Capitolo 68


~ Ethan's POV:

Sono in ansia. È la prima vera uscita insieme. Il nostro primo vero appuntamento. Sono parecchio emozionato e agitato. Indosso qualcosa di più appropriato anche se fuori inizia a fare caldo. Alla fine opto per jeans neri stretti strappati, una maglietta bianca e nera con la stampa di un alieno.
Emma se ne sta in camera da un quarto d'ora. Mi fa ridere questa cosa però allo stesso tempo mi preoccupa. Non voglio farla sentire sotto pressione. Voglio che sia libera di decidere e soprattutto sicura di volere uscire con me per questo strano appuntamento non organizzato. O meglio, i ragazzi saranno al locale a divertirsi quindi ci uniremo a loro in un primo momento.
Decido di andare a controllare. Busso alla porta una volta e poi indeciso entro in camera. La trovo davanti all'armadio. Il labbro tra i denti. Si volta arrossendo nel suo modo dolce. Mi avvicino poi decido di sedermi comodo sul letto per non turbarla.
Sbuffa. «Con te qui è più difficile decidere», brontola.
Rido. Non so perché ma mi sento felice. Questa strana gioia mi piace ma fa anche una strana paura. Ho paura di sbagliare, di non essere all'altezza o peggio: di non renderla felice. Ogni dubbio si dissolve quando si siede accanto a me con il broncio. Non riesco a trattenermi ora che è tutta mia e posso davvero essere me stesso con lei. La abbraccio. «Anche un sacco della spesa andrà bene», le sussurro di proposito contro l'orecchio.
Mi spinge alzandosi ma noto che trattiene un sorriso. Lo so che sotto quello strato sta ancora soffrendo ma voglio sperare che lei prima o poi ritorni a respirare e a vivere per davvero. A tal proposito mi impegnerò e le starò accanto, soprattutto la sosterrò.
Prende una maglietta a canottiera nera, shorts aderenti e Vans rosse. «Che ne dici?»
Sorrido alzandomi. «Dico che sei bellissima e ti aspetto di la», stampo un bacio sulla sua guancia cogliendola di sorpresa e facendola arrossire e per non distrarla e distrarmi esco dalla sua camera. Mi attrae troppo, come una calamita. Sono stato per troppo tempo lontano da lei e ora non voglio perdere questi attimi importanti. Mi avvicino alla finestra per riprendere un po' di fiato anche se non entra in casa neanche un filo di aria fresca. La vista è davvero spettacolare. Ha saputo trovare il suo posto sicuro, quello in cui sentirsi a casa.
Ho saputo che sta finendo di pagare questo appartamento. Sorrido. Sono orgoglioso di lei. Lavora come una matta ma sa come gestire al meglio le sue finanze. È responsabile, una vera perfezionista. Forse è per questo che il destino ci ha fatto incontrare. Siamo l'opposto ma a volte nelle piccole cose è come se fossimo simili.
La cosa che più mi preoccupa ora come ora è il suo ritorno al lavoro. Rivedrà Parker e sarà difficile per lei. Spero riesca a superare questo pessimo momento.
È tutto così ingarbugliato e complicato. Ancora non mi sembra vero che stiamo per uscire insieme, per davvero, senza problemi di mezzo. Non c'è più Tara o la polizia a tormentarci. Ci siamo solo io e lei.
Esce dalla stanza interrompendo i miei pensieri, se ne sta impalata al centro del soggiorno, le mani dietro la schiena e in attesa. Sembra anche lei ansiosa. So che non devo forzarla e farla stare tranquilla. Mi impegnerò per riuscirci.
«Pronta?» domando porgendole la mia mano.
La guarda quasi con diffidenza. Come se avesse paura a prenderla. Come se avesse paura di fidarsi. Non posso biasimarla per questo. Mi sono comportato da vero idiota.
Dopo un momento di attesa posa la sua piccola mano affusolata dalle unghie laccate di un rosso scuro sulla mia. Avverto una scossa che si propaga come un'onda anomala verso il mio cuore. Intreccio le nostre dita fissando la sua mano e sorrido come un ragazzino mentre usciamo dall'appartamento.
Nessuno dei due parla mentre scendiamo al pian terreno usando il vecchio ascensore traballante. La guardo quando non lo nota e mi sento a mio agio. Vorrei baciarla ma trattengo ogni istinto. Non so come potrebbe reagire in questo momento. Non so spiegare quello che sto provando. È una bellissima sensazione. Sento di appartenerle per davvero.
Camminiamo per le stradine piene di gente intenta ad uscire e ad andarsi a divertire. Lexa ci aspetta al locale per una serata in compagnia. Non voglio che Emma rimanga sola per ora.
Mi guarda stranita quando le apro la porta del locale ed entra trovando tutti seduti al tavolo. Sembra una bambina alla sua prima gita scolastica. Mi fa quasi tenerezza il modo in cui guarda mia sorella e la sua amica per avere la conferma che sta andando tutto bene. Che è tutto vero.
So cosa la spaventa ma non deve temere. Non deve temere perché ci sono io con lei. Ci sono io a proteggerla e ad amarla. Questa volta per davvero.
Prendiamo posto sul comodo divano e David ci fa subito cenno dal bancone. In breve porta un vassoio pieno di shottini colorati. Emma li fissa insicura. Ne avvicino uno per incitarla. Non voglio che si ubriachi ma che ricominci a divertirsi con le sue amiche, che torni a sorridere in modo sincero.
Rigira un momento il liquido azzurro dentro il bicchierino poi lo manda giù facendo una smorfia e tossendo.
Trattengo una risata. Mark mi da una gomitata. Lo so cosa stanno pensando tutti ma non voglio metterle fretta. Ha bisogno di ambientarsi a questa nuova e strana situazione.
La serata prosegue tra risate e chiacchiere. Emma non parla molto. Annuisce, se interpellata risponde poi si guarda attorno. Capisco che si sta isolando.
Quando in pista si crea una strana folla e parte una musica abbastanza movimentata mi alzo e senza chiedere trascino Emma in pista. Sistemo le sue mani sulle mie spalle mentre lei mi fissa quasi stordita e sorpresa. Inizia a muoversi in imbarazzo. Lentamente si scioglie e iniziamo a ballare come due stupidi. Proprio come quella serata al Devil's Club. Sembra passato un secolo da quella sera.
Alla fine mi sorride e mi imbambolo. Il tempo sembra fermarsi. Io mi fermo e lei piega la testa per capire. Le mie mani scattano avvicinando i suoi fianchi. Posa le sue sul mio petto mentre abbasso il viso e il suo si alza. Ci fissiamo intensamente, senza fiato. Mi sentirò sempre così fottutamente speciale accanto a lei?
Sorrido e arrossisce e non so perché ma la bacio. Poso una mano sulla sua nuca attirandola alla mia bocca. Chiudo gli occhi con la speranza di non essere rifiutato. Le sue labbra sanno di alcolico misto a menta e quel rossetto al cocco. Avevo dimenticato quanto le piacesse e quanto mi piacesse sentire quel sapore in bocca. Premo i suoi fianchi contro i miei e mi si mozza il fiato quando le sue mani stringono il mio viso e si alza sulle punte ricambiando il bacio con passione. Il mio corpo va in surriscaldamento. Devo staccarmi.
Affannati ci fissiamo come due stupidi. «Beviamo qualcosa? Ti va?»
Mi segue stringendo la mia mano mentre torniamo al tavolo e i nostri amici ci guardano sorridenti alzando subito i bicchieri per brindare. Emma però continua a rimanere in silenzio. Credo la faccia sentire meglio. È sempre stata un po' silenziosa e fredda nei modi. Magari ha paura di aprire bocca o semplicemente continua a trattenere le lacrime. Dopo quel bacio, sento di potere riconquistare la sua fiducia. Non importa quanto tempo ci vorrà.
Mark mi passa due bicchierini pieni di liquido azzurro. «Ti vedo felice», manda giù il bicchierino. Questa è una delle poche serate che si sono concessi. Mio padre sta tenendo la piccola Stella. Presto arriveranno anche mia madre e i miei nonni. Trascorreranno qui le vacanze estive e staremo tutti insieme.
«Abbiamo anche visto quel bacio...», ghigna.
Lo fulmino con lo sguardo mentre mia sorella gli molla una gomitata facendo finta di niente.
«È stato emozionante!» aggiunge lei sussurrando.
Questa volta è Mark a tapparle la bocca con un bacio quando si accorge che Emma ci sta guardando.

Dopo avere bevuto un altro shottino mi rialzo. Faccio cenno di uscire ad Emma e lei mi segue fuori quasi sollevata.
Indeciso caccio le mani dentro le tasche dei jeans per trattenermi mentre camminiamo lungo la strada piena di lampioni, luce, vetrine illuminate, gente, insegne al neon, profumi e brusio.
Di punto in bianco Emma si avvicina, la sua mano si intrufola dentro la tasca dei jeans, afferra la mia mano, intreccia le nostre dita e poi sorride appoggiando la guancia contro la mia spalla. Per un momento ho una voglia matta di urlare. Mi sento euforico. Lei è mia, è tutta mia. Lei è mia moglie. La mia vita. La mia felicità. Sorrido prima di fermarmi in mezzo al traffico e baciarla con impeto.
Non trattiene la sorpresa ma ricambia. Ha i brividi e anche io.
Sentiamo qualche esclamazione ma non ci importa. Continuiamo a baciarci tra la gente, in mezzo al frastuono. Finalmente possiamo mostrare al mondo il nostro amore. Finalmente siamo insieme, solo io e lei. Quel noi travagliato e da concretizzare.
«Vuoi tornare a casa o possiamo andare da qualche altra parte?» domando a corto di fiato e imbambolato.
«Andiamo al parco», sussurra con un filo di voce. Sembra una bambina cauta e spaventata. Una di quelle a cui è stata negata l'infanzia e anche il futuro. 
Arriviamo pochi minuti dopo nel piccolo parco affollato. Emma lascia la mia mano, sento subito la sua mancanza. Inizia a correre. «Ti ricordi?» sorride mentre scappa tra i vari sentieri pieni di ciottoli e arbusti.
La fisso incredulo prima di rincorrerla. Man mano aumenta l'andatura e di tanto in tanto guarda indietro per accertarsi di essere seguita. Arriviamo in mezzo ad un grande prato affannati. Si lascia ricadere sull'erba verde scoppiando a ridere. «Ricordi quel mattino?»
La sua è una risata che mi fa paura perché poi sento un singhiozzo seguito da un altro più sonoro e un altro ancora. Crolla, la mia piccola crolla e il mio cuore si contrae dolorosamente. So cosa sta provando e pensando e fa male. Prova ad alzarsi imbarazzata tentando di asciugarsi le lacrime dal viso per non mostrare le sue emozioni ma la blocco proprio come quella volta e mi cade addosso. Trattengo il fiato. I suoi palmi sul mio petto i suoi occhi pieni di lacrime e tristezza.
Rabbrividisco nel vedere il suo sguardo pieno di dolore. La stringo tra le mie braccia e lei nasconde subito il suo bellissimo viso. Di punto in bianco tira su con il naso. «Mi dispiace», mormora.
Nego con la testa. «Va tutto bene piccola. Sono qui!» sussurro.
«Me lo prometti?», alza il viso di scatto.
Asciugo con un polpastrello la sua guancia. «Ti prometto che andrà tutto bene e che non me ne andrò mai più», dico serio e con fermezza.
Si avventa sulle mie labbra senza darmi il tempo per riflettere. Sono stordito per l'impeto ma dopo un momento capovolgo la situazione ritrovandomi su di lei. Premo il mio corpo contro il suo mentre ricambio il suo bacio disperato.
Mi stacco con dispiacere ma non voglio correre. Non voglio metterle fretta. Ho tanta voglia di lei, di sentirla ansimare ma non possiamo. Voglio che si abitui di nuovo alla mia presenza. Le ho appena fatto una promessa importante e intendo proprio mantenerla perché lei è importante per me, deve capirlo. Deve capire che è il mio "fino alla fine" da quando i suoi occhi mi hanno fulminato il cervello quella notte.
«Dopo mi sembra che abbiamo fatto colazione ma vista l'ora... ti va un gelato?» dico aiutandola a rialzarsi. Toglie qualche filo d'erba dal corpo e iniziamo a camminare verso la gelateria più vicina.
Le circondo la vita con un braccio. Camminiamo così, lei davanti io dietro mentre l'abbraccio. Stringe di tanto in tanto le mie braccia sul suo corpo minuto e sospira quasi sollevata.
La lascio due minuti ad un tavolo e ordino subito due coppe maxi di gelato chiedendo alla cameriera di portarle al tavolo. Pago e poi raggiungo la ragazza che mi segue con gli occhi come se avesse paura di vedermi sparire da un momento all'altro.
Prendo posto sul comodo divano davanti a lei. Si guarda attorno come una critica. Il suo sguardo sfugge al mio. Afferro la sua mano che continua a battere contro il tavolo e con uno strattone la sistemo tra le mie gambe. Sussulta leggermente ma quando nota il mio sorriso si rilassa e mi abbraccia.
Inspiro il suo buonissimo profumo. Un misto di cocco, salviette per bambini di quelle Trudi e profumo Paco Rabanne. Sento le sue spalle tendersi mentre inconsapevolmente il mio viso sta sfiorando il suo collo.
Il mio corpo agisce in automatico accanto al suo. Non è possibile. Devo trattenermi. Mi rimprovero mentalmente mentre mi scuso.
Le sue guance sono rosee ma sorride mentre le sue dita passano tra i miei capelli. Le è sempre piaciuto questo gesto e in parte anche a me. La prima volta è stato strano poi però nel vedere i suoi occhi tutto è passato in secondo piano.
La cameriera ci lascia due coppette enormi. Emma spalanca gli occhi incredula. «Sei folle!» prende la coppetta ed esce dal locale ridacchiando.
Alzo gli occhi al cielo e la seguo. Mangiamo camminando e di tanto in tanto sorridendoci.
«Come facevi quel giorno a sapere i miei gusti preferiti?» domanda mettendo in bocca una cucchiaiata abbondante di gelato mugolando.
Non perdo un movimento. Ogni cosa, ogni gesto è un ricordo nuovo per me. Forse sono io quello ad avere più paura tra i due.
«Avevo un fascicolo su di te», ghigno scherzando.
Il suo sguardo torvo mi fa capire che devo essere sincero perché non è il momento di scherzare. «Ho chiesto ad Anya», gratto la tempia. «Ho anche tirato ad indovinare sulla pizza», ammetto.
«Ha fatto in modo che Parker si allontanasse per permetterti di stare con me vero?»
A questa domanda non so proprio che cosa rispondere. Ho anch'io dei grossi dubbi in merito. Faccio spallucce. «Non lo so. Ha sicuramente avuto una delle sue strane idee...», ammetto per essere sincero.
Mi fissa. Mi fissa con i suoi occhi chiari. Sta studiando ogni mio movimento. Lo so che non si fida ancora ma ho risposto in modo sincero. «Senti...», inizio conficcando il cucchiaio sulla piccola montagna di gelato. «Lo so che non sono sempre stato sincero ma per una volta non ho nessuna colpa. Io ti avrei lasciata libera di decidere», ammetto.
Mi fissa quasi stupita. «Lo so, scusa. Sono paranoica». Arrossisce nel suo modo dolce. Getto la coppetta nel primo contenitore che vedo e la abbraccio. «Dove vuoi andare?»
Ci pensa su un momento. Alza il mento come una bambina indecisa e non riesco a trattenere una risata. Mi guarda sorpresa è leggermente in imbarazzo. «Rido perché sei tenera in quella posa». Arrossisco. Da quando sono così spontaneo o diretto?
«Ti va se andiamo al Luna Park?»
Non me lo faccio ripetere. Torniamo indietro verso il suo appartamento. Prendiamo l'auto e la porto subito a Playland il Luna Park presente in queste zone. Sorride raggiante mentre aggancia la cintura.
Premo un po' sull'acceleratore ma non si lamenta. Apre il finestrino e chiude gli occhi inspirando, riempiendo i polmoni d'aria.
Non riesco a smettere di sorridere. Sembro proprio fatto di qualcosa.
«Perché sorridi in modo stupido?» domanda mentre entriamo iniziando a girare tra le varie attrazioni piene di gente.
Afferro i suoi fianchi. Trattiene il fiato quando si ritrova davanti a me. Sorrido ancora prima di baciarla. Quando geme trattengo il fiato e mi stacco accaldato e affannato. «Perché ti amo», mormoro sulle sue labbra.
Trattiene la mia mano sulla guancia. Sorride, per la prima volta sorride in modo sincero e il mio cuore rischia il collasso perché è così bella. «Ripetilo»
Avvicino le labbra di nuovo sulle sue. Chiude gli occhi rimanendo in attesa. «Ti amo».
Mi abbraccia. La stringo mentre poso le labbra contro il suo orecchio. «Ti amo davvero piccola».
Giriamo e proviamo le varie giostre divertendoci. Lentamente Emma si rilassa veramente. È come se avesse messo la paura in un angolo e stesse vivendo il momento.
Dopo due ore di giri in giostra, foto e risate, torniamo nel suo appartamento.
Durante il viaggio, nessuno dei due parla. Non è un silenzio imbarazzante ma carico di sentimenti e parole non dette.
La seguo al piano di sopra mentre tiene stretta la mia mano. In ascensore ci lanciamo qualche strano sguardo dallo specchio. Fisso le nostre dita intrecciate. Immagino sul suo anulare l'anello e il tatuaggio. Magari un giorno potrò vederci entrambi.
Apre la porta e non resisto più. Premo il suo corpo contro il muro. Sollevo i suoi glutei e le sue gambe circondano la mia vita mentre la bacio con trasporto e passione. Emette un lieve sospiro che a me non sfugge di certo. Stringe le dita sulle mie spalle e dalla mia bocca sfugge un gemito.
Mi fermo affannato e accaldato con la fronte sulla sua. La guardo giusto un attimo per controllare la sua reazione. Se ne sta in attesa. Sento i suoi battiti in netto aumento. Sta trattenendo il fiato.
«E se ti portassi a Las Vegas?»

Continua...

N/A:
~ A volte bisogna proprio perdersi prima di ritrovarsi. A volte bisogna soffrire un po' prima di trovare la gioia e il sorriso. A volte bisogna fare delle scelte per potere andare avanti. Bisogna sbagliare, crescere, imparare e ricominciare. Bisogna amare e andare avanti perché la vita è proprio questa: un continuo camminare e superare ostacoli fino ad arrivare al traguardo pieno di felicità e gioie vere...
~ Buona sera principesse!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Scusate per gli errori.
Cosa succederà? Cosa risponderà Emma? Vi piacciono davvero insieme? Ci saranno tante sorprese? Cosa vi aspettate?
(Come sempre potete dire la vostra, votare, consigliare questa storia alle vostre vicine di banco, di casa, alle vostre amiche. Facciamo crescere il team #EMVANS ❤️)
Sempre se vi va, passate a leggere:
~ Forbidden (thriller/Storia d'amore)
~ Ogni traccia che ho di te (storia d'amore)
Buona serata :* ~

#EMVANS ❤️

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