Capitolo 64

La settimana passa velocemente ed è già venerdì. Seduta davanti al computer, porto avanti una pratica e dopo averla riletta attentamente passo alla stampa. Oggi fa davvero caldo. Per fortuna i tecnici hanno aggiustato in fretta i condizionatori. Ho saltato il pranzo. Non ho molta fame. A dire il vero vado avanti da giorni grazie alle bibite energetiche e a qualche barretta o mela mangiata a metà. Non riesco ad ingerire altro e il pensiero della cena da Anya, mi destabilizza.
Tea bussa alla porta appoggiando sulla scrivania un altro malloppo di fogli. Passa la mano sulla fronte e accaldata dice: «riunione finita finalmente! Non ne potevo più», sorride stanca lasciandosi cadere sulla sedia davanti a me.
Le offro dell'acqua fresca e una bustina di zucchero. Ho notato che non è messa bene ultimamente. La vedo pallida e sempre nervosa. So che soffre di cali di pressione e so che dovrei farle mangiare qualcosa di salato ma in ufficio non si trova molto a parte quei cracker o altre schifezze nella macchinetta e il viaggio sarebbe troppo lungo prima di prestarle soccorso.
«Grazie tesoro. Ultimamente sono sempre stanca e...», impallidisce. Tappa la bocca con la mano. Sembra in stato di shock.
Mi alzo e corro subito da lei. «Tea che cosa succede? Stai male?»
Scuote la testa rialzandosi di scatto. «Cazzo, merda no, no.» Saetta con lo sguardo e i suoi occhi si posano sui miei. «Devi aiutarmi!»
Turbata domando per cosa e scoppia in lacrime. Pensa di essere incinta. Bene penso subito. Tutte mamme e io devo iniziare a convivere invece con il fatto che non potrò averne con Parker. Il pensiero è come un pugno allo stomaco.
Chiedo un permesso e assieme a Tea usciamo per andare in farmacia. Sono parecchio nervosa e tremo mentre aiuto la mia amica con l'acquisto di un test. Non è facile scegliere quello giusto. Ho avuto una cattiva esperienza in passato. Devo riuscire a non pensare a questo, continuo a ripetermi. Devo non pensare a quei momenti dolorosi.
Tea si richiude nel bagno dell'ufficio e dopo un paio di secondi esce appoggiando il test sul bordo del lavandino. «Mancano due minuti. Non posso guardare», le tremano le mani e indietreggia. «Oddio, come farò a dirlo a George. Cazzo!»
Il mio cuore si stringe e mi esce uno strano singhiozzo dalla bocca. Sto per avere una crisi, me lo sento. Appoggio le spalle contro le piastrelle fredde e chiudo gli occhi nel tentativo di calmarmi.
«Ti senti bene? Sei bianca come un lenzuolo»
Apro gli occhi e con un sorriso tirato annuisco. Non sto affatto bene. Ho bisogno di uscire da questo bagno, correre da lui, abbracciarlo e lasciarmi rassicurare.
I minuti passano e Tea finalmente controlla. Sbianca come un lenzuolo poi inizia a piangere prima di abbracciarmi disperata. «Come farò? George non voleva bambini. Ne abbiamo parlato. Mi lascerà...»
«Shhh, andrà tutto bene», il mio cuore ha uno strano spasmo. Sento dolore ovunque. Tea è fortunata e non lo sa. La rassicuro e la lascio di fronte all'ufficio di George affinché possa dargli la bella notizia.
Inizio a camminare a passo spedito verso l'ufficio di Parker. Sento i battiti del mio cuore rimbombare attraverso le pareti con forza assieme al rumore dei tacchi che sono una tortura con questo caldo. Busso alla porta e non appena risponde aprendola dal pulsante, la spalanco, mi assicuro che sia solo e dopo averla chiusa alle mie spalle corro tra le sue braccia.
Colto alla sprovvista, solleva subito il mio viso. Non sto piangendo ma intuisce che qualcosa deve avermi turbata perché mi stringe subito tra le sue forti braccia e sussurra: «andrà tutto bene».
Vorrei tanto che fosse vero. Non andrà mai bene. Sarò sempre in balia delle onde e arriverà sempre quella sferzata che mi farà barcollare e precipitare nell'abisso.
Senza riflettere sulle conseguenze, inizio a baciare sotto il suo orecchio. Le sue mani si posano sui miei fianchi e attirandomi su di sé mi ritrovo a cavalcioni, le sue labbra sulle mie. Solleva la gonna lasciandomi esposta e poi sfila la maglietta stampando baci roventi sulla mia pelle. Mi stringo a lui e sbottono la sua camicia toccando i muscoli sodi sotto. Apro la cintura e poi continuo affannata e accaldata verso i pantaloni.
Morde la mia spalla facendomi emettere un mugolio e tappa la mia bocca con la sua per un bacio profondo e sensuale mentre le sue mani sfiorano il mio intimo e mi stringono contro il suo corpo statuario.
«Dio, ti voglio così tanto principessa ma non possiamo! Non così!»
Sospiro staccandomi leggermente. «Perché?»
«Perché sei scossa!»
Nascondo il viso contro il suo petto. Morde le mie labbra per soffocare i gemiti mentre mi spingo su di lui. Il mio corpo trema contro il suo mentre ripenso a quello a cui sto rinunciando. Posso davvero farcela?
Amo davvero Parker ma posso sopportare anche questo nella vita?
Riscuotendomi, passo le dita tra i suoi capelli e stampo dei baci sul suo viso.
Tiene fisso lo sguardo mentre cerca di capire cosa mi sta succedendo. Sfiora le mie labbra. È stato: intenso. Decisamente intenso. Il suo sguardo mi ha rapito è portato lontano per un momento. Riesce a capirmi immediatamente.
«Hai parlato con il dottore?», domando mentre abbottono la sua camicia recuperando quel poco di autocontrollo rimasto.
«Ha chiamato oggi.»
«E...» attendo che continui.
«Ha visto le analisi. Dice che abbiamo buone possibilità di riuscita», sorride raggiante.
Il mio viso si apre in automatico in un sorriso. «Davvero?» Sono stordita, sorpresa. Non riesco a contenere la gioia. Gli getto le braccia al collo e stringendomi a lui inizio a baciarlo con foga. Geme sulle mie labbra e lo sento di nuovo eccitato. «Dobbiamo trovare il momento giusto ed essere pronti ma senza troppe aspettative», mormora.
«Non stai scherzando vero?», do una sistemata alla gonna.
Afferra le mie mani e bacia il dorso. «No, proveremo quando sarai pronta», dice in modo sincero. Passa un polpastrello sulla mia guancia. Mi accorgo di avere fatto uscire una lacrima. Ricaccio tutto dentro e torno ad abbracciarlo. «Per provare cosa intendi?»
«Fare l'amore su un letto comodo e da soli», sorride.
«Che scemo», lo spingo e ride. «Pensavo ti eccitasse di più una sveltina nel tuo ufficio», lo prendo in giro.
Annuisce e stringe i miei glutei. Trattengo il fiato. «Senti quanto sono eccitato?»
Arrossisco e mi stacco da lui prima di perdere il controllo. «Adesso devo tornare al lavoro signore», stampo un bacio sulla sua bocca. «Ricorda la cena da Anya», dico uscendo con un sorriso da ebete sulle labbra.
Finalmente una buona notizia. Io e Parker potremo provarci per davvero a costruire una famiglia insieme. Mi sembra surreale o del tutto impossibile. Non voglio fasciarmi la testa ma dopo questa bella notizia, torno al lavoro di ottimo umore.

Tornata a casa, faccio una doccia e mi preparo per la cena da Anya. Anche Lexa sarà presente e finalmente potrò passare una serata tranquilla con le mie due amiche. Tra il lavoro, le visite dal medico e tutto il trambusto, non sono riuscita a divertirmi e a rilassarmi in questi giorni.
Sistemo i capelli e trovo Parker già pronto in soggiorno. Sorride e prendendo la mia mano mi porta verso l'appartamento della mia amica. Bussiamo e dopo un paio di secondi viene ad aprirci Anya con un gran sorriso stampato sulle labbra. Mi getta le braccia al collo e strilla felice mentre saluta Parker con un po' più di compostezza. Lexa è già arrivata e anche lei corre ad abbracciarmi. Quanto mi è mancata!
Saluto Mark, David e Daniel e poi prendo in braccio la mia piccolina. È già cresciuta parecchio e a quanto pare sta piangendo da un paio di minuti. La cullo e le faccio dei lievi grattini sotto il collo. Stella improvvisamente sbadiglia e sorride smettendo di piangere.
«Piccolina mia», le sussurro. «La zia è qui con te ora. Mi sei mancata fragolina», le faccio di nuovo il grattino e la bambina emette un risolino strano. Spalanco gli occhi riprovando e rifà lo stesso verso più un brontolio.
«Prendo subito il telefono. Mia madre deve proprio vederla questa!», strilla Anya tutta felice.
Prendo posto sul comodo divano e faccio ridere la piccola. Mark inizia a girare un video e poi scatta delle foto.
Parker si siede accanto a me e fissa la bambina con occhi sognanti. Riesco ad intuire in fretta il suo pensiero. Non posso non condividerlo ma la vita va così a volte e non possiamo fare niente per cambiare la natura delle cose.
«Vuoi tenerla?»
Mi guarda un momento sorpreso poi chiede silenziosamente il permesso a Mark il quale acconsente subito. Da un po' di tempo sta accettando Parker. Ormai un pò tutti hanno capito che fa parte della mia vita e io non posso non esserne felice.
Sistemo la bambina sopra la copertina e poi tra le braccia di Parker il quale sorride come un bambino iniziando a cullare Stella con delicatezza. Sorrido a mia volta e appoggio la guancia sulla sua spalla mentre osserviamo la bambina che sbadiglia e sorride quando le mie dita carezzano la sua guancia.
«Con me piange tutto il tempo», borbotta Mark incredulo.
«Avrà capito che sei suo padre», replica Anya suscitando una risata generale.
La riprendo in braccio e mi accorgo che bisogna cambiarle il pannolino. Anya si alza ma la fermo. «Faccio io, tu riposa», con un sorriso vado verso il fasciatoio e inizio a cambiare la piccola. Parker si accosta aiutandomi e osservandomi attentamente. Gli lancio uno sguardo sereno e gli stampo un bacio a fior di labbra per rassicurarlo. «Vuoi tenerla ancora?»
Le sue dita si posano sulla mia guancia e il suo viso si avvicina al mio. «Sei meravigliosa», tappa la mia bocca con bacio veloce e calcolato e poi va a sedersi con i ragazzi.
Continuo a cullare la piccola facendo avanti e indietro per il salone. Anya e Lexa passano in cucina e mi chiamano per parlare.
«Va tutto bene vero?»
Guardo Anya per due secondi e poi annuisco poco convinta. La piccola si rannicchia e si addormenta.
«Sei stata di nuovo dal medico?», domanda Lexa apparecchiando la tavola. Anya non sapendo niente alza lo sguardo e domanda: «come mai? Non stai bene?»
Apro e richiudo la bocca a disagio. «Hanno riscontrato un problema a Parker e stiamo tentando di risolvere la situazione anche se per me va bene lo stesso e sto iniziando ad accettare il fatto che...», abbasso lo sguardo sulla bambina.
«Che? Continua...»
«Che con ogni probabilità con lui non potrò avere una famiglia», replico intristendomi.
La mia amica si avvicina appoggiando una mano sul mio braccio. «Ci sono tante altre opzioni lo sai?»
Annuisco. «Ho chiaro l'argomento. Ci stiamo provando lo stesso.»
Lexa spalanca gli occhi e Anya fa una smorfia prima di rispondere: «state pensando di avere un bambino?»
Arrossisco e rispondo con un flebile si.
Lexa sorride raggiante. «È una bella notizia no?»
Anya non sembra dello stesso parere ma l'argomento si chiude così perché qualcuno bussa alla porta e ci incamminiamo tutte verso il soggiorno. Non sapevo che venisse qualche altro ospite. Cullo la piccola che si è svegliata di scatto e le sussurro una ninnananna per rassicurarla. Nel frattempo il soggiorno si riempie di voci e saluti allegri. Quando alzo lo sguardo però, mi blocco raggelando.
Ethan Evans, davanti la soglia. Jeans neri stretti, maglietta aderente in vita bianca e nera, un sacchetto della gelateria in mano e due occhi che potrebbero fare invidia anche all'oceano, tanto sono profondi. Questi saettano sui miei. Mi irrigidisco poi mi volto portando la piccola verso il divano. Non ho intenzione di avvicinarmi a lui. Gli ho già detto addio. Non nego che vederlo mi fa sentire in bilico.
C'è stato un secondo. Un secondo in cui ho risentito quella leggera scossa in grado di far tremare ogni centimetro di pelle e di cuore. Mordo il labbro e noto lo sguardo di Parker dritto su me. So anche in questo preciso istante cosa sta pensando e non voglio assolutamente turbarlo. Gli faccio cenno e quando mi raggiunge dopo avere salutato educatamente la ragione del mio distacco, sediamo sul comodo divano e appoggio la guancia tra il suo collo e la testa. Accarezzo la piccola e le faccio un lieve sorriso.
Sento una voce schiarirsi poi Parker si stacca e gli lancio uno sguardo carico di dubbi. I miei occhi come attratti da un forte magnetismo, si posano su due pozzi azzurri che mi stanno fissando insistentemente. La terra sotto i piedi inizia a tremare e a sgretolarsi quando si avvicina e inginocchiandosi davanti a me saluta la piccola e poi mi dà un buffetto. Che significa tutto questo? Aggrotto la fronte ma non faccio nessuna domanda. Mi limito ad un cenno del capo freddo e distaccato.
Sono un fascio di nervi mentre cullo la piccola verso il cestone per poi dirigermi a tavola. Prendo posto accanto a Parker e di fronte mi ritrovo Ethan. Il cuore inizia a subire una strana accelerata quando mi lancia un sorriso. Uno dei suoi più sinceri e dolci sorrisi. Sento le guance imporporarsi e alzandomi corro in cucina per aiutare Anya con i piatti. Per fortuna trovo sempre una distrazione.
Iniziamo con le lasagne. Più che una cena sembra un pranzo di Natale. Il mio stomaco protesta immediatamente. Non mangio tanto da giorni e finirò con il sentirmi davvero male se non faccio attenzione a quello che ingerisco. Metto in bocca due forchettate di pasta e quando la piccola piange e Anya spiega che deve mangiare approfitto per alzarmi. Nello stesso istante si alza Ethan. A tavola cala uno strano silenzio. «Vado io», giro sui tacchi.
«Emma non hai toccato il primo...», brontola Anya.
Faccio finta di non avere sentito e raggiungo la cucina per preparare il biberon con il latte. Controllo che sia a temperatura lasciandone cadere due gocce sul polso e poi prendo la piccola la quale afferra immediata il biberon e inizia a ciucciare con foga. Rimango estasiata nel vedere una cosa simile proprio tra le mie braccia e mi ritrovo a sorridere mentre in cucina gli altri parlano e proseguono tranquillamente con la cena.
Avverto una presenza vicina poi Ethan si siede accanto a me sul divano, appoggia una birra sul tavolo e guarda Stella con un sorriso tutto fossette e decisamente ammazza ormoni. Perché si è avvicinato? È una tortura averlo vicino.
La piccola finisce di mangiare e procedo con il ruttino alzandomi e iniziando a camminare per il soggiorno. Ethan non perde un movimento e quando la piccola emette un ruttino sorride soddisfatto e scattando in piedi si avvicina. Chiede il permesso e prende sua nipote tra le braccia. Sistemo la coperta sulla sua spalla e poi lo aiuto con la bambina che nel frattempo sbadiglia e emette mugoli dolci. Alza il viso e mi sorride. «È proprio bella», sfiora la testa della bambina con un bacio tenero e poi va a sistemarla dentro il cestone.
Approfitto per tornare in cucina. Parker stringe subito la mia mano e poi da un bacio sul dorso mentre mi fissa attento.
Lexa lancia sguardi da una parte all'altra del tavolo mentre Ethan si siede e fissa la mia mano in quella di Parker. Non so cosa sta provando ma scosto subito la mano e sorrido a Parker.
Intanto le portate aumentano e il mio stomaco fa a pugni. Sto per vomitare. Mi rialzo bianca come un lenzuolo. Lo so perché Parker me lo ha fatto capire quando ho tirato la sedia indietro. «Scusate, ho bisogno di aria. Qui dentro fa caldo», a grandi falcate raggiungo il terrazzo e una volta fuori lascio uscire un sospiro. Non che fuori faccia freddo eh? Fuori si sta decisamente peggio ma è una via d'uscita. Sento la finestra aprirsi e due braccia cingermi da dietro.
«Ti prego, non dirlo. Se mando giù un altro boccone ti farò passare una brutta nottata», borbotto.
Parker emette una breve risata nervosa. «Sei dimagrita tantissimo e se ne sono accorti tutti. Non preoccuparti. Nessuno ti forza a mangiare ancora. Poi, puoi sempre passare a me il tuo piatto quando nessuno ti guarda».
Sorrido e nel voltarmi metto le mani intrecciando le dita dietro il suo collo. «Ingrasserai tu al posto mio», faccio il finto broncio.
«Faremo palestra», fa spallucce e poi ci baciamo stringendoci. Si stacca accaldato. «Sai che non appena metterai piede fuori da questo appartamento ti rapirò e ti farò mia?»
Arrossisco. «L'idea mi piace», mi sporgo e bacio le sue labbra lentamente.
Torniamo a tavola e quando finalmente tutte le portate finiscono, ci mettiamo davanti all'enorme schermo piatto per vedere una partita.
Parker mi fa sedere sulle sue ginocchia e stringendomi tra le sue braccia appoggia il mento sulla mia spalla dopo averci depositato un bacio. Queste sue attenzioni, come sempre, riescono a calmarmi e mi ritrovo subito rilassata.
Dall'altro lato però noto due occhi ardenti che mi stanno letteralmente ammazzando. Per quanto io ci riesca, sto proprio ignorando il problema ma il pensiero di averlo così vicino non mi rende lucida.
La bambina inizia a piangere e scatto subito in piedi. Corro davanti al cestone e la sollevo perché rossa in viso e con le lacrime che le rigano le guanciotte paffute. Inizio a cullarla sussurrandole nuovamente la ninna nanna e cammino da una parte all'altra della camera fino a quando le strilla non terminano e si rannicchia comoda. Le prendo il ciuccio e lo avvicino alle labbra. Lo accoglie come un biberon e si tranquillizza.
«Con te è così calma. Cosa le fai?», Anya sembra sorpresa. «Non ci fa dormire la notte. Oggi sta recuperando il sonno perduto».
«È vero! Credo riconosca le tue braccia», dice Daniel aggiustandosi gli occhiali e con un sorriso bellissimo. Lui e il figlio sono molto simili.
Tutti continuano a guardarmi mentre calmo la bambina. Non mi sento poi così a disagio ma non riesco a trattenermi. Stella è la mia fragolina. Sarà la mia figlioccia e sto prendendo sul serio il mio ruolo di zia e "fata madrina". Parker alza lo sguardo incontrando i miei occhi. Sorride ma sembra triste.
Quando Lexa mi fa cenno di darle la bambina gliela porto direttamente sul divano e poi vado a sedermi di nuovo tra le braccia del mio uomo. Stampo un bacio sulla sua guancia e mi lascio avvolgere dalle sue braccia attorno alla vita.
«Quando torniamo a casa?», mormora contro il mio orecchio. Ho come la sensazione che si senta a disagio.
«Andiamo», mi alzo abbassando l'orlo del vestitino e sorrido a Parker.
«Andate di già?», domanda Anya con il finto broncio.
Poso una mano sul petto di Parker e annuisco. «Domani ci svegliamo presto».
Lexa inarca un sopracciglio ma non commenta. Si alza anche lei per seguirci verso l'uscita. Salutiamo tutti e poi ci dividiamo.
Saliamo al nostro piano un po' più rilassati. Apro la porta lanciando le chiavi sul mobiletto prima di togliere i dannati tacchi. Ormai sono mesi che li indosso ma ancora non mi sono affatto abituata. Sono scomodi. Ad un certo punto vengo sbattuta contro il muro. Parker solleva subito i miei glutei e allaccio le gambe attorno alla sua schiena. Le sue labbra si posano sul mio collo con irruenza. Stringo le dita sulla sua schiena e mi sporgo inarcando la schiena ed emettendo un mugolio.
Si stacca dal muro per aprire la cerniera lunga del vestitino. Mi aiuta a toglierlo e poi mi spinge di nuovo con la schiena contro il muro e il suo corpo stretto al mio.
Chiudo gli occhi emettendo un mugolio quando preme la sua eccitazione contro le mie gambe. Non facciamo niente da qualche settimana. Siamo riusciti a trattenerci fino a questo punto. Con mani tremanti sfilo la sua maglietta. La sua bocca si impossessa della mia. Geme quando tiro i suoi capelli. «Non riuscivo più a trattenermi», sussurra affannato. Infila le mani dentro l'intimo e inizia a stringere i miei glutei verso di sé. Con una mano sbottona i suoi pantaloni e si libera di essi lasciandoli per terra. Mi porta sul letto e inizia a mordere le mie spalle, la mia gola mentre le sue mani toccano ovunque.
«Parker», la voce esce stridula e stringo la presa sulle coperte.
Avvicina la bocca sulla mia stuzzicandomi. Mugolo muovendo inutilmente i fianchi.
«Cosa vuoi?», domanda con voce arrochita dall'eccitazione. Stringe una coscia poi preme dentro una volta.
«Quello che vuoi tu, ora», emetto un gemito agitandomi sulle coperte.
Soddisfatto allarga le mie gambe e si fa strada dentro me. Graffio la sua schiena e questo sembra eccitarlo maggiormente. Stringo le gambe sulla sua vita. Sto perdendo il controllo. Preme più a fondo e sento il sangue concentrarsi su più punti. Quando morde un capezzolo esplodo incapace di trattenermi. Continua a premere e i suoi baci aumentano.
«Ancora?», domanda sensuale leccando le mie labbra e spingendosi su.
«Si», riesco a strillare.
Riesce a sconvolgermi ancora una volta e mi perdo gemendo e lui con me. Sudato, affannato, eccitato, si stende e mi attira tra le sue braccia. Mi accoccolo rilassata e con un sorriso da ebete chiudo gli occhi dopo avere baciato il suo petto.
«Ti amo principessa»
Emetto un mugolio e lui ride. «Ti ho sfinita?»
Annuisco prima di cadere in uno stato di calma.

Non so quanto tempo sia passato. Mi risveglio di scatto. Alzo il viso lentamente. La luce è accesa. Parker è seduto con la schiena contro la testiera del letto. Sorride e scosta la pratica che stava leggendo mettendola subito sul comodino. Mi sistemo su di lui lasciandomi avvolgere dalle sue braccia. «Non riesci a dormire? Un caso importante?», domando sbadigliando. Mi sento sottosopra. Mi ha davvero strapazzato ma non sono indolenzita.
«Cercavo una distrazione», gratta la nuca.
«Potevi svegliarmi»
«Dormivi come un ghiro. Non volevo svegliarti per distrarmi», sorride, «anche se ammetto che più volte sono stato tentato dalle tue belle curve messe in mostra», gratta la tempia e la sua mano passa lungo la mia schiena lentamente.
Mugolo come un gatto. Sorrido e afferrando il suo viso inizio a baciarlo. Mi fa sistemare a cavalcioni su di lui. La mia pelle nuda non appena viene scoperta dal lenzuolo, si alza in tanti piccoli brividi. Con la pelle d'oca inizio a stringermi contro di lui per riscaldarmi. Fa caldo ma il contatto mi procura strani brividi.
Geme. «È duro da un po' principessa. Non resisto più», afferra i miei glutei. Chiede il mio permesso. Sorrido come una ragazzina maliziosa e poi lascio che mi sistemi su di lui e inizi a guidarmi verso la perdizione. Muove i fianchi e preme i miei glutei per costringermi ad affondare maggiormente in lui. Mordo le labbra per trattenere i gemiti. Spingo su e giù i fianchi e inarco la schiena tenendomi con le mani sulle sue spalle.
«Lo stiamo rifacendo», emetto uno strillo sommesso e affannata poso la fronte sulla sua spalla mentre bacia il mio collo.
«Non faremo nessuna scommessa per smettere principessa», sorride sotterrandomi sotto il suo peso.
«Non riusciamo a smettere», gemo graffiando la sua schiena.
«Shhh», bacia la mia bocca e poi scende verso il seno. Di nuovo no. Mi agito quando sfiora un capezzolo con un sorriso da gran bastardo e poi lo morde. Mi guarda come per dire. "Adesso ti fotto" e so che lo farà. Lo sta già facendo. Divarico le gambe mentre preme su e giù. Le labbra attaccate alle mie. La mano sul lenzuolo, l'altra stretta sul mio sedere. Reagisco e con uno scatto sono su di lui. Mi fissa incredulo e senza fiato. Le labbra schiuse in un lieve sorriso malizioso ed eccitante. Lecco le labbra e mi spingo solo due volte poi lo lascio insoddisfatto infilando la sua camicia. Lancio un bacio volante e corro in cucina.
Sono le quattro del mattino. Prendo una bottiglia d'acqua e bevo avidamente. Sento dei passi e poi due braccia mi sollevano posandomi sul bancone della cucina. Ridacchio.
«Pensavi di scappare?»
Quei boxer neri firmati addosso a lui sono così sexy. Lancio uno sguardo al rilievo e sorrido maliziosa mentre le sue mani trascinano i miei glutei verso il bordo facendo sfiorare la mia intimità alla sua. Mi manca il fiato. Metto le mani attorno al suo collo e ricambio il bacio passionale. «Pensavo di mangiare qualcosa invece», mormoro tra un bacio e l'altro.
«Cosa vuoi mangiare?», domanda senza fiato e staccandosi per aprire gli sportelli della dispensa e il frigo.
«Qualcosa di dolce. Ho una voglia matta di quella torta al limone...»
Alza il viso mentre taglia due fette di torta e poi lecca il dito sporco di glassa. Anche con un semplice gesto è davvero sensuale. Ed è mio. Si, il modello e avvocato che tutte vorrebbero se ne sta di fronte a me con due forchette in mano e un sorriso in grado di annientare ogni barriera. Mi imbocca e poi stampa un bacio sulle labbra. Poso la forchetta e mi spingo su di lui colta da una strada frenesia. Sento il sangue ribollire.
«Passata la voglia di dolci?», domanda senza fiato.
Sorrido e strofino il naso contro il suo prima di annuire.
Sentiamo dei colpi alla porta e ci stacchiamo. Inarco un sopracciglio. Parker si stacca da me. «Vado io, rivestiti», lancia uno sguardo alle mie gambe nude e si sposta verso l'entrata con un sorrisetto sulle labbra.
Corro in camera per infilare un paio di pantaloncini della tuta. Abbottono la camicia e vado a controllare cosa sta succedendo all'entrata.
Trovo Parker intento a parlare con Mark e Anya. Mi avvicino a loro allarmata. Parker mi cinge la vita con un braccio.
«Abbiamo bisogno del vostro aiuto», inizia Mark.
«Puoi occuparti di Stella per un giorno? Non voglio farla viaggiare, è ancora troppo piccola per affrontare questo genere di cose.»
Aggrotto la fronte turbata. «Cosa è successo?»
Ci spostiamo in soggiorno. Preparo del caffè e lascio che sistemino il passeggino nella mia stanza dove la bambina dormirà tranquilla.
«Abbiamo bisogno di Parker. Sappiamo che è un ottimo avvocato. Mia madre ha davvero bisogno di lui! Quel maledetto sta tentando di estorcerle denaro», Anya mi lancia uno sguardo. Ripenso subito a quel bastardo di Richard e rabbrividisco. Parker conosce in parte questa storia ma pone domande su domande per capire meglio la situazione.
«Abbiamo davvero bisogno di un esperto», ribatte Mark.
Parker ci riflette su un momento. «Quando si parte?», domanda alzandosi per recuperare il BlackBerry. Inizia a digitare qualcosa sullo schermo e contrae la mandibola prima di guardarmi fisso negli occhi.
«Prima partiamo, prima annientiamo quel bastardo, prima riusciamo a dormire sonni tranquilli», Anya sembra turbata, preoccupata. Le stringo la mano per rassicurarla.
«Ho chiuso l'ufficio per due giorni. Potrai rimanere con la bambina.»
Annuisco un po' titubante. Avrei preferito seguirlo.
Mark e Anya si rialzano. «Andiamo a preparare le valigie e tra un'ora ci vediamo al piano di sotto. Grazie, grazie davvero!»
Parker annuisce e si dirige in camera per preparare il borsone anche se ancora turbato da questa strana richiesta nel cuore della notte.
Il mio stomaco si contrae un paio di volte mentre Anya e Mark coccolano la loro bambina e iniziano a farmi le loro raccomandazioni. Appunto mentalmente ogni dettaglio rischiando di andare in tilt e li vedo uscire da casa mia un po' più sollevati.
Tolgo le lenzuola sul letto e le cambio mentre Parker esce dal bagno avvolto da un asciugamano. Lancia uno sguardo alla piccola Stella e con un sorriso si avvicina premendomi contro il muro. Tappa la mia bocca con un bacio mentre la sua mano si insinua dentro i pantaloncini. Mi trascina fuori dalla stanza con un sorriso e continua a tormentarmi. «Quanto tempo abbiamo?», morde la mia gola e poi bacia ogni centimetro sotto l'orecchio.
Mugolo eccitata e mi lascio guidare verso il soggiorno, poi sul divano dove si sdraia su di me. «Cinque minuti, più altri cinque», emetto uno strillo quando morde le mie labbra e le sue dita iniziando a stuzzicarmi. «Mangerai?» domanda accaldato e concentrato.
Annuisco una sola volta mentre premo le dita sulla sua schiena e mordo le sue labbra per trattenermi.
«Ti amo», sussurra affannato.
«Ti amo», rispondo nel tentativo di recuperare un po' di autocontrollo.
Mi aiuta a rialzarmi. Mentre si riveste nel bagno, lo osservo seduta sul mobiletto del lavandino. Mordo il labbro dondolando i piedi. Sono un po' in ansia. Con tutti gli avvocati che potevano cercare perché proprio lui?
Anya aveva una faccia strana quando Mark parlava. Continuava a lanciarmi strani sguardi. Era come se mi stesse nascondendo dell'altro.
«Hai capito?», Parker scuote la testa e si avvicina abbracciandomi. «Ehi, tornerò prima che tu possa rendertene conto».
Alzo il viso per accogliere il suo lieve e delicato bacio. «Non metterci troppo», sorrido e ricambio la stretta del suo abbraccio.
Non siamo più stati lontani. La convivenza con il passare del tempo mi ha indotto una sorta di dipendenza da Parker. Il fatto di non vederlo per qualche ora non mi fa di certo sentire serena. Sarà strano ritrovarmi sola dopo tanto tempo.
Vedo partire i ragazzi all'alba. Guardo l'auto sfrecciare lungo la via del nostro quartiere fino a quando non sparisce svoltando a destra. Lascio uscire un sospiro e mi metto a riordinare la casa facendo attenzione a non svegliare la bambina.

Sto pulendo il soggiorno quando squilla il telefono. È Anya come minimo avrà dimenticato qualche altra sua raccomandazione. Ha già chiamato due volte preoccupata. Le ho anche fatto una videochiamata per farle vedere che la piccola dorme tranquilla. Sospiro e rispondo.
«State bene
Sembra agitata. Alzo gli occhi al cielo. Sento la bambina mugolare e sorrido. «Si è appena svegliata vuoi vederla?»
«Si per favore fammela vedere
Accendo FaceTime e parte la videochiamata. Vedo gli occhi della mia amica illuminarsi alla vista della sua bambina. Sistemo il telefono sul mobiletto e prendo Stella per fargliela vedere. La faccio ridere e Anya si commuove.
«Dai Anya, sono solo poche ore. Mi fai vedere Parker?»
Anya gira lo schermo e Parker mi sorride e saluta con la mano. «Come stai
«Bene. Annienta quel bastardo!»
Sento ridacchiare Mark ma c'è anche un'altra voce. Sullo schermo spunta Daniel. Saluta allegramente e poi fissa incantato la nipotina tra le mie braccia.
Dopo la chiamata preparo uno spazio in soggiorno dove sistemare la bambina per tenerla d'occhio. La sto cullando quando sento bussare alla porta. In contemporanea squilla nuovamente il telefono.
«Anya un momento, c'è qualcuno alla porta», le dico mentre con un braccio tengo la bambina, il telefono tra la guancia e la spalla e con la mano libera apro la porta rimanendo di sasso.

Continua...

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