Capitolo 37
Anya entra allarmata e quando si accorge della mia espressione si avvicina con cautela. «Sta dando di matto. Non te lo chiederei...», mi guarda preoccupata e spaventata. Non l'ho mai vista così prima d'ora.
Mi alzo, infilo una maglietta e dei legghings. Mi lascio trascinare in auto e poi verso il suo appartamento.
Mordo il labbro e faccio un grosso respiro mentre scendo con lo stomaco sottosopra dal veicolo. Sono un fascio di nervi e finirò per vomitare, lo sento.
Anya apre la porta di casa. Non so come abbia fatto a guidare visto l'eccesso di alcol che ha in corpo ma quando entro, dimentico per un momento tutto quanto perchè in questa casa, sembra essere appena passato un tornado. Daniel se ne sta a braccia conserte con sguardo teso mentre dal piano di sopra arrivano urla e schianti.
Anya mi stringe per un braccio, poi fa cenno supplicante di andare e porre fine a tutto questo. Deglutisco e salgo la scala a chiocciola. Il piano di sopra è peggio del primo. Vetri in frantumi, cuscini per terra, posate che volano. Il resto urla e colpi forti. La voce di Mark che lo intima di smetterla arriva con forza alle mie orecchie.
Mi avvicino allo studio con il cuore in gola. Mark tiene in un angolo Ethan che ha il labbro spaccato e le nocche insanguinate. Lo colpisce e dal modo in cui tiene le spalle, capisco che è molto teso e cerca di non metterlo ko. Ethan riesce a divincolarsi e lo affronta ma Mark para ogni colpo agilmente. I due si stanno picchiando di brutto e sono solo all'inizio, penso. Riesco a spostarmi in tempo prima che una cornice piena di foto si schianti sulla parete. Mi rannicchio parandomi la testa dopo avere urlato e finalmente, c'è un momento di silenzio.
«Cazzo!»
Vengo sollevata e quando alzo gli occhi mi accorgo dello sguardo sgomento di Ethan. Le sue mani stringono le mie guance insanguinandole.
«Ti ha fatto male?», ringhia Mark asciugandosi il labbro. Non ho mai visto quel ragazzo perdere il controllo.
«Sto bene», gli lancio uno sguardo e lui intuendo se ne va a grandi falcate. Sento subito la sua voce al piano di sotto e mi concentro su Ethan.
«Non ti ho colpito vero?», stacca le mani dal mio viso e le passa sui suoi capelli imbrattandoli di sangue.
Scuoto lentamente la testa e mi guardo attorno. «Hai fatto di peggio ma non credo sia il momento di parlarne. Hai una scopa da qualche parte?», domando assumendo un tono neutro. Sono davvero stanca.
Ethan si guarda attorno un momento poi apre la porta dello sgabuzzino e prende due scope passandomene una.
Iniziamo a mettere in ordine in totale silenzio mentre dal piano di sotto si sentono i discorsi di Anya con il padre e Mark.
Impieghiamo quasi mezz'ora e alla fine sistemiamo i sacchi neri in un angolo.
Ethan si siede sul bordo del letto e nasconde il viso con le mani. «Non riuscivo a controllarmi», inizia, «le soluzioni erano poche. Non potevo guidare, dovevo distruggere e scaricare la rabbia. Ho fatto a pugni con mio cognato ed ecco cosa ho combinato...», si giustifica.
Mi siedo cauta accanto a lui e poggio la testa sulla sua spalla. Sento che trattiene il fiato un momento poi poggia la sua guancia sulla mia testa.
Alzo leggermente il viso. Il suo profumo familiare e deciso intorpidisce i miei sensi. Mi sento sopraffatta, in difficoltà. Non è possibile che riesca ad avere così tanto potere su di me.
«Mi sei mancata», parla in tono sommesso.
Sento le guance accaldate.
Dal piano di sotto provengono ancora le voci di Anya, Mark e Daniel. Vorrei alzarmi da questo letto ma sento di essere in trappola. Come una mosca nella tela del ragno, sto per essere annientata.
Alzo ancora lo sguardo ed i nostri occhi si incontrano. Lui deglutisce e fissa le mie labbra e le sfiora con le dita. Una carezza lenta e dolorosamente sensuale.
Il mio cuore aumenta i suoi battiti e mi si mozza il respiro quando le nostre labbra si sfiorano prima di incontrarsi in un bacio lento, dolce, carico di sentimenti.
Mi stacco improvvisamente. Non posso perdere la testa, devo andarmene. Mi rialzo e scendo al piano di sotto. Trovo Anya e Mark intenti a raccogliere i cocci e quando si accorgono di me alzano lo sguardo speranzosi.
Daniel si avvicina con la sedia a rotelle e tiene in mano il mio tutore. «Hai dimenticato questo così mi sono permesso di modificarlo», me lo sistema sulla gamba e avverto subito quel sostegno in più che mi serviva da settimane.
«Emma torna subito qui!», urla Ethan dal piano di sopra.
Lancio uno sguardo allarmato ad Anya e le spiego che devo andarmene.
«Potete rimanere tutti. La tua presenza in casa in questo momento sarebbe di aiuto per il suo umore», afferma Daniel corrucciato.
Dal piano di sopra si sente un colpo. Faccio un profondo sospiro e corro a vedere. Trovo Ethan intento a sfogarsi contro il muro. È proprio fuori di se.
«Dove pensi di andare?», quando si volta rabbrividisco. È una maschera di furia.
«Tra qualche ora devo andare al locale. Pensavo di andare a casa».
Lo trascino lontano dalla parete. Apro il kit del pronto soccorso e passo delle salviette con alcol sulle sue nocche.
«Vengo con te», afferma testardo.
«Così distruggi anche la mia stanza? Scordalo! Devi darti una calmata. Così non puoi andare avanti. Sembri un pazzo psicopatico.» Uso un tono asciutto e spero mi stia ascoltando.
«Sto impazzendo. Devo correre e non so come sfogare tutta questa rabbia che mi tengo addosso.»
«Ok andiamo!»
Mi guarda perplesso.
«A correre. Dove tieni le chiavi?»
Me le indica. Le prendo e scendiamo al piano di sotto. Anya e Mark stanno sistemando il divano letto per passare qui la notte mentre Daniel è sparito. Devono fare una cappella a quell'uomo.
«Sei sicura?», Mark sembra preoccupato.
«Se mi ammazza vendicatevi!», sbuffo e raggiungo l'auto di Ethan. Mi sistemo sul sedile del passeggero a disagio. Lui mette in moto, non ha bisogno di fare domande. Mi porta nel posto in cui può sfogarsi: la pista.
Quando arriviamo scendo e vado a sedermi in un angolo a braccia conserte. Aspetterò che si sfoghi come un bambino capriccioso.
Ethan fa un giro pericolosamente veloce ma frena proprio di fronte a me, spalanca la porta ed esce frustrato. Tira i capelli, stringe i pugni poi da una pedata ad una ruota. «Puoi salire? Non riesco senza di te!».
Capisco che non è il momento di dire no o obbiettare. Mi arrendo e con il cuore in gola entro in auto e inserisco la cintura.
Ethan mette in moto, fa marcia indietro e ci ritroviamo all'entrata. Fa un grosso sospiro poi preme sull'acceleratore senza darmi il tempo di riflettere o ripensarci. Il cuore mi arriva in gola, chiudo gli occhi e stringo i pugni in grembo. Sto per sentirmi male ma devo resistere.
Drifta, svolta a destra e a sinistra, giriamo pericolosamente sul posto, balziamo in avanti e poi vedo il muro. Non lo tocchiamo nemmeno. Ethan si ferma proprio ad un metro di distanza. È affannato.
Sgancio la cintura e corro fuori in un angolo dove vomito tutto l'alcol che ho tenuto in corpo nel corso della serata. Che strano è proprio così che ci siamo conosciuti, rifletto. Risalgo in auto, cerco una manciata di mentine dentro la borsa e le caccio in bocca.
«Mi dispiace», stringe il volante e vi poggia la testa picchiandola lentamente.
«Ti senti meglio?», domando accantonando il mio stato d'animo.
Scuote la testa. «Vederti così a causa mia... mi fa sentire peggio».
Ho l'istinto di saltargli addosso, perdermi in lui. Mordo la guancia e trattengo la voglia di toccarlo o rassicurarlo. «Portami nel tuo posto preferito», dico invece.
Quando arriviamo nelle vicinanze del laghetto, tolgo le scarpe, sgancio la cintura ed esco fuori dall'auto. Faccio un profondo respiro e cammino per un paio di minuti avanti e indietro. Ethan scende a sua volta e si avvicina.
«Ti prego... non ora», brontolo un pò troppo acida.
Non sono in grado di fare discorsi seri in questo momento. Voglio solo tranquillizzarmi e poi affrontare tutto il resto.
Stiamo un paio di minuti in totale silenzio. Alzo le braccia e mi stiracchio prima di entrare in auto più tranquilla. Ethan mi segue ma non parla. Evidentemente ha capito che peggiorerebbe solo la situazione.
Si sta comportando in modo insensato ma anch'io sto per farlo. Non riesco a trattenermi ancora ma agisce lui per primo.
La sua mano con una certa forza mi afferra e trascina su di sé. Lo abbraccio poggiando le braccia tra il poggiatesta. Lo guardo fisso negli occhi.
«So cosa mi serve per sfogarmi veramente. So anche che devo farmi perdonare e lo farò. Ormai non ne faccio una giusta», sospira rassegnato.
Mordo il labbro e stringo un po' le gambe. Sfioro la sua bocca con la mia. «Me ne pentirò tra un'ora», sussurro prima di baciarlo e mordo le sue labbra spingendomi sempre più su di lui. Geme ed inizia a sbottonarsi i pantaloni e mi fa sollevare per sfilarseli. Fa lo stesso con la mia tuta ed allarga le mie cosce stringendomi per i glutei. Ansimiamo spingendoci l'uno sull'altra.
«Non riesco più a trattenermi. Devo averti, subito!», morde il mio collo. Sfila la mia maglietta e tra un bacio avido e l'altro togliamo anche la sua. Mi sollevo per aiutarlo a spogliarmi. Si libera dei boxer con impazienza. Gemo, non riesco più ad aspettare. Strappa la bustina e in meno di una manciata di secondi mi riempie con urgenza. Emetto un piccolo strillo e lo bacio come mai prima mentre il mio cuore inizia a battere veloce.
«Cazzo quanto sei stretta!».
Emetto un altro urletto quando spinge con più forza. E' proprio disperato.
«Dio, rifallo!»
Non so cosa ho fatto ma non ho più il controllo del mio corpo. La mia mente deraglia altrove. Mi sto perdendo nel piacere. Stringo le sue spalle mentre la sua bocca morde, succhia, lecca la mia pelle sensibile.
«Ethan...», non so perché ho sussurrato il suo nome ma so che sto per esplodere. Le mie gambe iniziano a tremare e la sua presa si fa più ferrea.
Arriviamo al culmine, le sue mani premute sui glutei, mentre ci baciamo affannati. Non riesco a muovermi, sento i muscoli fatti di gelatina.
«Stai bene?», riesce a domandare cercando di ritrovare il respiro.
Annuisco incapace di parlare. Probabilmente balbetterei o biascicherei.
Fa per uscire ma lo blocco. «Rimani ancora un po'», ansimo sulle sue labbra. Non sono pronta a lasciarlo andare.
«Aspetta», sussurra uscendo da me.
Avverto subito la mancanza ma in un attimo indossa un'altra protezione e mi riempie. Getta l'altra dal finestrino e si muove lentamente. Non fa movimenti veri e propri e la sensazione è maledettamente eccitante. Mi è mancato tutto questo e in parte me ne vergogno perchè non sono mai stata così eccitata per qualcosa o meglio per qualcuno.
Inizio a muovere i fianchi. Non riesco proprio a trattenermi. Sono stordita e voglio questo ragazzo come una drogata di fronte alla sua dose giornaliera. Il sentirlo così vicino mi manda in estasi. Sento le guance accaldate ed il respiro farsi sempre più affannato.
«Dio Emma, ho bisogno di scoparti ancora», ringhia stringendo i polpastrelli sulla mia schiena.
In un attimo passiamo sui sedili posteriori e me lo ritrovo su di me. La sensazione è totalmente diversa. Il suo petto caldo contro il mio. La sua pelle che brucia. Graffio le sue spalle ed emetto suoni incontrollati quando inizia a spingere.
Perdiamo nuovamente il controllo ed è una sensazione divina.
Tutto sudato e affannato ricade su di me. Bacia le mie guance e il collo.
«Sfogherò sempre così la mia rabbia», sorrise in modo timido.
Non so fino a quanto potrò resistere ancora prima di perdere di nuovo il controllo di fronte a questo ragazzo che credo di amare.
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