26- l'inferno


Il coltello di Ferrara era puntato verso di me. Chiusi gli occhi, pronta ad affrontare il peggio.

Ma un urlo mi fece riaprire gli occhi di scatto. Leo si era rialzato, il volto contorto dal dolore. Il suo occhio era tumefatto e sanguinava copiosamente, così come il labbro lacerato.

"Non toccarla!" ringhiò, la voce roca e piena di rabbia. Si alzò in piedi, barcollando, ma la sua determinazione era innegabile.
Ferrara rise, sprezzante.

"Sei troppo debole, Leo." Ma prima che potesse attaccare di nuovo, Leo estrasse una pistola dalla tasca e gli sparò. Ferrara cadde a terra, senza vita.

Bianca, terrorizzata, si voltò per scappare. "Mi vendicherò!" urlò, sparando una minaccia nell'aria.

Leo si avvicinò a me, i suoi occhi pieni di preoccupazione. "Stai bene, Ally?" mi chiese, la voce tremante.

Annuii, non riuscendo a parlare. Ero scioccata da quello che era appena successo. Leo aveva rischiato la vita per salvarmi.

"Non dovevi farlo," balbettai.
"L'avrei fatto mille volte," mi rispose lui, stringendomi tra le braccia. "Non ti avrei mai permesso che ti facessero del male."

In quel momento, realizzai quanto lo amassi. Eravamo sopravvissuti a un incubo, ma eravamo usciti più forti.

Le sirene delle ambulanze e delle auto della polizia riempirono l'aria.

Venimmo portati in ospedale, io e Leo. Mentre ero distesa sul lettino, guardando Leo che veniva medicato, sentivo una profonda gratitudine.

Avevamo affrontato insieme l'inferno e ne eravamo usciti vincitori.
Sapevo che la nostra storia d'amore sarebbe stata segnata da questo evento traumatico, ma ero certa che ne saremmo usciti ancora più uniti. E anche se Bianca aveva promesso vendetta, io e Leo eravamo pronti ad affrontare qualsiasi cosa insieme.

L'ospedale era un luogo sterile e opprimente. Il cuore mi batteva all'impazzata mentre mi avvicinavo al letto di Leo. Era pallido, i suoi occhi erano spenti e sul volto aveva un gran numero di punti di sutura. Sembrava così fragile, così diverso dall'uomo forte e coraggioso che amavo.

"Leo..." sussurrai, la voce tremante.
Lui mi guardò, il suo sguardo era pieno di rabbia e risentimento. "Sei un'immatura, Ally," disse, la voce roca. "Hai messo a rischio la nostra vita per colpa della tua incoscienza."

Le sue parole mi colpirono come un pugno allo stomaco. Non potevo negare di aver commesso un errore, ma sentire quelle parole pronunciate dalla persona che amavo mi fece un male terribile.

"Lo so," riuscii a balbettare. "Mi dispiace così tanto."
"Mi dispiace? Mi dispiace non basta, Ally!" urlò, la sua voce rimbombando nella stanza. "Hai quasi fatto uccidere me e te stessa!"

Senza riuscire a trattenere le lacrime, scoppiai a piangere. Le mie lacrime bagnarono il lenzuolo del letto.
"Piangi, piangi pure," disse Leo con disprezzo. "Ma non dimenticare mai quello che hai fatto."

I giorni successivi furono un incubo. Leo mi evitava, mi trattava con freddezza. Mi sentivo sola, persa e piena di rimorso. Avevo rovinato tutto.

Quando finalmente uscimmo dall'ospedale, tornammo a casa in un silenzio assordante. Leo si chiuse in se stesso, rifiutando di parlarmi. Io passavo le mie giornate piangendo, pentita e disperata.

Una sera, non riuscendo più a sopportare quella situazione, mi avvicinai a lui. "Leo, ti prego, perdonami," lo supplicai. "Non so cosa fare per farti capire quanto mi dispiace."

Lui mi guardò, gli occhi ancora pieni di rabbia. "Non c'è niente che tu possa fare, Ally," disse, la voce fredda come il ghiaccio. "Ho bisogno di tempo."
Mi allontanai da lui, il cuore spezzato. Non sapevo se sarei riuscita a riconquistare la sua fiducia, ma non mi arrendevo. Continuavo ad amarlo, nonostante tutto.

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