Capitolo 31


~ Ethan's POV:

Non ho chiuso occhio per tutta la notte. Da quando Parker ha chiesto il mio aiuto, non sono riuscito a staccarmi dal portatile nel tentativo di trovare una soluzione a questo strano caso che da una parte potrebbe essere comune mentre dall'altra non lo è. C'è qualcosa nell'uomo che ci sfugge. Continuo a digitare varie combinazioni alla ricerca di un dettaglio mancante che con ogni probabilità sarà sotto gli occhi di tutti e poi eccolo. «Bingo!» sorrido soddisfatto.
In parte sono preoccupato. Se Parker mette Emma in pericolo giuro che lo faccio fuori! Se lei si fa male, non risponderò delle mie azioni.
Trascrivo quanto scoperto sul fascicolo, passo alla stampa e poi avviso le autorità competenti.
Mio padre mi fissa curioso mentre avvita una protesi sul tavolo da lavoro. Dovrei essere in vacanza invece trovo sempre un lavoro da fare. Toglie la montatura stropicciando gli occhi. «Mi dici che succede?»
«Finalmente ho trovato il dettaglio per risolvere questo caso», inizio.
«Io intendo: mi dici che ti succede? Da quando permetti ad un altro di stare con la tua ragazza? Perché sei così tranquillo?»
Assume la sua espressione attenta e misurata. Quella che riserva sempre ai suoi alunni o clienti. Ultimamente prende seriamente il ruolo di professore universitario e porta a casa parecchio lavoro e anche stress. Ma come padre, è presente.
Dopo il suo incidente lo è sempre.
Prendo posto sulla poltrona nera e metto le mani sul viso. «Da quando l'ho vista e ho parlato con lei. Tornerà da me! Ha solo bisogno di capire da sola che Parker non è il suo lieto fine. Capirà chi ama davvero e incondizionatamente e poi riuscirò a portarla via da questo posto», non so quante volte ho fatto questo discorso. Non credo sia aria fritta perché voglio davvero che tutto questo accada. Attendo con ansia l'attimo in cui lei si renda conto dell'errore che sta commettendo.
«Non sei geloso?»
«Cazzo se lo sono! Ma devo tenere a freno la voglia di fare fuori quel coglione!»
Papà ghigna. «Dovremo tenerti a bada perché conoscendoti, darai di matto!»
Sbuffo. «Sono così prevedibile?»
«No, sei innamorato!» replica.
Mi alzo dal divano. «Bene, se hai smesso di psicanalizzarmi, vado a fare una doccia e mi metto a letto. Domani devo passare dall'ufficio per assicurarmi che quel tizio non si avvicini ancora agli impiegati e ad Emma!»
Papà annuisce tornando sulla protesi e lo lascio tranquillo al suo lavoro.
Entrato in camera, mi guardo attorno. Dopo avere fatto una doccia, mi stendo sul letto. Ho perso il conto delle lettere scritte. Ho perso il conto delle notti insonni passate in questi mesi. Ho perso il conto dei sussulti e della rabbia che sale ogni volta che la vedo avvicinarsi a lui.
Come mi sono ridotto così?
Ripenso alla verità e mi prenderei a pugni da solo. Sto ancora nascondendo qualcosa di importante ad Emma e quando lo saprà non mi guarderà più negli occhi. Si arrabbierà. Anch'io mi arrabbierei.
Il ticchettio della sveglia, il rumore delle auto per strada, il buio, mi accompagnano verso il sonno.

Il risveglio credo sia il momento più brutto per me. Non trovo nessuno accanto e il mio cuore come sempre perde un battito.
Mi trascino in cucina accendendo la tivù. Mangio svogliatamente una manciata di cereali con dello yogurt.
Di punto in bianco il mio telefono inizia a squillare.
«Evans!»
«Sono il sergente Gibson. Ha saputo che l'uomo ha colpito ancora?»
«Cosa? No!» sono già in piedi. Inizio a fare avanti e indietro per la cucina.
«Temiamo possa tornare in ufficio!»
Stringo il pugno in vita. «Ci penso io!»
«Manderemo una squadra se sarà necessario. Ci avvisi!»
Dopo la chiamata mi sento tremendamente in ansia. Digito il numero dell'ufficio.
«Ufficio dell'avvocato Johansson sono Tea, posso esserle utile?»
«Tea sono Ethan, ti ricorderai di me quindi evitiamo i convenevoli. Passami il tuo capo immediatamente!»
«Il signor Johansson non è ancora arrivato», replica quasi strillando agitata dal mio tono.
«Mi passi uno dei soci allora o George!» sbraito.
«Un momento», replica la vocina.
Attendo due minuti di troppo mentre i miei nervi vengono messi a dura prova. Di punto in bianco sento la voce di un uomo.
«Sono George...»
Non ragiono. «Ascoltami attentamente. Se solo vengo a sapere che Emma si fa male, tu e la tua squadra di avvocati da quattro soldi ritenetevi responsabili e morti! Non è una minaccia la mia, è un dato di fatto! Se si fa male voi pagherete a caro prezzo! Adesso ti spiego brevemente cosa sta succedendo e tu dovrai eseguire gli ordini intesi?»
«Parker mi aveva avvertito che avresti messo l'ufficio a soqquadro. Non mi aspettavo che questo giorno sarebbe arrivato così in fretta. Comunque si, dimmi cosa devo fare»
«Tenete Emma lontana dall'ufficio. Lei non deve essere lì dentro per nessuna ragione! Secondo manderò una squadra speciale qualora il tizio si ripresenti intesi? Terzo stanno già arrivando i primi rinforzi quindi lasciate fare alla polizia il proprio lavoro. È stato diffuso un mandato di cattura. Presto metteremo quel bastardo dietro le sbarre. Se è furbo quanto crede di essere, non tornerà al contrario troverà una bella trappola.»
Papà entra in cucina mentre parlo animatamente con George o meglio mentre sbraito dietro la cornetta contro quell'uomo che ascolta e iniziando a dare ordini.
Dopo la chiamata, mi sento nervoso. Ho l'istinto di andare personalmente in ufficio per assicurarmi che Emma non entri e rimanga al sicuro. Quell'uomo ha già colpito più di una volta premeditando la morte del fratello. Purtroppo non ha ottenuto la sua vendetta e per questo ora tenta di farsi ragione da solo.
I minuti passano e i miei nervi saltano. Inizio a sbattere le porte e ad aggiustare vecchie protesi usate per fare pratica. Prendo un martello e inizio a picchiarlo contro il titanio.
Avvio nel frattempo una chiamata.
«Ehi»
«Emma, dimmi che non sei in ufficio», dico agitato tentando di modulare il tono della voce ma senza successo.
«Si, sono appena arrivata. Oggi c'è un gran trambusto.»
Picchio forte il martello sul tavolo da lavoro. Merda, lo sapevo. Io lo sapevo!
«Ho fatto delle ricerche e ho scoperto...»
«So cosa hai scoperto. Ho fatto anch'io le ricerche e ho trovato la soluzione al caso.»
Sorrido orgoglioso. Tipico di Emma. La immagino mentre passa la notte in bianco per trovare la soluzione. È una forza della natura. I pensieri positivi su di lei si inclinano ripensando al pericolo che sta correndo.
«Non è un gioco. Se non stai attenta, quel maniaco ti farà del male prima che tu te ne renda conto! Come è possibile che lui ti abbia chiesto di aiutarlo? Se ti succede qualcosa io, io...»
«Ethan calmati. Sto bene. Non succederà niente. Quell'uomo non si avvicinerà a me.»
Sta mentendo. C'è qualcosa nel suo tono di voce che non mi convince. Sta avendo paura di qualcosa.
«Lo spero.» Sbuffo irato e frustrato. Vorrei essere lì con lei per proteggerla ma accanto ha di sicuro il suo ragazzo. Il pensiero mi colpisce facendo male, male dentro. «Come stai?»
«Sto bene. Tu?»
Mente ancora. «Preoccupato. Se ti succede qualcosa lo ammazzo!» lascio uscire ogni pensiero. Non riesco più a trattenermi. Sono preoccupato. Dannazione!
Sbatto con forza il martello rompendo parte della protesi in titanio. Non so come ma ci sono riuscito. Mio padre inizia ad urlare di smetterla. Immagino Emma intenta a sorridere per questo breve rimprovero. A malincuore dico: «Adesso devo andare. Richiama per farmi sapere che sei a casa sana e salva o ti giuro che metto sottosopra quel cazzo di ufficio.»
Starà alzando gli occhi al cielo sicura che la mia non è una promessa a vuoto. In fondo ho già messo sull'attenti l'ufficio. «Va bene. Ti scrivo dopo.»
Dopo la chiamava getto il martello come se mi fossi appena scottato. Mi rialzo dal tavolo da lavoro e inizio a camminare avanti e indietro per lo studio mentre mio padre posa una tazza fumante sul mobile.
Mando giù il liquido mentre mi guarda inarcando un sopracciglio. «Succederà qualcosa, me lo sento!»
«Andrai a controllare non è vero? Prima dovresti passare da Anya. Ha bisogno di aiuto in casa e con delle commissioni, Mark è in ufficio oggi. Puoi portarla qui così starò io con lei!»
«Va bene», vado a cambiarmi e in meno di dieci minuti sono già sotto casa di Anya.
Mia sorella mi accoglie con un gran sorriso. Tocco subito la sua pancia in bella vista. «Come sta la mia principessa?» domando stampandole un bacio affettuoso sulla tempia.
Anya fa una smorfia perché ho pensato solo alla sua bambina. È gelosa e mi diverte punzecchiarla.
«La tua principessa prima o poi uscirà e ti picchierà!» ridacchia.
«Non vedo l'ora!» mostro il mio sorriso e poi torno serio.
Anya si accorge che qualcosa mi preoccupa. Si siede sul divano battendo il palmo accanto a lei.
La raggiungo e sospiro. Inizio a raccontarle del caso, di Parker e della strana mattinata. Ammetto le mie paure e la mia voglia di correre in quell'ufficio per assicurarmi che Emma stia effettivamente bene.
Anya sembra riflettere sul mio discorso. «Mi accompagni da papà e poi vai a controllare. Vedrai che starà bene», prova a rassicurarmi.
La aiuto a fare la spesa poi la lascio sotto il portone di casa.
Mentre sto per entrare in auto il mio telefono inizia a squillare. «Evans!»
«Abbiamo bisogno di lei in ufficio signore!»
Ogni muscolo si tende. L'affanno del ragazzo dietro la cornetta non mi piace affatto. «Arrivo subito!»
«Chiami la squadra!»
Avviso il sergente e poi premo sull'acceleratore come un pazzo. Per fortuna non sono costretto a fermarmi davanti ai semafori.
Arrivo in ufficio e noto la squadra pronta dietro le vetrate. Il tenente si avvicina stringendo la mia mano. «Si assicuri che gli ostaggi stiano bene poi faccia cenno e bloccheremo quel bastardo!»
Con cautela entro in ufficio dirigendomi al piano in cui tutto sta andando a rotoli. Mentre salgo spero che Emma sia al sicuro. Lo spero con tutto il cuore. Seguo gli avvocati e qualche giornalista verso la sala e poi mi blocco. Mi rendo conto in fretta della situazione, lancio uno sguardo carico di disprezzo all'uomo che tiene Emma in trappola puntandole un coltello sulla gola e avanzo pronto a disarmarlo e a salvare la ragazza impaurita che ho davanti. Non so spiegare cosa sto provando. Da una parte ho paura mentre dall'altra ho l'istinto di rubare l'arma ad un collega e fare fuori quel pazzo salvando la mia piccola principessa coraggiosa. So cosa sta rivivendo e il mio cuore si contrae dolorosamente per lei. Tenta di fare la forte ma non lo è. Continua a trattenere le lacrime dentro.
«Fermo!», l'uomo preme la lama sul collo dalla quale sgorga altro sangue.
Deglutisco. Parker mi blocca per un braccio scrollo la presa e lo spingo incapace di trattenermi. «Ti avevo detto di tenerla lontana da questo posto oggi! Noi due faremo i conti più tardi.»
George prende la parola in modo pratico ma sta sudando freddo. È nervoso ed evidentemente non si è mai ritrovato in una situazione del genere. «Cosa vuoi?», domanda.
«Voglio delle garanzie!» risponde l'uomo. Sta già cedendo alla tensione.
«Che tipo di garanzie?»
«Uscirò da questo posto illeso e tornerò tranquillo alla mia attività. Nessuno dovrà sapere che cosa ho fatto!»
«Che cosa hai fatto? Diglielo!», Emma sussurra senza fiato per l'agitazione e la paura.
L'uomo stringe la presa strattonandola e schiaffeggiandola. «Zitta stronza!».
Parker fa un passo avanti a denti stretti e a pugni serrati ma questa volta sono io a fermarlo. «Non, toccarla!» ringhia con il petto scosso e gli occhi annebbiati dalla furia.
So come si sta sentendo. Sto provando la stessa sensazione.
L'uomo ride. «Sapete: è stato facile costringere la propria dipendente ad aiutarmi. Alla fine non sono proprio riuscito a trattenermi. Avvelenarlo era l'unica cosa che non poteva creare sospetti.»
«Sei un mostro e non un fratello. Hai premeditato tutto, sei una persona riprovevole!»
L'uomo la colpisce e lei finisce a terra prima di essere sollevata ancora e sbattuta contro il muro.
Questo è davvero troppo. Faccio un passo avanti.
«Voi ora vi sedete, contattate i vostri amici e mi fate uscire libero da questo fottuto posto!»
«Lasciala andare!» urlo incapace di tenere a freno la rabbia.
«No, no, no! Qui dentro do ordini solo io! Lei è la mia garanzia. Vedo che tenete molto a lei. Ve la restituirò intera se mi accontenterete altrimenti...», fa il segno della gola tagliata. «Ho già messo KO quelle guardie» le indica mentre i paramedici tentano di tutto per salvarle. Uno di loro prende parola. «Dobbiamo portarli in ospedale»
L'uomo scuote la testa. «Nessuno esce da questo posto fino a quando io non sarò libero!»
L'uomo è freddo e distaccato. Non sa che non appena uscirà dall'ufficio verrà arrestato o peggio, ucciso.
Inizia un certo brusio in sala. Mi sento sopraffatto e stanco. Non posso muovermi. Non posso disarmare quell'uomo senza che Emma venga ferita. Iniziano le trattazioni ma di punto in bianco, entra la squadra della polizia. Tengono le armi puntate verso l'uomo che nel frattempo si fa scudo con il corpo minuscolo di Emma. Che verme!
Sbarra gli occhi intuendo che non avrà nessuna via d'uscita. «Avevo detto niente sbirri! Bastardi!» stringe la presa e preme ancora di più la lama sulla gola di Emma. «Salutate la vostra amica!»
Lei scoppia in lacrime agitandosi leggermente mentre si incamminano verso l'uscita del piano.
Stringo i pugni accaldato ed esco immediatamente dalla sala. Emma se ne sta contro il muro e sta ridendo mentre il ragazzo della polizia le fa cenno di agire e colpire l'uomo. Lei piange poi come se avesse appena ricevuto una scarica di adrenalina, risponde a tono e quando l'uomo tenta di colpirla gli da un calcio in mezzo alle gambe. L'uomo si piega e in breve viene disarmato. Ci vogliono ben tre agenti per tenerlo fermo. Corro ad ammanettarlo e rispondo con un calcio per farlo stare fermo.
Parker corre ad abbracciarla mentre lei scoppia in lacrime.
Quando l'uomo lo provoca si rialza e con una forza impressionante gli molla un pugno in faccia facendolo crollare. Torna da Emma sbraitando contro i paramedici. Emma trema e viene avvolta da una coperta termica. Non resisto più mi avvicino a lei, spingo Parker e prendo il suo viso tra le mie mani.
«Tutto ok?» che domanda stupida è ovvio che è impaurita.
Fa cenno di no con la testa. «È stato orribile!» ammette tra i singhiozzi. Stringo i denti. «Posso portarti via da questo posto?»
«Ci vediamo a casa ok?» tira su con il naso.
Capisco subito. «Ok piccola», le bacio una guancia con possesso e a grandi falcate vado via spingendo chiunque mi si pari davanti.
Non sono arrabbiato con lei ma con me stesso. Devo dirle la verità.

Entro in auto e chiamo tutti, da Anya a Lexa. Dobbiamo assolutamente starle accanto.
Arrivo a casa sbattendo la porta della mia stanza e sfogo la rabbia contro il muro. Dopo essermi scaricato del tutto, disinfetto le nocche e torno in cucina, quando Anya è pronta saluta papà e usciamo di casa.
In auto la temperatura è quasi asfissiante. Sono costretto ad aprire i finestrini nonostante il freddo dell'invero.
«Sicuro di volerlo fare?»
«Si»
«Ti stai solo facendo del male così!»
«Lo so!»
Anya si volta stupita. «Lo sai e non reagisci? Dov'è finito mio fratello?»
«Non posso obbligarla. Devo solo trattenermi e lasciarla libera di scegliere. In fondo andrò ancora via!»
Anya fa una smorfia e non ribatte.
Arriviamo davanti la porta e troviamo Lexa e David già in attesa.
Al loro arrivo, Emma e Parker ci trovano impalati e preoccupati. La mia principessa non lascia trapelare i suoi sentimenti. Lancia uno sguardo alle mie nocche. Piego le dita doloranti e distolgo lo sguardo. So a cosa sta pensando ma non deve preoccuparsi anche per me.
Mi siedo rigido sul divano mentre vorrei prendere a pugni Parker che sconvolto segue Emma nella sua camera. Anya stringe la mia mano come se avesse appena capito i miei cattivi pensieri.
Quando lui torna, si siede rigido sul divano ma non parla per gran parte del tempo. Sembra assorto.
Emma torna dopo un paio di interminabili minuti indossando una tuta. Mio padre le medica subito la ferita anche se lei sembra infastidita e stanca.
Mark prova a farmi svagare parlandomi ma ho solo occhi per lei. Come faccio? Come faccio a resistere?
Di punto in bianco Mark si sposta verso mio padre.
Sento una mano sulla spalla e mi volto e prima ancora che io me ne renda conto lei mi sta abbracciando. Chiudo gli occhi inspirando il suo buonissimo profumo. Dio, quanto la amo.
«Non è successo niente ok? Sono qui! Sto bene!», prova a rassicurarmi. Ha paura di una mia pessima reazione? Ho già sfogato la rabbia contro il muro.
La stringo forte. «Se ti fosse accaduto qualcosa... Io, io non me lo sarei mai perdonato», mormoro ringhiando. Vorrei tanto baciarla e scaricare la tensione ma non le faccio ulteriormente male perché capisco la sua indecisione.
«Sto bene e anche tu stai bene. È quello che conta.»
Bacio la sua fronte trattenendo le labbra sulla sua pelle fresca e morbida. «Ti porterò via da qui! È una promessa. Ti porterò via da qui anche con la forza se sarà necessario.» Digrigno i denti. «Fosse l'ultima cosa che faccio!» prometto a me stesso.
Anya ci interrompe. Emma mi abbraccia ancora poi ci dirigiamo a tavola.
Continuo a minacciare Parker con lo sguardo e lui ricambia.
Dopo cena ci spostiamo in soggiorno. La vedo scherzare con lui, abbracciarlo in quel piccolo angolo di cucina e incasso il colpo. Vorrei esserci io. La gelosia torna di colpo a mangiarmi vivo.
Quando lui torna in soggiorno, giochiamo pareggiando. Emma arriva con delle coppette di gelato calmando gli animi poi sceglie un film e si siede accanto a Parker sfinita.
La guardo mentre i suoi occhi si chiudono e il mio cuore ritrova per un momento la pace. Mi rialzo e torno a casa lasciandoli tutti insieme. Ho bisogno di aria. Ho bisogno di allontanarmi da lei perché tutto questo è malsano. Non posso continuare in questo modo.
Sbatto la porta e mi trascino nella mia stanza. Scivolo lungo la porta e scoppio in lacrime. Continuo a piangere come un ragazzino e a sentirmi un completo disastro.
Mi rialzo prendendomi per stupido da solo e sentendo il bisogno di scrivere mi siedo dietro la scrivania.

"Ciao piccola,
Ho scritto così tante lettere che questa mi sembra la più ovvia e la più inutile.
Sto piangendo. Già, il tuo Ethan sta frignando come un ragazzino perché non riesce più a sostenere questa situazione.
Ho bisogno di te nella mia vita perché tu riesci a completarmi e a placare quel lato oscuro della mia esistenza. Ho bisogno delle tue attenzioni, dei tuoi sorrisi, dei tuoi rimproveri, dei tuoi capricci. Mi è sempre piaciuto punzecchiarti o litigare con te e poi trovare il modo per fare pace.
Dopo questa giornata sfiancante a cui si uniscono lacrime e dolore, vorrei essere io quello che può abbracciarti o guardarti dormire.
Lui non ti merita. Lui non merita le tue attenzioni perché non ti conosce davvero. A noi basta uno sguardo per capirci mentre lui ha bisogno di parole per comprenderti.
Sono arrabbiato, geloso e non riesco proprio a continuare con questa storia. Non posso continuare a trattenermi perché sto male. Ho preso questa decisione. Sarò freddo e distaccato. Non mi vedrai più come prima perché sto male. Sto male perché ti amo. Sto male perché ti voglio accanto a me, mano nella mano. Sto male perché tu sei..."

Strappo in due la lettera e ringhiando adorato la accartoccio gettandola con foga per terra. Asciugo con un gesto secco le lacrime e alzandomi dalla scrivania faccio due passi prima di stendermi sul letto. Nascondo il viso sotto il cuscino e lascio alla rabbia e al dolore la forza di consumarmi.

N/A:
~ A volte bisogna proprio gettare la spugna per potere avere un nuovo inizio. Ci sentiamo stanchi di fronte alla solita monotonia o alla solita situazione sfiancante e snervante. A volte bisogna scegliersi, si, proprio così. Bisogna scegliersi e andare avanti anche se farà male. Anche se sarà difficile e doloroso...
~ Ethan sta chiudendo davvero i ponti con Emma? Si è davvero stancato? L'amore che
nutre per Emma sarà così forte da non fargli gettare completamente la spugna? Cosa farà? Quale sarà la sua reazione?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Perdonatemi per gli errori. Come sapete spesso scrivo di getto e non sempre riesco a vedere gli errori. Volevo ringraziare quelle persone che continuano a sperare in un lieto fine reale e immaginario.
Vi auguro una buona giornata!!! :* ~

#EMVANS ❤️

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