Capitolo 23

Nella vita ci insegnano che forti lo si diventa imparando dai propri errori, rialzandosi dopo una caduta. Gli ostacoli ci permettono di metterci alla prova, di scoprire quello che siamo disposti a fare per superarli a testa alta. Molte cose ci insegnano che alla fine di un tunnel, quasi sempre c'è una luce di speranza, questa porta amore laddove c'è una ferita profonda e mai rimarginata nel cuore.
A farci paura non è tanto il mettere un punto ad un capitolo concluso in modo orribile, ma il sapere ricominciare da capo. Trovare la forza per sopravvivere, per cambiare pagina.
E non è solo questione di arrabbiarsi, urlare o piangere. Quando si è feriti è diverso. Perché quando si è feriti, si prova un dolore forte al centro del petto. E mentre la delusione prende il sopravvento bruciando ogni vena e i pensieri iniziano ad urlare dentro la testa, l'anima viene distrutta. Tutto questo mentre fuori mostri solo il sereno.
Il mondo può sembrare orribile quando ci svegliamo dopo un brutto incubo. Non sempre riusciamo a capire dove finisce l'illusione e dove inizia la realtà. Non lo facciamo fino a quando non ci ritroviamo faccia a faccia con il presente.
«Emma, come stai?», Anya prende le mie mani fissandomi intensamente. Mi capisce sempre al volo. A dire il vero ci è riuscita sin dal primo istante. Non ha mai sbagliato. Abbiamo avuto subito una connessione empatica in grado di avvicinarci e affezionarci.
Adesso però è tutto diverso. Devo fingere. Non posso dirle che in realtà sto un vero schifo. Vorrei dirglielo, essere sincera ma le sorrido. Anche se in modo triste lo faccio per non turbarla, per non farla sentire in colpa. Perché anche se lei non lo ammette, so come si sente. Crede di essere la responsabile di tutto ciò che mi succede a causa di suo fratello. Ma, non voglio farla preoccupare. Nonostante tutto, posso ancora fingere di essere una persona normale esteriormente. Posso mostrare allegria mentre dentro questa brutta delusione mi sta uccidendo.
Ero a tanto così dall'afferrare la realtà ma alla fine ciò che ho preso è solo un pugno di polvere e tristezza in grado di danneggiare il mio umore così fragile.
Mi trovo su una corda sottile tirata fino allo stremo. Sto barcollando pericolosamente rischiando di precipitare nel vuoto.
Ciò che ho capito da tutta questa storia, è che non bisogna mai legarsi così tanto alle persone. Perché tanto alla fine le perdi.
Ci troviamo in centro, in un grazioso locale. Sedute all'esterno, sotto un enorme ombrellone con la vista rivolta ai palazzi alti con le vetrate a specchio e i taxi in lontananza. Una cartolina di New York caotica con i suoi angoli tranquilli in cui potersi rilassare senza avere la costante sensazione di essere osservati o giudicati. Qui nessuno ti conosce. Nessuno sa chi sei. Il bello di questa città è proprio questo.
I tavoli sono di vetro con i piedi incrociati in argento. Comode poltrone al posto delle solite sedie. Due tovagliette nere con l'immagine di un ghirigoro che forma una foglia e una rosa. Simbolo del locale chiamato proprio: "Black Rose". Un vaso al centro con tanti fiori di campo profumati e una candela che odora di biscotti appena sfornati.
I bicchieri sono molto particolari. A coppa, sfumati, dal nero sul fondo al trasparente sul bordo.
C'è un'atmosfera intima, allegra, accogliente. Il personale cordiale, attento.
Nel complesso hanno creato una bella presenza scenica nonostante il monocromatismo. Siamo circondati dai pannelli di vetro e in argento sulla parte bassa, installati con dei bottoni. Ci sono anche delle piante alte dalle foglie verdi lucide grandi e attorno, si respira l'odore tipico di un locale in cui il pezzo forte è la carne, il pollo arrosto immerso nelle salse e non solo, anche il caffè italiano e la pasticceria.
Non hanno badato a spese e il proprietario oltre ad essere gentile intrattiene la clientela organizzando eventi divertenti come: serate karaoke, cinema all'aperto e tanto altro.
Il profumo della crostata al cioccolato misto a quello delle erbe aromatiche e di tanti altri odori mischiati che aleggia intorno dal locale vero e proprio, mi provoca una certa nausea.
«Alla grande», replico con finto entusiasmo abbozzando un sorriso.
Una delle cameriere. Una bellissima ragazza con due piercing ai lati della bocca, proprio sopra le fossette, ci porta il primo che Anya ha scelto per entrambe mentre ero troppo distratta a perdermi nei dettagli del posto.
È la prima volta che ci incontriamo proprio qui e penso voglia fare bella figura, visto che ha scelto i piatti più costosi ma un po' meno appetitosi per il mio stomaco contrariato e inappetente. Purtroppo se non mangio Anya se ne accorgerà e quando si insospettisce poi inizia con la sua sequenza di domande a cui attualmente non so rispondere.
Sono già venticinque minuti che mi mette alla prova tornando alla domanda originale ogni cinque per vedere se ho cambiato versione; ma la risposta è sempre la stessa, proprio come la reazione.
Passa una mano sul tovagliolo. «Riguardo il posto che hai trovato invece, ti piace davvero? Non mi hai ancora invitata per un caffè. Mi piacerebbe portarti una pianta grassa.»
Detesto questo cambiamento di argomento. E trovo difficile questa parte della conversazione. Ormai è passata una settimana, lunghi ed interminabili giorni passati alla ricerca di un posto lontano che facesse per me. Purtroppo senza preavviso non trovi niente e in estate i prezzi sono esorbitanti, specie dopo Brooklyn.
Temporaneamente ho trovato un piccolissimo appartamento dove abitare. In realtà si tratta di una stanza quadrata ben organizzata ed essenziale. Una cucina piccola con un tavolo pieghevole e due sgabelli accanto ad una finestra, un soggiorno/camera da letto dove ho sistemato il materasso all'angolo e una vecchia tv davanti per non sentirmi poi così sola in quelle notti in cui non riesco a dormire. Il bagno è molto ristretto però va bene così.
«È un piccolo appartamento, non è male», rispondo intuendo di essermi un po' persa.
Anya allontana il piatto vuoto. «E riguardo la pianta?»
«Non posso portare animali e piante. I vicini sono attratti da ciò che è peloso o verde», rispondo. In parte è vero. Ho visto come hanno rubato quel tappeto peloso della vicina e quella palma durante una notte passata in preda all'euforia.
Inarca un sopracciglio. «Davvero?» arriccia il naso quasi inorridita al pensiero.
Annuisco. «Si, quando sono lievemente euforici riescono a rubare senza che te ne accorgi. Ti tolgono anche le scarpe mentre cammini», notando la sua faccia rido e lei mi spinge rilassandosi. «Non prendermi in giro. Sai che mi preoccupo. E se i tuoi vicini sono dei ladri squilibrati non posso che pensare di non volerti tutta sola in quel posto.»
Lo so. Quando non ha trovato più le mie poche cose in camera le è preso un colpo. Il padre di Mark è stato costretto a prescriverle degli ansiolitici per riprendersi perché la sua reazione è stata quella di una mamma che non riesce ad accettare il distacco di un figlio.
Detesta questa situazione, lo so. Anch'io, ma ho bisogno di questo distacco. Soprattutto per la mia sanità mentale.
Magari potrò apparire pazza o problematica però dopo quanto successo non voglio ritrovarmi tra i piedi la ragione della mia tristezza. Se solo chiudo gli occhi... mi manca l'aria.
Tremo. Boccheggio tamburellando le dita sul tavolo. «Si, scusami.»
«Davvero non vuoi che venga a trovarti?»
Nego. «Ho bisogno che sia un posto tutto mio, capisci?»
Incupendosi annuisce. «Si, ma io ci sono. Non dimenticarlo», sfiora la mia mano avanzando la sua sul tavolo.
Non le ho ancora dato il regalo per il matrimonio. Però ho organizzato tutto grazie a Mark come sempre disponibile. Arriverà a casa e troverà le buste nella sua stanza.
In cuor mio spero che non sbirci rovinandosi la sorpresa per il gran giorno. Me lo ha promesso e io credo alla sua parola.
La cameriera nel frattempo ci serve il secondo. Non ho ancora toccato cibo. Il mio stomaco continua a contorcersi dolorosamente lasciandomi senza fiato.
«Non lo dimentico e sai che ho ancora qualche settimana libera prima di tornare al lavoro. Possiamo vederci», replico distratta dal quantitativo di cibo.
Anya sospira. «Emma, vuoi sapere davvero quello che penso?»
«Sentiamo», incrocio le braccia prima di bere un sorso d'acqua per attenuare la sensazione di calore che mi fa sentire male.
«Hai bisogno di staccare la spina, di allontanarti da tutto e tutti e lo capisco», inizia agitandosi sulla poltrona. Ovviamente fatica ad essere d'accordo riguardo questo mio bisogno di lontananza dalla famiglia Evans.
Faccio una smorfia. «Si, ho bisogno di allontanarmi dai pensieri, dagli incubi che la notte mi tengono sveglia; dalle paranoie che continuano a logorarmi ingigantendo questo enorme vuoto che non riesco a riempire perché sono talmente triste da non credere più a niente e nessuno.»
Le parole escono incontrollate dalla mia bocca. In un tono carico di tensione misto a rabbia. Una sensazione lacerante, che non mi fa neanche più respirare normalmente.
Anya non riesce a guardarmi in faccia. Questo perché le ho appena urlato addosso come non avevo mai fatto prima. «Mi dispiace», abbasso il viso ricomponendomi.
Avanza subito la mano prendendo la mia. «No, dispiace a me. Sto continuando a parlare di ciò che non va quando invece dovrei... farti svagare. Hai bisogno di non pensare e io... io non mi sto comportando da amica», scuote la testa muovendo il caschetto scuro di capelli.
Indossa un top a corpetto nero, jeans a vita alta con due risvolti sulle caviglie e tacchi vertiginosi. Una collana lunga in argento e sulle dita due grossi anelli con delle pietre color opale. È fissata ultimamente con le pietre. A quanto pare ne esistono alcune in grado di infondere coraggio o calma a chi le usa.
Per me servirebbe una montagna visto che non riesco proprio ad essere tranquilla.
«Non preoccuparti», provo a rassicurarla.
Prende aria gonfiando il petto mentre il suo telefono vibra e lo schermo subito dopo le si illumina mostrando un messaggio in arrivo su whatsapp. Guardo di sfuggita vedendo solo la prima lettera perché lei è più veloce a sollevare lo schermo, anche se non abbastanza.
«Che cosa vuole?» sono rigida come un paletto di legno. Sento una vampata di calore attraversarmi tutta. Placo la sensazione bevendo avidamente un bicchiere d'acqua. Inizia a diventare come brodo. Oggi fa davvero un caldo asfissiante.
Anya prova a rifilarmi una stronzata. Ovviamente guardandola negli occhi non le credo. «Sai che non puoi mentirmi», aggiungo.
Risponde al messaggio ad una velocità impressionante. «Non ho ancora detto niente», si giustifica.
In pochi secondi le arriva una risposta e con un gesto secco le tolgo il telefono dalle mani. Evito di leggere quello che lui ha da dirle. «Che cosa stai combinando?»
Arrossisce iniziando a guardare ovunque. Evita il mio sguardo cercando un appiglio osservando l'uomo di spalle seduto a pochi tavoli di distanza. Sta discutendo con una donna alzando la voce. Parlano di divorzio e lei non sembra di certo subire o spaventarsi a causa dei ricatti.
Il telefono che tengo ancora tra le mani vibra e guardo lo schermo. Anya prova a fermarmi ma leggo quello che gli ha appena mandato.

Ethan: "Davvero non vuoi dirmi dove vi trovate? Sai che posso scoprirlo in pochi istanti contattando TJ."

Chi è TJ? Corrugo la fronte continuando a leggere la risposta di Anya. Questa conversazione tra loro ormai dura da circa un'ora.

Anya: "Sfrutta le tue risorse in altri modi. Ad esempio trovando un modo per chiederle scusa."

Lancio uno sguardo ad Anya sempre più cupa mentre leggo ad alta voce i messaggi usando un tono duro. Quali risorse?

Ethan: "Non vuole parlarmi. Credi che non ci abbia provato? Andiamo, dimmi dove siete."

Anya: "Non posso. Non voglio perdere la mia amica solo perché tu non hai saputo tenerlo dentro i pantaloni."

Arrossisco leggendo questa ultima parte. Deglutisco continuando mentre lei prova a riprendere il telefono. Un gesto inutile visto che mi tiro indietro per creare una certa distanza.

Ethan: "Non ho fatto quello che pensi. Ho lasciato Tara. Hai una bella opinione di tuo fratello a quanto vedo. Allora? Sto aspettando. Sai che TJ in cambio vuole sempre qualcosa."

Anya: "Non posso aiutarti. Trova da solo il modo di incontrarla e falle capire che non è colpa tua ma della mente malata della tua ex ragazza che non ha accettato di essere lasciata."

Ethan: "Grazie infinite, Anya. 😒"

Anya: "Prego, Ethan."

«Vuoi darmi una spiegazione adesso?»
Anya prende una boccata d'aria prima di bere un bicchiere intero di vino passando il dorso della mano sulle labbra quando ha finito. «Mi tortura continuamente. Ho detto a Mark davanti a lui che dovevamo vederci e... sta solo cercando di raggiungerti per parlarti.»
Prova ad usare quello sguardo da cucciola bastonata. Non funziona.
Intanto le arriva un nuovo messaggio.

Ethan: "Ho contattato TJ. Anche tu mi devi un favore perché ti ricordo che ho dovuto sorbirmi Mark quando avete litigato di brutto!"

Leggo. Anya passa una mano sulla frangetta porgendomi la sua mano. «Fammi rispondere per le righe a quel cretino», brontola.
Gli passo il telefono e appare sollevata. Che cosa mi nasconde ancora?
«Ti devo un favore, questo lo so. Ma non voglio ritrovarmi di mezzo perché Emma è la mia amica e tu sei mio fratello. Vuoi riconquistare la sua fiducia? Evita di fare lo stalker e comportati da uomo. Comunque non ha un nuovo ragazzo, rilassati.»
Dice tutto anche quando inserisce i diversi tipi di emoji. Ovviamente alza lo sguardo sorridendomi riguardo l'ultima parte.
Batto le palpebre incredula. «Non dirmi che...»
Mi mostra la sua risposta.

Ethan: "Davvero? Guarda che se la vedo con qualcuno rischio l'ergastolo per colpa tua! Vedi di non fare scherzi e dimmi come sta. 😒"

Sono rossa come un peperone ormai. È incredibile. Non riesco neanche a capire come mi sento. Forse sono sollevata di sapere che non ha perso il suo temperamento in questi giorni.
«Vuoi rispondere tu?» chiede continuando a sorridere difronte al mio sguardo a tratti imbarazzato a tratti turbato.
Nego. «Non rispondere», allontano il piatto. La vista del filetto di manzo con asparagi e aceto mi provoca un'altra forte ondata di nausea. Placo la brutta sensazione masticando a fatica un pezzo di pane.
Anya mi scruta attentamente. Prova a dire la sua poi stringe le labbra cacciando in bocca un pezzo di carne. Mastica velocemente. Sorseggia altro vino e quando posa il calice piega la testa di lato. «Perché no?»
«Anya», gioco con i ghirigori sulla tovaglia.
«Emma, sono giorni che lo eviti. Anche a me sorprende che lui sia disposto a commettere un crimine per vederti. Non è da lui, fidati.»
Deglutisco a fatica. «Che cosa intendi?»
Sgrana lievemente gli occhi, come se avesse appena detto qualcosa di troppo personale sul fratello.
Assottiglia gli occhi. «Anya, dimmi la verità o me ne vado».
Guarda il telefono. «Ethan tiene a te e sta soffrendo. Perché non vi vedete e provate a chiarire?» guarda le unghie smaltate di rosso poi fissa i miei occhi e distoglie lo sguardo a disagio. Cosa c'è?
«Perché mentre faceva sesso con Miss stronza gli ha chiaramente detto che mi vede come una patetica ragazzina in cerca di attenzioni. Anzi, peggio: come una sorella da proteggere», sbotto irritata al pensiero e stritolo un tovagliolo.
Anya spalanca la mascella. «E tu credi alle parole di quella...» inspira ed espira. «Ok, Emma», gesticola con le mani. «Tara è brava in una sola cosa: a mettere zizzania, a dire menzogne. Sin dal primo istante vi ha remato contro usando i suoi sporchi trucchetti da ragazzina gelosa e tu mia cara amica glielo hai permesso. Gli hai permesso di sfruttare le tue debolezze e di rovinare una possibile storia con Ethan. Lui non è mai stato con Tara in quel senso, credimi», parla in modo sincero e per pochi istanti mi piacerebbe tanto credere alle sue parole per non sentirmi così stanca e triste.
«Allora in che modo sono stati insieme? Quella sera nella camera degli ospiti ad esempio, che cosa credi che hanno fatto? Non hanno di certo giocato a Monopoli!» rispondo frustrata e irritata al pensiero di lei che lo tocca.
Alza gli occhi al cielo. «Da quando credi che stavano insieme?»
«Dalle elementari?»
Ride scuotendo la testa. «Un po' meno», risponde ringraziando il cameriere quando ci porta il dolce che consiste in un tortino dal cuore morbido con una coppa di gelato al pistacchio e fondente. Almeno questo lo mangio, coinvolta dalla conversazione. «Un po' meno?» balbetto tagliando un pezzo del tortino prima di immergerlo nel gelato. Un gesto che ad Anya appare insolito. «Indovina», assaggia la sua coppa fragola e menta.
«Tre anni?»
Nega. «Quasi un anno e sai che cosa hanno fatto quando si sono visti? Niente! Inizialmente credevo ci fosse davvero qualcosa tra quei due erano molto complici. Poi non so, tutto è cambiato. Quando sei arrivata tu...»
«Non me lo dire, ho rovinato tutto? Dovevano sposarsi e avere una bella famiglia come quelle che si vedono nelle copertine? Le ho tolto la scena?» caccio in bocca una consistente cucchiaiata di gelato. La mia testa dissente nell'immediato.
Anya appare contrariata. «Sei stata una boccata d'aria fresca per Ethan. Non l'ho mai visto così spontaneo e a suo agio. Tanto meno così protettivo.»
Lecco le labbra. «Adesso vuoi farmi credere che non ci è andato a letto?» sorrido in modo finto allontanando il piatto e la coppa. Ho mangiato abbastanza. Incrocio le braccia e Anya sospira abbassando le spalle apparentemente stanca. «Che tu ci creda oppure no, non si sono mai ritrovati in una stanza da soli. Sempre in pubblico, sempre molto distanti. Hai presente quando usi un ragazzo per fare ingelosire una persona? Ecco, questo è l'esempio della loro "relazione".»
Paghiamo il conto alzandoci dal tavolo. «Forse non mi credi ma la vostra sembra una storia. Certo, un tantino complicata ma pur sempre una storia», sorride in modo dolce offrendomi una delle sue mentine extra forti.
«Anya sai che io e lui non siamo niente, vero?»
Scaccia la mia risposta con la mano, come se dovesse allontanare una mosca.
Camminiamo oltre il vicolo giungendo nelle vicinanze del parco, uno dei miei posti preferiti della zona.
Anya guarda lo schermo. «Continua a torturarmi. Sa che eravamo al Black Rose.»
Mi irrigidisco. «Non gli hai detto che...»
Nega immediatamente. «Certo che no. Hai letto i messaggi e sai come la penso. Non voglio invischiarmi nei vostri discorsi.»
Guarda davanti a sé prima di fermarsi ad un camioncino offrendomi una granita al limone. Accetto di buon grado perché il sole ci sta proprio dando alla testa.
Assaggio. È deliziosa e sa di granita al limone non di colorante o sostanze artificiali. «Posso farti una domanda?»
Annuisce digitando una risposta al fratello. «Ovvio che si».
Prendo fiato. Posso chiederlo?
«Come sta?»
La domanda la coglie impreparata visto che rimane impalata, il bicchiere in mano e il telefono nell'altra mentre sul braccio tiene la borsetta cercando di elaborare una risposta.
«Non sta bene. È irritabile e insopportabile», posa il telefono dentro la borsa nervosa. «Un po' come te.»
Mordo il labbro. «Mi dispiace», balbetto guardando gli alberi, il prato verde e la sfilza di gente scalza su di esso impegnata a godersi il sole, a giocare a palla o a passeggiare con il cane. A poca passi dalla fontana centrale si stanno disputando delle gare di scacchi.
Ci fermiamo a guardarne una. I signori seduti l'uno di fronte all'altro sono davvero concentrati e parecchio bravi.
«Andrà tutto bene», passa una mano sulla mie schiena fiduciosa.
La guardo per capire come fa a saperlo e lei leggendomi nel pensiero risponde alla mia domanda inespressa dicendo: «troverà il modo, vedrai. Dimenticati di Tara. È una stronza. Non credere mai alle sue parole. Sono solo bugie montate per allontanarti da lui.»
Annuisco provando a cambiare argomento. «Oggi c'è bel tempo», alzo il viso verso il cielo limpido dove di tanto in tanto passa un aereo e una sfilata di uccelli. Il cinguettio è piacevole la vista delle farfalle un po' meno visto che ne ho paura.
Anya appare improvvisamente pensierosa, con la mente altrove. «Anya?» le schiocco due dita davanti e lei si riprende battendo le palpebre. «Ci sono. Scusa, ci sono», dice con un tono stridulo. «Dicevi?»
Piego le labbra facendo una smorfia. «Non voglio creare dei problemi tra di voi.»
«No, non è per questo. Ecco... verrai vero?» domanda giocando con la collana attorcigliandola al dito.
Corrugo la fronte cercando di capire se avevamo un programma. Ultimamente dimentico le cose. Tutto questo a causa di Ethan.
«Hai già dimenticato? Mia madre darà una festa il 3 luglio. Le farebbe piacere averti con noi.»
L'idea di ritrovarmi tra loro con Richard e Steve non mi piace. Non voglio essere la solita guastafeste per cui annuisco. Anya sembra rianimarsi e rincuorarsi. Forse ha qualcosa in mente. Mi agito interiormente.
Sospira. «Ti mando i dettagli più tardi».
Ci sediamo su una panchina libera sotto l'ombra di un albero che purtroppo non aiuta a scappare dal caldo afoso in grado di farmi sentire peggio.
«Ethan ci tiene a te, lo sai?»
Anya parla senza preavviso guardando lo schermo del telefono di nuovo tra le sue mani. Poi rivolge lo sguardo davanti a sé e inizio a girarmi impaurita al pensiero di trovarlo da un momento all'altro vicino.
Non sono ancora pronta. Non sarei forte e lui mi vedrebbe come la ragazzina che crede che io sia.
Abbasso gli occhi sulle dita strette in grembo. Scuoto la testa un paio di volte tenendo dentro pensieri, sensazioni ed emozioni accumulate e questa collera che rischia di farmi crollare ad ogni respiro, ad ogni ricordo. Mi sembra di dover battere un record in questi giorni orribili. Continuo a tenermi impegnata così tanto da mettere ogni cosa da parte. Tutto questo per andare avanti nel pieno controllo, senza cedere alla pressione. Sto facendo un enorme fatica ad apparire fredda a tratti insensibile. Una cosa che non mi si addice perché non so portare una maschera. Non più da quando ho conosciuto la persona che mi ha letteralmente sconvolto la vita.
«Non ha mai guardato nessuno come guarda te. Mio fratello è sempre stato così rigido anche con se stesso. L'ultima volta, quella sera io... ho visto un pezzo del fratello che dovrebbe essere e... non so che cosa fare per aiutare entrambi senza combinare qualche casino», si agita gesticolando ampiamente.
Le blocco le mani. «Grazie», abbozzo un sorriso. «Ma non è una questione che devi risolvere tu», rispondo sincera. «Mi passerà questa incendiaria rabbia che sento nei suoi confronti e forse parlerò con lui per evitare tutto questo. Ma non ora. Non posso. Non ci riesco. Non dopo quello che ho sentito», prendo fiato, sono a corto d'aria.
Anya si alza di scatto trascinandomi fuori dal parco. Camminiamo in centro immersi nella folla. Osserviamo le vetrine dei negozi più costosi.
A proposito...
«Hai trovato l'abito?» cambio argomento.
Abbiamo monopolizzato abbastanza la conversazione riguardo Ethan.
Anya piega la testa di lato osservando un tubino floreale con attenzione. «Non ancora. Domani ho l'ultimo negozio a disposizione da visitare. Sto iniziando ad abbattermi. Ho dei gusti difficili e tu non sei venuta con me», dice rabbuiandosi usando un tono da bambina.
Forse sto solo rimandando il momento per paura della verità e questo mi porta a perdere di vista tutto il resto. Sto andando fuori di testa ma penso di avere il diritto di sentirmi a pezzi, di riprendermi seguendo i miei tempi come ogni essere umano. Sono come una tossica appena arrivata nella clinica. Ho bisogno di tempo.
«Be', devi aiutarmi anche tu a trovare qualcosa. Possiamo andare dopo la festa», quando pronuncio queste parole il suo viso muta espressione. Diventa luminosa e raggiante mettendosi a braccetto mi spinge dentro il negozio. Con questo gesto so di avere recuperato la mia amica divisa tra me e il fratello.
Tenermi impegnata in fondo non è un male. Mi fa più che bene quindi sto accettando di tutto pur di non pensare.
In cuor mio spero che il regalo confezionato per lei, per dirle che le voglio bene le piaccia davvero. Ci ho messo il cuore. Spero capisca quanto tengo a lei. Perché è l'unica amica che ho e di cui mi fido. È sincera, leale, sempre pronta a sostenermi.
Dopo avere fatto qualche acquisto in un negozio dove si trovano oggetti ad un dollaro, ci dividiamo.
La lascio davanti il palazzo che guardo con malinconia chiedendomi come sarà la mia stanza adesso che non ci vivo più. Con un enorme peso sul petto mi reco nel mio nuovo rifugio usando delle scorciatoie per arrivare prima del tramonto quando la strada inizia a riempirsi di gruppi di ragazzi chiassosi pronti ad attaccare briga. Di sera non è consigliato uscire. Così mi hanno detto i vicini, il portinaio e il proprietario del palazzo.
Ma, quando ho bisogno di scappare nel cuore della notte, non mi fermano di certo dei bulli di quartiere.
Per il resto mi piace il quadrato in cui abito. Anche se puzza di nicotina a causa dell'inquilino precedente poco incline al rispetto delle regole.
Mi sto anche abituando a ritrovarmi completamente sola.
Entrata in casa chiudo a chiave la porta sistemando i fermi. Getto la chiave sul piccolo mobile posto di fianco.
Recupero un sacchetto di popcorn infilandolo dentro il microonde. Accendo la scatoletta che ho trovato per tivù e scelgo il canale dove c'è l'inizio di una nuova puntata di The Originals.
I popcorn nel frattempo iniziano a scoppiettare dentro il sacchetto e il loro aroma riempie l'ambiente privo di colori e anima.
Dopo il telefilm mentre va avanti un programma stupido apro una scatola dei tanti puzzle che ho acquistato di recente in un negozio nelle vicinanze, iniziando a creare il mio per scacciare la noia.
Sto cercando una tessera importante per la prima parte del puzzle che intanto sta assumendo la forma del paesaggio che ho scelto, quando il telefono squilla rumorosamente.
Il mio cuore notando il numero di Anya accelera. Per fortuna sono a gambe incrociate sul pavimento perché gira tutto.
Dentro la mia testa iniziano a circolare tante troppe domande. Deglutisco e prendendomi una boccata d'aria rispondo alla chiamata.
«Cazzo, Emma tu sei fottutamente pazza!» strilla eccitata, emozionata, entusiasta. Felice.
Abbasso le spalle passando una mano tra i capelli slegandoli. Il mio cuore manca di un battito e sorrido pensando al suo radioso.
«Deduco che...» lascio in sospeso la frase.
«Sono stratosferici! Io ti voglio un gran bene, lo sai? Oh mio Dio! Ho due abiti stupendi e posso sposarmi!» urla.
Allontano il telefono dall'orecchio mettendola in vivavoce mentre continuo soddisfatta il puzzle.
«Lo adoro, anzi no li amo. Oh mio... sono perfetti. Grazie, grazie, grazie! Oddio tu sei pazza!», lancia una serie di strilli rumorosi pieni di gioia.
La sento parlare con Mark che spaventato prova ad entrare nella sua stanza forse trovandola chiusa a chiave.
Sorrido. Non riesco a trattenermi.
«Ricambierò con un enorme regalo. Promesso. Sai che ti voglio bene?» ridacchia e il mio cuore si risolleva. Mi sento soddisfatta. Euforica. Avevo così tanta paura.
«Ti voglio bene anch'io. Li hai già provati? Tienili lontano da Mark, è troppo curioso», ridiamo.
«Si, sono perfetti», singhiozza improvvisamente. «Dio, non so come ringraziarti Emma. Mi hai fatto un regalo unico e io...» tira su con il naso.
«Ehi, nascondili e va a festeggiare con Mark. Hai l'abito dei sogni!» alzo il tono con entusiasmo.
Prende fiato. «Grazie ancora. Ti manderò le foto e non dimenticare che andremo a scegliere il tuo dopo la festa.»
Annuisco come se potesse vedermi. «Va bene, buona serata», stacco la chiamata guardandomi intorno.
Sfinita, lascio il puzzle sul tavolo basso e arranco verso il letto lasciandomi cadere sul materasso fresco ma troppo morbido addormentandomi in fretta in parte soddisfatta. In fondo, ho superato un'altra giornata difficile.
L'aria cambia. Diventa asfissiante. Non riesco a respirare. Quando provo a muovermi sono bloccata. Vengo scossa ma non posso rispondere. Sono intrappolata dentro me stessa. Provo ad aprire gli occhi, ad urlare, niente. Non è possibile.
Il panico prende il sopravvento.
Qualcuno mi scuote ancora. Dalla mia bocca lascio uscire un rantolo.
Qualcosa di caldo scende dalle mie narici, inizia a riempire la mia bocca.
Porto subito la mano sul collo e spalanco gli occhi terrorizzata.
Ansimo, boccheggio e stordita mi tiro su a metà busto sul materasso. La mia pelle è imperlata di sudore. Ho la gola secca e sono spaesata.
Mi tiro su avvicinandomi al frigo. Apro una bottiglia d'acqua fresca tracannando tre quarti in pochi sorsi.
Arranco verso il bagno dove accendo la luce e davanti allo specchio lascio scorrere l'acqua sul viso. Ad un certo punto non sopporto la vista delle occhiaie, delle orbite spiritate e affondo il viso sotto il getto fresco.
Alzando la testa mi guardo ancora allo specchio e dopo avere tamponato il viso e pettinato i capelli prima di legarli, torno in cucina. Bevo il resto dell'acqua avvicinandomi alla finestra alta che offre uno spicchio del vicolo buio.
Una sensazione improvvisa di solitudine si impossessa di me. Mi sento infelice.
Sbuffo e indossando una tuta, infilo le cuffie nelle orecchie ed esco fuori nel cuore della notte.
Ho bisogno di correre, di trovare uno sfogo. So esattamente di non dovere forzare la mano peggiorando la situazione con la gamba che è già dolorante da un paio di giorni però ho bisogno di sentire addosso il familiare bruciore ai polmoni, la stanchezza fisica. Sentirmi viva.
Superato il vicolo svolto a destra camminando tranquilla lungo una stradina piena di gruppi di ragazzi impegnati in una gara di freestyle. Sono davvero bravi e passo del tutto inosservata.
Raggiungo il parco scendendo i gradini per raggiungere la fontana. Il cuore inizia a pompare velocemente ed il respiro si fa sempre più corto man mano che aumento la velocità.
Mi fermo giusto un momento per riprendere fiato stendendo le gambe, sgranchendomi i muscoli, le ossa.
Osservo il cielo. L'alba sta arrivando troppo in fretta. Devo pensare a come superare questa nuova giornata.
Il telefono quando controllo segna delle notifiche. Anya mi ha inoltrato le foto e l'invito per andare a quella stupida festa.
Mi servirà un abito elegante visto che nell'invito c'è proprio scritto. Dovrò anche sistemare i capelli e farmi un restauro per apparire raffinata. Non so se posso farcela, mi dico mentre rialzandomi dal prato riprendo la mia corsa per tornare a casa. Prima ovviamente rifaccio il giro del parco.
Mancano pochi giorni alla festa e il quattro, ovvero il giorno dopo, sarà il mio compleanno. Spero passi in fretta. Non voglio accorgermi di avere passato un altro anno senza la mia famiglia.
Non ho più festeggiato. Mi fa ricordare solo quello che non ho; quello che ho perso e, l'enorme cicatrice nel cuore simile ad uno strappo improvviso mi fa sentire costantemente persa.
Abbasso di proposito il volume della musica per sentire il mio respiro, i miei battiti eccessivi che picchiano forte contro la gabbia toracica.
Mi fermo alzando il viso. Inspiro ed espiro. Mi sento viva. L'aria mattutina è fresca, piacevole sulla pelle imperlata di sudore.
Sarà una bella giornata, rifletto camminando dopo avere spento la musica.
Ad un certo punto della mia corsa mi piace spegnere tutto e godermi la camminata.
Per le strade iniziano a circolare le prime auto, i primi taxi gialli. Raggiungo i palazzi rossi superando il vicolo che mi porta dritta davanti quello in cui abito attualmente.
Sento dei passi dietro e mi fermo. Corrugando la fronte volto il viso a rilento, spaventata al pensiero che un malintenzionato possa sbucare dal nulla. Il mio cuore si arresta quando invece lo vedo.
Fermo a pochi passi, l'espressione distrutta, gli occhi puntati nei miei. Chiudo le palpebre sperando di avere una vera e propria allucinazione. Quando però li riapro lui si sta avvicinando e non intende lasciarmi andare.
Mi volto e prima di autodistruggermi dandogli la possibilità di spezzarmi ancora il cuore, dandomi una spinta corro più veloce che posso verso casa mentre lui urla il mio nome.
Questo rimbomba nel vicolo facendo scappare un gatto che balza dall'altro lato della strada soffiando.
Davanti la porta cerco di aprirla ma le mani mi tremano così tanto da fare cadere il mazzo più volte.
Agitata impreco sottovoce guardando ovunque per constatare di non essere stata seguita. Non c'è neanche il portinaio. Sono sola.
Apro finalmente la porta e senza riflettere mi fiondo al piano di sopra.
Raggiungo gli ultimi gradini e vengo afferrata e spinta contro il muro.
Caccio un urlo attutito dalla sua mano a tapparmi la bocca. Il suo corpo scosso dall'affanno si attacca al mio già teso a causa della sua presenza. I suoi occhi... dannatissimi occhi azzurri a confondermi.
Lo spingo e mette le mani avanti. «Emma, possiamo parlare?»
Nego. «Non è questo il momento e il modo. Inoltre non ho niente da dire perché abbiamo chiuso», apro la porta di casa.
La sua mano ancora una volta mi tira lontano dal mio rifugio.
«Per favore».
Non oso guardarlo in faccia. Non ci riesco. Sento un forte dolore alla gamba e faccio una smorfia appoggiandomi al muro.
«Ti prego vattene via», indico le scale.
Spero non esca la vicina di casa. È troppo curiosa per i miei gusti e, ora come ora la tratterei solo male.
Nega incrociando le braccia. «Parlami», risponde intestardito.
«Ho già parlato abbastanza», sussurro stanca. «Torna dalla tua ragazza.»
Staccandosi dal muro si avvicina e indietreggio ritrovando la parete del corridoio alle spalle. Sono braccata.
Metto i palmi avanti. Aderiscono al suo petto caldo scaricandomi addosso una forte scossa elettrica.
Indossa una canottiera nera, i pantaloncini della tuta e i tatuaggi in mostra mi distraggono. Sento le gambe molli.
Afferra le mie mani portandole sulle spalle mentre le sue si posano sui miei fianchi. «Ethan, vattene», sussurro.
Abbassa il viso avvicinandomi a sé. «Non posso. Devo sapere che stai bene e che...»
Nego. «Starò bene senza di te», lo guardo e so che non mi crede. Non ci credo neanche io.
Sfiora le mie labbra e sento il mondo precipitare. Sto già tremando e ansimando. «Non ci credo», sussurra roco schiacciandomi sulla parete mentre le sue mani si spostano sulle natiche sollevandomi, premendomi a sé.
Prova a baciarmi e sono tentata ma ripenso subito alle parole di Tara e spingendolo entro di corsa in casa chiudendo a chiave la porta.
Premo la fronte contro la superficie mentre picchia forte il pugno sulla porta. «Emma apri», alza il tono.
«Vattene!»
Mi trascino sul letto, tiro il lenzuolo e anche se fa caldo mi rannicchio nascondendomi da tutto e tutti. Lasciando scorrere nelle vene: ansia, paura, dolore e perdita. Soprattutto amore.

N/a:
~ La vita ci mette davanti a delle scelte. Alcune sono difficili perché piene di ostacoli. Bisogna avere il coraggio di affrontare ogni cosa anche quando fuori dal tunnel c'è solo dolore. Emma avrà preso la decisione giusta allontanando Ethan?
Secondo voi, lui riuscirà a riconquistare la sua fiducia?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Grazie per il sostegno.
Un abbraccio,
Giorgina❄️ ~

Anya ♥️

Ethan ♥️

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