrava possibile. Non aveva nemmeno mai pensato di andarci, semplicemente perché non lo reputava un posto adatto ad uno come lui.
"Non ci sono stato spesso, ma è un posto molto bello, e ogni tanto bisogna festeggiare".
Aziraphale era sceso dal taxi prima di lui e gli aveva teso la mano per aiutarlo ad uscirne.
"E cosa dovremmo festeggiare?" aveva chiesto Crowley, ancora con gli occhi spalancati, mentre salivano i due gradini per entrare sotto al portico davanti al ristorante.
"È un mese da quando mi hai detto che volevi venire a Londra".
Il tono di voce di Aziraphale era morbido come il velluto, ma Crowley si sentì stringere il cuore in una morsa d'acciaio. Quell'uomo non poteva esistere davvero. Non seppe cosa rispondere, e si limitò a stringergli il braccio tra le dita, cercando di infondere in quella stretta tutto l'amore straripante che gli aveva riempito l'anima in quel momento.
Raddrizzò la schiena nella postura più elegante che riuscì ad imporsi.
"Andiamo?".
Aziraphale gli sorrise, raggiante come solo lui sapeva essere.
***
Solo quarantotto ore più tardi Crowley era di nuovo in Italia, con il cuore in pezzi e una furia gelida e dolorosa che gli faceva a pezzi lo stomaco.
Non avrebbe amato mai più.
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