Capitolo 44
L'auto viaggia lentamente, stiamo discutendo e il volto mi fa male. Percorriamo una piccola strada ed è tutto così strano, inquietante direi. Un clacson interrompe ogni cosa poi luci intense si fondono. Urla spaventate perforano i miei timpani, forse sono io quella che sta urlando.
Succede tutto in un attimo, picchio la testa contro il parabrezza e sento i vetri andare in mille pezzi e il ferro piegarsi. Il tempo sembra fermarsi forse per diversi minuti, vedo tutto a rallentatore mentre il mio cuore batte velocemente. Vengo sbalzata da una parte e l'altra nonostante la cintura stretta alla vita, mentre l'auto gira su e giù fino a fermarsi in un fosso. Perdo la cognizione del tempo e tutto diviene nero.
Fa freddo, tanto freddo. Non riesco a sentire più le gambe. Ho male dappertutto ma non riesco a muovermi. Mi agito.
«Emma, svegliati»
«No», urlo. «Non sento le gambe!»
Qualcuno mi scuote ma sono bloccata. C'è puzza di benzina, di gomme bruciate, di terra, di sangue. Qualcosa gocciola sul mio corpo.
«Emma, svegliati»
«Non sento le gambe, NO!»
Emetto un suono strozzato e spalanco gli occhi alzandomi a metà busto. Tossisco e passo la mano sulla fronte sudata.
Le luci della camera sono accese e sul mio letto c'è qualcuno. Alzo lo sguardo ed i suoi occhi mi immobilizzano mentre i miei si riempiono di lacrime. Controllo di avere sensibilità alle gambe. Il mio petto si alza e si abbassa velocemente e cerco in tutti i modi di tenere a bada il panico dopo l'incubo.
Ethan mi passa un bicchiere d'acqua. A sguardo basso bevo avidamente svuotandolo poi passo la mano tra i capelli.
«Va meglio?», il suono della sua voce si riversa dentro la mia testa come uno tsunami, provocandomi tanti brividi. Stringo la presa sulla coperta. Non va niente bene vorrei dire ma annuisco. In fondo era solo un brutto incubo e non è la prima volta che succede.
«Ti porto la colazione? Vuoi fare due passi?»
Mi conosce bene ma non posso permettermi di stare ancora con lui. Mi destabilizza la sua presenza in camera e rischio di cedere e chiedergli l'abbraccio di cui sento il bisogno.
«No, faccio una doccia. Scusa se ti ho svegliato», rispondo con voce rauca. Scosto la coperta e tolgo il tutore.
Ethan indugia un momento poi annuisce ed esce dalla mia stanza. Vorrei bloccarlo, chiedergli scusa ma sono una vigliacca.
Mi infilo sotto il getto caldo della doccia. I miei muscoli ringraziano subito e si rilassano. È stata una settimana intensa sotto ogni punto di vista.
A lavoro va abbastanza bene, sono andata ad un corso di autodifesa e sono uscita con Eric quando ne ha avuto bisogno e ho anche preso lezioni di guida. Ho trovato qualsiasi distrazione pur di non ritrovarmi da sola con lui eppure ecco che accade. Anya è da Mark, Camille è da Seth mentre io, che dovevo essere sola in casa per un weekend tranquillo e lontano dal pensiero della gara invece me lo ritrovo in casa. Lui è qui a ricordarmi cosa dovrà fare senza di me. Lui è qui per ricordarmi cosa ha scelto. Lui è qui per ricordarmi cosa ho perso.
Asciugo distratta i capelli e dopo essermi infilata degli shorts e una canotta, vado in cucina. Preparo delle crêpes per non pensare, il caffè e del succo fresco. Accendo un po' di musica e faccio colazione rilassandomi.
Ethan entra in cucina a torso nudo. Indossa i boxer neri e ha i capelli bagnati. Al suo passaggio lascia la scia del suo profumo deciso e afrodisiaco.
Ho già preparato un piatto anche per lui, forse per abitudine o per non comportarmi da cattiva. Forse perché lo ami? Risponde la vocina dentro la mia testa che cerco sempre di scacciare.
Quando si siede mi rialzo da tavola, lavo i piatti e mi sposto in camera. Inizio a tagliare e cucire il mio abito. Ho scelto il rosso, un colore che Anya apprezzerà visto che è anche quello del tema del suo matrimonio. Sto creando un abito lungo, scollato e sensuale che rispetti le mie poche forme.
Riesco a portare avanti parte del lavoro senza interruzioni e perdo totalmente la cognizione del tempo.
La porta si apre mentre sto sistemando le spalline sul manichino e tengo in bocca delle forcine. Alzo lo sguardo e non posso non mostrare la mia sorpresa. Ethan poggia un vassoio sulla scrivania, poi se ne va senza dire una parola. Mi spunta subito un sorriso. Rigatoni al pomodoro e olive, filetti di pollo infarinati con anelli di cipolla e insalata. Si è impegnato. Mi siedo a mangiare mentre osservo la mia stanza e il caos di stoffa, aghi, fili e swarovski. Dovrò rimettere in ordine prima che Anya torni a casa e veda il mio vestito. Voglio che sia una sorpresa.
Porto il vassoio in cucina e trovo Ethan stravaccato sul divano del soggiorno intento a giocare alla Xbox. Sembra così rilassato, così tranquillo. So che in realtà ha parecchio a cui pensare. Cerco di non fissarlo e di non farmi distrarre dalla sua presenza cosi importante nella mia esistenza, nel mio quotidiano.
«Possiamo parlare?»
Urlo e i piatti si schiantano sul lavandino. Il mio cuore batte all'impazzata mentre i suoi occhi si fanno attenti. Dovevo aspettare una mossa simile. Il pranzo e tutto il resto, che stupida.
«No», mi giro e continuo a lavare i piatti.
«Emma, non credi sia abbastanza? Mi stai torturando», mi costringe a voltarmi con una mano sulla spalla.
«No, non credo sia abbastanza. Hai fatto la tua scelta chiudendoti la porta alle spalle e andandotene dalla tua priorità lasciandomi sola dopo avere fatto sesso. Dopo tre settimane non credo ci sia molto da aggiungere.» Asciugo le mani e poi prendo l'aspirapolvere. Anya non è una fan delle pulizie e questo compito spetta a me per mantenere l'ambiente pulito. So di essere stata abbastanza dura e diretta con la risposta ma è quello che penso e spesso non riesco a dire.
«Potresti dirmi se verrai...», morde la guancia e infila me mani dentro le tasche.
«No, non verrò. Non posso vedere te che scegli ancora una volta qualcun altro.» Mi volto con gli occhi pieni di lacrime e a grandi falcate raggiungo la mia stanza. Inizio a pulire e in breve riesco a sistemare e nascondere l'abito.
Dopo circa un'ora, sento la porta richiudersi. Mi affloscio sul pavimento e scoppio in lacrime. Era necessario. Era necessario dirgli di no. Era necessario tagliare quel filo che mi legava ancora a lui. Soffrirò ma dopo passerà, passa sempre tutto, anche l'amore, vero? Allora perché mi sento così male? Perché provo così tanto dolore?
Mi vesto e decido di uscire per una passeggiata, per non pensare che il ragazzo, che purtroppo amo, sta per affrontare qualcosa che potrebbe liberarlo o distruggerlo. In cuor mio spero che riesca a vincere, che si liberi e che torni a vivere, senza di me.
A braccia conserte mi incammino verso il parco perdendomi tra la gente. Turisti che chiedono degli scatti di fronte alla fontana, altri vogliono solo indicazioni per un buon locale dove mangiare. Luci che si accendono e si spengono. Auto che sfrecciano, pedoni imbranati.
Mi siedo su di una panchina. Piego i gomiti sulle ginocchia e affondo il viso tra le mani. Sto impazzendo. Non riesco più ad essere razionale, non riesco più a pensare in modo tranquillo. Ogni cosa mi riporta a lui. Non sono più io, mi sono persa. Ancora una volta, mi sono persa.
Il telefono vibra.
Anya: "Vorrei che fossi qui con noi! :( "
Scoppio in lacrime. Non so cosa fare. Sono combattuta. Non so essere cattiva, non so essere dura come faccio credere. Sono solo una stupita ragazza insicura e fragile. Vorrei correre da loro e porre fine a questo supplizio ma l'oroglio mi incatena ancora su questa stupida panchina.
Mi rialzo e continuo a camminare per il parco, per le strade affollate. Sono di fronte al negozio di souvenir quando il telefono vibra di nuovo.
Eric: "Impegnata?"
Emma: "A tenere a bada i pensieri? Si. Oggi non credo sia giornata."
Eric: "Potresti venire"
Emma: "Potrei e poi? Soffrirei!"
Eric: "Penso che sia meglio che tu venga. Ethan sta dando di matto ed è chiaramente nervoso. Manca ancora un'ora, potresti farcela ad arrivare e a renderlo felice."
Emma: "In che senso sta dando di matto?"
Eric: "Muovi il culo! Qui la situazione si fa pesante e snervante tra i due."
Mordo il labbro e mi guardo attorno. So il luogo della gara ed è una pista a tutti gli effetti. Ci saranno un sacco di persone e forse se vado, nessuno noterà la mia presenza, magari mi metterò in un angolo.
Prima di potere ripensare a cosa sto facendo, prendo un taxi. E' inutile, non posso stare lontana da lui. Il telefono continua a vibrare.
Seth: "Non te lo chiederei ma... per favore Emma, vieni alla gara. Ethan non è in sé senza di te."
Il cuore batte all'impazzata. Sento le guance rigarsi di lacrime mentre il tassista lancia di tanto in tanto qualche sguardo dallo specchietto retrovisore senza dire niente.
Quando arriviamo, pago e mi avvicino all'entrata. Chissà come il mio nome è tra i membri con il permesso. Si aspettavano una mossa simile da parte mia?
Mi danno un ticket da appendere al collo e mi indicano un box. Il cuore martella dentro le orecchie e inizio a sudare freddo. Non so cosa sto facendo. Non so nemmeno perchè io non stia semplicemente puntando verso gli spalti.
Anya si accorge subito della mia presenza e corre ad abbracciarmi. «Grazie», i suoi occhi si riempiono di lacrime.
Avanzo lentamente accanto a lei verso l'interno del piccolo garage dove c'è l'auto nera di Ethan e lui seduto su di una sedia intento a discutere animatamente con Seth e Mark. Indossa una tuta nera e guanti con delle strisce color evidenziatore, è davvero bello.
Camille richiama subito Seth e Mark. In breve il garage si spopola e rimaniamo solo io e lui. Quando alza lo sguardo, sembra fare un sospiro di sollievo. Si alza e si avvicina a grandi falcate. Non ho il tempo di riflettere.
«Non farmene pentire!», è tutto ciò che riesco a dire prima che lui mi abbracci per pochi secondi e con una forza devastante.
Sciolgo subito l'abbraccio e indietreggiando esco per trovare posto sugli spalti dove una grande folla attende trepidante. Non vedo Eric da nessuna parte ma sono sicura che stia cercando di gestire al meglio la gara.
Passano minuti interminabili poi lo vedo arrivare, artiglia la mano sul mio polso e mi trascina nel garage senza darmi spiegazioni. Ha lo sguardo tirato e serio.
«Non metterò in pericolo la vita di qualcuno solo per il tuo stupido divertimento Scott! Gareggiamo e facciamola finita!», sta urlando Ethan.
«Mia la gara, mie le regole. Scegli la tua ragazza e falla sistemare in auto. E sbrigati, mi sto annoiando.» Lascia il garage irritato dopo avermi lanciato uno sguardo.
Ethan con un calcio, scaglia la sedia contro la parete.
«Ok lo faccio!», dice prontamente Anya.
«NO!», tuonano all'unisono Mark e Ethan.
«Perderai la gara se non ti attieni alle sue regole.» Anya sembra più che convinta.
«Scotty ha deciso per te.» Ci voltiamo verso Drew spuntato dal nulla. I suoi occhi saettano su di me. Ha un sorriso inquietante stampato sulle labbra.
Deglutisco sentendomi morire. Non posso. No, no, no.
«Non può farlo!», Ethan con sguardo truce, corre nel suo garage e afferra Scott per il bavero della tuta sollevandolo di qualche centimetro da terra. «Sei impazzito? Sai cosa ha passato? Sai cosa le è successo? Le stai chiedendo qualcosa che la farà soffrire! Pensavo che tenessi un minimo a lei!», lo scaglia contro il muro.
«Credi che me ne importi qualcosa? Volevo solo sbattermela per bene.» Ghigna e boccheggia.
Stringo i pugni e cerco di respirare. Fisso Eric e mi faccio condurre verso il garage mentre tutti continuano a discutere. Mi aiuta ad infilare la tuta nera e in breve sono pronta. Non so cosa stia succedendo nel garage accanto ma sento la folla inquieta e voglio che tutto questo abbia fine il prima possibile.
Mi sistemo sul sedile e allaccio la cintura. Faccio dei profondi respiri poi stringo meglio che posso il laccio del casco. Eric mi sorride e stringe la mia mano poi va a chiamare il resto dei nostri amici per dare il via alla gara.
Ethan entra in auto come una saetta. Mette in moto e in breve ci ritroviamo in pista per un giro di ricognizione. «Non volevo arrivare a questo!».
«Spacchiamogli il culo prima», la mia voce esce decisa nonostante io stia morendo dalla paura.
Le due auto si sistemano e Scott ci lancia uno sguardo prima di fare rombare il motore. Nella sua auto c'è Sasha. Non so come si sia fatta convincere a partecipare ad una tale follia. Era tutto programmato evidentemente.
Deglutisco e strofino i palmi sui pantaloni. I guanti attutiscono ogni cosa anche il sudore. Sono spaventata e nevosa e so che qualcosa andrà storto. Chiamalo istinto o percezione. Lo sento. Ethan è parecchio rigido ma tiene ben fisso lo sguardo verso il suo obbiettivo: la pista.
La gente inizia ad urlare, a fischiare, ad esultare. Non so chi siano. Non so nemmeno perché si divertano così tanto a vedere due veicoli correre. Questa farà ricavare dei soldi a qualcuno e sono pronta a scommettere che stanno già partendo le prime scommesse. Una ragazza si posiziona al centro con una bandiera tra le mani.
Il mio cuore si ferma per un lungo istante e mi sembra di vedere tutto al rallentatore. È una scena terribilmente lenta ai miei occhi e sono costretta a battere le palpebre e a darmi uno scossone poco prima di appiattirmi contro il sedile per la forte velocità con la quale stiamo viaggiando.
L'auto sbanda leggermente dietro ed Ethan cambia marcia con una velocità assurda. È concentrato sul suo obbiettivo e nei suoi occhi, nella sua presa sul volante, vedo la determinazione, la voglia di mettere fine ad una gara non voluta ma anche la paura per avere messo in pericolo qualcuno a cui tiene: me.
Dopo tre curve, succede qualcosa. L'auto ha uno strattone forte e per un momento immagino di schiantarmi contro la tribuna a grande velocità. Tappo la bocca e artiglio la mano sul sedile. Sono un cumulo di tensione e questa volta non basterà un bagno caldo a fare passare tutto. Questa non volta, non basterà un abbraccio o un sorriso a farmi superare tutta questa situazione assurda.
Lo schermo dell'auto si illumina e la voce di Seth arriva forte e agitata. Ethan impreca e tenta in tutti i modi di controllare il veicolo che sembra essere manovrato esternamente visto che non risponde bene ai comandi. Anche l'auto di Scott sembra avere qualche problema dal modo in cui sbanda.
Vengo attraversata dalla paura. E se avessero manomesso le auto apposta? Rabbrividisco.
«Dimmi che cazzo devo fare! Io non...»,
Ethan sbanda e per poco non sbagliamo verso del percorso. Riesce a rimettersi in carreggiata ma continua ad inveire arrabbiato e agitato.
«Seth, sbrigati non voglio che si faccia male!», il suo tono di voce mi allarma.
Intanto superiamo Scott che ha difficoltà e continua a fare destra e sinistra con la sua vettura. Se è stato lui, giuro che lo ammazzo, continuo a ripeterlo tra me per non mettermi ad urlare come una pazza o per non aprire la portiera e lanciarmi fuori.
«Ethan devi accendere l'altro pc, quello sul retro e collegare i fili. Qualcuno ha manomesso tutto. Sto provando a gestirlo dal mio computer ma devi sistemare tutto tu prima che vi schiantiate.»
Mi esce un urlo allarmato. Non riesco più a trattenermi.
«Ok dimmi cosa devo fare», urla Ethan. La macchina sbanda ancora e facciamo una curva pericolosamente piegati sul lato sinistro.
«Ok ascoltatemi tutti e due, attentamente. Emma, non è il momento di farsi cogliere dal panico so che ti fa stare male. Slaccia la cintura e passa subito al volante senza esitare. Ethan, passa dietro prova a collegare quel cazzo di filo!».
Spalanco gli occhi allarmata mentre Ethan slaccia le nostre cinture.
«Premi subito sull'acceleratore piccola», si sposta dietro mentre il mio corpo agisce da solo al suo comando, come se sapesse cosa è giusto fare. Mi sento improvvisamente smarrita e a mente poco lucida e rigida cerco di non frenare o andarmi a schiantare ma noto che i freni non funzionano affatto come dovrebbero.
Dimentico la cintura e tutto il resto e fisso con le mani strette sul volante la pista che ho di fronte. Iniziamo il secondo giro e nel breve tempo riesco a ricordare le curve da fare. Sbando pericolosamente e urlo mentre Ethan parla con Seth e mi incita a continuare. Non so cosa stia provando so solo che me la sto facendo sotto dalla paura.
«Fa finta che sia quel gioco piccola. Ce la puoi fare!». La sua voce esce stridula e allarmata quando vediamo avvicinarsi l'auto di Scott a grande velocità. È proprio accanto e il cuore mi arriva in gola quando le auto si sfiorano creando delle scintille.
«Dio, non ce la faccio. Non posso. Ho paura!», urlo agitata muovendo il manubrio e schiacciando sull'acceleratore. Arrivati alla curva, l'auto di Scott sbanda e sbatte contro la nostra. Mordo le labbra e scoppio in lacrime.
«Cazzo! Emma tranquilla è tutto ok, è tutto ok. Continua così abbiamo quasi fatto! Cambia marcia per come ti ho detto di fare prima.»
«Sta zitto! Sta zitto cazzo! Io vi odio tutti, vi odio tutti! Ho solo guidato una volta non sono come voi, non so cosa fare!», piango e faccio una curva in modo pericoloso. Caccio un urlo quando l'auto di Scott ci viene di nuovo addosso.
«Hai iniziato a guidare? Quando?», Ethan alza lo sguardo con occhi spiritati e poi continua a piegare dei fili.
«Ho detto sta zitto! Non voglio più saperne un cazzo! Ho chiuso. Dio!»
Sento la schiena dolere ed i muscoli tutti tesi dopo l'ennesimo colpo. Sto per avere una crisi di nervi. Sto per esplodere. Voglio che tutto questo finisca e in fretta.
Il terzo e ultimo giro arriva quasi subito ed il mio cuore rischia sempre più di esplodere. Non farò mai più niente del genere. Me ne andrò da questo posto dopo avere picchiato Scott, lo giuro. Con questo pensiero riesco a cambiare marcia e a premere sull'acceleratore. Veniamo sbalzati in avanti e sento di nuovo male alla schiena, tanto dolore. Stringo i denti e con la vista appannata dalle lacrime cerco di evitare i colpi di Scott.
«Ho quasi fatto!», urla Ethan sempre più teso.
«Non me ne fotte un cazzo, se esco viva da qui dentro lo ammazzo!», urlo come una vera esaurita.
L'auto di Scott ci viene nuovamente addosso. Lanciò uno sguardo e lo vedo a denti stretti. Vado a destra poi sterzo subito a sinistra come negli autoscontri e lo sportello gli si appiattisce e lui impreca mentre Sasha urla smarrita. Se è questo ciò che vuole bene, lo farò a pezzetti. La rabbia prende il sopravvento e in un momento di furia omicida continuo a farlo sbandare accantonando il dolore alla schiena e la paura.
Ethan passa davanti e Seth dice di essere entrato nel server e di stare risolvendo tutto. Con la coda dell'occhio noto la gente allarmata sugli spalti. Non so come deve apparire da quella posizione la gara ma so come appare effettivamente da vicino, dal vivo.
La macchina subisce l'ennesimo urto. Il dietro deve essersi frantumato perchè sento il rumore del vetro che cade. Schiaccio sull'acceleratore e cambio marcia con determinazione. Le mani tremano così come le gambe. Ho un dolore acuto alla schiena e alla gamba ma lo trattengo, mi servirà per ammazzare quel bastardo.
Si intravede il traguardo ed Ethan tocca il tasto del nos e l'auto balza in avanti a grande velocità. Superiamo la striscia bianca e nera tra gli applausi. Freno pericolosamente mentre la folla inizia a scendere in pista. L'auto gira di colpo mentre quella di Scott di ferma a poca distanza.
Esco come una furia dall'auto, qualcuno prova a fermarmi ma non lo vedo, non lo sento, zoppico e stringo i denti. Slaccio il casco e a grandi falcate raggiungo l'auto di Scott. Apro lo sportello malridotto e lo trascino fuori. Non ha una bella cera ma non me ne importa un bel niente.
Lo colpisco con il casco causando un esclamazione di sorpresa da parte del pubblico.
«Questo è per ciò che mi hai fatto passare figlio di puttana. Mi devi un mucchio di soldi e non credere che la tua vita da oggi potrà essere rose e fiori perché sarò il tuo peggiore incubo!», lo colpisco ancora poi lancio il casco e inizio a massacrarlo di botte mentre cerca di rialzarsi. «Ti odio! Te la farò pagare!», continuo a strillare e a colpire incapace di trattenere la rabbia causata dalla paura.
Scott tossisce e cerca di parare i colpi e di parlare ma non glielo permetto. Non gli permetterò ancora una volta di mettermi a tacere o di ripetere una cosa del genere.
«Amico fermala!», urla qualcuno.
«Sei uno fottuto coglione!», ringhio incapace di contente la rabbia che mi esplode nel petto. Le lacrime continuano ad uscire e il dolore che sento alimenta maggiormente la mia forza.
Vengo sollevata e trascinata a poca distanza mentre continuo a fendere colpi per aria e ad urlare. Ho proprio perso il controllo.
Le braccia di Eric bloccano le mie spalle. I suoi occhi chiari mi fissano mentre la mia vista si annebbia a causa delle lacrime. Ho un brutto attacco di panico e non riesco a gestirlo. Scoppio tra i singhiozzi e mi accascio al suolo con il viso tra le mani.
Eric prova ad abbracciarmi ma con un gesto secco mi allontano da lui. «State tutti lontano da me!», scuoto la testa e zoppicante raggiungo il garage, mi cambio in fretta, recupero le mie cose ed esco dalla pista. Riesco a chiamare un taxi e tra le lacrime indico l'ospedale.
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