2 - Bianco
L'ombra la circondava, così fredda, cupa, meravigliosa per un essere come lei e la sua anima scura più del manto della notte. Peccato che stesse lasciando spazio al giorno, di nuovo. Doveva sbrigarsi a tornare prima che il sole le risultasse ostile sulla pelle cadaverica. Non che le causasse un effettivo dolore con i suoi raggi, semplicemente non le piaceva la luce, come biasimarla? Era il suo opposto e le provocava solo ribrezzo.
Si alzò dal masso su cui era tranquillamente seduta dopo aver portato un po' di caos in giro per tutta la notte come molte altre e si stiracchiò, i capelli neri e lunghi leggermente mossi lasciati sciolti quasi a non volerla dar vinta all'ordine, gli occhi viola scuro guardavano il sole spuntare lentamente all'orizzonte visibilmente disgustati.
Anche la sua pelle era nera, con l'unica differenza che fosse quasi trasparente. Però, con uno schiocco di dita la fece diventare di un colore simile alla pelle, molto più pallida del normale, per apparire come gli altri. Era incorporea, non poteva farci granché. Per lo meno la cosa non la limitava nei suoi compiti.
Le piaceva provocare paura, dolore, odio, disprezzo tra le persone delle volte, era troppo eccitante per un essere come lei, la Creatura Oscura per eccellenza. Purtroppo però quei momenti finivano anche piuttosto in fretta come ogni momento in cui ci si divertiva.
Guardò per un attimo il cervo morto, dal corpo rigido ed immobile ai suoi piedi senza alcuna emozione se non freddezza, occhi che potevano congelare sul posto se non peggio. Aveva bevuto il suo sangue per la fame dopo tutto quel lavoro di distruzione e, appena l'ebbe addocchiato volando tra i vari boschi alla ricerca di una preda, aveva deciso che sarebbe stato la sua cena.
Lo scavalcò e andò oltre, il suo lavoro era finito per quel giorno e non aveva voglia di fare altro, perciò spiegò le sue maestose ali corvine e cominciò a volare nel cielo scuro e freddo, creando un portale con la magia che le permise di arrivare nell'Infinitus, quel luogo silenzioso e strano che ormai aveva visto così tante volte da farle venire la nausea.
Finalmente era vicino al suo portale di quella pietra scura scolpita con rose spinate, teschi e molto altro che trovava solo inutile, e iniziò già a percepire l'energia negativa al suo interno. Demoni, mostri, tutti avrebbero sentito il suo ritorno appena avrebbe varcato quella soglia e probabilmente alcuni l'avrebbero cercata per qualche favore e solo l'idea la fece arrabbiare.
Stette per appoggiare la mano sulla superficie fredda ma si voltò un momento per qualche strano e ignoto motivo anche a lei, giusto per guardare l'altro portale così bianco e luminoso dietro di sé. Forse fu l'istinto, o il sentire un'energia positiva provenire da esso ma dece una smorfia disgustata all'istante, era così tremendo vedere quel colore così puro, senza alcuna macchia di sangue, era così perfetto, troppo. Lo odiava. Odiava la perfezione, l'ordine.
Scosse la testa e ritornò sui suoi passi e fu dentro nel suo mondo dopo svariate ore. Davanti a lei si estendeva una radura dall'erba violacea e gli alberi si ergevano maestosi, le loro foglie dai filamenti dorati mosse da un leggero vento gelido ad accoglierla. Il cielo stellato e la luna nuova davanti a lei a salutarla in quel luogo freddo e silenzioso, cupo. E poi, dei passi.
– Ma salve. Hai portato un bel po' di energia negativa anche oggi direi.–
La ragazza alzò gli occhi al cielo e sbuffò appena sentì quella voce altamente irritante di un ragazzo che era l'ultimo che volesse vedere.
– Perché devo averti tra i piedi?– borbottò mentre prese a camminare stiracchiandosi un po' senza neanche guardare né ascoltare più di tanto quel ragazzo dietro di sé che aveva preso a seguirla.
– Boh, a saperlo. È stato scelto così, le altre Creature Oscure non sono intelligenti come me.–
Il suo tono di superiorità la disgustò.
– Se sei così intelligente, perché non hai nulla da fare, Damon? Odio quando mi tartassi in questo modo.–
Lei si voltò a fissarlo fredda ritrovandosi davanti il demone, alto poco più di lei dai capelli e occhi neri, pelle chiara e sguardo furbo che la infastidiva ogni volta. La irritava ogni minima cosa di lui.
– Mi sto logorando dalla noia che mi sta assillando in continuazione in quanto non posso uscire, l'unica che può farlo sei tu. Altrimenti non sarei qui a lamentarmi, Sheera.–
Si voltò scocciata nuovamente e riprese a camminare ma sembrava che lui non volesse lasciarla in pace. Era un tipo abbastanza tosto se riusciva a starle ancora intorno senza tremare o abbassare lo sguardo.
– Oh ma andiamo, sei la prima che si diverte qui e io non posso? Che noiosa.–
Damon la raggiunse in fretta e le toccò il collo con le sue mani fredde che lei percepì calde in confronto alla propria. Odiava quel contatto, odiava essere toccata da qualsiasi essere fosse vicino alla sua pelle. E poteva essere possibile solo grazie all'incantesimo che la rendeva quasi come una persona reale, altrimenti qualsiasi cosa le avrebbe trapassato il corpo.
Lo sentì avvicinarsi di più e lasciarle dei baci umidi sulla spalla. Li odiò. Si voltò e gli morse il collo senza preoccuparsi minimamente di quanta forza stesse usando, facendolo lamentare mentre gli prendeva i polsi e li teneva fermi saldamente per non permettergli di toccare di nuovo il suo corpo a proprio piacimento. Sheera era più forte di lui, più forte di qualsiasi altro essere di sua conoscenza.
– Non giocare con me, se vuoi qualche avventura ci sono innumerevoli Creature Oscure traboccanti di desiderio nel Limbo. È inutile che ci provi, te lo devo continuare a dire? La prossima volta potrei divertirmi seriamente ma a modo mio, un po' di sangue sparso non farebbe male al mio animo.– gli disse all'orecchio con fare seducente come solo lei sapeva fare oltre che con aggressività e freddezza. Poi lo lasciò stare, tornando sui suoi passi nuovamente e sperando che lui andasse dove indicato, vicino all'Oblio. Mi fa schifo quando fa così!
Si diresse verso l'enorme foresta situata nel suo mondo, così buia e perfetta per lei; rami scricchiolanti, ombre minacciose, anime gufi che volavano alla ricerca di prede perfette e di lupi che ululavano, quel brivido sulla pelle era così elettrizzante e immancabile, le dava energia.
Arrivò davanti ad un muro di edera nera e si voltò per controllare e accertarsi che nessuno potesse vederla, scoprire quel luogo. Poi scostò lievemente i rami flessibili trovandosi all'interno di una grotta fredda e deserta.
Era uno dei pochissimi luoghi dove nessuno poteva trovarla stando per conto suo, tra i suoi pensieri, i suoi progetti distruttivi per i giorni a venire. Era pur sempre un essere solitario e avere gente intorno, oltre che a infastidirla, la rendeva piuttosto lunatica e scorbutica. Il silenzio era il suo elemento, cosa pretendere di più dalla Dea Nera? L'essere che tutti temevano, odiavano?
Raggiunse il fondo tranquilla e si ritrovò davanti ad una pozza d'acqua dal riflesso azzurrino così come le pareti lì intorno. Si tolse in fretta i vestiti di dosso con uno schiocco di dita semplice e poco dopo l'acqua gelida l'avvolse quando vi s'immerse completamente, levandole di dosso quell'odore di polvere, dei Mondi esterni e di Damon che detestava, i capelli che si sparsero nell'acqua diventando una chiazza scura. Il mondo degli Yarix era caldo per lei, per quello aveva bisogno di riprendersi nel freddo più totale degli Abissi Infernali.
Di solito non pensava a nulla quando stava lì da sola eppure quella notte non fu così poiché la mente si era decisa di tingersi di pensieri. Erano passate tre notti da quanto aveva sentito un violino suonare note già ascoltate. La melodia però non era nata dl suo mondo, bensì da un altro luogo, ci mise poco a capirlo: l'Eden. Era impossibile che provenisse dagli Yarix o dai Salir essendo piuttosto lontani; quindi, che fosse stato colei che vi ci abitava?
D'altronde, quella era stata la prima volta che aveva sentito qualcun altro suonare note di quella cantilena che conosceva da sempre, l'aveva subito riconosciuta. Anche se, a dirla tutta, non avrebbe dovuto sentirla in realtà: era rientrata prima del solito negli Abissi Infernali quella volta e solo per quel motivo ci aveva fatto caso. Aveva anche fatto finta di esser tornata aprendo e chiudendo il portale massiccio per non creare casini a chi ci fosse stato dall'altra parte sapendo perfettamente ormai tutta la questione dei turni, che il Bene e il Male si alternavano e dovevano continuare a farlo per l'eternità.
Scosse la testa tornando in superficie dopo svariati minuti che era rimasta seduta sul fondo roccioso, le piaceva sentire solo il rumore dell'acqua ovattato, forse era uno dei pochi suoni che ascoltava privandosi del silenzio. Da quando mi interessa il bene di qualcuno? Il non riposare abbastanza mi sta dando la testa pensò respirando a pieni polmoni l'aria fresca e passandosi le mani tra i capelli levando qualche ciocca ribelle da davanti gli occhi.
Fissò così il soffitto roccioso con qualche gocciolina fredda che le cadeva sul volto. Perché ho cantato? Potrebbe avermi sentito... continuò a dirsi giocherellando con l'acqua usando la magia per creare piccole sfere che poi faceva scoppiare e ricreava ancora.
Sospirò, Selena le aveva detto di non fare troppo rumore e di tornare per tempo nel suo Mondo. Erano le uniche regole che non aveva infranto. O meglio, ora ne rimaneva una ancora, tutte le altre che la donna luminosa le aveva detto subito dopo la sua plasmazione le aveva solo ascoltate e poi fatto finta di niente. Forse era meglio dire che non aveva nemmeno fatto caso alle sue parole volontariamente. Era il suo essere, la sua indole, come faceva a rispettare tranquillamente le regole? La faceva sentire legata mentre lei voleva essere libera.
Chissà se avrò voglia di rispettare l'ultima ora... Selena avrebbe un infarto se lo sapesse. Ridacchiò tra sé e sé pensando già alla sua prossima bravata e uscì dall'acqua, asciugandosi con la magia e mettendosi addosso un vestito di oscurità dalle maniche lunghe e la gonna piuttosto corta. Il tessuto era leggero e quasi trasparente, perfetto per farle sentire il freddo del luogo come la sua anima. Poi si mise a sedere in un angolino tranquillo, carta e matita in mano cominciando a disegnare qualsiasi cosa le venisse in testa. Uno dei pochi momenti in cui era tranquilla e non feriva.
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