Capitolo 12
Crowley, 23 Dicembre 2022
Si svegliò di soprassalto, prestissimo.
A Londra, durante il mese di Dicembre, il sole si alzava tardi, ma Crowley sapeva che l'alba era ancora lontana perché l'oscurità era completa. Era avvolto in un bozzolo caldo, con Aziraphale che russava piano accanto a lui. Era rannicchiato alle sue spalle e con un braccio circondava la sua vita.
(Cristo, il cucchiaio piccolo, sono il cucchiaio piccolo)
Si mosse leggermente e Aziraphale lo strinse di più, sospirando nel sonno.
Il corpo di Crowley rispose con un'immediata e prepotente erezione.
Essere tenuto stretto in quel modo lo faceva sentire protetto, amato. Qualcosa che gli era capitato tanto di rado che si chiese quasi se fosse una sensazione legittima.
Non ultimo, eccitato.
(per fortuna sono davanti a lui e non dietro, altrimenti avrei dovuto giustificare in qualche modo il fatto che si sarebbe svegliato per una molesta pressione sul culo. Aziraphale ha un culo che... Cristo santo, non ce la faccio. La più morbida albicocca dorata di sole, la più dolce delle pesche di fine estate sarebbero da buttare in confronto)
Certo era che indugiare su questo genere di cose non lo avrebbe aiutato.
Si sforzò di pensare a qualcosa di triste o brutto per calmarsi, e provò per una buona mezz'ora, fallendo miseramente. La tensione e l'eccitazione che sentiva accumularsi nel basso ventre erano così intense da cancellare tutti i suoi buoni propositi. Voleva girarsi e baciarlo. Voleva che la mano di Aziraphale scivolasse nei suoi boxer e gli desse il sollievo di cui aveva bisogno. Voleva fare l'amore con lui. Voleva succhiarlo, leccarlo, voleva che Aziraphale lo prendesse e lo usasse per il suo piacere. Voleva che lo legasse, che lo inchiodasse ad un muro e lo scopasse senza tregua. Come sarebbe stato sentirlo dentro? Come sarebbe stato penetrarlo lui stesso, tra quelle natiche tonde e morbide?
Che errore pensarci, in quel momento. Stava sbagliando tutto.
Infilò una mano tra le cosce, spingendo con il palmo per cercare di alleviare un po' tutto quel desiderio.
Aveva voglia di toccarsi.
Sapeva di essere già umido.
Voleva passarsi le dita sulla pelle nuda e poi stringere forte, fino a farsi male.
Si mosse un po', a disagio.
Non era facile pensare a qualcos'altro quando aveva Aziraphale incollato alla schiena a quel modo. Voleva sentire la sua erezione premergli sul culo. Voleva sentirsi desiderato.
"Ho voglia anche io".
La voce di Aziraphale era risuonata fortissima nel buio, anche se probabilmente aveva solo sussurrato.
Il cuore di Crowley perse qualche battito.
(mi vuole, mi vuole, non pensa più che io sia un errore di percorso. Non scapperà questa volta)
Aziraphale si strusciò leggermente su di lui. Crowley deglutì nel sentire quanto era anche lui teso e duro.
"Posso?" aveva detto Aziraphale.
Crowley aveva annuito freneticamente, senza rendersi conto lui che non poteva vederlo in quel momento.
"Sì - ti prego" aveva risposto poi con voce appena udibile.
La mano che prima era stata sulla sua vita era scivolata piano sul suo fianco destro, si era mossa a spostare la sua maglietta e aveva percorso qualche centimetro sulla sua pelle, riempiendolo di brividi. Aveva trovato l'elastico del suo pigiama, poi quello dei suoi boxer. Le dita di Aziraphale si erano insinuate tra i peli dell'inguine, arrivando alla base del suo pene.
Crowley si era tirato giù il pigiama e la biancheria tutti insieme, scoprendosi quel tanto che bastava per liberare il pene dalla costrizione dei boxer.
La stoffa del pigiama di Aziraphale, tesa sul suo pene eretto, strusciava sulla pelle nuda delle sue natiche.
Aziraphale sfiorò la lunghezza del suo pene, passando un dito sulla fessura sulla punta. Emise un verso leggermente compiaciuto sentendolo già bagnato. Tirò leggermente la pelle, scoprendogli il glande.
"Aziraphale..." aveva sussurrato.
"Dimmi Crowley... cosa vuoi?".
"Non importa quello che voglio io".
"A me importa".
Gli baciò la nuca, continuando a passare le dita lungo la sua erezione. Non stringeva, non afferrava. Erano carezze leggere, tormentose.
(Crowley aveva sempre preferito andare veloce. Gli piaceva il sesso quando era istintivo, selvaggio. Era più facile quando qualcuno era aggressivo con lui, quando poteva godere in fretta, quando l'orgasmo arrivava rapido e violento, come un'esplosione. Non era fatto per aspettare. Non era fatto per lasciare che qualcuno si occupasse troppo di lui, che lo blandisse, che lo toccasse in quel modo dolce e delicato. Non era fatto per chiedere, ma per dare)
"Ti prego Aziraphale" aveva ripetuto, tremando mentre lui continuava a toccare appena la corona del suo glande, facendogli contrarre in modo incontrollato i muscoli del sedere e delle cosce.
"Cosa?".
I fianchi di Aziraphale ondulavano piano, facendogli gonfiare il petto di desiderio.
Crowley moriva dalla voglia di sentirlo dentro di sè, anche se non osava chiedere. Ma Aziraphale non sembrava avere intenzione di fare nulla senza che Crowley gli dicesse effettivamente cosa. Era un gioco a cui lui non sapeva giocare, perché i suoi precedenti amanti non gli avevano mai chiesto nulla. Prendevano. E lui dava. Si offriva. Poteva essere attivo o passivo in un rapporto, poteva stare con un uomo o una donna, ma era sempre stato lui ad offrire il suo corpo, ad essere preso, ad essere guidato.
"Cristo santo angelo, non so cosa dirti... non sono abituato".
"Mh".
Un altro bacio alla base del collo, quasi sulla schiena.
Un'altra carezza lievissima, questa volta sui testicoli. Crowley li sentì ritirarsi in alto, in una contrazione istintiva. Spinse indietro il culo: voleva invitarlo, chiamarlo, voleva che lui lo prendesse.
Aziraphale, 23 Dicembre 2022
Era una fortuna che fosse ancora buio, davvero, o non sarebbe mai riuscito a dire tutte quelle cose a Crowley. Non sarebbe riuscito a punzecchiarlo così. La verità era che non era certo di cosa fosse autorizzato a fare, di cosa lui stesso si sentisse in grado di fare, di cosa volesse o piacesse a Crowley. E non pensava di riuscire a chiederglielo. Non aveva mai parlato con nessuno con cui fosse in intimità, si era sempre limitato a fare.
La verità era che si sentiva così gonfio di emozioni che non pensava di riuscire a sostenere un rapporto vero e proprio. Sarebbe venuto in un attimo se non avesse frammentato quell'esperienza, tanto era eccitato. E forse la verità era che aveva voglia, per una volta, di andare piano, pianissimo. Non voleva che il sesso fosse come quello a cui si era abituato da giovane, qualcosa da consumare il più in fretta possibile, un godimento brutale e vergognoso che gli serviva solo a placare il desiderio del momento.
Crowley non era una persona che sarebbe sparita dieci minuti dopo essere venuto.
Crowley sarebbe rimasto lì, si sarebbero svegliati insieme il giorno dopo (quella mattina, si corresse immediatamente). E magari sarebbe andato via l'indomani (oggi), ma non perché Aziraphale aveva qualche colpa o, soprattutto, qualche mancanza. Era solo perché il volo era già prenotato. E se anche quello fosse stato il loro ultimo incontro Aziraphale non voleva affrettare nulla. Voleva godere di ogni sensazione, di ogni brivido sulla pelle, di ogni gemito e di ogni sospiro. Voleva sentire Crowley ancora una volta venirgli tra le dita, ascoltare il suo respiro affannoso e la sua voce colorarsi di piacere.
"Le mie cosce" sentì dire, pianissimo.
"Usa quelle, se vuoi".
Per un attimo Aziraphale si immobilizzò. Qualcuno lo aveva fatto con lui, molto tempo addietro. Gli avevano detto che scoparlo tra le cosce era stato quasi come farlo con una donna. All'epoca si era sentito lusingato, adesso a ripensarci provava solo tristezza. Quante volte si era lasciato usare da uomini che avevano un'altra vita, che non lo avrebbero salutato nemmeno se gli fossero andati a sbattere addosso per strada? Uomini che avrebbero fatto finta di non aver mai avuto a che fare con lui, a cui non interessava altro che venire in fretta e giustificare il loro desiderio con lui, perché, a sentir loro, era un ragazzo tanto delicato da sembrare quasi una donna.
Per lui sarebbe stata la prima volta.
Tirò giù i pantaloni, impacciato, e si strusciò nuovamente sulle natiche di Crowley. Si fermò un attimo per allungare una mano a prendere il lubrificante che teneva in un cassetto del comodino. Gli era sempre piaciuto rallentare l'orgasmo quanto più poteva, quando era da solo. Almeno in quei momenti poteva esplorare le sue sensazioni a piacimento.
Il contatto della sua pelle tesa e sensibile su quella di Crowley fu incredibile. Spinse il bacino in avanti, andando ad incontrare le sue cosce, insinuandosi in mezzo. Era così caldo e morbido, una pressione meravigliosa e umida che lo avvolgeva completamente. Con la punta del pene toccò quello che immaginò essere il retro dei testicoli di Crowley, perché lui mugolò qualcosa di inintellegibile e raggiunse con una mano il suo fianco, affondando le dita nella carne.
Aziraphale iniziò a dondolare i fianchi, cercando di tenere un ritmo simile a quello della sua mano. Ben presto si rese conto che gli era quasi impossibile fare entrambe le cose contemporaneamente, perché scivolare tra le sue cosce era un tormento e una delizia allo stesso tempo. Ondulava il bacino in un gesto istintivo, quasi accecato dal piacere. Ogni suo proposito di andare piano e godersi le sensazioni evaporò quando Crowley strinse le cosce quel tanto di più per aumentare la frizione, e Aziraphale perse il ritmo, spinse più forte, riempiendo la stanza di respiri affannosi. Quando arrivò l'orgasmo lo colpì come una meteora, senza alcun preavviso. Intensissimo, esplosivo. Gli ci volle qualche minuto per riprendersi.
Crowley era rimasto immobile, quasi come se fosse timoroso di disturbarlo.
"Scusami" aveva detto Aziraphale appena aveva ripreso la capacità di parlare.
"Per cosa? Te l'ho chiesto io".
"Sono stato... egoista? Permettimi di ricambiare".
Aziraphale si alzò su un gomito, accendendo la luce del comodino. I capelli di Crowley erano una splendida massa rossa e disordinata, aveva gli occhi socchiusi, il volto disteso e appena sorridente. Aziraphale amava il suo profilo, con quel naso un po' adunco, le labbra eternamente piegate in un piccolo broncio. Si alzò per prendere una salvietta e gliela passò. Si sentiva in lieve imbarazzo adesso, considerando il disastro che aveva fatto. Crowley sembrava invece non preoccuparsene assolutamente. Si diede una pulita e appallottolò la salvietta poggiandola sul comodino. Poi stiracchiò le lunghe gambe, girandosi verso di lui sul fianco opposto. Lo guardò con un breve sorriso.
"Non è importante, angelo. Dormiamo adesso. Ci sarò ancora dopo".
Alla fine quel giorno rimasero a letto fino a tardi, chiacchierando fitti fitti sotto le coperte.
Passarono le ore che avevano a disposizione tendendosi stretti, godendo del contatto della pelle sulla pelle, godendo della bellezza dei loro sentimenti senza nessun bisogno di confessarli.
Avevano parlato di tutto e di niente, evitando grandi discorsi. Nessuno dei due sembrava aver voglia di impegnarsi a parlare della loro relazione, perché era ancora troppo presto e tutto era troppo fragile. Mesi di solitudine e silenzio gravavano ancora sui loro cuori come macigni.
Aziraphale in effetti era stato a momenti alterni terrorizzato che Crowley potesse dire qualcosa in merito. In fondo era stato lui a baciarlo, la prima volta. Era stato lui a parlare, a chiedere... ed era venuto a Londra immediatamente, non appena aveva potuto. Aziraphale non era un uomo d'azione, e messo di fronte a situazioni di scelte forzate solitamente scappava o si rifiutava di prendere davvero una decisione: aveva bisogno di tempo e di riflessione prima di impegnarsi a fare o anche solo dire qualcosa. Era un uomo di parola, e ci teneva a tenere fede ai propri impegni. Se Crowley gli avesse chiesto qualcosa quel giorno lui non avrebbe mai saputo cosa rispondere e probabilmente avrebbe detto le cose sbagliate. Per quanto pensasse che l'ardore di Crowley si sarebbe presto spento, comunque era evidente che adesso ne fosse pieno, e di certo le parole caute di Aziraphale lo avrebbero ferito: sarebbe successo il contrario di quello che voleva. Aziraphale quel giorno desiderava solo stare con lui, abbracciarlo e far finta che andasse tutto bene.
Crowley ed Aziraphale erano rimasti chiusi in casa finché non era arrivato il momento di tornare verso l'aeroporto.
Le ore erano passate molto più rapidamente di quanto volesse.
"Mi dispiace" aveva detto allora Aziraphale, "sei venuto fino a Londra e non abbiamo fatto nemmeno una passeggiata. È così bello adesso, pieno di luci e di decorazioni per Natale".
Crowley aveva preso lo zaino e se lo era messo in spalla.
"A me non dispiace. Anche se ho passato i primi anni della mia infanzia in Scozia, sono cresciuto qui. Ho ancora un conto in sospeso con Londra, e non mi manca vivere qui".
Poi aveva fatto un sorriso sghembo che non gli aveva rischiarato lo sguardo.
Per un attimo Aziraphale si incupì.
Quanto ancora non sapeva di quell'uomo? Quale sarebbe stato il loro futuro? Cercò di spazzare via i pensieri, perché in quel momento non voleva sprecare tempo a pensarci. Avrebbe avuto molti giorni di solitudine per arrovellarsi su quell'argomento. Non sapeva se e quando si sarebbero rivisti, in fondo.
Tuttavia gli fu sempre più difficile non pensarci, durante il tragitto verso l'aeroporto. Per quanto breve, ogni miglio percorso aveva sentito la gola farsi più stretta, come se il collo della camicia stesse via via diventando di misure più piccole. Infilò un dito all'interno per cercare di far passare più aria. Crowley non disse nulla, ma gli prese la mano e se la portò alle labbra. Gli diede un bacio leggero, e poi lo lasciò andare. Quel breve contatto fu elettrizzante e allo stesso tempo acquietante, come gli permettesse di respirare di nuovo.
Camminarono uno accanto all'altro nella folla. Aziraphale pensò all'ultima volta che era stato in aeroporto, mesi addietro, quando era tornato dall'Italia. Ricordò sé stesso vagare come un ubriaco, pieno di dolore e di rimorso, nonostante fosse convinto in cuor suo di aver fatto la scelta giusta. Ora, nonostante tutto quello che era successo, erano di nuovo vicini. Gli era stata data una seconda possibilità e lui non si sarebbe più opposto, fosse anche solo per pentirsi di nuovo e di piangere per il resto della vita il ricordo di una storia che, secondo lui, non aveva alcuna possibilità. Avrebbe vissuto quello che gli era concesso, fino in fondo. E poi lo avrebbe lasciato andare quando Crowley si sarebbe inevitabilmente stancato.
Lo salutò al gate, stringendogli le mani tra le sue. Non fu scambiato nessun bacio. Non fu versata alcuna lacrima. Non si abbracciarono stretti, non si soffermarono a lungo. Si guardarono soltanto, per qualche attimo che comunque gli sembrò infinito. Poi Crowley inforcò di nuovo gli occhiali scuri e si voltò.
Aziraphale continuò a guardare le sue spalle e i riccioli rossi finchè Crowley non si voltò di nuovo e lo salutò con la mano un attimo prima di scomparire.
Non sapeva nemmeno se lo avrebbe rivisto, in quel momento.
Quando tornò a casa appese il cappotto all'ingresso e si sedette pesantemente sul divano. Passò la mano sulla pelle imbottita e consumata, ricordando com'era stato bello vedere Crowley su quei cuscini. Gli sembrava quasi come se fosse ancora lì, nonostante lo avesse appena lasciato all'aeroporto. La sua presenza aveva modificato per sempre la memoria che avrebbe avuto della sua casa. Aziraphale conservava i ricordi con cura, tornandoci più e più volte, rispolverando le immagini, rivivendo le sensazioni. Quello non sarebbe mai più stato solo il suo divano, perché lui e Crowley si erano baciati, seduti esattamente in quel punto. Il suo letto avrebbe portato l'impronta del suo peso sul materasso per sempre, così come le lenzuola avrebbero mantenuto, anche se impercettibile, il suo odore.
Tutto sarebbe stato diverso semplicemente perché Crowley era stato lì. Aveva lasciato orme invisibili ma profonde sulle fondamenta stesse della sua memoria.
Era una sensazione dolceamara, difficile da incasellare in quello schema che aveva sempre regolato rigidamente la sua vita. Si sentiva come un lago in cui era stato buttato un sasso, ed ora tutta la sua vita vibrava delle onde provocate da Crowley. Si chiese quanto ci sarebbe voluto per tornare alla quiete.
Cenò con qualche avanzo, andò a ricercare un vecchio libro che conosceva già quasi a memoria, e lesse per un po' seduto sulla sua poltrona preferita. Non riuscì a prestare davvero attenzione, nonostante Jane Austin fosse uno dei suoi autori-confort. Rimpianse di non aver mai comprato una televisione come gli aveva sempre rimproverato Maggie: forse gli sarebbe stata utile per non pensare troppo a quanto desiderava scrivere un messaggio a Crowley.
Maggie aveva ragione. Sulla TV come su molte altre cose.
Quell'uomo gli si era insinuato nel cuore più di ogni altra persona che aveva conosciuto nel resto della sua vita.
Si preparò per andare a dormire, sospirando al pensiero che solo poche ore prima era stato in quello stesso letto insieme a Crowley. Che in quello stesso letto, su quelle lenzuola (che forse avrebbe dovuto cambiare, ma non riusciva a risolversi a farlo), Crowley era stato semi nudo. Che lui era venuto tra le sue cosce. Che se poggiava il viso sul cuscino accanto a lui poteva ancora percepire un odore diverso dal suo, diverso da quello solito del detersivo.
Sospirò pesantemente, stringendosi poi le tempie tra le dita. Non era sano arrovellarsi così tanto, non poteva...
Il suono di un messaggio sul telefono lo fece trasalire. Lo prese immediatamente.
Aziraphale sorrise tra sé e sé. Come un imbecille, da solo, guardando il cellulare.
Aveva bisogno di saperlo a casa, di saperlo in un ambiente che conosceva, di immaginarlo salvo e protetto, anche se non c'era nulla da cui Crowley dovesse proteggersi. Ora che se ne era accertato, il suo umore era totalmente cambiato.
Crowley aveva un potere su di lui che lo spaventava.
Si addormentò comunque con il cuore più leggero, mentre si cullava al pensiero dei suoi abbracci.
Era ormai notte fonda quando fu svegliato da un altro messaggio.
Aziraphale strinse il telefono al cuore.
Che sia ringraziato il Signore, non è finita.
Non è finita.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top