Capitolo 6


Come fai a chiudere occhio quando ogni pensiero, grande o piccolo, si ammassa dentro la tua testa creando un gran fracasso?
È passata una settimana. Sette lunghissimi giorni e ancora non riesco a capacitarmi di ciò che ho fatto. Ho rivelato ad Anya di non avere più una famiglia e l'ho fatto davanti a Mark, davanti ad Ethan in modo brusco, senza il minimo tatto.
La situazione mi è proprio sfuggita di mano.
Che stupida!
Ho ammesso di essere sola. Ho ammesso di non avere più nessuno. Ho ammesso di soffrire ancora tanto. Perché l'assenza di una persona la senti costantemente. È come un peso sul cuore che continua a creare un buco sempre più profondo.
Varie volte ho provato a chiedere scusa, per i modi, ma Anya si è chiusa in se stessa.
Inoltre, la vedo giù di morale, mortificata. Quando provo a parlarle trova numerose scuse per scappare, proprio perché non riesce a guardarmi negli occhi. So cosa sta pensando. Chiunque lo farebbe al posto suo.
Lei, sta iniziando a sentirsi responsabile.
Sappiamo tutti però che non ha nessuna colpa. Non è neanche colpa mia quanto successo quel giorno maledetto. È solo colpa del destino, di una giornata sbagliata, di un momento di svista o...
In realtà non so di chi sia davvero la colpa. Forse è la vita stessa a riprendersi ciò che le appartiene e noi non ne abbiamo nessun controllo. Non possiamo fermarla. Perché siamo legati da fili invisibili. Siamo marionette nelle mani del destino. Un destino crudele, spietato.
Purtroppo non mi sono mai soffermata su questo perché se lo faccio, il dolore torna, e se il dolore torna, ricado nel baratro.
I miei genitori sono morti quando avevo dieci anni, non ci sono e non ci saranno più nella mia vita, questo è quello che so ed è un fatto certo. Come è un fatto certo che io, non ero con loro quando è accaduto.
Se chiudo gli occhi cercando un po' di loro nei miei ricordi, non riesco a ripescare che pezzi sbiaditi di una vita apparentemente lontana. Una vita che non mi appartiene più.
Mi rendo conto che sto dimenticando i loro volti. Sto dimenticando le loro voci, il loro profumo; l'odore di casa. Questo inizia a farmi paura.

Mi rigiro sul letto per l'ennesima volta. Sento caldo. Tengo anche la luce accesa perché se la spengo, immagini sbiadite e flash di mamma, papà, della mia bellissima sorellina, torneranno a tormentarmi ancora e ancora come un disco rotto, ferendomi. Succede spesso. Ma, ho il coraggio di incassare. Lo faccio per andare avanti. Non ho altra alternativa.
La gamba, fortunatamente, non fa più male come prima. Grazie agli antidolorifici, infatti, sono riuscita a non avere problemi. Mi rimetterò di nuovo in piedi come si deve. Troverò la forza per farlo.
Scott, negli ultimi giorni è stato premuroso. Ha anche avvertito Max al posto mio. Non credo che questo gli sia piaciuto perché avrebbe preferito che fossi stata io a dirgli la verità, però so che gli passerà. Lo conosco.
Ad ogni modo, Scott è stato davvero attento nei miei riguardi; si assicura tuttora che mi riposi, che mangi regolarmente e non fatichi troppo.
Si è comportato da perfetto ragazzo "innamorato".
Già, che parola enorme e spaventosa alla mie orecchie. Me l'ha detto una sera, durante una delle sue chiamate ricevute per assicurarsi che fossi a letto in cui mi ha rivelato i suoi sentimenti prima di darmi la buona notte.
Sono arrossita così tanto che, dopo avere staccato la chiamata, ho dovuto gettarmi dell'acqua gelata sul viso per riprendermi. Ovviamente non ho risposto con un banalissimo: "anch'io". In realtà non ho risposto affatto. Credo di avere eluso la notizia con una delle mie domande.
Mi sono innamorata una sola volta nella mia vita. Innamorata forse è una parola troppo grande, ma ero sicuramente presa da quella persona. Apparentemente un ragazzo come tanti. Pendevo letteralmente dalle sue labbra. Ma, tutte le cose belle sono destinate ad avere fine ed è per questo che con Scott sto cercando di andarci piano. Mi piace, anche se sto solo aspettando quella piccola scintilla che mi dia sicurezza al punto da farmi sciogliere completamente.
Non ho problemi con l'amore. Purtroppo non riesco a fidarmi completamente di qualcuno, non dopo quello che ho vissuto. Mi conosco, so come divento quando sono perduta e non voglio rifare gli stessi errori che, stupidamente ho commesso in passato. Voglio essere una persona migliore e soprattutto capace di provvedere a me stessa. Non voglio dipendere da nessuno.
Mi alzo dal letto sbuffando. Sono le sei del mattino; così segna la sveglia sul comodino.
Il cielo fuori dalla finestra è ancora di un blu scuro pieno di stelle. Al di là dell'orizzonte però, si intravede l'alba in arrivo.
Massaggio il collo guardandomi attorno. Quando mi sento pronta, mi avvicino all'armadio. Scelgo una tuta e infilandola esco dalla stanza pronta a sgattaiolare fuori.
Avverto l'esigenza di prendere un po' d'aria fresca, di perdermi e poi ritrovarmi. Ho bisogno di sentirmi carica e pronta ad affrontare una nuova giornata.
Recupero le cuffie lasciate in cucina, prendo una bottiglietta d'acqua e senza fare rumore mi avvicino alla porta.
La casa è interamente avvolta nel silenzio. È tutto chiuso, buio, tranquillo. Adoro questo momento.
Sono da sempre una ragazza silenziosa, monotona e solitaria. Non mi dispiace avere dei momenti tranquilli tutti per me. Non ho neanche paura di vivere da sola perché è quello che faccio ormai da un paio di anni.
È sabato, quindi Anya dormirà per qualche altra ora tranquillamente. La invidio per questo. Non ha alcun problema e non si sveglia a causa degli incubi. Anche a me piacerebbe dormire per circa otto ore di fila.
In settimana si è parecchio impegnata ad evitarmi e a trovare qualcosa da fare. È andata a dormire da Mark lasciandomi sola. In pratica sta cercando di non ritrovarsi per tanto tempo con me.
Abbiamo ancora il nostro appuntamento, ha anche lasciato un post-it sul frigo per ricordarmelo.
Come se potessi dimenticarlo. Ho sempre mantenuto la parola data. Non mi tirerò proprio ora indietro; anche se una parte piccola, minuscola di me vorrebbe.
Ho già avvisato Scott che non ci vedremo.
Non mi è sembrato particolarmente deluso. Approfitterà di questa occasione per uscire con i suoi amici che non vede da un po' di tempo.
Non li conosco, il che è un bene. Non voglio passare delle serate con coppie o altre persone estranee, specie con ragazze di cui so solo il nome e a cui io non vado a genio. Gli ho rubato l'amico e mi vedono come un "nemico".
È questo quello che mi ha detto una sera mentre scherzavamo. Lì per lì non ho fatto caso alle sue parole, dopo però riflettendoci in solitudine, sono arrivata alle mie conclusioni.
Un campanello d'allarme c'è ma cerco di tenerlo spento. Non devo pensare a lui con le sue amiche o a lui con Tara o peggio: con Sasha.
Non farebbe mai qualcosa per ferirmi, vero?
Scuoto la testa facendo un grossissimo respiro ed apro la porta cercando di non fare stridere quei cardini maledetti; ma questa si richiude con un tonfo rimbombando attraverso le pareti di questo corridoio ai miei occhi adesso ristretto e senza via d'uscita.
Sobbalzo atterrita e voltandomi lentamente ritrovo davanti due occhi azzurri a fissarmi; anzi mi stanno proprio ammazzando.
Parla poco, eppure i suoi occhi fanno comunque rumore. Creano un enorme casino dentro il mio cuore.
Batto le palpebre un paio di volte accorgendomi di avere una mano sul petto dove il cuore mi batte all'impazzata.
«Dove pensi di andare?»
La sua voce, ridotta ad un sussurro duro, rauco e gelido mi fa rabbrividire. Riesce comunque ad incutermi un certo timore.
«Stavi andando a correre? Ma dico, sei impazzita?» sbotta gesticolando ampiamente.
«Ho solo voglia di correre. Non è affar tuo. Sto bene.»
Riapro la porta. Ethan la richiude tenendo fermo il palmo contro la superficie.
«Lasciami uscire», dico testarda.
«Non andrai da nessuna parte.»
Picchia il pugno contro il portone fulminandomi con lo sguardo.
Decido di affrontare le conseguenze. Lui non è nessuno per obbligarmi a rimanere in casa. La gamba sta bene e poi starò attenta. Non è la prima volta che mi succede. Ormai ci convivo da circa due anni e mezzo. Con uno sforzo enorme, spalanco la porta e corro verso le scale affrettandomi a raggiungere il pian terreno. Voglio creare un netto distacco tra me e lui. Ho proprio bisogno di aria; ora più che mai.
Tutte queste pareti mi soffocano e una volta fuori, torno per un attimo a respirare.
Infilo le cuffie e con la musica alta nelle orecchie, accompagnata dalle mie canzoni preferite, mi ritrovo a percorrere le strade affollate che ho imparato a conoscere dopo essermi persa un paio di volte all'inizio del mio trasferimento. Corro per i vicoli pieni di odori, di specchi, di arbusti, fino a raggiungere il parco. Uno dei miei posti tranquilli.
Il cielo inizia a tingersi di azzurro. Le stelle lasciano il posto a qualche nuvola passeggera. L'aria è fresca, incontaminata rispetto alle zone abitate in cui spesso non si riesce a respirare.
Sento il sangue risvegliarsi, fluire nelle vene, rendermi una persona viva. Sento i polmoni bruciare ed è una sensazione completamente rinvigorente.
Mi fermo accanto ad una fontana bagnandomi i polsi, poi alzo il viso verso il cielo mattutino così limpido e inspiro allungando le braccia. Mi sento davvero libera. Libera e piena di forze.
Riprendo a correre e sorrido come una stupida. Non riesco proprio a smettere mentre aumento l'andatura dirigendomi verso le giostre.
Il mio sorriso però si inclina quando la gamba cede costringendomi a fermarmi con una smorfia, zoppico in cerca di una panchina libera trattenendo il dolore.
«Merda!»
Impreco a denti stretti un paio di volte.
Sedendomi sul prato, leggermente bagnato, allungo la gamba.
Sudo freddo lasciando uscire qualche lacrima a causa del dolore. Lacrime che scrollo nervosamente. Non è così che volevo finisse il mio attimo di libertà. Tiro su con il naso arrendendomi al fatto che non potrò più correre come prima perché sono difettosa.
Dopo qualche secondo passato ad urlarmi addosso mentalmente, distratta come sono a rimproverarmi duramente per essere stata avventata, mi si para davanti  una bottiglia di bevanda energetica gialla e una persona.
Alzo lentamente lo sguardo anche se non ho dubbi su chi sia perché il suo profumo è il biglietto da visita per i miei sensi già tutti tesi.
Ethan mi sta fissando, ha il fiato corto ed è sudato ma sul suo viso non c'è traccia di furia. Indossa una canottiera grigia e pantaloncini neri della tuta. I tatuaggi in bella vista, i capelli neri scompigliati, gli occhi attenti di chi sta per scoppiare, la fronte imperlata di sudore.
Mentalmente mi preparo ai rimproveri perché mi sento proprio come una bambina che ha appena commesso una marachella dopo avere disubbidito ai genitori. Sono sempre stata un po' ribelle. Purtroppo ho sempre pagato le conseguenze.
«Ti avevo detto di non farlo.»
Perché si sta innervosendo così tanto?
Non è lui che sta provando dolore, non è lui che ha delle placche metalliche infilate sotto pelle. Non è lui quello difettoso.
Distolgo lo sguardo sentendomi in colpa per essere stata testarda e trattengo le lacrime. Non ho il coraggio di guardarlo negli occhi per sapere che è arrabbiato o deluso dal mio comportamento immaturo. E poi: perchè sono così emotiva con lui? Perché riesce a smuovermi dentro sensazioni che sono riuscita a tenere dentro per un lungo tempo?
Si siede accanto a me mandando giù parte della bibita, poi afferrandomi la gamba la porta sulle sue ginocchia.
Spalanco gli occhi, vorrei fermarlo ma le sue mani calde toccano la cicatrice senza disgusto iniziando a muoversi per un massaggio dolorosamente utile.
Non so cosa sto provando mentalmente, so solo cosa sto provando fisicamente: brividi, brividi, incontrollati brividi. Piacevolissimi brividi.
La pelle pulsa sotto il suo tocco delicato in netto contrasto con il suo umore, grigio indirizzato al nero. Le sue dita non hanno calli, sono delicate e ha le unghie curate, cosa che mi piace nelle persone. Ha davvero delle belle mani.
Mi perdo nei suoi gesti, nel suo sguardo attento, nelle sue parole non espresse. Mi perdo nei dettagli del suo viso così deciso e perfetto. E lo fisso cercando di non imbambolarmi anche se purtroppo è inevitabile.
Ethan non ha una bellezza classica. Ethan è un ragazzo fuori dal normale ai miei occhi. Mi rendo conto di non conoscerlo affatto però è così. È così e non posso farci niente.
Dietro l'aspetto da stronzo, dietro quella facciata che usa per tenere fuori le persone, c'è qualcosa. Si, nasconde sicuramente qualcosa a cui nessuno ha accesso.
Cosa nascondi esattamente?
«Sei tremendamente silenziosa», sbotta fermandosi e facendomi trasalire.
Apro la bocca ma non ne esce alcun suono. Riesce sempre a beccarmi mentre lo contemplo ed è inquietante.
Picchia un dito sulla mia fronte sempre con controllo. «Mi dici cosa ti passa in questa testolina?» piega la testa di lato.
Un gesto amichevole il suo. Ma noi, non siamo affatto amici penso subito. Abbasso lo sguardo. Ci sarebbe molto da dire, ma da dove inizio?
Mi stringo semplicemente nelle spalle.
Sbuffa irritato scuotendo la testa. Scosto la gamba provando ad alzarmi. Poco prima di fare un passo, riesce ancora una volta a bloccarmi. Mi immobilizzo poco prima di perdere l'equilibrio ricadendo su di lui, ritrovandomi a pochi centimetri dal suo viso.
Un classico direi.
Perché devo sempre ritrovarmi in imbarazzo?
La sua mano, sfrontata, si posa sul fianco, l'altra sul mio viso mentre lentamente mi avvicina alle sue labbra. Il suo fiato caldo sa di dentifricio alla menta e di bibita energetica. Pizzica le mie labbra facendole formicolare.
Sto per perdermi nell'intensità del suo sguardo e per cedere alla sua forza magnetica. Sto per toccare le sue labbra e provare che effetto fanno sulle mie, conoscere la loro morbidezza, quando la vocina dentro la mia testa mi ricorda che è impegnato, che siamo impegnati.
Spingendolo con una certa forza, mi rialzo in fretta portando i capelli dietro l'orecchio. Ho il viso in fiamme e il cuore a mille.
Senza dare spiegazioni, inizio a camminare, anche se un po' zoppicante e senza voltarmi verso l'uscita del parco. Devo andarmene, devo allontanarmi da lui. Ethan è pericoloso. E' pericoloso per i miei sensi. Riesce a spazzare via ogni certezza e questo mi destabilizza.
Poi perchè baciarmi?
E' impegnato, dannazione!
«Emma?» alza il tono incurante dei corridori che ci osservano.
Aumento l'andatura ma non posso forzare la mano, infatti, in breve mi raggiunge. «Aspetta!»
Urla afferrandomi per un braccio, costringendomi a voltarmi.
«Che cosa vuoi?»
Uso un tono duro sentendo il cuore a mille. Non posso avere altri cedimenti. Stavo abbassando troppo le difese. Ethan è come miele per i miei sensi. Un miele ricco di veleno al suo interno.
«Non...» si blocca, alza gli occhi al cielo poi sbuffa dal naso passandosi una mano tra i capelli.
Visto che lui non riesce proprio a parlare perchè sembra nervoso, afferro il coltello dalla parte del manico; anzi, in questo caso per essere precisi, afferro la situazione dalla parte del manico e come un masso lanciato da una catapulta mi preparo a colpire.
«Sta lontano da me!»
Mi volto con occhi che bruciano terribilmente.
Perché fa così male rendersi conto di tenere ad un perfetto sconosciuto in così poco tempo e così tanto da rischiare ciò che è già solido con Scott? E' solido il mio rapporto con Scott, vero?
Allora perché sento questo grosso peso dentro al cuore? Ethan è un perfetto sconosciuto, com'è possibile?
«Pensi che io ci riesca?» urla.
Scrollo una lacrima e lo guardo di nuovo dritto negli occhi. Vorrei tanto crederci.
Il suo sguardo, si perde per un secondo alla vista dei miei occhi rossi.
Mi faccio forza. Non devo mostrare a nessuno queste mie debolezze. Io non sono così.
«Sarà meglio che tu ci riesca allora perché non ho intenzione di farmi male.» Lascio uscire un unico singhiozzo spezzando il silenzio, poi voltandomi mi incammino verso casa.
E' una maschera di furia, lo sento. Non mi serve guardarlo per capirlo.
«E tu? Credi di riuscirci? Ti stai solo illudendo, Emma.»
Continuo a trattenere le lacrime fino a casa dove scoppio senza un apparente motivo. Entro nell'appartamento dove trovo Anya intenta a fare colazione. Si è svegliata tardi. Non fa domande sulla mia pessima entrata sgraziata e la ringrazio con lo sguardo dirigendomi in camera prima di sentire la porta sbattere con forza alle mie spalle.
Scivolo lentamente a terra portando le ginocchia al petto, dondolo e piango.
Credo di averne solo bisogno. Il pianto a volte può essere liberatorio.
Singhiozzo sonoramente mentre il telefono squilla rumorosamente. Asciugo velocemente le lacrime sentendomi una stupida. Forse ne ho bisogno. Ho bisogno di sfogarmi un po'. Dopo tutto sono umana anch'io. Non posso sempre reggere tutto senza mai crollare. Subisco anch'io delle scosse di assestamento.
Rispondo cercando di usare un tono tranquillo mentre dentro, sono in guerra contro me stessa.
Che cosa ho fatto?
Non riesco proprio a capire cosa sia successo al parco, tanto meno il comportamento di Ethan.
In soli cinque dannatissimi minuti è riuscito a creare il caos dentro la mia testa. Ha scombussolato ogni cosa come una folata di vento improvvisa. Ha spazzato via ogni certezza.
«Emmy!» saluta Scott.
Odio questo nomignolo.
«Ehi» mi trema la voce.
«Come stai
«Alla grande, tu?»
«Mi sono appena svegliato. Non dormivi vero?»
Mi scappa un singhiozzo e un sorriso. Tipico di Scott farsi le paranoie quando fa un gesto dolce.
Ha mai fatto così con un'altra?
Il pensiero mi fa incupire. «No, sono sveglia da un pò. Puoi chiamarmi quando vuoi, lo sai», provo a rassicurarlo.
«Dalla voce, non sembra che stai bene. E' successo qualcosa?»
Mordo il labbro e mi trattengo. Cosa rispondo?
"Oh, si sai, sono andata a correre al parco nonostante le proteste del fratello della mia coinquilina e sai? Quest'ultimo mi è corso dietro, mi ha fatto un massaggio alla gamba e poi ha provato a baciarmi e io stavo quasi cedendo perché volevo sentire le sue labbra sulle mie. Niente di particolare."
«Emma
«No, è tutto ok», sussurro.
«Sei a casa?» Domanda.
«Si»
Un breve silenzio e poi stacca. Fisso lo schermo inebetita e scoppio maggiormente in lacrime. Sfinita, arranco sul letto sistemandomi in posizione fetale. In breve prendo sonno.
Dopo un paio di minuti, sento un certo trambusto in casa.
«Lei dov'è? Stava piangendo quando l'ho chiamata. Se le avete fatto qualcosa...»
Scott?
«Fermati! Nella sua stanza non fa entrare nessuno e io qui non ti voglio!»
Le strilla di Anya rimbombano attraverso le pareti perforandomi i timpani.
«Sono il suo ragazzo. Credi che mi fermerà questo? Fatti da parte!»
Sento dei passi poi la porta si spalanca. Alzo la testa dal cuscino umido e vedo Scott sulla soglia. Mordo il labbro quasi imbarazzata e lo raggiungo per abbracciarlo.
Richiude con un gesto secco del piede la porta facendomi stendere sul letto. Mi tiene stretta tra le sue braccia e non fa domande.
Inspiro il suo profumo, calmandomi immediatamente. E quando alzo il viso lui attira le mie labbra alle sue.
Questo gesto mi fa stare peggio perchè ripenso subito a cosa stava succedendo al parco con Ethan. Lo stavo tradendo e non mi sento minimamente in colpa. Sono una persona orribile.
«Grazie»
«Credevo stessi piangendo perchè eri indecisa se mettere i sandali o i tacchi. Insomma, robe da ragazze.»
Mi scappa inevitabilmente un sorriso.
Asciuga le mie lacrime con i polpastrelli. Accanto a lui non ho paura di sbagliare, non ho il timore di parlare, non mi sento sempre sulla difensiva.
Ma accanto a lui, puoi essere davvero quella che sei? Domanda irritata la vocina dentro la mia testa.
«Scusa, ti ho fatto correre da me in questo modo.»
Nascondo il viso sul suo petto mortificata. In realtà mi sto trattenendo perchè ho così tanta confusione dentro la testa che non riesco nemmeno a parlare.
«Non era mai capitato. E' stata una prima volta», sorride.
Mi sporgo dandogli un bacio per ringraziarlo ancora. Scivola su di me. Il suo tocco, non mi manda nel panico ma non sento le farfalle dentro lo stomaco o i brividi.
Questo mi fa sentire maggiormente in colpa perché non capisco che cosa devo fare.
Ethan, che diavolo mi hai fatto? Ti odio!
«Non hai fatto colazione», dico in fretta ricordando che durante la chiamata si era appena svegliato.
«In realtà, ho fatto un salto al bar sotto casa e ho portato qualcosa da mangiare con te.»
Alzandosi dal letto apre la porta, poi torna con delle buste offrendomene una con sguardo divertito.
Fa parte del suo tentativo di farmi riprendere o cosa? Beh, ci sta riuscendo alla grande.
Dentro la busta trovo: un cornetto, un sandwich, patatine e una lattina di te'. Sorrido e ancora una volta lo becco a fissarmi.
Poggio il pacchetto sul comodino lanciandomi su di lui per stampargli piccoli baci sul viso.
Scott ride, una risata dolce che mi riscalda il cuore facendomi arrossire. Bacio le sue lentiggini sul naso, le sue labbra, le sue guance.
«Sono felice di essere il motivo del tuo buon umore. Mi da fastidio vederti triste o peggio, in lacrime», blocca il mio viso.
Non mi soffermo a riflettere su questo perché ricadrei nello sconforto immediatamente; perché mi sentirei in colpa per ciò che stava per accadere al parco. Preferisco tacere. Ora come ora direi solo la cosa sbagliata che farebbe cadere ogni castello al suolo.
Attira la mia bocca alla sua stringendomi.
Mangiamo e parliamo del più e del meno evitando certi argomenti. Domando quali sono i suoi programmi per la serata e lui risponde subito senza un momento di esitazione.
«Emmy, mi diresti se qualcosa non va vero?»
Torna improvvisamente serio. Ci ritroviamo davanti la porta.
«Si»
La sua mano scosta una ciocca dietro l'orecchio; cerca di leggermi dentro con i suoi occhi verdi. Anch'io sto provando a farlo ma non riesco ad arrivare a fondo. C'è qualcosa che lo turba. Quando si sentono dei rumori in cucina, drizza le spalle apparendo rigido e guardingo. «Devo andare», dice poggiando la fronte sulla mia.
Lo abbraccio. «Divertiti questa sera. Grazie ancora. Sei meraviglioso.»
Alza il mio viso attirandomi in un bacio virile, appassionato. Quando ci stacchiamo, sta ansimando mentre io provo a capire cosa ho sentito.
«Ciao» sussurra con un sorriso da stupido.
Non so se sta fingendo o se fa parte del suo modo di corteggiare. So solo che riesce a confondermi.
«Ciao» ricambio mordendo il labbro e sorridendo a mia volta.
Chiudo la porta lasciando uscire un profondo respiro. Quando mi volto, mi sta fissando dalla soglia.
Ogni parte di me si tende. Ogni piccola particella urla il suo nome. La mia pelle si solleva di qualche millimetro costringendomi ad abbracciarmi.
Ignoro il suo sguardo e a passo spedito, corro in camera.

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