Rollercoaster 4
Quando stai per morire ogni problema viene risucchiato da un buco nero, i pensieri si affievoliscono, ti ritrovi solo con i tuoi segreti e desideri. Perché non l'ho fatto? Perché non l'ho detto? E stranamente ogni speranza è rivolta alle persone che ami.
Isaac ne aveva una anche per Martha. Non aveva lasciato andare la sua mano nel buio dell'armadio. Quel contatto... Non l'avrebbe lasciata andare. Nemmeno quando aveva iniziato a sentire caldo e i vestiti erano sembrati ragnatele. Nemmeno quando i passi si erano tramutati in voci concitate.
Persone che litigavano, spari, urla, colpi. L'inferno era dietro quelle ante.
Ma Isaac non aveva lasciato andare Martha, aveva stretto la sua mano ancora di più e avvicinato l'orecchio alla sua spalla per trovare conforto nel suo respiro. Tremava, e in quel momento avrebbe voluto abbracciarla, soltanto per un'ultima volta e sentire quel respiro addosso, quelle onde di mare in tempesta. E, poco dopo, le ante si erano spalancate, inondandoli con un fascio di luce elettrica blu.
Entrambi chiusero gli occhi, trattenendo il fiato, finché si resero conto che quell'inferno proveniva dallo schermo quadrato di una televisione sopra a una cassettiera.
Era strano che un oggetto così decrepito si fosse messo a funzionare da solo. Stava andando in onda un episodio di Supernatural.
«La conosco questa puntata» sussurrò Martha, con gli occhi fissi sulla tv: «Dean e Sam danno la caccia a un Djinn che può trasportare gli incubi delle persone nel mondo reale».
«Chi?»
«I fratelli Winchester, i cacciatori di fantasmi. Ne cacciano sempre qualcuno. Non li conosci?»
Isaac scosse la testa e i suoi occhi frugarono la stanza, alla ricerca del corpo di Maiskolbensuppe, di cui però non c'era traccia. La tavola oujia giaceva sola sul tappeto bruciacchiato e macchiato di sangue.
«Dov'è finito?».
Da dietro l'anta dell'armadio fece capolino una cascata di capelli rossi, poi una piccola fronte e due occhi vispi.
«Rosie!».
La bambina si trattenne dal ridere, coprendosi la bocca con la mano.
«Rosie, che ci fai qui?»
«Era tutto uno scherzo» ridacchiò la bambina: «Ma a Tomato-soup è venuto un attacco di diarrea ed è corso al fiume, peccato che non ha visto le vostre facce»
«Al bagno vorrai dire?» la corresse il fratello, stropicciandosi gli occhi per constatare se tutto quello fosse reale.
«No, no, al fiume. Ha detto che non è educato fare la cacca nelle case altrui».
Martha si alzò, sgranchendosi le gambe. Fissò la bambina con uno sguardo di rimprovero. «Ma perché lo avete fatto?»
«Vi ho spiato stamattina, e vi ho sentito parlare di fantasmi e così io e lui ci siamo messi d'accordo»
«Ma i chiodi... Il sangue...» biascicò la ragazza, avvicinandosi allo schermo su cui campeggiava l'espressione sorpresa di Sam. Posò le dita sull'immagine che cambiava nel ghigno del Djinn e subito dopo in quella di Dean che gli sparava nel ginocchio.
«Era tutto finto. Fin-to! Ci siete cascati!» continuò a ridere la bambina.
Anche Isaac si alzò dall'armadio. Si guardò la mano ancora sporca di rosso. La annusò percependo una nota acida di salsa di pomodoro.
«Forse è stata quella a fargli male. Lui l'aveva messa in bocca... L'abbiamo trovata nella dispensa della vecchia...»
«Okay. Okay, basta, voglio soltanto uscire da questa casa»
La bambina roteò lo sguardo verso il soffitto. «Che fifone! Martha spegneresti la televisione, per favore?»
La ragazza annuì e schiacciò il bottone rosso in basso allo schermo.
«Non prendetevela troppo» cantilenò Rosie, trotterellando verso la porta: «Uno spavento ogni tanto aiuta a prevenire gli attacchi di cuore, lo dice sempre il signor Wilson».
«Il tuo insegnante di scienze è un pazzo» le rispose suo fratello andandole dietro, ma Martha lo affiancò e lo tirò per il gomito verso di sé.
«C'è qualcosa che non va» mormorò preoccupata.
«In che senso?»
«L.G. Il marchio è comparso prima di questo scherzo... E poi quei chiodi, li hai visti anche tu, erano entrati nel collo del dottore...»
«Mmh, forse lo abbiamo soltanto immaginato. Sai, la tensione...»
«No» lo strattonò: «Non ho mai sentito tua sorella dire "per favore"».
Isaac spalancò gli occhi, come colpito da un pugno.
Rosie si voltò, era già sui primi scalini, e li fissò entrambi con i suoi occhi buoni e piccoli. Innocenti. «Muovetevi! Cosa state confabulando?»
Gli sembrava sua sorella, era sempre lei, eppure... Non lo era?
«Tomato-soup ci sta aspettando!» li incitò muovendo le braccia.
Martha le sorrise e si tappò il naso con le dita. «Oh no!» esclamò con la voce alterata da quella posa: «Sarà meglio raggiungerlo quando finisce. Sennò sai che puzza!».
Mosse i primi passi sulle scale polverose. Si girò verso Isaac che era rimasto imbambolato sull'uscio della camera da letto e gli fece cenno di seguirla.
Rosie rise. «Hai ragione!». L'orlo dell'impermeabile a pois blu roteò con lei mentre correva verso l'uscita della casa di Lenora.
«Facciamo come dice» sussurrò Martha: «Ma occhi aperti!».
«Sembra lei però» mormorò innervosito il ragazzo.
«Lo so».
Nel salotto era tornato tutto come prima, le rose erano secche, il quadro era pieno di ragnatele e la sedia rossa era coperta da un lenzuolo sporco.
I due ragazzi seguirono quella bambina in giardino. Il diluvio si era quasi placato, le nuvole sganciavano ancora qualche goccia di pioggia, ma il vento sembrava intenzionato a trasportarle altrove.
Martha si girò verso il corridoio, uscendo per ultima, e le sembrò di vedere una sagoma. Un'ombra colò fuori dal sottoscala. Due occhi rossi la fissarono nel buio.
Rimasero a scrutarsi, finché l'ombra fece un passo verso di lei.
Martha sbatté la porta, chiudendosela alle spalle. Imprecò mentre raggiungeva Isaac in tutta fretta. Lui si era chinato a raccogliere una paletta arrugginita abbandonata in un vaso e l'aveva nascosta in una tasca sotto la giacca a vento.
«Prendi un'arma» le suggerì.
Martha si guardò attorno svelta e raccolse un triangolo di coccio rotto.
Rosie li chiamò di nuovo, spronandoli a proseguire: «Dev'essere andato di qua, nella serra».
«Fortuna che prima aveva detto sul fiume». Isaac sapeva che non avrebbe mai colpito sua sorella e nemmeno qualsiasi entità ne avesse preso le sembianze. Eppure quando aveva visto quella paletta, i bordi gli erano sembrati taglienti, e nel momento in cui l'aveva nascosta si era sentito un po' più al sicuro.
Nella fanghiglia del vaso dove l'aveva raccolta era comparsa una scritta, ma lui aveva già ripreso a seguire la voce.
KILL.
Martha scosse la testa ripensando alla K sulla tavola ouija. Si convinse di averla immaginata, come con l'ombra rossa, ma per tranquillizzarsi cambiò le due L con due S, sporcandosi l'indice sinistro di fango.
Isaac si era bloccato di nuovo, con gli occhi scuri rivolti verso l'alto. Martha per poco non gli finì addosso. «Lo hai visto anche tu?» mormorò indicando con la testa la finestra della camera da letto. Appena avrebbero girato l'angolo sarebbe scomparsa dalla loro visuale.
«Cosa? Non ho visto nulla» gli rispose Martha, stringendogli la spalla per fargli coraggio.
«Mi è sembrato...» rispose ma non completò la frase. Non le disse che si era sentito osservato e aveva visto una vecchia dalle unghie lunghe... No... Non erano unghie, erano artigli. Lo aveva salutato da dietro la tenda, ammiccando come una civetta.
Rosie li aspettava, saltellando su un piede solo, all'ingresso della serra.
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