Capitolo 61

«Emma»
«Mamma?»
«Emma svegliati!»
Apro gli occhi. L'aria attorno profuma di bucato fresco, di vaniglia, di dolcetti al cioccolato. Scendo di corsa le scale e trovo mamma intenta a far mangiare la mia bellissima sorellina Elly. Mamma è una donna bellissima. Alta, solare, premurosa, dolce. Elly è piccola e vispa. Mi avvicino a lei con un sorriso, le do un bacio e poi mi siedo a tavola.
«Oggi sarà una bella giornata», esordisce papà entrando in cucina con la ventiquattrore in mano. Papà è un uomo attento, pieno di vita, pragmatico. Appoggia la ventiquattrore sul tavolo e mamma si lamenta come al solito. Io e lui la imitiamo e poi guardandoci negli scoppiamo a ridere. I suoi sono grigi coperti dalla montatura da "lettore", mentre i miei sono azzurri e grandi.
Il tempo all'improvviso sembra mutare. Tutto diviene buio. Sento delle urla. Sono troppo forti. Alle urla segue un brutto silenzio poi avverto un dolore acuto al petto e alle mie orecchie arriva un altro urlo più forte.
Spalanco gli occhi e affannata mi guardo attorno. Passo la mano sulla fronte sudata e boccheggio. La luce si accende e la mano di Parker accarezza subito la mia schiena. Sorride per rassicurarmi e poi mi trascina tra le sue braccia. Poggio la fronte contro il suo petto mentre tento di calmarmi.
Ormai sono due settimane che succede. Mi sveglio di soprassalto e lui mi calma. Ho perso il conto delle ore in cui atterrita non riprendo sonno e continuo a fissare il soffitto o a seguire mentalmente il conto del ticchettio dell'orologio che rimbomba nel silenzio. Non serve a niente. Non serve a placare i terrori notturni.
«Va meglio?», domanda assonnato con voce roca e profonda.
Non so come faccia a resistere. Sono le quattro del mattino e tra poco dovrà alzarsi per andare al lavoro. Forse dovrei spostarmi in soggiorno e lasciarlo dormire tranquillo ma dubito che me lo permetterebbe.
Da quando siamo tornati è premuroso, attento, preciso. Tutto questo inizia a spaventarmi.
«Si, scusa. Dormi», rispondo balbettando e ancora scossa.
«Cosa hai sognato oggi?», domanda ad occhi chiusi. Le sue braccia stringono la mia vita e le sue labbra toccano la mia nuca posandovi un lieve bacio.
«Solito», mento. Questa volta era diverso. Questa volta non era l'incidente o il rapimento. Questa volta era un pezzo di passato felice macchiato dalla paura e dalla perdita. Ho rivisto la mia famiglia. Ho rivisto la mia vita prima che venisse spazzata via ancora una volta.
«Vuoi andare a correre o passare dalla gelateria vicino casa?», sbadiglia alzandosi su un fianco. Ormai non facciamo altro. Mi sveglio di scatto, mi rassicura, andiamo a correre o passiamo dalla gelateria sempre aperta e passeggiamo con una coppa di gelato per il parco alle prime luci del mattino.
«No, dormi.» Spengo la luce e rimango fino all'alba a fissare il vuoto, a trattenere le lacrime che rischiano di sgorgare. Ho rivisto la mia famiglia. I profumi, l'amore dei miei genitori e della mia bellissima sorellina. Mi mancano costantemente. Ormai sono passati anni eppure il dolore lo sento ancora vivo sulla pelle.
Quando Parker si alza dal letto sono ancora sveglia ma non ho il coraggio di alzarmi. Lo guardo rannicchiata mentre si muove tranquillo in camera. Indossa degli indumenti puliti per l'ufficio, prende le chiavi, si avvicina, stampa un bacio sulla mia fronte e poi se ne va. Ormai è una routine anche questa.
Quando sento la porta chiudersi con uno scatto, scosto la coperta, siedo sul bordo del letto e scoppio in lacrime. Sono riuscita a trattenerle per troppe ore. Non posso sfogare la mia angoscia di fronte a lui. Rinuncerebbe al suo lavoro, alla sua giornata tranquilla per aiutarmi. Non è quello che voglio per lui. Ecco perché resisto. Il mio è un comportamento malsano, lo so. Prima o poi riuscirò a riprendermi. Prima o poi questi incubi cesseranno.
Mi trascino in bagno. Faccio una doccia, copro le occhiaie con del correttore e dopo avere rimesso in ordine l'appartamento, esco a fare due passi. Porto dietro il portatile per lavorare e seduta al parco porto avanti una serie di verbali. Infilo anche le cuffie e continuo per ore con il mio lavoro.

Lexa chiama per un servizio fotografico. La raggiungo quasi immediatamente. Il lavoro mi serve per finire di pagare le ultime rate per l'appartamento. Sono davvero soddisfatta. Finalmente potrò dire di avere una casa. Una vera casa e tutta mia.
Vengo circondata dall'élite e in breve mi trasformano. Ormai sembro un robot. Faccio tutto in modo sequenziale. Mi alzo, pulisco casa, esco a fare due passi, accetto ogni lavoro in agenzia, aiuto Parker, torno a casa e non dormo. Tengo la mente impegnata e trovo sempre qualcosa da fare. Non rimango a casa per lunghi periodi da sola e mi circondo di persone.
«Tesoro sei dimagrita tantissimo. Occorrono delle modifiche su questo abito, subito!», strilla mister Marshall al sarto battendo le mani e lanciandomi l'ennesimo sguardo di rimprovero. «Deve starle stretto».
Lexa mi fissa mordendo la lingua. So cosa stava per dire. Per fortuna è riuscita a trattenersi almeno questa volta. Sono dimagrita tantissimo in due settimane. Tutti continuano a farmelo notare. Non mangio molto, dormo poco e sembro uno zombie. Fingo costantemente di stare bene, sorrido in modo falso e spesso mi ritrovo a vomitare dopo avere accettato un invito a pranzo. Non so quale sia il problema di fondo. Non sono felice ma neanche infelice. Parker è come sempre meraviglioso eppure sento che nella mia vita manca qualcosa. Una parte importante. Non voglio pensarci e per questo tento di andare avanti.
Sorrido all'obbiettivo e quando ho finito torno in camerino per cambiarmi.
«Birra da David questa sera?», domanda Lexa con un sorriso.
«Si, a che ora?» non mi sento al massimo delle forze ma uscire mi farà bene.
«Ceniamo insieme e poi andiamo. Che ne dici?»
«Va bene», recupero la borsa e seguo la mia amica in un piccolo ristorante vicino.
Attorno c'è odore di sugo, peperoni e tonno. Il mio stomaco si contorce. Inizio ad avere una certa nausea ma prendo posto di fronte alla mia amica nascondendo il viso con il menù mentre cerco qualcosa di leggero da mangiare.
«Sicura di stare bene? A me puoi dirlo...»
«Si, si. Va tutto a meraviglia», sorrido per rassicurarla ma so che ha già capito che sto mentendo. Ormai sono una bugiarda cronica.
«Oggi mister Marshall era preoccupato. Dice che sei dimagrita di quattro taglie...»
«Si preoccupa per niente. Sto benissimo. Sarà che mi sono allenata molto in questi giorni.» Ordino insalata di pomodori e un po' di pane.
Lexa inarca un sopracciglio mentre per se ordina bistecca e patatine. «Non mangi come si deve. Sono preoccupata per te. Quattro taglie sono davvero troppe. Da quando sei tornata...», scuote la testa. «Stai soffrendo. Non vuoi parlarne e lo capisco ma stai male, ti trascuri e sembri uno stuzzicadenti con le occhiaie. Ti voglio bene e non voglio vederti così», stringe la mia mano guardandomi intensamente.
Provo ancora a rassicurarla ma sbuffa e accantona il discorso quando arrivano le nostre ordinazioni. Sento la nausea aumentare mentre mando giù a fatica l'insalata e il pane. Mastico lentamente e continuo a guardarmi attorno come se le pareti si stessero restringendo. Devo uscire immediatamente da questo posto.
«Non abbiamo ancora trovato una data...»
«Come mai?», approfitto della distrazione per posare la forchetta e tenere in mano un pezzo di pane facendo finta di mangiare.
«Perché vogliamo aspettare ancora un po'. Abbiamo tutto pronto per fortuna.»
«Aspettare che cosa? Dio Lexa, fatelo e basta!», sbotto più aggressiva del solito. «Scusa», dico mortificata.
Lexa mi fissa come se fossi impazzita. «No, hai ragione è solo che... ho paura».
«Di cosa? Da quando ti conosco non ti ho mai vista così insicura Lexa. Ami David e lui ricambia. È il tuo "fino alla fine", smettila di pensare e trova una data e vivi la tua storia con lui.» Pago e finalmente usciamo dal ristorante.
«Hai ragione. Sono un disastro», sbuffa seguendomi e accelerando il passo.

Troviamo il locale pieno di gente. Una cappa di fumo avvolge l'aria circostante investendo le mie narici con forza. La nausea aumenta ad ogni passo. Prendiamo posto a un tavolo libero e ordiniamo subito da bere. Lexa non ha bisogno di una sola birra ma di una sbronza vera e propria. Lo capisco dal modo in cui tiene le spalle e sorride in modo forzato a David mentre si avvicina con un vassoio pieno di bicchierini.
«Questi li offre la casa», dice strizzandoci l'occhio prima di allontanarsi.
Lexa non attende un momento. Manda giù il primo bicchierino e ne dispone davanti a me quattro. Inizio a bere e provo a parlarle nel tentativo di farla ragionare. La sua paura verso il matrimonio e una nuova possibilità di vita è infondata. David la ama veramente e sua suocera è andata via quando lui ha notato il casino che si stava creando tra di loro. In fondo lui ha agito per amore e lei dovrebbe riconoscerlo questo gesto.
«Da quanto non fai sesso con lui?», le domando di punto in bianco. Deve esserci un problema se ha così tanta paura. Solitamente sa cosa vuole.
Lexa beve quasi a disagio e passando il dorso sulle labbra fa mentalmente il conto. «Da quando è arrivata sua madre. Abbiamo provato con altre cose ma non abbiamo più fatto del vero sesso. Credimi Emma, mi manca...» brontola come una ragazzina. «Sarà mio marito prima o poi ma ora ho bisogno del mio ragazzo accanto!»
Faccio una smorfia. Tamburello con le dita sul tavolo e poi bevo. Il liquido al suo passaggio brucia la gola. «Non hai provato a...»
Scuote subito la testa. «In casa c'era sempre lei. Non potevo di certo farlo di continuo in auto. Era scomodo. Tu invece?»
Ordiniamo un altro giro. Lexa mi fissa curiosa. Adesso cosa dico?
Parker non ha preteso di fare sesso. In realtà oltre a qualche bacio, qualche coccola, si è allontanato parecchio in queste settimane. È sempre impegnato al lavoro e lo vedo anche preoccupato per qualcosa. In più ha dovuto fare delle visite per il breve malore avuto alla gara. Sono preoccupata per lui. Decido di essere sincera e spiego la situazione alla mia amica mentre beviamo come delle spugne per cancellare con il coraggio liquido i nostri problemi sentimentali che continuano ad accumularsi. Forse dovrei staccare la spina per un po', prendermi il mio tempo e poi gettarmi a capofitto in una relazione. Il problema è che non ho più nessuna certezza. Questo mi destabilizza e non poco.
«Ci servirebbe davvero una scopata», ridacchia. «Siamo messe male», biascica. «Tu sei dimagrita mentre io sono sempre nervosa e ansiosa. Dobbiamo fare qualcosa», gesticola. Non posso che darle ragione ma non credo che il sesso possa risolvere davvero tutto.
La mente inizia ad essere appannata dall'alcol. Una bella sensazione si propaga dentro la mia testa e inizio a sentirmi come in balia delle onde.
Andiamo a ballare in mezzo alla calca di gente e poi sudate torniamo al nostro tavolo a bere.
David ci osserva da lontano con sguardo attento. Ogni tanto lo vedo scuotere la testa e contrarre la mascella. Quando due ragazzi si avvicinano lui si assicura che non ci diano problemi.
«Proviamo un po' d'erba? Andiamo e da tanto che non facciamo qualche pazzia», piagnucola ridendo. Afferra la mia mano trascinandomi fuori senza darmi la possibilità di scelta. Ormai vengo strattonata da una parte all'altra come una bambola di pezza.
Lexa accende una sigaretta e dopo avere fatto un lungo tiro me la passa. Faccio anch'io un tiro provando a rilassarmi mentre dentro ho un vortice confuso e doloroso. «Da quanto non lo facevamo?», le domando.
Lexa sorride come una stupida. «Da mesi direi. Uhm dammi».
Finiamo la canna e sedute su un gradino fuori dal locale rimaniamo per un po' in totale silenzio. Lexa poggia la testa sulle mie gambe. Inizio ad accarezzarle i capelli.
Dall'interno del locale provengono le voci e la musica alta. Il parcheggio è pieno di gente fatta, proprio come noi. Scoppio a ridere poi mi ritrovo in lacrime. Crollo emotivamente.
Lexa alza lo sguardo ammiccando poi stringe la presa sulla mia spalla prima di singhiozzare e abbracciarmi. «Andrà tutto bene», biascica più volte tentando di fermarmi.
Accarezzo la sua schiena e annuisco con poca convinzione. Sto così male da non accorgermi di due mani che mi scostano allontanandomi dalla mia amica. «Lasciami», strillo.
I miei occhi saettano su quelli chiari e intensi di Parker. Tiene strette le mani sui miei polsi e mi fissa come se avesse di fronte una pazza mentre mi dimeno.
«Ehi, va tutto bene, sono io», stringe le mani sul mio viso e poi mi attira contro il suo petto oscillando lentamente.
I singhiozzi si fermano e mi irrigidisco. Scosto il viso e tiro su con il naso. «Che ci fai qui? Non avevi una cena?», domando barcollando. Non riesco a reggermi in piedi.
Lexa intanto viene portata via da David quasi addormentata.
Prendendomi in braccio e in silenzio, Parker mi trasporta in auto. Mette in moto e ci spostiamo verso il centro e poi nel suo appartamento. «Non gira tutto attorno al mio lavoro Emma. Tu sei più importante. David mi ha chiamato. Era preoccupato per voi e vi ha viste bere e fumare troppo. Ora ti ritrovo qui in lacrime. Mi vuoi dire cosa succede? Ti prego, non mentire. Non farlo.» Posteggia nel garage e saliamo al suo appartamento.
Barcollo, inciampo più volte nello stretto corridoio. Ricado sul divano chiudendo gli occhi.
Parker posa sul tavolo di fronte una bottiglia d'acqua e delle compresse. Siede accanto a me e accarezza la mia guancia lentamente. Apro gli occhi e i suoi sono fissi sul mio viso. I suoi gesti attenti e delicati. Poso la mano sulla sua nuca e avvicino il suo viso al mio. «Mi ami ancora?»
Spalanca gli occhi. Sembra scosso dalla mia domanda improvvisa. «Emma, dimmi che cosa ti succede?»
Mi alzo a metà busto ritrovandomi faccia a faccia con lui. Accarezzo io la sua guancia e avvicino le mie labbra sulle sue. Le sfioro e poi stampo un bacio all'angolo. Ho la testa che continua a girare come una trottola. Sento il mondo confondersi ad ogni respiro. Appoggio la fronte sulle sue labbra e ad occhi chiusi inspiro. «Non hai risposto alla mia domanda», biascico.
Parker sospira. «Si, ti amo ancora. Non dovresti neanche chiedere!»
«Perché?»
«Perché e come se avessi dei dubbi. Ti ho dato modo di dubitare?»
Scuoto la testa e mi sistemo su di lui. Afferro il suo viso e inizio a baciarlo con foga. Geme sulle mie labbra e stringe la presa sulla schiena.
«Mi manchi», sussurro senza fiato.
«Dimmi perché stai male Emma. Risolviamo un problema alla volta, insieme», mi guarda con i suoi occhi pieni di fiducia, di forza di volontà, di amore.
«Sono solo un po' confusa e distratta. Non c'è nessun problema», rispondo stampando piccoli baci sotto il suo mento e poi giù lungo la gola per distrarlo.
«Da quando siamo tornati non hai più visto Anya. Perché?»
Mi irrigidisco. «Perché non è in casa in questi giorni», rispondo cercando di controllare il tono della voce che tende ad uscire stridulo e strozzato.
Anya, Mark e la piccola, sono andati da Daniel per potere stare tutti insieme. Non sono andata a trovarli perché inevitabilmente avrei trovato anche lui, il motivo della mia tristezza.
«Allora perché non mangi, non dormi e sei irrequieta?»
«Perché ho bisogno di non pensare. Ho bisogno di dare una svolta alla mia vita. Ho bisogno di distrarmi. Sono stanca di tutti questi problemi. È colpa mia se ci sono ma sto cercando di sistemare le cose e non è facile!», provo a baciare le sue labbra.
«Allora andiamocene. Prendo una vacanza e andiamo via fino a quando non ti sentirai meglio», mi guarda fiducioso.
Scuoto la testa. «Tornerebbe tutto come prima una volta essere ritornati. Voglio solo ritrovare un mio equilibrio», sfioro le sue labbra con i polpastrelli. Parker chiude gli occhi e si lascia sfiorare dal mio tocco delicato. Passano un paio di secondi scanditi dal ticchettio dell'orologio sulla parete.
Scatta all'improvviso. Afferra il mio viso e inizia a baciarmi con possesso. Schiaccia il mio corpo contro il suo e mi fa gemere sotto il suo tocco rovente. «Dimmi quello che ti serve e io farò in modo che tu stia meglio principessa. Mi fa male vederti così!», mormora mentre continua a baciarmi con foga.
Sbottono la sua camicia e tocco il suo petto scosso dall'affanno. Gliela sfilo e svelta passo ai suoi pantaloni. Blocca i miei polsi scuotendo la testa. «Non ora. Sei ubriaca e voglio che tu sia lucida».
Schiarisco la voce a disagio. Mi allontano da lui e passo una mano tra i capelli prima di rialzarmi. Non so se lo faccio troppo in fretta ma barcollo visibilmente e per un nano secondo vedo tutto nero. Riesco ad appoggiarmi a lui prima che le mie gambe cedano. Batto le palpebre un paio di volte incredula. Nel suo sguardo noto la preoccupazione. Non credo sia così grave. Non ho mangiato tanto e non riesco a reggere l'alcol come prima. È colpa mia, lo merito.
«Andiamo, mettiamoci a letto», mi prende in braccio ma protesto. Voglio fare una doccia e togliere di dosso la puzza di fumo e alcol prima. Devo assolutamente ripulirmi prima di posare la guancia sul comodo guanciale e dormire.
«Ti prego!»
Parker sospira e con molta pazienza mi aiuta a fare un bagno. Riempie la vasca e poi va a prendere quello che mi serve.
Mi spoglio immergendomi e affondando la testa dentro l'acqua. Rimango un paio di secondi prima di riemergere boccheggiando. Passo le mani dal viso verso la testa e strizzo i capelli. Quando Parker ritorna rimane interdetto. Si aspettava che ci entrassi con i vestiti?
Non lo sto provocando ma sarebbe meglio se lui non mi rifiutasse in questo momento. Gli faccio cenno di entrare e afferro la sua mano per convincerlo.
«Stai usando la tecnica degli occhioni per convincermi? Sul serio?» alza gli occhi al cielo. Dopo un momento, si spoglia ed entra in acqua. Approfitto subito per rannicchiarmi tra le sue braccia.
Quando chiude gli occhi, stampo dei baci sul collo. Sussulta e poi stringe la presa sul bordo della vasca. Sento subito la sua eccitazione ma non forzo la mano. Non voglio provocarlo. Nascondo il viso tra il collo e la sua spalla.
«Mi racconti della tua giornata?», sussurro disegnando cerchi invisibili sulla sua pelle chiara senza inchiostro.
Parker inizia a parlare mentre chiudo gli occhi e mi lascio cullare dal suono soave della sua voce.

N/A:
~ Ci sono momenti in cui abbiamo bisogno di aggrapparci a qualcosa o a qualcuno. Momenti in cui inevitabilmente crolliamo. Crollare è la parte più facile, il difficile è il rialzarsi. Per farlo abbiamo bisogno di un motivo per farlo e di ritrovare noi stessi in mezzo alle macerie presenti dentro il nostro cuore.
~ Emma ritroverà se stessa? Riuscirà a superare questo momento? Riuscirà a capire i suoi errori e ad andare avanti? Cosa succederà?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Scusate come sempre per gli errori. (Magari sarò ripetitiva ma non sono una scrittrice e non sempre riesco a correggere o a scrivere alla perfezione).
Comunque sono sempre bene accetti i vostri pareri e commenti. Lo so che odiate Parker ma vi ho detto dall'inizio che lui per me ha un ruolo importante. Prima o poi lo apprezzerete. (Non sono di parte. Sono la prima ad amare Ethan e ad essere una EMVANS!). Comunque se avete domande potete farle. Vi dico che tra 4 capitoli inizierete a leggere quelli finali e conclusivi di questa storia. (Ovviamente li devo scrivere ma ho già in mente un finale che spero possa piacere!!!)
Detto questo vi ringrazio per tutto il sostegno. Sto già sistemando la nuova storia e spero di pubblicare i primi capitoli in questi giorni. Se volete passate a leggere le altre mie due storie:
~ Ogni traccia che ho di te
~ Forbidden
Buona giornata!!! :* ~

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