1 «CAPTURE»
1 settembre
Era una giornata come tutte le altre; la pioggia scrosciante sui tetti delle case e le persone che si aggiravano impenetrabili tra le strade, il collo curvo a causa dell'ombrello che usano per riparasti dell'acqua.
A Londra la temperatura è sempre bassa, ma le persone stranamente non si sono ancora abituate a ciò.
Non avviene come negli animali: selezione naturale. Chi si adatta sopravvive, chi non riesce a piegarsi muore.
E le persone sembrano non riuscire a flettersi, tentano di rimanere solide. A volte si spezzano, altre si sbriciolano a terra... Fanno di tutto ma, nel frattempo, sono niente.
L'unica fonte di attività di quel giorno, proveniva da una casa in Baker Street: 221b.
"John, dove sei?" esclamò Sherlock dal divano in cui era sdraiato.
Fece rimbalzare una pallina per alcuni secondi fra le mani ma poi, preso da uno dei suoi soliti attacchi, la scagliò dall'altra parte della stanza.
La pallina cadde a terra nell'esatto istante in cui John Watson entrò nella camera.
"Cosa vuoi?" chiese il medico con un mazzo di carte in mano.
Ovviamente il suo aspetto fece scattare in Sherlock mille lucine, una dopo l'altra gli fecero vibrare ogni centimetro della sua pelle.
"Hai dei residui di barba sulla camicia, dovresti stare attento quando ti radi" proferì il detective rialzandosi per prendere la pallina "Fai bene a non fidarti della signora Hudson".
John ormai era abituato al comportamento di Sherlock e non si scandalizzava più.
Il primo giorno che lo incontrò, al contrario, rimase esterrefatto dall'abilità mentale che quell'uomo possedeva.
Si era stupito della facilità con la quale aveva scoperto le carte che lui aveva tenuto nascosto per molto tempo.
L'aveva, per dirlo in modo semplice, sconvolto.
"Perché c'è una donna che bussa alla porta da dieci minuti e nessuno va ad aprire?" domandò con il suo solito tono Sherlock, continuando il discorso.
Giocherellò ancora per qualche minuto con la pallina gialla prima che John si decidesse a rispondere.
"Potresti aprirla tu la porta di quando in quando, signor Holmes" replicò quasi sbottando l'uomo.
Sherlock non sopportava quando veniva chiamato "signor Holmes", soprattutto se a farlo era una persona a cui lui teneva tanto, il che era il caso di John Watson.
"Ma voi eravate più vicini" rispose alludendo sia all'amico che alla signora Hudson.
"Ma tu l'hai sentito" rispose l'ex soldato, eppure si arrese poco dopo "Vado ad aprire. Cerca di sistemare un attimo qui in giro" concluse la frase indicando tutta la sala.
Sherlock si alzò mal volentieri dal divano e iniziò a riordinare gli oggetti sparsi alla rinfusa per l'abitacolo.
Lui era il più disordinato dei tre, riusciva sempre a tirare fuori qualcosa dal nulla.
Intanto che spostava gli oggetti, si soffermò su alcuni punti particolari, analizzandoli con il suo solito metodo.
Lo smile giallo che aveva dipinto sul muro e poi preso di mira, il teschio sul camino che la signora Hudson aveva tentato innumerevoli volte di distruggere, i cuscini con la stoffa stropicciata... Ogni cosa gli ricordava la sua vita passata, più o meno intrisa di sentimenti contrastanti.
E lui ne era pieno.
"Sherlock, lei è la signora Kimberly" interruppe i suoi pensieri melliflui John, entrando dalla porta con una donna a braccetto.
Il detective si girò di scatto, andando subito a fissare lo sguardo nel punto esatto in cui o due corpi entravano in contatto.
"Buon giorno" esordi alla fine, riponendo l'ultima penna rimasta nel portamatite.
"Buona sera, Sherlock" lo corresse John andando immediatamente ad aprire le tende che coprivano le finestre.
Sherlock poté così accorgersi che l'ora reale non era quella che la sua mente aveva immaginato. Il suo orologio da polso, adesso, segnava le 21:30, orario terribile per le visite.
"Buona sera, signora Kimberly" ripeté Sherlock sedendosi sulla poltrona.
John Watson andò a posizionarsi accanto all'amico e prese fra le mani un piccolo taccuino di pelle marrone, robusto ma elegante nel contempo.
La donna, che appariva molto giovane, si sedette sulla solita sedia traballante, posta fra i due uomini.
"Come possiamo aiutarla?" esordi per primo l'ex soldato, sorridendo alla donna.
Questo atteggiamento mandava un po' sui nervi Sherlock; la sua abilità non era nata, a suo parere, per aiutare tutti, ma solo chi avrebbe potuto stimolarla.
Tuttavia, si era ormai arreso al tono di cortesia che doveva riporre nei confronti dei clienti.
"Sono venuta da voi perché mi hanno riferito, delle fonti accurate insomma, che siete i migliori nel campo" fece una breve pausa, per poi riprendere con tono lievemente sorpreso "Persino della polizia".
Era vero, ovviamente. Quei due assieme riuscivano a rintracciare anche un ago in un pagliaio.
"Molto bene, ci dica tutto" ribatté John, invogliando la giovane donna a continuare.
Per un attimo, Sherlock si perse nell'analizzare la ragazza. Aveva i capelli ben acconciati in una treccia, legata sulla destra; la faccia pulita e coperta da un leggerissimo velo di trucco. Tuttavia, gli abiti creavano grande contrasto con il resto del corpo: risultavano grezzi alla vista, solo una felpa e un paio di jeans scuri, tendenti al nero.
Le scarpe erano di pelle; stivaletti.
Non aveva la giacca.
"...E non so come sia potuto accadere" concluse lei.
Sherlock era rimasto assorto per troppo tempo, non accorgendosi che il discorso era già terminato. Non passarono meno di due secondi, che la sua concentrazione vagò nuovamente altrove.
Le mani della donna parevano morbide e ben curate, ma uno smalto viola faceva traboccare la sua personalità.
Non aveva anelli, quindi non era spostata giusto? Forse troppo ovvio.
Troppo.
"...Cercheremo di capirlo, glielo assicuro" ribatté John, per poi indirizzare le sue parole verso l'amico.
"Giusto Sherlock?" chiese retoricamente.
"Certo" annuí lui, senza sapere a cosa stesse dando il suo consenso.
Non veniva assorbito dalla sua mente in questo modo da molto tempo, non era quasi più abituato.
Lui pensava che non l'avrebbe mai ferito questa sua dote, invece lo colpiva ogni giorno di più.
Ogni giorno più forte.
*
SPAZIO NOI:
Non so perché, ma ho paura a pubblicare questo capitolo ahah.
Spero vi piaccia davvero, ci tengo molto alla storia e richiede molta attenzione nello scriverla.
Incrocio le dita, non devo fare casini.
Lasciatemi nei commenti il vostro parere è fatemi sapere.
Ah, dimenticavo. Non l'ho corretto perché al momento non ho tempo; appena posso sistemo (ditemi se trovate degli errori).
Un bacio,
darkwaystofly💕
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