Capitolo 82

Ottobre

Inizia a fare freddo qui a Vancouver. Cammino lentamente per le strade che ormai conosco bene, diretta in ufficio. Faccio attenzione a quei pedoni distratti, a quei tassisti in ritardo. Attorno è un miscuglio di colori dal giallo al rosso. Foglie e zucche ovunque. L'aria è fresca e si respira rispetto all'estate afosa che c'è stata. C'è anche odore di pane appena sfornato, dolci al limone, alla zucca e fritture. Adoro questo periodo. Non fa caldo ma neanche tanto freddo.
Indosso per comodità un vestitino a balze nero con delle piccole rose stampate. Una sciarpa, un giubbotto di pelle e stivali comodi.
Arrivo nell'atrio dell'ufficio e alcuni degli avvocati corrono ad aiutarmi. Sto trasportando una scatola piena di fascicoli. È abbastanza pesante e ora come ora, non dovrei affaticarmi. Ringrazio ognuno di loro. Ormai li conosco. Sono sempre stati gentili e ci hanno anche provato qualche volta anche se ora sanno che sono sposata e che tra qualche mese diventerò mamma. Mi accompagnano fino all'ufficio dove Parker mi aspetta. Non appena mi vede uscire dall'ascensore con la ciurma di ragazzi dietro, alza gli occhi al cielo. Lo abbraccio. Tea è nel suo ultimo mese di gravidanza. Non dovrebbe lavorare ma insiste perché a casa si annoia tremendamente. In parte la capisco. Ecco perché non ho ancora smesso di lavorare. Mi piace aiutare chi ha bisogno. Mi piace difendere le persone e rendermi utile. Non riesco proprio a vedermi in casa, in pigiama e sul divano con una porzione di patatine extra e un film.
Parker prende la scatola e lancia uno sguardo ai ragazzi che si dileguando salutando. «Coma state?» domanda toccando il mio piccolo pancino già in evidenza.
«Eh non mi fa dormire o lavorare. Tutto sommato bene!» sorrido seguendolo in ufficio.
«Non vuoi ancora dirmi se è un maschio o una femmina?» mette il broncio.
Rido ringraziandolo per il frullato che trovo sulla scrivania. «No, sarà una sorpresa per tutti!»
So solo io il sesso. Tutti tentano di estorcermi informazioni compresa Lexa che come prevedevo è in dolce attesa di una bambina. Continuano a farmi domande su domande ma dalla mia bocca non esce niente. Dovranno attendere ancora qualche altro mese poi potranno vedere.
Purtroppo sto avendo una gravidanza a rischio, quindi tutti cercano di non farmi affaticare e di tenermi d'occhio. Ammetto di avere paura, una paura matta perché non voglio rivivere quel brutto momento. Tento di non pensarci ma è inevitabile. Però mi soffocano a volte e ci sono momenti in cui vorrei mettermi ad urlare perché ho bisogno anch'io di stare da sola.
«Dovrei accompagnarti in quel negozio oggi...»
Finisco il frullato. Non sono ingrassata però si nota che qualcosa o meglio qualcuno sta crescendo. «Ci andiamo quando avremo finito con quella riunione», mi alzo ma blocca subito il mio tentativo.
«Biscotti o salato?» domanda.
«Biscotti!» sorrido. Ormai è la nostra routine. Arrivo in ufficio lui aiuta me io aiuto lui e mi coccola con le sue premure.
Parker è stato davvero fantastico in questi mesi per non parlare di Ethan. Beh, lui dopo che ha saputo che sarebbe diventato papà, è stato attento e premuroso. Sempre presente in tutto. In questo periodo però lo vedo impegnato e in parte sono felice perché non può stare sempre attaccato a me.
Trascrivo dei verbali in modo tale da velocizzare il lavoro. Sento un piccolo movimento e tocco la pancia. «Ti stai annoiando? Ascoltiamo un po' di musica?»
Metto le cuffie ascoltando i Coldplay mentre Parker entra nel mio ufficio con una confezione di biscotti ripieni di glassa al limone. Li mangerei fino a scoppiare. Partorirò un limone, lo dico sempre. Batto le mani e mentre aiuto Parker mangiucchio.
Prendo la sua mano quando sento un altro movimento mentre lui parla. Parker si ferma e poi ride. «Ti fa male?» domanda.
«Solo un po'» faccio una smorfia. «Devo alzarmi». Cammino per un paio di minuti e sentendomi meglio torno al lavoro.
Le ore trascorrono veloci tra chiacchiere e riunioni sfiancanti. Oggi in particolare non si riesce a chiudere nessuna questione legale. Inizio a sentirmi stanca.
Con Parker abbiamo uno strano rapporto di amicizia. Mi piace anche se in parte mi sento male per lui. Non deve essere facile vedermi in questo stato.
«Se sei pronta andiamo a scegliere questa culla per mio nipote!»
Sorrido. «Ci hai provato sai? Non ti dirò se è maschio o femmina ripeto!»
Sbuffa. «Testona!»
Rispondo con una linguaccia. Ormai ritiene il nascituro suo nipote. A me fa davvero piacere. Anzi, mi riempie di gioia sapere che potrà sempre contare su di lui.
Mi alzo forse in fretta e vedo tutto nero. Barcollo visibilmente andando a sbattere contro la libreria dietro facendomi un po' male alla spalla. Parker corre subito da me. Mi appoggio a lui mentre vedo tutto girare. «Sto bene», dico stordita. «Mi sarò alzata troppo in fretta».
Non sembra convinto della mia risposta. Con ogni probabilità sarò pallida e avrò il viso di chi sta per vomitare o svenire. Lo rassicuro più volte mentre mi aiuta a riordinare l'ufficio e i registri. Sto indossando il giubotto quando sento un forte dolore al ventre. Mi piego quasi in due senza fiato. Dalle gambe scende del sangue. Il mio cuore perde dei battiti. No, non ora penso. No, non così.
Parker non attende oltre. Mi prende in braccio portandomi in macchina e poi in ospedale. È più agitato di me. Per fortuna in ufficio non c'era più nessuno.
Scoppio in lacrime impaurita. «Non sento più niente». Continuo a toccare la pancia. Non si muove. I battiti del mio cuore sovrastano ogni altro rumore. «Parker, non sento niente, non si muove!» fatico a respirare. Sono impaurita e agitata. «Non un'altra volta!» singhiozzo mentre ho un attacco di panico.
«Ok Emma, calmati ok? Sta bene! Stiamo arrivando in ospedale!» bacia la mia mano per tranquillizzarmi. «Andrà tutto bene!»
È più agitato di me. Guida proprio come un pazzo infatti non rispetta nessun segnale.
Arriviamo in pochi minuti in ospedale. Non riesco a vedere niente perché non appena esco dall'auto, perdo i sensi.

Apro gli occhi intontita. Le luci al neon mi feriscono costringendomi a chiudere le palpebre. Quando metto a fuoco, sono su un letto d'ospedale e ho una flebo attaccata al braccio. Ethan se ne sta seduto sulla sedia accanto al letto, solleva il viso dalle mani. Si alza di scatto correndo subito da me.
«Come sta?» domando agitandomi e preparandomi al peggio.
Piange e il mio cuore manca di un battito. «State bene per fortuna!»
Singhiozzo lasciando uscire un sospiro di sollievo. «Davvero?»
«Si, andrà tutto bene piccola!» mi abbraccia baciando il mio viso prima di stringerlo. «Non ero con te...» appoggia la fronte sulla mia. «Dovevo essere lì con te!» tira su con il naso. «Ho rischiato di perdervi e io non...», fatica a parlare.
Provo ad alzarmi a metà busto. Asciugo le sue lacrime. «Non puoi stare sempre con me. Guardami...» Alzo il suo viso. «Sto bene. Stiamo bene. Non ero sola perché ovunque vado sono circondata.»
Mi bacia con trasporto. «Ho avuto paura. Quando Parker ha chiamato allarmato dicendo che c'era tanto sangue. Ho buttato tutto quello che avevo in mano e sono corso come un pazzo qui in ospedale. Ho anche sbraitato contro i dottori che non volevano farmi entrare. Io non ti perdo più di vista...» sussurra baciando le mie labbra.
Sorrido mentre sento un movimento. Scoppio in lacrime tranquillizzandomi. È ancora qui. È ancora qui con me. Non è successo di nuovo. Mi sento sollevata.
Prendo la mano di Ethan sistemandola sulla pancia e lo bacio. Ethan ride e piange emozionato. «Ha capito che sei prepotente!» sussurro.
Ride. «E tu quando capirai che sei la mia vita? Che siete la mia vita!»
Mi nascondo contro il suo petto. «Anche tu lo sei ma non devi farmi da balia.» Bacio il suo naso.
Dalla porta entra Parker. Ethan si ricompone. «Vado a prendere qualcosa da mangiare», dice lasciandoci soli.
Parker si siede sul bordo del letto. Lo abbraccio. «Grazie! Se non c'eri tu...»
Tremo. Parker accarezza la mia schiena. «Shhh! State bene. È quello che conta!» tocca la mia pancia. «Non me lo dirai vero?»
Questo mi fa sorridere e torno tra le sue braccia. «Hai intenzione di comprare quelle tutine da football personalizzate vero?»
Gratta la tempia ridendo. «Mi conosci bene!» ride ancora in imbarazzo. «Ho avuto paura di perdervi Emma. Da oggi non ti affaticherai più! Promettilo!» sospira.
«Le accetto solo se metti il nome della nostra famiglia».
Sorride ancora. «EMKER», sussurra alzando il mignolo. Annuisco stringendolo con il mio.
Mentre mi mostra quello che intende comprare dal portatile, Ethan entra in camera con delle buste.
Attorno aleggia subito l'odore del pollo, delle spezie e delle patatine. C'è anche l'odore delle verdure e di qualcosa di dolce.
«Ti fermi a mangiare con noi?»
Quei due stanno davvero legando. Adesso parlano civilmente e creano strane alleanze. In più essendo competitivi per natura la loro squadra ha già ottenuto parecchi risultati positivi. Vittorie assicurate insomma con due testardi e guerrieri come loro.
«No, ho una cena di lavoro. Passo domani per darti il cambio!» bacia la mia fronte poi tocca la mia pancia. «Non fare preoccupare la mamma», sussurra.
Sento subito un movimento. «Riconosce la tua voce».
Parker sorride. Saluta Ethan e ci lascia soli.
«Ho preso roba commestibile e salutare per come mi hai insegnato tu con quella strana tabella che devi seguire», bacia il mio naso passandomi una confezione. C'è anche il dolce e le vitamine.
«Ti amo»
Asciuga la mia guancia. Non mi sono neanche accorta di stare piangendo. «Ho avuto paura!»
Mi abbraccia. «Anch'io! Ho chiamato David per non fare spaventare Lexa e mia sorella verrà domani perché mia madre oggi non poteva tenere Stella. Anche lei verrà domani a trovarti...» parla velocemente.
Tappo la sua bocca con la mia. Sposta la coperta baciando la mia pancia. «Papà e qui! Non farci più preoccupare intesi? Ho perso anni di vita oggi! So già che sarai una piccola peste!»
Rido. Mi piace quando la sera dopo cena ci sdraiamo sul divano e lui massaggia le mie gambe e poi parla al pancione riempiendolo di baci e attenzioni.
«Una peste che amo e che voglio tenere in braccio...» continua.
Accarezzo il suo viso. «Mamma dovrà tenere a bada due pesti».
Dopo cena, dopo la visita da parte del dottore che monitora la situazione, Ethan si stende accanto a me. Gioca con le nostre dita.
Avvicino il mio viso al suo. Sfiora le mie labbra prima di baciarmi delicatamente. «Ti amo piccola»
Mi sistemo tra le sue braccia mentre accarezza la mia pancia. «Ti amo».

~ Ethan's POV:

Finalmente dopo tante lacrime e paura Emma si è addormentata. Sto ancora tremando. Poso la mia guancia contro la sua pancia e la sfioro con le dita. Dove quel puntino sta crescendo e ci sta già facendo disperare.
«Io lo so che sei un maschietto. Anche se mamma non vuole dirlo io lo sento che in casa ci sarà un altro piccolo me a farci disperare», bacio il punto in cui lo sento muoversi. «Non vedo l'ora di tenerti in braccio e farti sentire protetto e al sicuro. Ti prego, non farci preoccupare ancora», continuo a lasciare baci. «Oggi papà si è spaventato. Non so cosa farei senza di voi due. Per me siete tutto e non voglio perdervi per nessuna ragione al mondo. Quindi non tirarci altri brutti scherzi. Intesi?»
Sorrido stanco mentre lo sento muoversi. «Papà sta anche pensando al tuo nome. Visto che per me sei un maschio avevo pensato Noah. Ti piace? Mamma ne avrà scritto un paio conoscendola. Alla fine però troveremo il tuo nome. Lo suggerirai tu stesso non appena ti vedremo...»
Emma si muove. Per un momento ho paura di averla svegliata. Non può affaticarsi. Non dovrebbe neanche lavorare ma è testarda e adora passare del tempo in ufficio ad aiutare le persone. È sempre così buona.
Le cose tra me e lei vanno più che bene. Abbiamo trovato un nostro equilibrio e stiamo passando qualche brutto momento a causa di questa gravidanza a rischio. Quando è stata male la prima volta i medici ci hanno subito dato istruzioni. Purtroppo non posso essere opprimente. Ho anche mandato Anya più volte a controllarla in ufficio. Emma non è stupida e so che ama sentirsi libera ma non voglio che corra ancora dei rischi come oggi. Potevano morire. Io senza di lei impazzirei. Non voglio neanche pensarci.
«Vi amo così tanto...» sussurro sedendomi sulla sedia.
La porta si apre lentamente e Anya sbuca per accertarsi che siamo qui dentro. Si avvicina con un mazzo di girasoli sistemandolo sul vaso posto sul comodino.
Avvicina la sedia alla mia. «Come stai?» domanda posando la mano sulla mia spalla.
«Preoccupato», gli occhi bruciano tremendamente. «Se non era per Parker non so...», scuoto la testa mettendo le mani sul viso. Non riesco neanche a parlare.
«Andrà tutto bene», sussurra accarezzando la mia schiena. «Emma è un osso duro! La piccola di più».
Per Anya è una femmina ovviamente. Ma a me importa solo che sia sano perché alla fine non conta il sesso. Oggi il bambino ha rischiato davvero grosso quando Emma è svenuta. Entrambi hanno rischiato.
«C'è Mark fuori. Rimango io un po' con lei. Vai a prendere un caffè e una boccata d'aria. Ne hai bisogno».
Mi alzo recuperando il giubbotto di pelle. Bacio la fronte ad Emma e dopo averle lanciato un altro sguardo esco verso la sala d'attesa. Mark tiene in braccio la piccola Stella. Non appena mi vede la bambina sorride. La prendo in braccio mentre usciamo fuori. Fa freddo così copro la piccola per non farle prendere un raffreddore.
«Come stanno?»
«Per ora bene e fuori pericolo ma ho paura...» ammetto.
La piccola emette qualche gorgoglio. Le tocco sotto il labbro e ride. Mark la guarda ammaliato. «Ancora qualche mese e la terrai in braccio a quella peste!»
Anche per Mark è una femmina. Io ho il terrore di avere una femmina. Se è come me ci darà proprio del filo da torcere. Se è come Emma invece... beh se è come Emma dovrò prepararmi ed essere autoritario perché sarò parecchio geloso.
«A cosa pensi?» riprende in braccio Stella che si addormenta. Entriamo in sala d'attesa.
«Sono terrorizzato!»
Mark ride. «Passerà!»
«Ne sei così sicuro?» prendo un caffè per rimanere sveglio.
«Amico, ero il primo ad essere terrorizzato ricordi? Ti ho anche pregato di tornare perché senza di te non ce l'avrei fatta! Ora guardami? Sto tenendo in braccio mia figlia! Tu farai lo stesso e sono sicuro che sarai un bravissimo genitore perché accanto ad Emma tu sei una persona diversa e migliore!» stringe la mano sulla mia spalla.
Anya ci raggiunge prendendo Stella. «Si è svegliata e non appena le ho detto che c'era anche lei mi ha chiesto di fargliela vedere», torna indietro con la bambina.
Mark si piega sui gomiti. «Amico te lo dico da fratello perché sai che tu per me lo sei, andrà tutto bene!»
Ci alziamo per tornare in camera. «Ancora però non sappiamo se è maschio o femmina», dico con una smorfia.
Mark mi guarda prima di ridere scuotendo la testa. «Ci sarà proprio da divertirsi».
Trovo Emma seduta sul letto mentre gioca con la bambina. Mi avvicino a lei stampandole un bacio sulle labbra.
«Stavo dicendo ad Emma che Rachel è davvero un bel nome come Joel».
Emma assume quell'espressione furba. «Stavo dicendo ad Anya che non mi fregherete in questo modo perché non vi dirò il sesso del bambino!»
Ci guardiamo tutti prima di ridere. «Sei terribile!» dice Mark.
Lei in risposta si mette comoda sul letto facendogli una linguaccia. «Comprate solo tutine colorate!» fa spallucce.
Mi siedo sulla sedia mentre i suoi occhi si posano su di me. «Torni a casa vero?»
Nego subito con la testa. «Non ti liberi così facilmente di me!»
Sospira. «Sono in ospedale, starò bene!»
Nego ancora con la testa. «Non mi convincerai così facilmente signorina!»
Sentiamo due colpetti alla porta. Entrano Lexa e David. Lexa scoppia in lacrime toccando il suo pancione. Lei sa già che è una femmina. Le abbiamo già comprato tante tutine, anche se Emma aspetta il momento giusto per regalargliele.
«State bene?» le tocca la pancia poi abbraccia Emma in modo dolce.
Mi si stringe il cuore. Quelle due hanno vissuto tanti momenti insieme. Sono come sorelle e si vede l'affetto che provano reciprocamente.
Nell'ultimo periodo si sono sostenute a vicenda. Anche Anya è stata d'esempio per loro. Chi lo avrebbe mai detto?
Dopo circa un'ora di chiacchiere e risate, noto Emma stanca. Sto per chiederle come sta quando si sentono due colpetti alla porta ed entrano una donna e un uomo con una bambina.
Aggrotto la fronte inizialmente. Non riconosco queste due persone. Emma non ha parenti in vita.
«Davina!» Emma si alza quasi correndo con un sorriso meraviglioso sulle labbra. Spalanca le braccia e la bambina sorride correndo traballante da lei riconoscendola.
Sono stordito ma anche felice. La figlia di Drew è crescita tanto in questi mesi di attesa. Abbiamo richiesto l'affido temporaneo fino a quando Drew non sarà pulito. Lo abbiamo fatto affinché la bambina non continuasse a cambiare casa e famiglia. Emma è davvero una persona meravigliosa. Solleva la piccola facendola ridere poi a poco a poco le presenta tutti trascinandosi dietro la flebo. Alla fine arriva davanti a me. «E questo ragazzo qui è Ethan, mio marito e un amico del tuo papà!»
«Papà», ripete la piccola.
Le sue amiche chiedono spiegazioni e tranquilla Emma spiega quello che stiamo facendo. Mark sembra allibito quando capisce che è la figlia di Drew quella che Emma sta tenendo in braccio. So cosa sta pensando. Nessuno avrebbe fatto una cosa simile ma noi si.
Mi avvicino alla coppia. «Scusate, abbiamo saputo che non è un buon momento ma oggi dovevamo portare Davina a casa vostra e quando siamo arrivati, il vostro vicino ci ha avvertito così siamo venuti.» A parlare l'assistente sociale. «Prendetevi cura della piccola. Verremo a trovarvi mensilmente per portarla da suo padre».
Di recente abbiamo fatto spostare Drew più vicino proprio per consentirgli di vedere sua figlia. Tra meno di un mese uscirà e sarà in libertà vigilata quindi potrà venire a trovare Davina più spesso.
Ringrazio gli assistenti che mi lasciano il borsone della bambina e poi se ne vanno.
Tutti iniziano a parlare a fare domande su domande. Mi sento sopraffatto. Esco fuori dalla stanza un momento. Mi appoggio contro il muro a pugni stretti. Posso farcela. Adesso devo prendermi cura della mia famiglia. Davina ne farà parte per qualche mese. Emma adora quella bambina. Nonostante il male che i suoi genitori le hanno causato.
Lo so che non ha ancora perdonato del tutto Drew e che non perdonerà mai Tara, ma so anche che il suo cuore buono le ha permesso di prendersi cura di un essere umano che non ha niente a che vedere con il passato. Emma merita davvero tanta felicità e io voglio che riesca a raggiungerla. Voglio che sia felice e serena.
Stropiccio gli occhi e torno dentro. Ho solo avuto un momento di cedimento ma sono pronto. Trovo Anya con Davina in braccio le sorride tenendola con affetto. Forse Emma ha una strana influenza sulle persone. Riesce sempre a vedere il bene in ogni cosa. Le ho sempre detto che spesso è ingenua ma come al solito è testarda e fa di testa sua.
Quando mi ha pregato di prenderci cura di Davina all'inizio non ero poi così convinto dopo però ho capito il perché lo stavamo facendo e ho accettato. Emma è davvero straordinaria e io sono un uomo diverso accanto a lei. La amo così tanto.
Mi sorride timida avvicinandosi. Non dovrebbe stare in piedi. Mi getta le braccia al collo. Tocco subito la sua pancia e sorride prima di alzarsi sulle punte e baciarmi con un certo trasporto.
Sentiamo delle voci schiarirsi e ci stacchiamo.
«Adesso noi vi lasciamo soli piccioncini. A domani! Davina per questa notte dorme da me! Mi prendo cura io di lei», dice Anya.
Mark recupera il borsone mentre Emma viene abbracciata da David e Lexa che escono per primi dalla stanza.
Davina protende le braccia verso Emma. Lei le sorride prendendola in braccio e facendole toccare la sua pancia. «Qui dentro c'è qualcuno che conoscerai tra qualche mese», dice serena baciando la testolina della bambina che le sorride. «Bimbo!» dice ridendo. Emma la saluta e poi rimaniamo soli.
La circondo con le braccia indirizzandola verso il letto. Le massaggio anche le spalle. Lo so che le piace. Mugola come un gatto pronto a fare le fusa e io mi tranquillizzo. Vederla così mi fa sentire meglio. Massaggio le sue gambe e passo alle cosce. Trattiene il fiato. «Sei pronta a riempire il pulmino di bambini?»
Ride. «Abbiamo appena iniziato!»
«Oh si abbiamo appena iniziato!», bacio le sue labbra. «Sono fortunato!» sorrido sistemandomi comodo sul letto.
Emma si rannicchia contro il mio petto baciando la mia gola. «Quella fortunata sono io. Ti amo!»

N/A:
~ La vita a volte ci mette i bastoni fra le ruote. Cadiamo, ci facciamo male. Cadiamo e soffriamo. Ma, arriva quel momento in cui ci rialziamo e andiamo avanti con forza e con coraggio. Ed è in quel momento che capiamo che la vita è un continuo susseguirsi di eventi in grado di condizionare la nostra fragile esistenza...
~ Buona sera!!! Come va?
Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto. Come sempre aspetto i vostri commenti, le vostre opinioni. Potete anche lasciare un voto se vi va. Sapete che ci tengo a fare conoscere questa storia. Non so se avete notato ma sto iniziando a correggerla. Ho anche cambiato la copertina del primo libro. Spero vi piaccia!
Come sempre vi ringrazio e mi scuso per gli errori e se sono stata poco presente.
Buona serata!!!
Ps: se vi va passate a leggere le altre mie storie e fatemi sapere cosa ne pensate! Bacioni.

#EMVANS ❤️

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