Capitolo 10
Mi alzo di scatto dopo un breve incubo. Il petto schiacciato dall'affanno, qualche goccia di sudore sulla fronte e la pelle riscaldata dalla paura. Una paura che non è più reale.
Porto le mani sulle guance spostandomi sulle braccia e, per accertarmi di essere sveglia e vigile mi do un pizzicotto sul dorso della mano prima di contarmi le dita.
Quando riesco a calmarmi lancio uno sguardo verso la vetrata di fianco al letto accorgendomi che fuori è ancora buio.
In cuor mio spero vivamente di non avere urlato o di non essermi agitata troppo come mi succede sempre quando ho uno dei miei incubi.
A metà busto con la schiena appoggiata alla testiera morbida del letto in stile moderno, noto Scott dormire tranquillo; solo così deduco di non avere fatto nulla. Ora come ora non potrei di certo spiegargli ciò che non mi fa dormire la notte. Sa quello che basta per conoscermi ma ciò non toglie che mi guarderebbe comunque come un cucciolo ferito.
Mentre lo osservo sdraiato a pancia in giù con un braccio verso di me che sono quasi sul bordo del letto a distanza di sicurezza e l'altro sotto al cuscino, una parte di me vorrebbe fargli del male, vendicarsi per ciò che mi ha fatto; mentre quel lato pacifico, razionale, mitiga ogni tipo di rabbia gettandoci sopra dell'acqua fredda per spegnere quel fuoco che arde lasciando solo piccole bruciature dentro.
Scosto la morbida coperta che con ogni probabilità deve avermi sistemato addosso quando tremavo percependo nell'aria un certo cambio di temperatura e, facendo la massima attenzione sguscio fuori dal letto.
Al buio, basandomi sulla tenue luce di un'insegna al neon proveniente dal negozio qui in basso alla strada, mi avvicino alla borsa lasciata sul divano, frugo dentro afferrando il cambio e mi dirigo in bagno per vestirmi.
Evito di guardarmi allo specchio. So di non avere un bell'aspetto. Non sono riuscita proprio a chiudere occhio perché avevo il timore che lui mi svegliasse per un bacio o una serie di coccole non volute. Per fortuna ciò non è avvenuto e quando sono riuscita a rilassarmi per pochi minuti: l'incubo è tornato destabilizzandomi.
Evito inoltre di aprire completamente il rubinetto per sciacquarmi il viso e con decisione continuando a fare attenzione dopo essermi cambiata esco dall'appartamento prendendo la chiave posta sul mobiletto per rientrare senza farmi notare o per non bussare facendo la figura della stupida rischiando una serie di domande a cui non saprei rispondere.
In parte spero di non commettere altri errori. Ho solo bisogno di una passeggiata. Si, una boccata d'aria fresca è quello che mi serve per rimettere in ordine i pensieri. Soprattutto per capire se tutto ciò di cui mi circondo sia davvero ciò di cui ho veramente bisogno.
L'orologio dello smartphone segna le: 04:00 in punto. Questo significa che ho ben due ore a mia disposizione per trovare una via di fuga, per svagarmi. Al locale iniziamo alle 06:30 circa; anche se dovrò rientrare all'appartamento un po' prima del suo risveglio. Il pensiero mi fa ribollire il sangue.
Il silenzio aleggia intorno in questo quartiere dove probabilmente stanno tutti riposando. Si tratta di un quartiere residenziale in cui vivono agenti di borsa e lavoratori. Si nota dalle auto posteggiate in fila davanti a me.
Forse per questo sono poche le luci ancora accese nei palazzi. Dormono tutti eccetto la sottoscritta che, con ogni probabilità ripenserà sempre in modo negativo a questo giorno.
Non so con esattezza come mi sento. So solo che vorrei strapparmi la pelle e ritornare ad essere chi ero prima di tutto questo enorme casino. Mi piacerebbe ritornare un bruco anziché battere le ali e poi spegnermi effimeramente.
Percorro il vicolo verso est sorpassando la serie di locali ancora aperti e la gente ubriaca riversa fuori intenta a cantare o a chiacchierare comodamente seduta sui marciapiedi dei locali con le saracinesche abbassate.
Qualcuno mi guarda, qualche ragazza dai tacchi vertiginosi mi sorride, altri mi ignorano. Mi stringo nelle spalle proseguendo verso il vicolo a ovest, quello pieno di botteghe dei cinesi in cui si trova di tutto. C'è anche un locale di sushi ancora aperto e affollato.
A me non piace. Preferisco di gran lunga una pizza a del pesce crudo.
Osservo il cielo mutare lentamente sulla mia testa, al di sopra dei grattacieli; dal blu scuro tempestato di punti luminosi si passa ad un azzurro tenue con sfumature rosa tenui in lontananza; come pennellate di un pittore disattento.
Affretto il passo per arrivare nel mio posto preferito: il parco.
Non dista molto dal punto in cui mi trovo. Solo qualche isolato di distanza a separarmi dalla natura, lontano dalla frenesia di una città sempre caotica e piena di vita.
Non appena metto piede sul viale acciottolato mi sento meglio. Non avendo però gli indumenti adatti per correre decido di fare una passeggiata; pertanto mantengo un passo costante e frugando dentro la borsa pesco le cuffie infilandole alle orecchie: godendomi l'alba, il profumo dell'erba bagnata, il cinguettio di qualche uccello sotto le note dei Muse. Uno dei miei gruppi preferiti.
Arrivo al centro del parco, nel cuore verde dove si trova un prato curato e morbido in cui potersi sedere in ogni momento.
Alzo le braccia in alto muovendo lievemente le spalle, sgranchendo le ossa, riscaldando i muscoli e mordendomi il labbro apro gli occhi ritrovandomi un sorriso da ebete stampato in faccia. Sorriso che: ben presto si trasforma in una smorfia quando ritrovo davanti proprio lui; la persona che non vorrei vedere. Non in un momento come questo. Non ora. Non oggi.
I suoi occhi azzurri come pietre preziose mi scrutano attentamente. Indugia qualche secondo prima di avvicinarsi con la sua tipica andatura misurata da modello pronto a sfilare su una passerella.
Trattengo immediatamente il fiato sentendomi incredibilmente esposta. Inizio anche a farmi le paranoie:
Si accorgerà del mio umore? Noterà che qualcosa non va in me?
Anche se vorrei darmela a gambe levate mi blocco aspettandolo come si aspetta una sentenza. I miei battiti rallentano poi aumentano quando è così vicino da poter essere sfiorato e il suo profumo inebria i miei sensi intorpidendoli.
Mi sento subito ubriaca. Le gambe quasi quasi non reggono alla tensione che si crea attorno. L'aria infatti si carica di elettricità magnetica e, una sensazione di formicolio invade ogni centimetro della mia epidermide.
Il suo sguardo si indurisce nell'immediato. Assume la tipica espressione di chi sta per rimproverarti. «Che ci fai qui?» chiede prendendo un grosso respiro.
I miei occhi seguono le sue forme. La canottiera grigia sudata a mostrare i pettorali scolpiti pieni di inchiostro, una cuffia all'orecchio e un Apple Watch nero al polso.
Sfiora lo schermo con il dito digitando qualcosa prima di passare una mano tra i capelli scompigliati infilando la cuffia senza fili dentro la tasca dei pantaloncini della tuta rigorosamente nera.
Il modo in cui mi pone la domanda mi fa drizzare le spalle e irrigidire nell'immediato. Come un gatto pronto a soffiare contro un enorme pitbull.
Perché deve essere così autoritario e freddo?
Tolgo le cuffie. Palesemente indispettita dal suo atteggiamento replico: «Ciao anche a te», dandogli le spalle per trattenere una risposta acida che al contrario meriterebbe.
Non ci vediamo da giorni anche se l'episodio al locale non basta per poter dire il contrario, poi ci incontriamo per caso e lui cosa mi chiede: "perché sono qui".
Sono pronta ad andarmene. A creare una distanza che potrebbe aiutare entrambi. Perché sappiamo di non potere stare nelle vicinanze. Sappiamo quello che succede e non ho nessuna intenzione di discutere con lui. Tanto meno di illudermi.
Si concede un sospiro pesante: «Intendevo dire... perché sei sveglia a quest'ora e sei venuta proprio al parco? Non dovresti... che ne so, essere a casa a leggere un libro o... a guardare la tv?»
Faccio una smorfia preparandomi a rispondere. Mi volto e lui si è fatto vicino. Cerco di non perdere lucidità retrocedendo di un passo. «In realtà ho dormito da... Scott», arrossisco di fronte ai suoi occhi che si infiammano nell'immediato.
Lo colpisco. È più che evidente che le mie parole gli provocano una forte emozione dentro. Come uno tsunami lo travolgo.
Non fa trasparire niente di ciò che riguarda i suoi pensieri in merito ma, dalla sua espressione iniziale capisco di averlo davvero colpito. «E che cosa ci fai al parco?» chiede ancora guardandosi attorno distratto da qualcosa prima di stringere i pugni in vita.
Mi chiedo che cosa sente la sua ragazza quando lui la sfiora o anche solo l'abbraccia baciandole una guancia. Se si sente fortunata. Se sente ciò che sento io quando si trova anche solo a pochi passi da me.
Sospiro confusa tornando alla realtà. «Non lo so», arrossisco sotto i suoi occhi, l'espressione che mi rivolge quando piega la testa di lato per guardarmi meglio; forse per scrutare a fondo ogni singolo pensiero.
Fa un passo avanti eliminando la distanza che ho creato per non scottarmi; con due dita mi solleva il mento e, bruciata dal contatto mi scanso da lui.
Che cosa fa?
«Non lo sai o sei scappata?» contrae la mandibola. Sul sopracciglio leggermente tagliato gli si forma una ruga.
Nego in fretta. Ho paura dei suoi pensieri. «Nn...o, non... non sono scappata», balbetto come una scolaretta in preda al panico. Mi sto tradendo da sola. Ethan ha la capacità di estorcermi qualsiasi verità.
Schiarisco la gola portando una ciocca dietro l'orecchio prima di legare i capelli per non torturarli ulteriormente.
Fissa ogni mio movimento forse studiando attentamente i segnali del mio corpo.
I suoi occhi, l'azzurro incontaminato mi scivola addosso come acqua fresca. Inizio a sentire caldo, più del normale.
«Ah no?» mette le mani sui fianchi strizzando un occhio come se volesse riprendere fiato, poi fa un passo avanti afferrandomi per il mento.
È così vicino che sento il suo fiato caldo alla menta.
Chiudo gli occhi per qualche secondo sentendomi stordita poi mi scanso di nuovo ustionata dal gesto. «No, mi stavo annoiando e...»
Mi guarda come se lo avessi appena colpito. «Stai mentendo!» replica disinvolto interrompendomi, trattenendo un sorriso carico di isteria. «Che cosa ti ha fatto?»
Deglutisco a fatica. «Niente, lui... insomma lui non...» gesticolo nervosa continuando a balbettare.
Contrae la mandibola. Adesso è pericolosamente vicino. «Dimmi che cosa ti ha fatto», sibila apparendo nervoso, quasi infuriato.
Le sue guance si tingono di un lieve rosa. La vena sul collo gli pulsa ripetutamente fuori controllo incutendomi un certo timore.
È... geloso?
Scrollo la testa provando a tirarmi indietro ma le sue mani mi bloccano tenendomi ferma per i fianchi, un gesto che mi fa rizzare i peli sulla nuca. Schiudo le labbra spalancando gli occhi incredula. Anche lui mi guarda allo stesso modo, forse stordito dalla sua stessa reazione; ma riacquista velocemente lucidità senza staccarsi. Vuole solo ottenere una risposta soddisfacente.
Devo eludere la sua domanda. Subito.
«Ho avuto un incubo e... Scott ancora non lo sa... dei miei terrori notturni intendo, quindi ho avvertito il bisogno di uscire di casa per calmarmi», uso un tono tranquillo sperando di apparire sincera.
Annuisce anche se non comprendo dalla sua espressione se crede o meno alle mie parole.
Le sue dita si artigliano sui miei fianchi e dalle mie labbra schiuse esce un flebile verso.
Maledetto te, penso mentre si avvicina.
Un momento...
«Che cosa ci fai tu qui?» chiedo staccandomi ormai rossa in viso riprendendo fiato.
Evito i suoi occhi concentrandomi su un piccolo sasso con cui gioco con il piede sinistro.
«Io? sono venuto a correre», guardandosi attorno si fa serio. È come se avesse appena ricordato qualcosa di spiacevole.
Che cosa mi nascondi?
«Ok, adesso devo andare», indietreggio di un passo alzando la mano per salutarlo.
Corruga la fronte grattandosi il mento. «Dove vai?» assottiglia gli occhi di nuovo in quel modo.
È come se non volesse lasciarmi andare. È in combutta con se stesso e io con quella parte di me che continua a tirarmi indietro quando faccio un passo in avanti, verso di lui.
Deglutisco a fatica. Perché deve essere così complicato?
«Scott tra poco si sveglierà e non voglio farlo preoccupare», cerco una scusa logica a questo.
Si morde una guancia come per trattenere una risposta spiacevole. «Ti accompagno», dice di scatto guardandosi attorno e avvicinandosi, senza darmi alcuna scelta mi spinge verso l'uscita del parco.
«So tornare da sola a...»
Mi fulmina con i suoi occhi incredibilmente attenti, in grado di torturarmi. La mano sulla schiena mi manda scariche abbastanza forti; queste partono dal basso ventre facendomi sentire strana.
«Sai quanti ubriachi girano per la città a quest'ora?»
Inarco un sopracciglio. «Noi due non siamo poi così diversi da loro.»
Contrae la mandibola. «Con un'unica eccezione», sibila.
«E quale sarebbe?» chiedo camminando un passo avanti a lui per raggiungere in fretta le strisce pedonali.
Passa una mano sulla nuca aumentando a sua volta il passo. «Nessuno dei due ha bevuto», risponde come se fosse ovvio. «E una ragazza sola sarebbe come una fetta di pizza dopo essersi impasticcati di ecstasy.»
Non rispondo in parte lusingata dalla sua piccola attenzione continuando a guardare la strada.
Più mi avvicino all'appartamento di Scott, più mi sento in ansia.
E se ci vede arrivare insieme dalla finestra? Se è già sveglio? Che cosa faccio?
Sto per andare nel panico. Continuo a saettare con gli occhi ovunque cercando un appiglio. Alle aiuole, alle auto...
«Perché sei nervosa?» con l'indice mi sfiora appena la guancia.
Apro bocca ma non ne esce alcun suono se non un respiro strozzato.
Perché riesce a capirmi?
«Non lo sono», mento abbracciandomi.
Sorride in modo sarcastico. «E io non mi sto incazzando», esclama con un tono abbastanza concitato.
Mi volto per guardarlo e lui si ferma inarcando un sopracciglio.
«Che c'è?» balbetto quasi strillando battendo ripetutamente le palpebre.
Fa un passo avanti e io indietreggio allarmata.
«Hai paura di me?»
«Dovrei?»
Scuote la testa. «No, dovresti averne di lui», indica il palazzo a poca distanza con sguardo carico di disprezzo.
Come sa dove abita Scott? Che cosa sa che io non so?
«Scott non è come pensi», lo difendo stizzita.
«Allora perché sei scappata da lui? Perché sei spaventata? Perché non...»
Lo spingo perché si è fatto troppo vicino e mi confonde. «Tu non sai niente di me. Credi di sapere tutto e ti credi in diritto di aprire la bocca e dare adito ai tuoi stupidi pensieri. Scott non è un mostro e mi ama. Che a te piaccia o meno io sto con lui.»
Concludo quasi con voce tremula. Ricaccio dentro una strana sensazione e dandogli le spalle mi appresto a superare la strada.
Ethan mi afferra per un braccio ancora prima che un'auto sfrecci dalla corsia sbagliata andando a sbattere contro un palo. Molti allarmi iniziano a suonare mentre io tengo gli occhi fissi su di lui, nei suoi.
Attorno si crea un certo caos di voci e persone.
«Il problema non è che ti ama... ma come ti ama», sussurra abbassando gli occhi sulla labbra.
Ancora una volta lotto con quella parte di me che vorrebbe davvero un suo bacio ma mi oppongo. Non posso. Non è da me. Sto con Scott e lui è impegnato.
Allora perché siete insieme?
Scaccio via la vocina dentro la mia testa spingendolo. «Grazie per avermi accompagnata», dico guardandolo male prima di correre verso il palazzo.
Rientro in appartamento facendo poca attenzione al rumore distratta come sono dalle sensazioni lasciate dai gesti di Ethan.
Entro in cucina con la speranza di non trovare Scott sveglio. In questo momento non riuscirei a dare nessuna spiegazione, neanche a me stessa per auto-convincermi del contrario.
Rimango per un paio di minuti appena appoggiata al ripiano freddo.
Quando mi decido a darmi una mossa inizio a preparare pancake, spremuta di arance, uova e bacon e dei toast da imburrare. A dire il vero mi sento un po' a disagio in questo appartamento, ma non voglio andare via e rendere le cose difficili. Ho bisogno di sapere di più su Scott. Conoscerlo nelle sue abitudini.
Forse ho bisogno di sbatterci la testa e capire...
No, non riesco a capire e non so se ho bisogno del suo amore, delle sue dimostrazioni. Ciò che ha fatto, mi ha destabilizzato e non poco.
Fa sempre così quando vuole ottenere qualcosa?
Sospiro sistemando ordinatamente la colazione sui piatti. Il mio lo guarnisco con poco cibo proprio perché non ho poi così tanta fame. Sistemo tutto su un vassoio di legno che trovo nella credenza all'angolo e a passo pensante mi dirigo in camera.
Trovo Scott sveglio e assonnato. Sta leggendo qualcosa sul telefono. Quando mi vede mi rivolge un sorriso dolce prima di guardare la colazione che gli ho appena portato a letto.
«Mi hai preparato la colazione», dice con voce impastata dal sonno. «Potevo mangiare anche te», esclama guardandomi in modo inquietante prima di afferrarmi dandomi un bacio con dolcezza per ringraziarmi.
Mi irrigidisco non appena le sue mani mi toccano però tento comunque di non apparire spaventata anche se inizialmente emetto un brevissimo strillo quando mi sento afferrare riuscendo a mascherarlo con una risatina.
«Spero ti piaccia», dico scansandomi a qualche centimetro di distanza.
Sfilo il tovagliolo dalla forchetta tagliando a piccoli pezzi il pancake che mi sto concedendo anche se controvoglia.
Scott sembra così diverso questa mattina. Tutto ciò mi confonde e non poco.
«Buongiorno», mormora ancora sul mio orecchio prima di lasciarmi un breve bacio sulla spalla.
Ricambio con un bacio veloce sulle sue labbra e finalmente facciamo colazione.
Non so come sarà la giornata ma cercherò di affrontarla per come ho sempre fatto.
Notando che continua a fissarmi cerco di non destare ulteriori sospetti sul mio umore.
«Come hai dormito?» chiede ordinando tutto dentro il vassoio.
La domanda mi coglie alla sprovvista.
Menti. Emma, menti.
«Bene», provo ad alzarmi dal letto ma riesce a bloccarmi per un polso strattonandomi a sé.
La stretta non mi fa male anche perché non sta neanche stringendo ma il gesto mi ha fatto quasi urlare dalla paura.
Non appena si accorge del mio sguardo lascia andare la presa. «Sicura di avere dormito?» chiede scrutandomi attentamente.
Porto una ciocca dietro l'orecchio. «Si, porto queste in cucina poi vado a sistemarmi per il lavoro. Non possiamo fare tardi», esclamo provando ancora una volta ad alzarmi.
In risposta prende il vassoio allontanandolo quel tanto che basta da me. Ha capito che qualcosa non va, mi sono appena agitata dandogli la prima conferma.
«Emma, sicura di avere dormito?» chiede ancora con sguardo freddo.
Sospiro. «Si, mi sono solo svegliata un po' prima come da abitudine e non volendoti disturbare perché ho visto che dormivi comodamente ho pensato di...» porta un dito sulle mie labbra scivolandomi vicino, troppo vicino.
Mi sfiora una guancia con il pollice e trattengo l'istinto di scansarmi. Le sue dita portano una ciocca dietro l'orecchio avvicinandomi. «Non mi diresti mai una bugia, vero?»
Il pollice preme sul labbro inferiore mentre annuisco continuando a tremare dentro come una foglia.
«No, certo che no», rispondo con un po' di sicurezza. «Faremo tardi, alzati», stampandogli un bacio breve a fior di labbra e più in fretta che posso alzandomi mi sposto in cucina dove dopo avere lasciato uscire un sospiro metto tutto in ordine per calmarmi.
Sono distratta dai pensieri e dalle ultime parole di Ethan da non accorgermi della sua presenza alle mie spalle.
«Mi piace averti qui», sussurra circondandomi l'addome con le braccia. Affonda il viso nell'incavo del mio collo annusando, provocandomi una consistente serie di brividi.
«Posso trattenerti...»
«Mi stai distraendo e non possiamo fare tardi», lo rimprovero scansandomi sfacciatamente dopo avere staccato le sue braccia di dosso e ripreso a respirare mostrandogli un sorriso finto.
Fa una faccia strana poi scuotendo la testa mettendo le mani avanti indietreggiando di un passo va a rinchiudersi nel secondo bagno.
Approfitto per darmi una riordinata e corro in camera quando esco lui mi aspetta seduto comodamente sul divano in cucina. Sta giocando con una palla da baseball. La lancia e poi la riprende continuamente quasi annoiato e nervoso.
Mi decido a parlare. «Possiamo andare?»
Si alza e annuendo seguendomi fuori dalla porta.
Non so che cosa gli succede. So solo che quando prendo le scale anziché l'ascensore mi fissa contrariato impensierendosi.
Dovrebbe proprio capire di avere sbagliato. Invece: fa finta di niente. Proprio questo mi fa rabbia.
Mordo le guance cercando di non perdermi. Devo solo rimanere lucida mentre dentro continuo ad acquietare il malumore che dilaga a velocità costante.
Usciti di casa circa quindici minuti prima dell'ora di apertura, troviamo l'aria già carica di smog. Siamo solo alle prime luci del mattino ma questa è New York.
È un venerdì caldo di giugno. Scott tiene stretta la mia mano mentre percorriamo il tratto pedonale ingombro arrivando al lavoro in perfetto orario.
Prima di voltare l'angolo però anziché proseguire dritto mi blocca contro un muro dandomi un bacio. Rimango stordita da questo suo strano attaccamento e gesto in cui percepisco nettamente la gelosia.
Quando si stacca mi sorride accarezzandomi la guancia poi sfiorandomi le labbra. «Andiamo?» chiede con un certo sorrisetto.
Non è che per caso è bipolare?
Lo seguo distratta davanti al locale mentre rifletti su questo.
Quando Max ci vede arrivare insieme aggrotta la fronte ma non fa nessun commento; quindi non mi rimane che iniziare questa giornata lavorativa.
«Emma hai visite!» Sasha sbuca dalla cucina mentre pranzo in compagnia di Tony sulle note di Bon Jovi. Mando giù l'ultimo boccone e pulendomi le mani mi alzo pronta a mettere in ordine. Tony mi fa cenno di andare e di non pulire lasciando tutto così com'è. Ci penserà lui.
A volte mi sento in colpa per lasciarglielo fare. In fondo è il mio lavoro pulire e rimettere in ordine. Tony mi tratta come una figlia e per questo gliene sono immensamente grata. Qui dentro mi sento apprezzata, capita. Sono circondata dall'affetto e per questa ragione non vorrei mai andarmene.
Esco dalla cucina un po' distratta. Ho evitato il più possibile Scott che continua ad aggirarsi attento cercando il momento giusto per afferrarmi. Lo cerco in sala e non trovandolo abbasso le spalle poco prima di ritrovarmi di fronte Anya.
Se ne sta seduta ad un tavolo a poca distanza dalla vetrata. Vedendomi arrivare alza subito la mano salutandomi con un ampio sorriso.
Il mio si spegne quasi immediatamente quando accanto a lei vedo anche Ethan. Con loro ci sono Tara e Mark che arrivando da fuori con il telefono all'orecchio mi fa un cenno di saluto.
«Non ci vediamo da due giorni», Anya si alza nell'immediato per abbracciarmi.
Vorrei tanto dirle di non farlo perché odoro di patatine fritte e cioccolata ma, non appena mi ritrovo tra le sue braccia un forte magone mi spinge a ricambiare la stretta prima di staccarmi dandole una leggera pacca sulla spalla un po' impacciata.
Valuta subito se sto bene con sguardo critico facendo più volte su e giù sul mio corpo. Vorrei tanto dirle che non sto affatto bene, sputare il rospo ma non è il momento. Non voglio farla preoccupare.
Non voglio neanche che mi dica: "te l'avevo detto".
«Che cosa hai fatto?» chiede ancora iniziando la sua serie di domande.
«Vi porto qualcosa?» Domando invece in fretta evitando gli altri sguardi presenti al tavolo.
«Per me un panino piastrato con doppia mozzarella e bacon, una coca-cola preferibilmente ghiacciata», dice subito con un ampio sorriso.
Annuisco appuntato sul taccuino elettronico l'ordinazione prima di guardare Mark.
«Per me il maxi e una birra. Porta anche una vaschetta di quelle patatine arricciate con la salsa sopra.»
Sorrido per la scelta. «Bene, poi?»
Non oso alzare gli occhi dal taccuino.
«Per me un vege-panino e una gassosa», trilla con la sua voce spavalda Tara.
Digito l'ordine attendendo il prossimo. Notando che non parla alzo gli occhi.
Un errore il mio perché mi sta fissando attentamente e io mi sto già perdendo nell'azzurro incontaminato delle sue iridi.
Tara gli molla una gomitata e lui la guarda battendo le palpebre.
«Per me un caffè, possibilmente amaro», sibila guardando alle mie spalle.
Sistemo subito il loro tavolo poi scusandomi mi dirigo in cucina dove Tony ha già disposto tutto nei piatti.
Sistemo sul vassoio l'ordinazione aggiungendo le bustine di ketchup e maionese in più per Mark e una ciambella al cioccolato e torno al tavolo con la caraffa in una mano e il vassoio nell'altra.
«Sembri diversa», quando Anya dice questo assottigliando gli occhi da cerbiatta, tutti mi guardano. Mi sento un po' in soggezione ed esposta al loro giudizio critico, allora scoppio a ridere nervosa. «Devo esserti mancata tanto eh? Goditi il pranzo.»
Avvicino il piattino con la ciambella a Ethan che non protesta. Fissa solo la mia mano vicina alla sua.
«Quei clienti vogliono solo te» ringhia nervosa Sasha dopo essersi avvicinata guardandomi con un certo astio: «farai meglio a tornare al lavoro».
Mi scanso velocemente. «Sto lavorando non mi giro di certo i pollici», replico d'impulso e con la stessa arroganza.
Mi scuso con i miei amici e turbata dal tono di Sasha vado a servire il signor Stewart. Non appena mi vede mi rivolge un ampio sorriso e cerco di servirlo con cortese attenzione.
Oggi Sasha sembra arrabbiata. Quando sono arrivata e mi ha vista con Scott, ha cambiato di colpo atteggiamento e anche umore. Non mi aveva mai rivolto la parola in quel modo. Ho fatto qualcosa di sbagliato?
Non vorrei pensare male ma è inevitabile. Inizio davvero ad avere dei dubbi. Il comportamento di Scott e ora quello di Sasha che perde le staffe solo perchè un cliente vuole essere servito da me, tutto questo non mi convince.
Mark mi fa cenno alzando la tazza di Ethan di portare dell'altro caffè al loro tavolo. Prendo la caraffa e altre tre tazze dirigendomi da loro.
Mi sento un po' stanca ma ho ancora un paio d'ore di lavoro e poi il weekend libero per riposarmi. Spero di passarlo in compagnia di un buon libro. Magari recupererò una delle mie serie tv preferite abbuffandomi di schifezze.
Vedo Scott uscire dalla cucina con un sorriso perfido. Il mio cuore ha un sussulto tant'è che mi tremano le mani. Riempio distratta le tazze ai miei amici mentre Anya continua a fissarmi con sguardo indagatore forse notando il mio nervosismo. Non so a cosa sta pensando ma cerco di non ricadere nel vortice di confusione che c'è dentro la mia testa.
«Emma, quindi stai davvero con Scotty?» Domanda Tara stringendo la mano di Ethan sul tavolo e mettendola in evidenza. Le sue dita esili le cui unghie sono laccate di un color malva mi attirano mentre si intrecciano a quelle di Ethan piene di inchiostro e vene.
Mi sento mancare.
E' un anello quello?
Impallidisco, mi irrigidisco barcollando lentamente indietro e lui se ne accorge. Distolgo subito lo sguardo e schiarisco la voce prima di rispondere: «Si, lavoriamo nello stesso posto... ci vediamo spesso», le sorrido senza entusiasmo.
Come ho fatto ad essere così stupida? Magari quella passeggiata era solo un pretesto per lanciarmi un altro dei suoi stupidì segnali.
Tara non mi sta simpatica e non devo per forza esserle amica. Sta marcando il territorio nel mio luogo di lavoro. Una vera e propria stronza. Solitamente non parlerei mai così delle persone che non conosco ma lei, non mi convince proprio. È da quando l'ho vista che ho dei dubbi su di lei. E quell'anello?
Dio, che stupida. Continuo a ripeterlo mentre Scott mi richiama dal bancone di nuovo con quel sorrisetto da prendere a schiaffi. Non riesco proprio a capire cosa sta succedendo nella mia vita.
«Eccolo...» sbuffa irritata Anya e Mark le molla una gomitata facendola lamentare.
Mi imbroncio. «Potresti essere carina con lui? almeno fallo per me, mi renderebbe... tranquilla», la guardo con gli occhioni mentre indietreggio verso il bancone dove Scott mi aspetta.
«Rimani con me anche questa sera vero?» Infila una ciocca ribelle dello chignon dietro al mio orecchio. Arrossisco consapevole di avere gli occhi dei presenti puntati addosso. Sto lavorando e mi ritrovo a flirtare con il mio ragazzo. E' ancora il mio ragazzo dopo ieri sera?
«Mi vuoi con te?» Domando con un sorrisetto complice afferrandolo per la camicia. Voglio proprio vedere dove vuole spingersi. In parte lo sto facendo per sbattere in faccia a qualcuno che anch'io posso giocare sporco. Anch'io posso rivelare i miei sentimenti e poi ignorare. Ma, il mio silenzio si sentirà maggiormente.
Scott ridacchia e le lentiggini risaltano così come i suoi occhi verdi. «Soprattutto in questo momento», dice all'orecchio facendomi avvampare. Gli do uno spintone affettuoso. Lui mi stampa un sonoro bacio sulle labbra poi mi lascia tornare al lavoro.
Mi appoggio al bancone con le spalle rigide. Mi concentro e torno al tavolo con un sorrisetto da ebete stampato in faccia. Non so se funziona, però Anya mi lancia un'occhiata brutale, gelandomi. Sembra di essere di fronte un plotone di esecuzione. Ethan ha gli occhi abbassati e tiene una forchetta talmente stretta da avere le nocche bianche. Tara parla animatamente con Mark mostrando di continuo l'anello come un trofeo. Non si sono accorti di niente? Lo spero.
«Pensi di tornare a casa sta sera?» Anya alza di proposito il tono di voce. Tara e Mark smettono di parlare e ci fissano.
«In realtà no perchè Scott mi ha appena invitata. Forse domani», mordo il labbro sentendomi parecchio a disagio.
Non voglio passare la notte da Scott ma non posso nemmeno fare la figura della stupita davanti a loro, davanti a lui. Lui che... che non ha neanche il coraggio di guardarmi in faccia.
Che rabbia!
Anya spalanca la bocca poi la richiude forse mordendosi la lingua. Si rialza e afferrandomi per un polso sibila tra i denti: «Posso parlarti un momento? In privato», senza attendere risposta, mi trascina fuori.
Voglio tornare subito dentro, l'aria fa davvero schifo e l'aria condizionata è una piacevole distrazione.
«Ti ha costretta a fare qualcosa? Ti ha messo le mani addosso? Ti ha minacciata?»
«No», balbetto frastornata. Cosa la spinge a pensare certe cose? Conosce Scott? Fa così con tutte?
«Emma, non mentirmi!» sbraita.
«Perché ti ho vista sai? Ho visto come sei spaventata quando lui si avvicina o prova anche solo a toccarti!» esplode mentre io mi rompo in tanti piccoli pezzetti sparpagliandomi ovunque.
Un pedone ci supera con lo skateboard girando la testa per osservarci. Anya gli alza il dito medio e lui ridacchia scuotendo la testa.
«Tu non hai visto niente!» dico alzando la voce. «Non è come pensi...»
Sgrana gli occhi. «Emma, non so che cosa ti sta succedendo ma: devi stare attenta, ok? Lui non mi piace e nemmeno la tua collega. Prima ti guardava in modo strano. Mi ricordo che non era così quando l'ho conosciuta.»
Le sue parole mi colpiscono a fondo come un pugno dritto allo stomaco. Perché mi sta dicendo queste cose? Perché mettermi in guardia su Sasha e Scott? Sa qualcosa e non vuole dirlo? Sono sempre più confusa.
«Stai un po' esagerando», sbotto leggermente irritata. «Se c'è qualcosa di cui devi parlarmi, ti pregherei di farlo e subito! Se invece questo è solo un pretesto, sappi che non ho intenzione di perdere la pazienza o del tempo. Vado da Scott e non facciamo niente di compromettente. È solo in casa e vuole un po' di compagnia. Sono la sua ragazza. Starò bene. So badare a me stessa.» Alzo il tono di voce e gesticolo.
Anya mette le mani avanti sbarrando gli occhi. «Io, io non...» sospira passandosi entrambe le mani tra i capelli. «Senti Emma a me lui non piace proprio. Spero solo che tu stia attenta e non faccia cazzate di cui potresti pentirti», gira sui tacchi tornando al tavolo turbata.
Entro irritata al locale e servo qualche cliente tenendo lo sguardo basso. Vorrei urlare ma cerco di trattenere la rabbia. Anya non può presentarsi qui e mettere sottosopra la mia vita sentimentale. Ho già fin troppi problemi per la testa e troppe paranoie da non dormire più la notte.
Finisco per rovesciare sul bancone del caffè caldo bruciandomi, per sfortuna, la mano. Non appena tento di sventolarla mi taglio con uno degli angoli di vetro della vetrina.
«Accidenti!»
Mi esce una forte imprecazione a voce alta e le lacrime sgorgano involontarie mentre getto sul piccolo lavandino il bollitore che si schianta senza rompersi.
Porto le dita tra i capelli prendendo un grosso respiro nel tentativo di non andare nel panico.
Sento un certo trambusto di voci, posate e rumori vari ma non presto attenzione perchè il dolore mi investe come una pugnalata nel petto. La giornata non potrebbe andare peggio.
La mia mano viene afferrata e spinta sotto il getto dell'acqua fredda; quando alzo lo sguardo, raggelo. Ethan la sta osservando preoccupato. Il mio cuore precipita per un momento nello sconforto prima di tornare a battere velocemente.
Le sue dita sfiorano delicate la mia mano ferita mentre i suoi occhi osservano attenti ogni centimetro della mia pelle.
Perché si è lanciato in mio aiuto? Perché sta tenendo la mia mano? Perché mi sta fissando come se cercasse di dirmi qualcosa? Perché è tremendamente difficile stargli vicino o anche solo allontanarmi da lui?
Il suo profumo, i suoi occhi, l'odore leggero del caffè misto alla menta del suo fiato caldo mi confondono e per un momento sento di svenire.
Il suo viso è troppo vicino al mio. La sua pelle brucia la mia senza intenzione di mollare la presa.
Recupero il controllo dandomi una sberla ben assestata e ritraggo la mano. «Sto bene. Non è niente.»
La mia voce esce stridula, spezzata dalle lacrime. Ethan non mi sta neppure a sentire perché chiudendo il getto freddo dell'acqua valuta i danni sistemando un tovagliolo sopra la ferita per asciugarla. Rigira ancora la mia mano tra le sue morbide e grandi passando il pollice sul segno rosso. Con ogni probabilità il graffio passerà nel giro di qualche giorno.
Ha le dita lunghe e le unghie curate. Sono perfette. Con la mano libera, asciuga le lacrime sul mio viso. E' una carezza dolorosa che si riverbera dentro il mio cuore e sulla bocca dello stomaco risvegliando uno sciame d'api assassine.
Non è niente di grave ma lui sembra preoccupato. La cosa peggiore?
Scott e Tara stanno assistendo a tutto questo ed è tremendamente imbarazzante. Dovrebbe esserci il mio ragazzo al suo posto. «Vado... Vado di là», sussurro balbettando senza fiato. Ethan inizialmente non stacca la presa. «Dove?» chiede flebile.
Indico la cucina alle mie spalle.
«Devi medicarla», sussurra e quasi a fatica forse notando il mio sguardo implorante annuisce.
Mi allontano quasi correndo da lui. Non voglio stare un attimo in più in mezzo a tutti questi sguardi. Ho improvvisamente paura. Paura di una brutta reazione da parte di Scott e di Tara. Quella stronza saprà come vendicarsi se non con me con Ethan. Il pensiero mi fa ribollire il sangue. Perché la mia vita deve sempre essere così complicata?
Asciugo le lacrime. Tony mi guarda e si avvicina. Ha assistito anche lui?
Controlla la mano domandandomi come sto. Non rispondo perchè non sto affatto bene e dopo avere fasciato la mano dentro il bagno del personale, mi rimetto in ordine, faccio un grosso respiro e torno al lavoro evitando tutti.
«Lascia faccio io!» Tony toglie dalle mie mani i barattoli pieni di salsa. Non vedo Scott da nessuna parte e Sasha gira con aria truce tra i tavoli. Mi sento soffocare e ho bisogno di aria. Non voglio avere un attacco di panico proprio qui dentro. Me ne vergognerei se succedesse di fronte a tutti.
Anya si avvicina al bancone, ci guardiamo intensamente per qualche istante prima di abbracciarci. Lei scusandosi per prima mi stringe forte a sé. So che è sincera e so che vuole solo il mio bene e che sta cercando di dirmi qualcosa tra le righe. Mi sorprendo ancora a sapere che qualcuno possa tenere a me. Ma, non accetto degli avvertimenti perché preferisco sbagliare da sola.
«Adesso vado», dice indicando Mark dietro di sé.
Annuisco e quando la vedo sparire salgo subito sul terrazzo dove trovo Scott appoggiato al muretto. Sta fumando. Un altro aspetto che non conoscevo ancora di lui, mi dico.
È nervoso. Lo capisco dallo sguardo, dal gesto che fa quando aspira il fumo e lo trattiene nei polmoni prima di lasciarlo andare. Mi avvicino a lui con cautela.
Per strada rumori di clacson a causa di un ingorgo in fondo alla via.
Faccio un grosso respiro e lo abbraccio. Appoggio il viso sul suo petto. Non ho il coraggio di fare altro e se mi rifiutasse non reagirei neanche bene perché mi ha ferita e io non potevo di certo prevedere tutto questo enorme grosso equivoco.
Scott non si muove, continua a fumare, a fissare un punto lontano. Alzo il viso e lui finalmente mi guarda. Il suo sguardo gelido e distaccato però mi fa rabbrividire. I suoi occhi celano gelosia, lo so.
«Posso averne un po'?» Domando a bassa voce.
Scott aspira avvicinando le labbra alle mie senza toccarle rilasciando il fumo. Un gesto intimo. Di sicuro un passo avanti per lui, penso subito cercando di non tossire.
Gli tolgo subito la sigaretta dalle mani e la lancio giù, verso il vicolo.
Mi guarda male continuando a trattenersi.
Ho bisogno di una certezza e posso solo averla provandoci. Lo spingo con le mie piccole mani contro il muro, sgancio i primi bottoni della sua camicia e inizio a stampargli piccoli baci sul collo tirandogli la cravatta.
Dopo qualche mio bacio abbassa le spalle, emette un verso e afferrandomi per i glutei mi solleva. Gli avvolgo la vita con le gambe continuando a baciarlo quasi con disperazione. Dimenticando tutto ciò che ha fatto qualche ora prima.
Tengo davvero a lui e il pensiero di ferirlo o perderlo mi fa stare male nonostante le ultime scoperte.
Lui è la mia isola tranquilla. Non mi sentivo così da anni e mi piace il modo in cui mi fa sentire, il modo in cui mi guarda. Sono anche sicura che nessun altro riuscirebbe a darmi così tanto in così poco tempo.
A parte un certo ragazzo che ha rischiato di provocare una rissa al locale pur di raggiungerti e medicarti la ferita, sussurra la vocina dentro la mia testa che metto a tacere. Non è il momento di fare certi paragoni o pensieri.
«Dobbiamo andarcene via da qui... ora, Emma!» Ansima sulle mie labbra tremando.
Comprendo il suo stato d'animo. Forse non vuole perdere il controllo come è avvenuto poche ore prima. Ripenso a ciò che ha fatto e torno con i piedi per terra prendendo un breve respiro, inumidendosi le labbra.
Scuote la testa stringendomi per una mano e, dopo avermi dato un bacio premuto sulla fronte entra velocemente dentro tornando a lavoro.
Rimango per qualche altro minuto abbracciata a fissare il mio piccolo riflesso distorto in una delle vetrate del palazzo pieno di specchio di fianco.
Prendendo coraggio scendo anch'io concludendo la mia giornata di lavoro.
Dopo avere chiuso il locale, lasciamo una Sasha nervosa e silenziosa sotto casa e dopo essere passati dal mio appartamento vuoto per recuperare dei vestiti puliti, ci spostiamo verso il suo.
Ammetto di essere un po' nervosa. Forse mi sono lasciata prendere la mano e adesso non so proprio che cosa aspettarmi. Magari avrà ancora frainteso le mie intenzioni.
Scott non mi dà il tempo di pensare o riflettere. Non appena siamo nella sua stanza toglie dalle mie mani il borsone, la borsa lasciando cadere tutto sul pavimento. Sollevandomi mi getta sul letto premendomi sul materasso, stringendomi a sé. Baciandomi in modo possessivo mi sfiora con le mani stringendo la pelle con impeto. Evidentemente non ho calcolato assolutamente niente. Ho il cuore a mille e non ho idea di ciò che sto facendo. Ho paura a bloccarlo ma so che non farà lo stesso errore.
«Ero così arrabbiato...» ringhia mordendomi le labbra. «Non provavo così tanta rabbia da... tempo. Emma, tu mi farai impazzire!» si stacca per guardarmi negli occhi. «Stai mettendo alla prova la mia sanità mentale, la mia razionalità. Lo avrei ammazzato di botte quando ti ha toccata in quel modo. Se non era per Tony... lo avrei fatto.»
Il suo petto si alza e si abbassa ad un ritmo convulso. Poso la mano sul cuore mettendomi a sedere in modo tale da averlo proprio davanti. Mi piace parlare con lui faccia a faccia e senza distanze.
«Non è successo niente.» Porto la mano sulla sua guancia. E' calda. Lui chiude gli occhi e vi si appoggia per un solo momento.
«A me non è sembrato niente quello che ha fatto per raggiungerti...», si allontana dalla mano sbuffando. Il suo volto, muta espressione. Sta tornando di cattivo umore.
«Io non ho visto niente e avrei voluto che ci fossi tu al posto suo», cerco di recuperare la situazione anche se inizio a sentire un grosso peso sul petto.
Non so che altro dire. Mi sento confusa e so che Scott ha tutto il diritto di essere arrabbiato ma non è successo niente.
A volte i ragazzi sono così difficili da gestire.
«Emma smettila di dire cazzate! Ho notato come ti guarda e come lo guardi anche tu. Non è lo stesso quando guardi me. Me ne sono accorto io, se ne sono accorti tutti ma tu continui a negare. Che cosa è successo con lui?»
Scuote ancora la testa. «Dio, mi piacerebbe spaccargli quella faccia da stronzo», sputa fuori con rabbia stringendo i pugni.
Gli occhi mi si riempiono di lacrime. Cerco di trattenerle. «Scott come fai a non capire che a te ci tengo davvero? Cosa devo fare?» alzo il tono di voce per trattenere i singhiozzi.
No, non voglio piangere davanti a lui. Non voglio dargli nessuna conferma. Lui si aspetta questo da me. Non posso.
Scott avvicina la mano sulla mia guancia per asciugare con il polpastrello una lacrima sfuggita a rigare il mio viso. Lo blocco e lo fisso. «Tu, rendi tutto semplice e leggero. Quando ci sei mi sento sollevata. Quando sorridi il mio cuore si libera. Cosa devo fare ancora? Sono qui con te, nel tuo appartamento, sul tuo letto e non con lui, non con un altro. Non voglio trovarmi altrove perchè con te sto bene. Cosa devo fare?», singhiozzo. Non riesco più a trattenermi.
«Amarmi...», sussurra abbassando lo sguardo e strofinando le dita sugli occhi. Sta piangendo? Non capisco. Rabbrividisco. Non era questo che volevo.
«Ma io...» mi blocco, io cosa?
Lui alza lo sguardo con un sorriso carico di amarezza. «Non dirlo se non lo senti davvero Emma. Ti prego: NON, DIRLO!». Alzandosi dal letto si guarda attorno come un animale in gabbia. «Non dirlo perché sappiamo entrambi che non è vero. Mi piacerebbe crederci, ma sarebbe una grossa bugia», ripete rabbioso dando un calcio al pouf nero, con un gesto secco fa cadere tutto ciò che c'è sulla scrivania e, spalancando la porta per poi richiuderla con un tonfo mi lascia sola.
Il mio cuore precipita. Come faccio a fargli capire che mi piace, che voglio stare con lui e magari più in là iniziare anche ad amarlo?
E' una cosa stupita, risponde il mio subconscio ma non lo sto a sentire.
Nella vita o ami o provi solo affetto. Tu non ami Scott. Ti sei solo intestardita perché non puoi avere chi al contrario ami davvero.
Mi alzo e gli corro dietro. Lo trovo in cucina, seduto sul bancone con una birra in mano ed una sigaretta. C'è anche un cd sul ripiano con... è droga quella?
E' il suo modo per sfogare la rabbia? Perchè non conosco ancora questi lati del suo modo di essere? Perchè li nasconde e li mette in evidenza quando succede qualcosa?
Picchia la birra sul bancone aspirando avidamente dal filtro prima di farsi una striscia senza preoccuparsi della mia reazione.
Quasi ghigna nel vedermi così stordita.
Mi rendo conto di avere chiuso gli occhi e di essermi abbracciata per quel breve atto di rabbia. Non ho paura di Scott ma di perderlo si.
Giro lentamente il bancone dell'isola avvicinandomi a lui. Ha l'aria tesa e uno sguardo troppo distante. I suoi occhi verdi sono cerchiati di rosso. Muove le narici inspirando velocemente.
Mi sento come un coniglio di fronte ad un lupo inferocito. Lo abbraccio come ho fatto sul tetto appoggiando la guancia sul suo petto. Si irrigidisce ma non mi allontana e quando prova a bere lo blocco. Non è questo il modo di risolvere i problemi.
«Non ti dirò che ti amo...» inizio chiudendo gli occhi. «Non ti dirò che sarà tutto come vorresti...» le lacrime tornano e il nodo alla gola stringe ancora una volta ma continuo. «Non ti dirò che andrà tutto bene e non ti dirò che sarà una passeggiata.» Alzo lo sguardo mordendomi il labbro. «Posso dirti che tengo davvero a te e non voglio che mi allontani. Ho bisogno dei miei tempi e credo di avertelo anche detto. Mi dispiace Scott! Mi dispiace di non essere quella perfetta, quella che ama in fretta, quella che si fida e si getta a capofitto nelle relazioni. Ho bisogno che tu ci sia nella mia vita, ho bisogno di te Scott!», sciolgo l'abbraccio. «Sai, non dovresti sfogarti in questo modo», indico la droga sul tavolo, il pacchetto di sigarette e la bottiglia. «Ti fanno solo stare male.»
«Tu di più», sussurra avvicinandosi al ripiano.
Girando sui tacchi torno in camera. Recupero le mie cose decisa a non rimanere un minuto di più qui dentro e tra le lacrime che riesco a controllare dentro per orgoglio: raggiungo l'entrata. Apro la porta ma questa si richiude con un tonfo.
Mi volto spaventata e Scott non mi dà il tempo, mi solleva caricandomi sulle spalle. Strillo e scalcio per farmi rimettere a terra. Appoggia un ginocchio sul letto facendomi scivolare sopra le lenzuola. Immobilizza i polsi e si sistema tra le mie gambe. Ha il fiato corto e cerca il mio consenso mentre inizia a baciarmi con delicatezza.
Inizialmente mi oppongo. Poi, stanca di combattere ricambio il bacio che sa di birra, di fumo, di menta lasciando che si stringa a me il più possibile.
Ho bisogno di sapere che lui per me ci sarà ancora, che non è più arrabbiato o che se lo è ha accantonato tutto per permettermi di innamorarmi di lui per come merita.
Che cosa stupida, urla la vocina dentro la mia testa. Non ti innamorerai mai di lui. Proverai sempre e solo affetto e non sarai felice per come meriti.
Lo so, è stupido ma sono sicura che tra me e Scott andrà tutto bene. Basterà solo provarci un po' di più ed evitare altre situazioni imbarazzanti.
«Rimani!»
Il suo sguardo è tornato quello di sempre anche se ha un tono diverso a causa di ciò che ha assunto. Il mio Scott penso subito ritrovandomi a sorridere.
Il suo cellulare vibra interrompendoci.
Lo vedo alzarsi di scatto e facendomi cenno di un minuto si allontana da me quasi correndo.
Perché? Con chi sta parlando? Perché si è allontanato?
Mordo la lingua trattenendo la curiosità. Quando torna aspetto che me lo dica ma non lo fa. Posa il cellulare sul comodino sdraiandosi su un fianco poi avvicina la mano al mio viso scostando una ciocca di capelli. Lascio che le sue dita tocchino la mia pelle cercando di non tormentarmi con le domande.
«Non volevo trattarti male. Non voglio perderti per delle stronzate. Voglio provarci e spero funzioni tra di noi, piccola.»
Non rispondo. Lascio che il silenzio ci avvolga. Ho tanto su cui riflettere. Non avrei di certo mai immaginato di passare una giornata così stressante dal punto di vista emotivo.
Non so cosa succederà tra me e lui ma so che non sarà facile non se prima non rimetto a posto il mio cuore. Non sarà facile gestire la mia vita ma proverò e cercherò di andare avanti. Prima dovevo solo pensare a me stessa, ora invece dovrò fare i conti con i sentimenti di un'altra persona e non posso, non voglio deluderla.
«Non ti perderò per un coglione», sibila tra i denti.
Trattengo il fiato chiudendo gli occhi.
Mi risveglio sentendo uno strano vuoto accanto. Apro lentamente gli occhi notando la parte del letto accanto a me vuota.
«Scott?» Sussurro piano. La mia voce è arrochita dal sonno. Chiudo nuovamente gli occhi, mi sento stanca.
«Dolcezza», il letto si muove e la mia vita viene circondata da due forti braccia. Mi tranquillizzo anche se dalla stretta capisco subito che qualcosa non va.
Ma, dove era?
«Non riesci a dormire?» Mormoro.
Sono più addormentata che sveglia e non riesco proprio a tenere gli occhi aperti.
«No», risponde in tono secco.
Mi volto ritrovandomelo a pochi centimetri. Appoggio il naso contro il suo poi lo strofino. «Perchè?» Domando sentendo il suo fiato caldo vicino. Non sa di menta.
«Perché non voglio che tu vada via», sospira stringendo i denti.
Spalanco gli occhi staccandomi per guardarlo meglio.
La persona che ho davanti è consumata dalla rabbia, dalla gelosia. Non ha dormito. Ha le occhiaie e i suoi occhi sono rossi.
E' fatto?
Oddio, no! Ditemi che non ha fatto ciò che penso.
«Ma sono qui, Scott. Stavo anche dormendo, dove dovrei andare? Dormi ti prego!» Mi sistemo sul suo petto per rassicurarlo. Non posso fare altrimenti.
«Non me ne vado», mugugno assopendomi. Sono troppo assonnata per continuare a parlare.
«Rimani con me anche oggi», dice imponendomelo. «Non voglio che tu vada via.»
Perché non si aspetta che io rimanga di mia spontanea volontà? Che cosa c'è sotto la sua incertezza? Perchè devo sempre avere il tormento? Perchè ha assunto di nuovo quella roba? E cosa ci faccio ancora con lui? Soprattutto: chi era al telefono?
«Si, se lo vuoi. Ora... ora dormi.»
È tutto ciò che riesco a dire crollando nel mondo dei sogni.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top