Capitolo 36

Riapro gli occhi e mi sento indolenzita e intontita. Bere vodka e poi commettere delle pazzie con la mia migliore amica, non è di certo la cosa migliore che io potessi fare. Mi sento come un'adolescente alle prese con la sua prima sbornia.
«Sei sveglia?»
«Purtroppo si», borbotto.
La luce si accende ferendo i miei occhi. Mugolo indolenzita parando gli occhi. Nascondo il viso sotto la coperta e poi riemergo lentamente. Mi rendo conto che è ancora notte e che ho solo dormito per qualche ora prima di svegliarmi di scatto. Parker se ne sta su di un fianco con un sorriso dolce sulle labbra. Posa la mano sulla mia guancia. Le sue dita si spostano sulle labbra che come al solito sono screpolate. Questo non sembra turbarlo. Guardo le sue e avvicinandomi al suo viso. Passo la lingua e deglutisco. Noto una scintilla attraversare i suoi occhi e me lo ritrovo su di me, la sua bocca si impossessa della mia, le sue mani sollevano i miei glutei facendo sfiorare i nostri corpi. Ansimo e sollevo le cosce mugolando tra le sue labbra. Inspira di scatto e morde il labbro inferiore con i suoi denti perfetti. Inarco la schiena stringendo le sue spalle nude.
«Buongiorno principessa», sussurra mentre preme il suo corpo contro il mio in un continuo movimento su e giù. Dalle mie labbra spunta un sorriso. «'Giorno signore».
Quando le sue dita stuzzicano le mia pelle incendiandola, spalanco la bocca colta alla sprovvista. «Non avevo... detto che... Oddio Parker...», mugolo stringendo le braccia attorno al suo collo. Bacia la mia bocca con passione. Come se mi stesse divorando. Le sue dita scendono decise. Gemo mordendo le sue labbra. Capisco che vuole giocare e provocarmi così passo la mano lungo il suo addome verso i suoi boxer. Si irrigidisce in risposta perché come sempre le mie mani sono gelate e bruciano la sua pelle.
«Dicevi?», domanda affannato e con un sorriso malizioso sulle labbra.
«Non faremo sesso per fare pace», fatico a parlare. Inarco la schiena quando preme sui punti giusti e sento un calore familiare prima di esserne travolta. Ricambio il favore e Parker ricade su di me con le guance accaldate e la fronte imperlata di sudore. «Non per fare pace ma perché lo vogliamo», risponde stendendosi su di un fianco.
Mi alzo a metà busto. «Non mi convincerai così facilmente.» Scosto la coperta. Non so bene dove andare cosi mi sposto nel suo soggiorno. Siedo sul divano accendendo la tivù. Parker mi raggiunge sedendosi accanto attirandomi tra le sue forti braccia. «Non ne sarei poi così sicura fossi in te. Mi desideri come io desidero te. Hai appena sussultato e hai la pelle d'oca quando ti sfioro. Vuoi altre prove?»
E questo il suo gioco?
Mi sistemo a cavalcioni su di lui e bacio le sue labbra con foga. Non gli lascio il tempo per riprendere fiato. Spingo i fianchi contro i suoi mi struscio contro la sua eccitazione in continuo aumento sotto i boxer. Geme e prova a sfilarmi la felpa ma con un sorriso mi stacco da lui. «Vuoi altre prove?», lo scimmiotto ricadendo sul divano scoppiando a ridere. Cambio canale sistemando le gambe nude sulle sue ginocchia.
Accaldato prova a riprendersi dall'attacco. «Che stronza!», ringhia divertito e incredulo.
Gli lancio un'occhiata di sbieco e soddisfatta trovo il canale sportivo. Con il piede lo stuzzico mentre fissa lo schermo. Mette le braccia sullo schienale del divano gettando la testa indietro. Inspira facendo finta di niente. Voglio stuzzicarlo e portarlo al limite. Voglio che ceda. Mugolo mettendomi comoda e sento i suoi muscoli contrarsi. L'alba è alle porte e l'idea di rimanere da sola con lui per tutto il giorno mi elettrizza. «Ho proprio voglia di muffin e cioccolata calda. Me li prepari?», batto le ciglia.
Scosta le mie gambe prima di avvicinarsi alle mie labbra. «Certo, mi aiuti?»
Lo seguo in cucina e prepariamo l'impasto e poi il resto della colazione. Mangiucchio il mio muffin sorseggiando di tanto in tanto la cioccolata. Noto che mi osserva attentamente così decido di stuzzicarlo ancora. Passo il dito dentro la cioccolata portandolo in bocca. Lecco le labbra e accavallo le gambe nude in modo sensuale sullo sgabello. I suoi muscoli facciali si tendono. Trattengo una risata perché mi sento stupida. Rifaccio il gesto e distoglie lo sguardo accaldato. Sorrido dando un morso al muffin.
«Che, che cosa stai facendo?», domanda accaldato mentre sorseggia il suo primo caffè della giornata.
Mi stringo nelle spalle con finta innocenza. Passo il dito dentro la cioccolata avvicinandolo alle sue labbra. Mi guarda curioso ma anche eccitato. Schiude la bocca e passo il dito sulle sue labbra. Porto di nuovo il dito in bocca per eliminare l'eccesso. Le sue pupille si dilatano. Blocca i miei polsi e mi strattona su di sé. Scosta la colazione dal ripiano e afferrandomi per i glutei mi sistema sul bancone. Sfiora le mie cosce prima di aprirle e sistemarsi nel mezzo. Mi spingo su di lui mentre trattiene il respiro. Sfioro il suo petto nudo avvolgendo le cosce attorno alla sua vita e gettargli le braccia al collo.
Con un sorriso mi porta nella sua stanza. «Ti voglio ma se vuoi aspettare, aspetterò», sfila la felpa e mi getta sul letto prima di attaccarsi a me premendo il suo corpo caldo contro il mio. «Sei ingiusta lo sai? Per questo ti stuzzicherò ancora un po'», ansima sganciando il mio reggiseno iniziando a baciare la mia pelle lasciando qualche succhiotto. Continuiamo così, a coccolarci per un po'.

Parker è stato premuroso, dolce e attento a tutto. Ha rispettato la mia decisione sfruttandola a suo favore. Non mi sono lasciata distrarre dai se o dai ma che continuano a vorticare dentro la mia testa insistentemente. Ho vissuto il momento per come meritava di essere vissuto. Sul letto ci siamo solo io e lui e il nostro strano amore. Non so ancora come andrà a finire tutto questo casino colossale. Mi sento parecchio in ansia se ci ripenso e non voglio.
Si sdraia su di un fianco appoggiato al gomito e mi guarda un momento di troppo. Non riesco a capire a cosa sta pensando. Il suo sguardo è impenetrabile. «Come stai?», domanda stringendo leggermente gli occhi. Ha lo sguardo indagatore. Tenta di ricevere informazioni.
Non so come rispondere alla sua domanda. Poso le dita sul suo collo e le faccio scorrere lentamente verso l'alto, poi sulle labbra. Mi piace la loro morbidezza, l'accento sensuale della barba sul suo viso. Il suo respiro cambia repentinamente. Si avvicina e il suo viso è a un centimetro dal mio. Il mio stomaco si contrae. Vuole una risposta. Mando fuori un sospiro e appoggio la testa contro il suo petto costringendolo a stendersi. Seguo con le dita la forma delle sue clavicole e poi scendo sull'addome e risalgo. Blocca la mia mano stringendo il polso. La presa non mi fa male ma mi fa capire che devo trovare una risposta alla sua domanda. Sorrido timidamente. «Un po' assonnata.»
I suoi occhi cambiano colore. Dall'azzurro chiaro si passa ad un azzurro scuro. Deglutisco aspettando la sua sfuriata. A volte basta poco per farlo sbottare dalla rabbia o dalla frustrazione. La cosa che più mi preoccupa in questo momento è che riesce ad intuire quando una persona mente. Ed io sto mentendo.
«Non mentire», scuote la testa. «Dovresti essere sincera qualche volta con me», mi allontana leggermente dal suo petto. Il gesto mi fa stare male. Sento di perdere il contatto con lui, quella strana forma di sintonia che ci tiene legati. È come se mi stesse rifiutando o come se mi stesse allontanando perché infastidito dal mio atteggiamento.
Raccolgo le idee e inspiro prima di rispondere. «Non so come sto in realtà. Non voglio pensare e non voglio rimuginare troppo sulle cose. Farò molti errori ancora, ma non li farò per ferirti, li farò perché sarò confusa e insicura. Mi dispiace...», sussurro. Scosto il mio corpo dal suo e voltandomi tiro la coperta e abbraccio il cuscino. Mordo il labbro e trattengo le lacrime. Che cosa ho fatto? Perchè mi sto sentendo in questo modo?
Parker si alza dal letto sbattendo la porta del bagno. Stringo le palpebre e la presa sulla coperta. Lo sento imprecare un paio di volte prima che tutto ritorni silenzioso. Quando la porta si riapre, sento i suoi passi lenti sul pavimento. Il letto si muove e le sue braccia cingono la mia vita. Il mio corpo si rilassa immediatamente.
«Ti amo», sussurra contro il mio orecchio. Stampa piccoli baci sul mio collo spostandosi verso la spalla prima di morderla. Mi volto carica. «Odio quando non ti arrabbi con me. Potevi imprecare qui e non in bagno. Lo so che tutto questo sembra assurdo ma ho accettato e ci sto provando ma non chiedermi subito come sto, perché non so dire come mi sento. Non sto male e neanche bene e non trovo le parole per definire quello che sento veramente.»
Annuisce. «Abbiamo entrambi qualcosa da imparare da tutto questo.»
Infilo le gambe tra le sue. Sento freddo. Stringe le braccia attorno alla mia schiena. «Dovrei fare una doccia ma qui non ho indumenti. Potresti...»
Tappa la mia bocca con la sua. «Hai già tutto quello che ti serve dentro l'armadio», mormora continuando a tormentare le mie labbra con i denti e la lingua.
Mugolo quando il suo corpo si stringe al mio riscaldandolo. «Non posso mettere le tue felpe per uscire», brontolo.
«Si che puoi ma non hai aperto l'altra anta. Brontolona sexy!», morde la pelle sul collo e poi la succhia lasciando piccoli segni rossi rotondi.
Lo spingo e ride. Avvolgo il lenzuolo attorno al corpo e mi rialzo sfuggendo alla sua presa. Apro l'anta dell'armadio e rimango impalata di fronte a tante buste e scatole firmate. Mi volto mordendo il labbro. «Sono per me? Sul serio?»
Parker mi guarda con il viso appoggiato sulla mano e il corpo a pancia in giù. I suoi occhi brillano. Sta godendo del momento come un bambino. Sa quanto odio quando spende soldi in questo modo. «Si, sul serio. Mi sono permesso di scegliere anche qualche altro completino intimo simile a quelli che hai già», mi strizza l'occhio.
Mordicchio una pellicina invisibile sul dito poi afferro tutti i pacchetti sistemandoli sul letto. «E se non mi piacciono?», sorrido. Impossibile. Parker è bravo nello shopping, forse se ne intende più di me di indumenti. Per fortuna non tutte le buste sono firmate. Sa quanto odio quei capi troppo costosi.
«Li cambierai», replica tranquillo.
Apro il primo pacchetto e trovo un maglioncino morbido color ghiaccio. È bellissimo. Posso accettarlo? È pazzo?
Negli altri trovo jeans, magliette, leggings, calze, scarpe e tute. Pensa sempre a tutto. «Potevo portare i miei indumenti qui. Non dovevi...», sbuffo e mi getto tra le sue braccia. «Non ti merito».
La sua mano scende lungo la schiena. «Non ho problemi di soldi e lo sai che non me ne frega niente e se posso spenderli per te, lo faccio lo stesso. Questo può anche darti fastidio ma io lo farò ugualmente. Prendilo come un regalo di Natale.»
Sbuffo e prova a farmi il solletico. «Non posso accettarli, sono troppi... Hai pure pensato alla palestra.» Metto il broncio e mi minaccia subito con lo sguardo.
«Faremo palestra. Prendi un maglione e dei pantaloni e infilali dentro la lavatrice così tra un paio di minuti puoi indossarli.»
Aggrotto la fronte. «Perché tra...», gemo quando le sue dita toccano un punto sensibile tra le cosce. «Ok, ok», mi alzo in fretta. Lotto per tenere addosso la coperta e dopo avere preso il maglioncino color ghiaccio, i leggings neri, l'intimo nero in pizzo, corro nella lavanderia perché si, Parker Johansson ha una lavanderia e infilo gli indumenti dentro la lavatrice. Ci metto poco a capire come funziona questa elettronica. A casa ne ho una simile. Inserisco un lavaggio veloce ed economico e poi cerco di capire come funziona l'asciugatrice.
«Hai già capito come funziona?»
Mi volto colta alla sprovvista. «Non è poi così difficile», controllo l'orologio sulla parete per i minuti che rimangono prima di uscire gli indumenti e infilarli dentro l'asciugatrice.
«Io faccio sempre dei casini. L'ultima volta ho allagato tutto. Ho dovuto chiamare la domestica per farmi aiutare. Ha iniziato ad urlarmi contro».
Ridacchio. «Vuoi che ti insegni ad usarla?», lo guardo maliziosa.
Parker si avvicina ed io indietreggio. Sembra uno squalo pronto all'attacco. Sbatto contro la lavatrice e vengo sollevata. Mi ritrovo seduta. Parker apre le mie gambe e scosta la coperta. «Insegnami ad usarla», sussurra avvicinando i miei glutei a sè.
Sento un lieve formicolio sulla pelle. Tante piccole scariche elettriche su per la pelle. I suoi occhi si fanno intensi e sensuali. Le sue labbra sfiorano la mia bocca, il collo, le clavicole, sotto l'orecchio. «Quanti minuti ci vogliono?».
Ansimo. «Dieci?», balbetto accaldata.
Sorride stringendomi di più a sé. «Me ne bastano cinque».
Stringo la presa sulle sue spalle. «Che cosa hai in mente?», strillo quando le sue dita toccano insistenti il punto sensibile. Apro le gambe e getto la testa indietro accaldata e colta alla sprovvista. «Oddio, Parker...», gemo.
Due minuti e mi sono persa. Non vale. Perché deve farmi questo effetto? Perché deve provocarmi in questo modo per farmi cedere?
È bravo, troppo bravo. Riesce sempre a stordirmi. «Adesso non hai voglia di fare l'amore con me?»
Mi aggrappo a lui stringendo il suo viso tra le mani. Il suo respiro incendia la mia pelle. Sorrido timida scuotendo la testa e cedendo.
Dopo avere indossato una protezione, con delicatezza entra dentro di me. Chiudo gli occhi tentando di non sentirmi in colpa e di godermi questo momento.
«Parker...», i miei pensieri sono sconnessi. Mi sento come se fossi appena salita sulle montagne russe e stessi per scendere pericolosamente e vorticare in aria. Il mio stomaco ha uno strano vuoto d'aria. Non so descrivere la sensazione.
Inizia a spingere con più forza. Mi aggrappo a lui, sento le gambe tremare e mi perdo. Pochi secondi dopo anche lui si ferma scosso. Stringe la mia pelle e morde le mie labbra eccitato e accaldato. Si stacca con un sorriso da bastardo sulle labbra. Adoro quel sorriso, è così sexy. Mi sento ubriaca, forse lo sono ancora.
Scendo scivolando lentamente sul suo corpo sudato e scosso dalla passione irruenta. Abbracciata a lui lo fisso dritto negli occhi. Sento le guance calde e il corpo trema ancora per il piacere ricevuto e provato. Bacio la sua bocca con delicatezza. Muovo i fianchi e sento la sua eccitazione tornare come prima. «Sono stata brava a spiegare come funziona?»
Geme quando tiro i suoi capelli scoprendo la gola. «Molto. Abbiamo ancora tre minuti come intendi passarli qui dentro?»
Sorrido. «Una mezza idea ce l'avrei ma...»
Tappa la mia bocca e mi risolleva bloccandomi tra il suo corpo e il bordo della lavatrice che emette il suono di fine del lavaggio e sorrido. «Posso aiutarti?», domanda senza fiato.
Scendo dalla lavatrice e ricomponendomi esco gli indumenti aprendo il coperchio e li infilo dentro l'asciugatrice. «Fatto!».
Si appoggia al muro e a braccia incrociate mi guarda con malizia. Abbasso lo sguardo arrossendo. Apre le braccia e corro da lui. Schiocca un bacio sulla mia testa e mi tiene stretta, al caldo, al sicuro.
Sul serio Emma? Non credi sia ora di affrontare l'argomento?
Vivere insieme, da oggi vivrete insieme. Merda! Non volevi prima sistemarti con il lavoro e poi pensare a tutto il resto? Da quanto sei diventata così incorregibile e distratta? Urla la vocina dentro la mia testa.
Stringo il corpo contro l'uomo che ha delle aspettative su di me scacciando ogni altro pensiero.
Dopo avere tolto i vestiti dall'asciugatrice, usciamo dalla lavanderia. Dispongo gli indumenti sul letto e guardo Parker. «Vuoi fare la doccia con me?»
«Vado a prepararti la colazione», schiocca un bacio sulle mie labbra velocemente e dopo avere indossato dei pantaloni della tuta esce dalla camera. Ho notato una strana espressione sul suo volto. Magari mi sbaglio. Entro in bagno e mi infilo dentro la doccia. Lavo via le strane sensazioni provate nel corso della notte. Ho ancora i postumi della sbornia ma finiranno presto e lasceranno una grandissima voragine dentro il mio cuore.
Esco dalla doccia avvolta dall'asciugamano morbido bianco e decido di recarmi in cucina. Parker sta parlando al telefono. Non lo disturbo. Prendo posto a tavola e non resisto alla tentazione dei biscotti sul piatto. Ne afferro uno e mangiucchio mentre lo guardo gesticolare e camminare avanti e indietro per la cucina. Si accorge di me e si siede a tavola poi mi attira sulle sue gambe porgendomi un piatto di pancake. Taglio piccoli pezzi e lo imbocco mentre continua a discutere al telefono. Pulisco le sue labbra con le dita portandole in bocca. Si ferma ad osservarmi e poi sorride come un ragazzino.
«Non puoi agire così, farai il suo gioco. Ascoltami attentamente: non posso parlare di questo nel mio giorno libero. Passa da me in ufficio e ti aiuterò a risolvere la situazione. Adesso devo andare. Ok, ciao.» Posa il cellulare e mi sposto per lasciarlo mangiare tranquillamente ma non mi permette di alzarmi dalle sue gambe fino a quando non abbiamo finito.
«Lavo io i piatti.»
«Vai a rivestirti o sarai ancora una distrazione per me principessa. Ci penso io qui.»
Provo a ribattere ma gira le mie spalle e mi da una pacca sul sedere. Alzo gli occhi al cielo e vado a rivestirmi. Il maglioncino è morbido e tiene caldo. È tutto della mia misura. Ha pure pensato ai calzini perché sa quanto adoro camminare scalza per casa. Non credo gli dia fastidio. Non ha manie di pulizia come le mie anche se è molto ordinato.
Lo trovo intento a pulire il bancone della cucina. Alza lo sguardo e sorride. «Sei bella».
Arrossisco tolgliendo lo strofinaccio dalle sue mani. «Tocca a me», ripulisco il fornello. Ha proprio fatto un casino, c'è impasto ovunque, ma i suoi pancake erano buoni. Sorrido mentre osservo l'ambiente. Ha sistemato l'albero di Natale tra la tivù a schermo piatto enorme e il camino. È stato bravo con gli addobbi. Mi becca a contemplare e si siede sul divano nel soggiorno. Fa cenno di avvicinarmi e mi prende in braccio.
Sussurro: «Lo stiamo facendo davvero?»
«Lo abbiamo già fatto. Ancora non sei scappata quindi questo mi fa ben sperare.» Sorride nel suo modo seducente e accende la tivù. Mentre guarda un programma sportivo, prendo il telefono e scrivo a Lexa. Non posso più resistere. Ho bisogno di parlare con lei. Ho bisogno del suo pensiero esterno. Io sono troppo coinvolta.

Lexa: "Come è andata con mister perfezione?"

Emma: "C'è una cosa che devo dirti e ho bisogno del tuo giudizio positivo o negativo che sia."

Mordo il labbro prima di premere: INVIA.

Lexa: "Dimmi :) "

Emma: "Se ti dicessi che Parker mi ha praticamente portata a casa sua e conviviamo cosa penseresti? Sono stata avventata ad accettare?"

Attento un paio di interminabili minuti in cui penso di tutto. Inizio a farmi le paranoie quando noto che Lexa sta scrivendo.

Lexa: "Cazzo! Wow! È fantastico! Cioè non fantastico quanto lo sarebbe se tu stessi con tu sai chi ma si, ci voleva questa pazzia. Ti farà bene, capirai cosa vuoi veramente. Finalmente stai affrontando il mondo tesoro. Solo... stai attenta."

Emma: "Non dovrei parlarne con lui?"

Lexa: "Ethan non è tuo marito! La vita è tua. Ami Parker e ora vivete insieme. Goditi il momento. :) Ci vediamo domani a pranzo per i dettagli. Divertiti oggi!!! Ti voglio bene."

Emma: "Grazie. Ti voglio bene."

Parker prende il telefono dalle mie mani e senza guardare lo posa sul piccolo mobile accanto al divano. Avvicina il suo viso al mio e scocca un bacio. Si sistema su di me e continuiamo a baciarci. «Sono contento che tu sia qui», scocca altri baci sonori.
Io sono contenta?
Dopo pranzo ci mettiamo a giocare come due ragazzini alla Wii e a carte. Parker mi insegna dei trucchi di magia con le carte e mi diverto un mondo a vederlo nel suo quotidiano. Non succede spesso visto che quasi sempre ho avuto modo di viverlo in ufficio e a letto. Ecco cosa abbiamo sbagliato.

Continua...

N/A:
~ Come reagirà Anya? Come reagirà Ethan? Cosa succederà? Emma riuscirà a reggere questa situazione? Sarà davvero pronta per questa convivenza?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Scusate per gli errori e per gli scleri che vi procuro con questi capitoli. (Vi immagino come Bonolis mentre urla "ma cosa fa???") alla fine però spero di farvi emozionare. Comunque vi auguro una buona serata :* ~

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