14- Mamma
Il viaggio di ritorno fu un incubo. Leo non proferì parola, avvolto in un silenzio cupo che mi faceva tremare ancora di più. Arrivati a casa, mi rifugiai in camera, indossai la mia vecchia camicia da notte e mi strinsi al mio orsacchiotto di peluche, l'unico conforto in quel momento di paura.
Leo entrò in camera, la luce della luna disegnava ombre inquietanti sul suo volto. Si sedette sul letto e mi prese la mano. "Ally, devo raccontarti una cosa." La sua voce era roca, come se avesse appena pianto.
Inizialmente, mi raccontò della sua infanzia, di un'educazione rigida all'interno della famiglia. Mi parlò di suo padre, un uomo rispettato ma distante, e di sua madre, una donna fragile che cercava invano di proteggerlo da un mondo crudele. Ma poi, la sua voce cambiò, diventando più profonda e intensa.
"Quando avevo quindici anni," iniziò, "la nostra famiglia fu coinvolta in una guerra tra clan. Mio padre fu ucciso e mia madre scomparve. Mi ritrovai solo, in mezzo a una vendetta spietata. Per sopravvivere, dovetti fare scelte difficili, scelte che mi hanno segnato per sempre."
Mi raccontò di come fosse stato costretto a uccidere il suo primo nemico, un uomo molto più grande di lui. "Ho visto la vita spezzarsi nei suoi occhi," disse, "e ho sentito la morte scorrere nelle mie vene. In quel momento, sono diventato un altro uomo."
Leo mi descrisse un mondo fatto di tradimenti, vendette e violenza. Un mondo in cui l'amicizia era un lusso e la lealtà un concetto relativo. Mi parlò di notti insonni, di incubi ricorrenti, di un dolore profondo che lo aveva segnato per sempre.
"Ho cercato di scappare," continuò, "ma non c'è stato modo. Ero legato a questo mondo da un filo invisibile, un filo di sangue e di dolore. Eppure, ho sempre sognato una vita diversa, una vita normale, con una famiglia e un lavoro onesto."
Mi strinse ancora più forte a sé. "Ma poi ho incontrato te, Ally. E ho capito che forse c'era ancora una speranza per me. Con te, posso essere me stesso, posso finalmente essere felice."
Le sue parole mi commossero profondamente. Non avevo mai immaginato che l'uomo che amavo avesse vissuto un'infanzia così difficile.
Mi sentivo protettiva nei suoi confronti, come se avessi il dovere di prendermi cura di lui.
"Non sei solo, Leo," gli dissi, stringendolo a me. "Siamo insieme, e affronteremo tutto questo insieme."
In quel momento, mi resi conto che il nostro amore era più forte di qualsiasi ostacolo. E che, insieme, avremmo potuto superare qualsiasi difficoltà.
Dopo un po’ di silenzio, Leo mi guardò negli occhi, le pupille dilatate dal dolore. “Ally,” iniziò, la voce tremante, “tu mi ricordi così tanto mia madre. Hai la sua dolcezza, la sua forza. Quando ti ho vista lì, stretta al tuo orsacchiotto, ho rivisto me stesso da bambino.”
A quelle parole, un nodo mi si strinse alla gola. Non mi aspettavo una reazione del genere. Leo, l'uomo forte e impenetrabile, si stava lasciando andare, mostrando una vulnerabilità che mi commosse profondamente.
Senza pensarci due volte, lo strinsi forte a me, come se volessi assorbire tutto il suo dolore.
Iniziò a piangere come un bambino, singhiozzando forte. Lo accarezzai sulla testa, cercando di calmarlo. Cantai una ninna nanna che mia madre mi cantava da piccola, sperando che potesse portarlo in un luogo più sereno.
Lo coprii con la trapunta, cercando di creare un ambiente caldo e accogliente. Tentai di misurargli la febbre, ma non avevo un termometro a portata di mano. Toccai la sua fronte e mi resi conto che era rovente.
“Sei stato fuori a piangere, vero?” gli chiesi, la voce tremante.
Annuì, gli occhi lucidi. “Fuori pioveva, e ho pensato che sarebbe stato più facile piangere sotto la pioggia.”
“Mi manchi così tanto, mamma,” sussurrò, la voce appena udibile.
Il mio cuore si spezzò in mille pezzi. Non avevo mai visto Leo così fragile, così umano. In quel momento, capii quanto fosse importante per lui avere qualcuno a cui appoggiarsi.
Dopo qualche minuto i suoi occhi si chiusero e si addormento tremando di tanto in tanto.
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