Capitolo 29

«Principessa svegliati!»
Mi nascondo sotto il lenzuolo. Da dove è sbucato fuori? «Che ore sono?», borbotto con voce roca. Mi sento indolenzita.
«Sono le sette. Alzati!»
Mi alzo di scatto trattenendo un ringhio. Merda, devo prepararmi per il lavoro penso subito. Odio essere svegliata di scatto. Mi guardo attorno stordita. Come sono arrivata qui dentro? lo fulmino con lo sguardo. «Mi hai messo tu a letto?»
Gattona verso di me e alza il mento con le sue dita in modo che io possa guardarlo meglio. «Hai dormito comoda no?», sorride e stampa un bacio sulle mie labbra. Un bacio troppo a stampo e corto per i miei gusti.
«Tu dove hai dormito?», domando stordita.
«Accanto a te. Dove dovevo dormire?»
Aggrotto le sopracciglia e passo una mano tra i capelli. «Stai dicendo che mi sono addormentata, mi hai messo a letto e ti sei sdraiato accanto a me?»
Annuisce rialzandosi dal letto. «La colazione è pronta. Dobbiamo essere in ufficio in orario.»
«Cosa?», domando alzando il tono della voce. «Che cosa significa?»
«Mi servi in ufficio per un caso. Ho già chiamato il tuo capo questa mattina e mi ha concesso qualche giorno. Ha parlato di un aumento.» Gratta la tempia pensieroso.
Mi alzo dal letto come una furia e mi avvicino a lui. «E quando pensavi di dirmi che hai organizzato le mie giornate? Sei impazzito?», a grandi falcate recupero i tacchi e poi mi avvio all'entrata. Parker mi blocca per un braccio facendomi voltare. «Te lo sto dicendo ora», si fa serio. Il suo sguardo diventa freddo e distaccato.
Mi infurio maggiormente. «Non sono un pacco postale! Hai agito di nuovo alle mie spalle e pretendi che io lavori ancora con te? A che gioco stai giocando? Mi addormento sul divano, tra le tue braccia e mi ritrovo sul tuo letto. Devo andare al lavoro e tu decidi di spostarmi nel tuo ufficio per un "caso". Chiami anche il mio nuovo capo senza avere sentito prima il mio pensiero a riguardo. Sei proprio uno stronzo!», apro la porta ma la richiuse e vi si appoggia tranquillo. Sospira stropicciando gli occhi. «Non avresti accettato se lo chiedevo. Per favore: possiamo fare colazione e parlarne in modo tranquillo?»
Abbasso le spalle e sbuffo. Riesce a fare uscire il peggio di me. Riesce anche a convincermi. Continuo a fulminarlo con lo sguardo mentre mi avvio in cucina. Ha preparato la tavola e i pancake. Quando si è svegliato?
Gli lancio ancora uno sguardo di sbieco. Attorno c'è un odore invitante e la temperatura nell'ambiente è calda e accogliente. Peccato per il mio umore che si è inclinato drasticamente. Mi siedo e azzanno un pancake. Non ho fame ma sono nervosa. Parker se ne accorge, sposta subito la mia sedia trascinandola davanti alla sua e toglie dalla mia mano la forchetta. «Ok Emma, ho sbagliato ancora. Mi dispiace. Ti andrebbe di aiutarmi in ufficio per un caso? Ho bisogno del tuo aiuto.» Usa un tono serio e il suo sguardo mi prega di non fare la difficile. Incrocio le braccia e sbuffo. «Verrò solo in ufficio dopo di che me ne andrò a casa», ringhio.
Sorride raggiante e morde un pezzo di toast soddisfatto. Mi alzo dalla sedia scuotendo la testa e mi richiudo nel bagno. Tolgo gli indumenti stropicciati e mi infilo nella doccia dove provo a calmarmi. Sono ancora parecchio arrabbiata con Parker. In fondo è già perdonato ma gliela farò sudare. Lo punzecchierò un bel po' per vendicarmi. Uscita dalla doccia, cerco dei vestiti puliti e comodi e sistemo i capelli arruffati.
Parker entra in bagno appoggiandosi contro lo stipite. «Sei sexy quando ti arrabbi», sorride e scatta in avanti. Afferra la mia vita e poi mi bacia con passione premendo il mio corpo contro le piastrelle fredde del bagno. «Mi tratterrei volentieri ma dobbiamo lavorare», mormora sulle mie labbra. Gliele mordo e poi le succhio stringendo la presa sulla sua giacca. Geme e quando lo lascio andare, si stacca intontito.
«Ti trattieni troppo e a me non sembra di avere fatto nessuna scommessa.» Lo supero e recupero la borsa. «Ho detto che ti aiuterò e non che mi tratterrò», sorrido e facendogli l'occhiolino apro la porta.
Mentre siamo in auto, chiamo Lexa per avvertirla che con ogni probabilità non ci vedremo nel pomeriggio. Mi risponde strillando: «che significa che non ci vedremo? Che cazzo ha fatto? Io lo ammazzo con le mie mani questa volta! Dovevamo finire insieme quel servizio fotografico. Non puoi abbandonarmi
Trattengo una risata per non farla incendiare ulteriormente. «Sai com'è fatto...», lancio uno sguardo divertito a Parker il quale guida e ascolta la conversazione con finta indifferenza. «Comanda su tutto. Peccato che andrà in bianco per un po'.» Rido quando si volta allarmato. «Finiremo quel servizio ok? Intanto mi divertirò con mister prepotente». Metto una mano sulla cornetta. «Fermati alla tavola calda e prendi una ciambella al cioccolato e caffè con panna per Tea grazie!», ordino.
Parker si ferma e si allontana quasi divertito dai miei toni.
«Sarà meglio che chiudi le gambe con quel ragazzo allora. Fagliela pagare questa. Passo da te questa sera e voglio i dettagli.  Inviti anche Anya? Mangiamo cinese?»
«Gamberi e riso?», domando subito.
«Perfetto tesoro! A sta sera.»
Scrivo un messaggio ad Anya invitandola mentre Parker posa un sacchetto sotto il mio naso e continua a guidare. Sorrido sotto i baffi mentre leggo il messaggio che la mia amica ha inviato dove accetta.
Ci fermiamo di fronte all'ufficio. Mi apre la portiera offrendomi la sua mano. La rifiuto passando avanti con una certa sicurezza. Poco prima di entrare dalla porta girevole, afferra la mia mano e la stringe con forza. «Si, voglio entrare mano nella mano con te», afferma tranquillo. «E no, non mi imbarazza affatto.» Pigia il tasto del piano e attendiamo che le porte si aprano.
Quando arrivo Tea si illumina e gira dal bancone per salutarmi. Alzo il sacchetto. «Sorpresa!», sorrido. Stringe il sacchetto grata e poi mi abbraccia.
«Ti aspetto in ufficio», Parker si incammina. Noto che molte persone si sono alzate dalle loro postazioni per vedere meglio. Trattengo l'imbarazzo.
«State di nuovo insieme?»
«Ci stiamo lavorando», sospiro.
Ritrovarmi in ufficio mi fa sentire stranamente meglio. Questa era la mia casa qualche mese fa. Mi domando chi abbia il mio piccolo quadratino. Tea si accorge della mia espressione e prende la mia mano. «Non ha voluto che qualcuno lo prendesse. È ancora come lo hai lasciato.» Sorride e torna dietro la scrivania. «Pranziamo insieme?»
Indietreggio, «contaci! Vado a lavorare o il capo mi licenzia», ridacchiamo.
Per abitudine busso alla porta e poi entro. Trovo Parker seduto dietro la scrivania con delle carte tra le mani. Alza lo sguardo e alzandosi mi raggiunge. Preme il suo corpo contro il mio e sfiora le mie labbra. «È bello averla di nuovo qui signorina», passa le labbra sul mio collo. Ansimo e schiarisco la voce. «Sono qui per lavoro signore», con la mano sul suo petto oppongo resistenza. Voglio proprio vedere quanto resiste. «Prima risolviamo la questione prima ritorno nel mio ufficio a qualche isolato da qui, lontano da lei.» Una sedia è sistemata accanto alla sua. Mi avvicino cauta prendendo posto. Parker sembra colpito dal mio tono e dalla mia risposta. Si sistema e mi passa una copia del caso.
Si tratta di una storia sentita in tivù. Un caso mediatico insomma. Un tentato omicidio ai danni di uno degli avvocati dell'ufficio che si trova ancora in ospedale in condizioni gravi. Credono sia stato avvelenato perché quando lo hanno trovato a terra quasi cianotico, è stata ritrovata una tazza di caffè a terra con delle impronte e una strana sostanza che se ingerita a grandi quantità può provocare asfissia. Sono state accusate due ragazze e secondo Parker ingiustamente. Una era segretaria dell'uomo mentre l'altra era la ragazza della caffetteria. Non avevano dei moventi. La segretaria era stata assunta da poco mentre la ragazza del bar non conosceva direttamente l'avvocato.
Parker sembra assorto. Continua a rileggere gli articoli e gli esami arrivati dalla scientifica. «C'è qualcosa che ci sfugge», mormora con una mano tra il mento e le labbra. Aggrotta la fronte e sospira. Passa la mano sul viso e poi stropiccia gli occhi prima di tirare la sedia indietro e attirarmi su di sé.
Gli getto le braccia al collo. «Potevo ucciderti con un caffè e non l'ho fatto», ridacchio. Massaggio le sue spalle e aspetto che si riposi un momento sotto il mio tocco delicato.
«Devo preoccuparmi?», stringe i miei fianchi contro la sua vita. Trattengo il fiato e prendo il suo viso tra le mani. Sfiora le mie labbra con le sue e poi mi bacia. Annuisco ricambiando il bacio.
«Da oggi rifiuterò i tuoi caffè», ridiamo.
Qualcuno bussa alla porta. Torno al mio posto e accendo lo schermo del computer. Parker sistema la giacca e dice: "avanti".
Tea fa capolino con un paio di fogli. «Signore, ha chiamato di nuovo il proprietario della caffetteria. Vuole parlare con lei.»
«Hai risposto che dovrebbe parlare con il suo avvocato e non con me?»
Tea annuisce anche se sembra in difficoltà. Morde il labbro e capisco che sta per aggiungere altro. «Si è presentato poco fa. Se ne sta seduto in sala e attende signore.»
Parker si alza e sobbalziamo entrambe. Aspettiamo la sua sfuriata ma non arriva. «Ok grazie Tea. Risolvo io!», sospira e mi guarda mentre Tea se ne va di corsa. «Devo chiamare la polizia per avvertirla e anche l'avvocato. Potresti chiedere a Ethan cosa possiamo fare?»
Spalanco gli occhi. «Cosa?», balbetto battendo le palpebre incredula. «Non posso», rispondo senza fiato.
«Si che puoi. Non te lo chiederei ma quell'uomo ha qualcosa che non mi convince. Si è piombato spesso in questo ufficio chiedendo di parlare con me e ogni volta ha fatto domande su domande sul caso alle mie dipendenti.»
«Parlaci tu con Ethan! È una settimana che non lo vedo e non lo sento. Non puoi chiedermi di fare una cosa del genere dopo che vi siete presi a pugni in casa mia e tu te ne sei andato infuriato. Io mi occupo del signore», mi alzo e prima che possa ribattere sono già alla porta.
«Emma potrebbe essere pericoloso», sbraita. «Sei sicura?»
«Lo capirò quando lo avrò visto con i miei occhi.» Apro la porta e con decisione mi avvio verso la sala.
Un uomo sulla trentina, basso e grassoccio, siede su uno dei divani in pelle nera. Si alza al mio arrivo e sorride in modo inquietante. Sento un brivido ma mantengo la compostezza.
Domanda subito: «Lei l'avvocato che si sta occupando della mia dipendente?»
Siedo di fronte a lui. «Perché è venuto qui?»
Arrossisce guardandosi attorno. Deglutisce e gratta la tempia. «Ho il diritto di sapere come va. Ho il diritto di sapere come andrà a finire...»
Mi alzo interrompendolo. «Ha anche il diritto di rimanere in silenzio e di non interferire con le indagini. Non sono il suo avvocato e non posso parlarle del caso. La pregherei di tornare al suo lavoro e lasciare alla giustizia di provvedere per la sua dipendente.» Indico la porta.
L'uomo arrossisce e annuisce. «Mi scusi. Non volevo farle perdere del tempo. Sono solo preoccupato per la mia dipendente.»
Annuisco in modo indifferente e lo guardo mentre va via. Torno turbata in ufficio e mi siedo pensierosa. Parker parla al telefono e di tanto in tanto prende appunti alzando il tono della voce e incupendosi.
Mordo il labbro e digito sul motore di ricerca il nome di quell'uomo che poco prima avevo davanti. Il suo sorriso inquietante e la finta innocenzabmi inducono a pensare che ci sia qualcosa di sinistro sul suo comportamento. Perché venire qui in ufficio quando ha un altro avvocato? Perché interessarsi così tanto della dipendente?
Trovo delle pagine sul locale, sul successo avuto i primi anni. C'è qualcosa che ci sta sfuggendo penso subito. Ma cosa?
Parker posa il telefono e mi lancia uno sguardo. «Sei riuscita a mandarlo via?» Annuisco. «Bene. Andiamo a pranzo?»
Lo seguo in silenzio e ancora assorta tra i miei pensieri. Mi siedo mentre Parker va a prendere da mangiare e nel frattempo arriva anche Tea. Sembra ancora scossa e turbata. «Tornerà, lo fa sempre», fissa il tovagliolo. «E' un uomo inquietante»
«Non avete contattato la polizia?»
Tea fa di no con la testa e poi saluta George che sembra non avere una bella cera. Questo caso sta coinvolgendo ogni avvocato del paese. George per quel che so era molto amico della vittima e sembra scosso quanto gli altri. Dice che è passato a trovare il suo amico in ospedale, è ancora in coma. Scuote la testa e mangia svogliato mentre con Parker discutono sul da farsi e su come agire con l'uomo che continua a passare dall'ufficio per avere notizie.
«Dobbiamo chiedere un'ordine restrittivo. Quell'uomo ha un non so che di strano. È stato interrogato ma non ha dato risposte adeguate.»
Mi isolo ancora una volta dai loro discorsi. La situazione sembra stia sfuggendo di mano a tutti. La gente chiacchiera di questo. Non si parla di altro. Il brusio, i suoni, i rumori, i profumi, iniziano a confondermi. Scosto la sedia e senza fiato mi alzo e corro subito fuori. Prendo il telefono e chiamo Lexa. Lei mi farà ragionare.
Esordisce: «Che succede? Hai ucciso il capo e vuoi aiuto per seppellirlo?»
Torno a respirare. «No, non riuscivo a respirare...», le racconto in breve la situazione liberandomi di un peso. Non so perché però inizio a sentirmi meglio dopo averne parlato con lei. È la mia migliore amica e con lei so di potere parlare tranquillamente.
«Cazzo che situazione. Parker ti ha davvero chiesto di chiamare Ethan? Che idiota!»
Riesce a farmi ridere e la ringrazio. Ultimamente è arrabbiata con Parker. Dopo la scorsa settimana non lo difende più come prima. Non la biasimo per questo. Anche a me lui fa uscire di senno.
Torno a tavola e Parker posa una mano sulla mia schiena facendomi sobbalzare prima di sussurrare contro il mio orecchio: «Tutto bene?»
«Ho solo avuto bisogno di un momento per riprendermi.» Allontano il piatto ancora intatto e mi guardo attorno.

Tornati in ufficio, continuiamo con lo studio del caso. Provo ancora una volta a trovare informazioni su internet ma non riscontro nessun risultato interessante. Scosto la sedia e sospiro. Mi sento stanchissima e tutto questo non ci porterà a niente.
«Sei stanca? Chiudiamo tutto e torniamo a casa?»
«Questa sera ceno con le mie amiche.»
«Ho ancora due ore del tuo tempo. Ti ricordo che verrai anche pagata.»
Apro e richiudo la bocca per non rispondere male. Mi sta provocando e oggi è stata una giornata abbastanza impegnativa. «E cosa hai intenzione di fare in queste due ore di tempo?»
Si alza e prende i nostri cappotti. «Andiamo a divertirci», afferra la mia mano e mi trascina fuori.
L'aria è fredda e il cielo è grigio. Minaccia pioggia o peggio neve. Dalla bocca escono nuvole di fumo. Mi sistemo sul sedile e tento di riscaldarmi quando accende il riscaldamento. Poggio le dita sul condotto di ventilazione e guardo curiosa Parker mentre guida attento nascondendo le sue intenzioni. Abbiamo due ore ancora. Due ore da trascorrere insieme ma non ho idea su cosa abbia in mente di fare. Spero sia davvero divertente per come ha progettato.
Ci fermiamo al parco acquatico. Mi illumino immediatamente e metto le mani a coppa davanti. Ho voglia di strillare ma trattengo l'entusiasmo. Quando usciamo dall'auto gli getto le braccia al collo e lo bacio per ringraziarlo.
È stato il primo posto in cui abbiamo avuto un vero appuntamento anche se di notte. Ho dei ricordi belli e spero che anche questo possa essere altrettanto bello e divertente.
Parker mi trattiene contro lo sportello dell'auto già chiuso. Stringe i miei fianchi e mi bacia con passione. Mi stacco affannata «Il posto è ancora troppo pieno per certe cose», ridacchio con malizia e mi avvio all'entrata. Parker scuote la testa ma è divertito e mi segue in fretta mostrando i nostri badge. Glielo strappo dalle mani quando superiamo la fila e spalanco la bocca stupita. «E questi?», saltello eccitata.
Trattiene una risata e con un braccio attorno alla mia vita mi porta verso l'attrazione principale. «Li ho fatti fare di recente. Non sapevo se ci saremmo mai ritornati però credevo fosse un'idea carina. So di non essere poi così romantico, sto cercando di migliorare, per te.»
Mi fermo con un sorriso e il tesserino in mano. Dovremmo appenderli al collo ma sto godendo del momento come una groupie che corre dietro al suo cantante. Mi alzo sulle punte e lo abbraccio mentre la folla ci supera dopo averci lanciato qualche sguardo. «Sei il ragazzo più romantico che io abbia conosciuto e dico sul serio.» Bacio le sue labbra con delicatezza e avverto il suo fremito.
Purtroppo viene riconosciuto e poco dopo pure io. Alcune ragazze si fermano per una foto mentre altre mi domandano se sarò presente al prossimo evento di beneficenza perchè vorrebbero partecipare e contribuire con le loro famiglie. Non so come abbiano saputo tutto questo ma annuisco e anche se in modo timido faccio conversazione con loro. Non mi abituerò mai a tutto questo. Al liceo non ero popolare o meglio lo sono stata solo per un periodo e non mi è piaciuto. Rimanevo ugualmente in disparte anche quando le ginnaste della scuola mi invitavano al loro tavolo. Preferivo rimanere con i miei due amici sfigati che quando ho conosciuto quel qualcuno mi hanno allontanato per paura di essere fuorviati. Mi domando tutt'ora se ho fatto bene ad uscire dal bozzolo grazie a lui.
Parker si libera dalla piccola folla di ragazzine esaltate e si avvicina mentre osservo dei granchi. «Scusa», sussurra contro l'orecchio. Getto il corpo indietro contro il suo e lascio che le sue labbra tocchino il mio collo. Chiudo per un nano secondo gli occhi e mi beo della sensazione.
Il giro turistico si fa interessante e trascorriamo l'ora successiva ad assistere allo spettacolo dei delfini. Ci spostiamo nella zona dei negozietti e mi perdo un momento di fronte al piccolo banco dei braccialetti. Sfioro una cavogliera con la conchiglia e una con la stella marina. Sono tutti oggetti che riportano al tema del mare ma qui dentro, niente è poi così libero.
«Abbiamo ancora dieci minuti, cosa vuoi fare?»
Ci penso su un momento. «Facciamo un giro in auto e poi mi riporti a casa. Devo sistemare la cucina e il soggiorno prima che le mie amiche invadano casa.»
Parker ci pensa su un momento poi allaccia la cintura e mi porta nel suo bel posto tranquillo. Rimaniamo in silenzio e non accenna ad avvicinarsi a me. Guarda le luci della città che si fondono come stelle nel cielo lontano. Sembra pensieroso ed è davvero bello poterlo osservare dal mio angolo visivo. I lineamenti del suo viso, i suoi occhi chiari aperti e attenti, il suo respiro caldo, il suo profumo tenue che arriva dentro l'anima. Non riesco a trattenermi, avvicino la mano alla sua guancia per sfiorarla e lui si gira con un sorriso che mi mozza il fiato. Afferra le mie dita e le bacia una ad una. Mordo il labbro, ho la pelle d'oca.
«Ti riporto a casa»
«Ok»
Il viaggio è silenzioso. Un silenzio interrotto solo dal rumore del vento fuori e da quello della pioggia che arriva poco prima del nostro arrivo sotto il palazzo. Mi accompagna fino al mio piano e si appoggia alla porta mentre apro. «Bene, sono arrivata sana e salva», sorrido.
Parker sembra incupito e per un momento ho paura che stia pensando a qualcosa di brutto. Mi sorprende quando mi preme contro il muro del corridoio e prende il mio viso tra le mani alzandolo verso il suo. «Rimangono a dormire?»
«Non credo. Ceniamo e poi le mando a letto.» Passo le dita sui suoi capelli morbidi e leggermente bagnati di pioggia.
«Posso passare per darti la buona notte?», parla a poca distanza dalle mie labbra facendomi tremare le gambe.
«Si, certo», balbetto fissando le sue labbra così vicine. Quando mi bacia sollevando i miei glutei, gemo piano e afferro il suo cappotto per tenermi in equilibrio. Si scosta accaldato e bacia la mia tempia. «A dopo», se ne va con un sorrisetto e le guance leggermente rosee.

Anya e Lexa arrivano pochi minuti più tardi. Sistemo il divano e i sacchetti con la cena sul tavolo. «I ragazzi dove sono?», domando loro mentre distribuisco il pollo alle mandorle, i gamberi piccanti e il riso e mi alzo per andare a prendere da bere.
«David lavora come sempre», Lexa lancia uno sguardo alla pancia di Anya e distoglie lo sguardo quando si accorge che la sto guardando. So cosa sta provando. Un vuoto enorme alla bocca dello stomaco e una voragine tremenda sul cuore causata dal senso di perdita.
Anya tocca la sua pancia e assaggia subito un pezzo di pollo alle mandorle non riuscendo a trattenersi. «Mark è con mio padre e mio fratello», biascica. «Oggi ha ricevuto una strana chiamata da Parker. Avete un caso particolare da seguire?»
Poso le bibite sul piccolo tavolo e mi siedo a gambe incrociate, annuisco e prendo la mia porzione di riso.
«Si e Parker le ha chiesto di chiamare tuo fratello. Con quello che stanno passando non avrebbe dovuto», Lexa stappa una birra e mi passa il bicchiere pieno. Ha intenzione di farmi affogare i dispiaceri nell'alcol in questi giorni.
«Ha chiamato lui Ethan», ribatte Anya.
«Si dopo averlo chiesto a lei»
Anya mi lancia uno sguardo facendosi pensierosa e poi affonda ogni pensiero sul cibo che abbiamo di fronte. Lexa si è proprio superata con la cena. Ha ordinato ottimi e deliziosissimi piatti che fanno gola anche solo a guardarli. Nonostante ciò mangio poco e svogliatamente. Parlare del caso, di Ethan, di Parker, vedere il pancino di Anya e l'espressione di Lexa ogni volta che lei lo tocca sotto i nostri occhi, inizia a farmi stare male per lei. Tento di non eclissarmi e di sorridere per non destare sospetti. Finiamo di mangiare e accendiamo la tivù.
«Devo proprio chiedervelo. Come va con il sesso?»
Io e Lexa guardiamo Anya stupite mentre lei sorride come una ragazzina. Ci lanciamo uno sguardo e ridiamo o meglio Lexa tossisce e io arrossisco. Mi sdraio sulle sue ginocchia dopo averle toccato il pancino. «Sono in pausa dal sesso.»
«Io e David stiamo provando nuove posizioni». Lexa si sventola arrossendo. Non credo di averla mia vista così in imbarazzo. Solitamente è molto aperta e spontanea.
«Io e Mark ci coccoliamo. Lui ha paura io invece gli salto addosso. Colpa degli ormoni.»
Ridiamo e iniziamo a chiacchierare spensierate e serene. Stiamo discutendo su delle scarpe viste in rete quando qualcuno bussa alla porta. Mi alzo e vado ad aprire. Trovo Parker davanti con un contenitore tra le mani. «Pensavo vi andasse il dolce.»
Lexa e Anya si guardano e poi strillano entusiaste. Lexa si alza dal divano corre raggiungendoci e strappa dalle mani di Parker il dolce. Sospiro. «Scusale, carenza di zuccheri».
Parker sorride. «Mettine da parte un pezzo. Lo mangeremo assieme.»
«Sei venuto per portarmi il dolce e darmi la buona notte?», afferro il colletto del suo cappotto per avvicinarlo.
«Si, speravo fossi sola», usa un tono dolce.
Lo abbraccio. «Sarò sola dopo il dolce. Puoi rimanere se vuoi».
Parker ci pensa su un momento. «Magari passo di nuovo tra un'ora. In caso ti va di vedermi prima fammi uno squillo.» Bacia la mia fronte e poi le labbra.
Lo lascio andare e torno dentro. Le mie amiche mi aspettano per il dolce. Metto da parte un pezzo di torta al cioccolato che adoro.
«È stato gentile. Acquista punti ai miei occhi ma tiferò sempre per mio fratello, questo lo sai», biascica con la bocca piena di torta Anya.
Caccio in bocca una forchettata di torta e annuisco mentre Lexa mi guarda comprensiva. Lei sa esattamente come mi sento in questi giorni. Per me non è stato facile allontanarmi da Ethan per permettere a Parker di amarmi per come merito. Con Ethan non potrei avere un futuro tranquillo e certo in questo momento. Anche se lo amo come non ho mai amato prima, non posso permettermi di perdermi ancora. Lui è in un periodo di transizione e non potrei stargli lontana. Ho bisogno di costruire qualcosa di solido e sicuro e non castelli di carta che verrebbero spazzati con una folata di vento.
«Si trasferirà dopo Natale Emma. Finirà l'ultimo lavoro e poi cambierà vita. Non sarà difficile per te?»
Allontano il piatto e mi alzo per prendere un bicchiere d'acqua. «Si che sarà difficile! è tutto difficile! Credi che io non ci abbia pensato? Ci penso continuamente. Amo Ethan ma amo anche Parker e sto bene con lui perché c'è stato. Si, abbiamo passato dei brutti momenti ma a chi non è successo? Non posso correre dietro un mulino a vento. Non posso illudermi. Lo amo e lo amerò sempre e farà male ma ora come ora deve andare così che piaccia o meno agli altri.»
Anya fa una smorfia. «Ha messo la testa a posto per te. Sta lavorando duramente per te. Sta smettendo con il suo lavoro per te. È un uomo diverso per te. Capisco che ami Parker e che ti è stato davvero vicino, che ti ama e fa di tutto per te, per non perderti. Ma Ethan è pur sempre mio fratello e gli voglio bene e voglio bene anche a te e ti voglio nella mia famiglia. Io vi ho visto insieme e so che nessuno si ama come vi amate voi due. Non era per offenderti o per litigare, volevo solo che tu sapessi. Ultimamente stai troppo sulla difensiva.»
Abbasso le spalle e metto il viso tra le mani. «Scusate, sono un po' stanca e non so che cosa mi prende.»
Si avvicinano per abbracciarmi. Ridono cercando di farmi il solletico di cui non soffro e loro sanno benissimo i punti che mi danno fastidio. Ci conosciamo bene e tra Anya e Lexa si sta creando una piccola sintonia. Stanno tentando di andare d'accordo e lo stanno facendo per me. Per questo gli voglio bene.

Rimasta sola, accendo il portatile e rimetto in ordine la cucina e il soggiorno. Lavo i piatti e passo lo strofinaccio per terra. Seduta sul divano, avvolta dalla quiete serale, inizio le mie ricerche. C'è qualcosa che continua a sfuggirci in questa storia. Perché mai un datore di lavoro dovrebbe trascinarsi in un ufficio legale per la sua dipendente? Che abbiano una tresca amorosa? Sta cercando di coprire qualcun altro e teme che sia scoperto?
Inizio a trascrivere su un taccuino le domande e collego le possibili risposte. Sto riesaminando il fascicolo con le prove quando sento due colpetti alla porta.
Apro lentamente e sorrido lasciando passare Parker. «Ho bussato piano. Non sapevo se dormivi», si ferma e osserva il portatile acceso e i fogli sparsi sul piccolo tavolo e il divano.
«In quel caso, c'è qualcosa che non quadra. Ho fatto delle ricerche ma secondo me ci stiamo facendo le domande sbagliate e stiamo cercando nei posti sbagliati.» Tolgo i fogli sistemandoli ordinatamente e lascio sedere Parker il quale lancia uno sguardo alla pagina aperta sul portatile. Si fa pensieroso e i suoi occhi saettano sull'articolo.
Prendo la torta e due forchette e la sistemo sul tavolo. Chiudo lo schermo e guardo il ragazzo che ho davanti. «Scusa, mi faccio prendere la mano.»
Prende una forchetta e mette in bocca un po' di torta. «A volte sono anch'io così. Hai ragione, dobbiamo cercare altrove.»
«Dove?», metto in bocca un dito sporco di cioccolata.
Parker blocca la mia mano. «Troveremo qualcosa. Adesso ci rilassiamo ok?»
Mi ritengo d'accordo. Poso tutto quanto e mi siedo comoda accanto a lui sul divano. Lo abbraccio e mi accoccolo tra le sue braccia. «Sono stanchissima». Noto che se ne sta ancora con il cappotto e alzo il viso. «Perché questo non lo togli?»
Mi prende in braccio e cammina verso la mia camera. Non dormo quasi più li dentro a causa degli incubi. Vorrei fermarlo ma stupidamente non lo faccio. «Perché sto per metterti a letto e poi me ne ritorno a casa.» Si abbassa sistemandomi sul letto e sfiora le mie guance con le sue dita calde e delicate.
«Sei tornato davvero per darmi la buona notte? Che hai fatto?», chiedo curiosa.
Siede sul bordo del letto e sorride. «Sono passato da un negozio per delle commissioni e ho fatto un giro per far passare in fretta il tempo.»
«Cosa dovevi comprare a quest'ora?»
Gratta la tempia. Fruga dentro la tasca del cappotto ed esce una busta che rovescia sul letto in bella vista: un pacchetto di profilattici, due pacchetti di mentine, pillole per il mal di testa, vitamine e poi esce dalla tasca le chiavi, un paio di monete e una scatolina. «Questa è la più importante», spiega notando la mia espressione.
«Cosa c'è dentro?», sono confusa e curiosa.
Rigiro la scatolina tra le mani quando me la porge. La apro e trovo la cavigliera con la stella marina. Mi spunta subito un sorriso sulle labbra. «Sei pazzo? Sei tornato al parco acquatico per prendermi questa? E sei passato dalla farmacia per fare scorta?», sono a bocca aperta.
«In realtà sono tornato a casa per prenderla. L'ho comprata mentre scattavi una foto a quella famiglia. E comunque si sono passato dalla farmacia, mi servivano queste cose.»
«Ti servivano anche questi?», gli tiro addosso la scatola di profilattici e rido.
«Quelli non sono mai abbastanza. Che c'è? Non guardarmi così. Mi sono accorto che in casa non ne avevo più da un pezzo ormai e ho fatto la scorta.»
Getto all'indietro la schiena e metto le mani sul viso ridendo. «Vuoi fare sesso?»
«Se capita si. Non mi tiro di certo indietro signorina.»
Scosto una mano e gli lancio uno sguardo. «Da quanto non...», lascio in sospeso la frase. Mi sento improvvisamente insicura. Che cosa mi succede?
«Da quando non stiamo insieme. In realtà ho gettato tutto per rabbia ma ho fatto una cazzata, una delle tante direi...» Sospira rialzandosi. Blocco subito la manica del suo cappotto e si volta a guardarmi.
«Dove vai?»
«Torno a casa. Domani dobbiamo lavorare e tu devi dormire principessa.» Si abbassa per stamparmi un bacio sulle labbra.
Lo trattengo ancora. «Non vuoi rimanere?»
«Vuoi che dorma con te?»
Annuisco e sbottono il suo cappotto mentre ci baciamo. Rimetto tutto dentro il sacchetto di carta e gli faccio spazio sul letto. Lo osservo mentre toglie la felpa e i jeans davanti a me. Uno spettacolo divertente visto che mi lancia apposta la felpa sul viso. «Tocca a te spogliarti e voglio che sia sexy», si siede sul bordo del letto appoggiato ai gomiti.
Mi alzo insicura. Sto riflettendo sulla biancheria intima che indosso. Un reggiseno nero e un paio di mutandine con del pizzo sopra. Niente di particolarmente sexy. Sfilo la maglietta e poi lascio cadere ai piedi i pantaloni muovendo i fianchi. Sento subito freddo e quando apre le braccia corro da lui stringendomi al suo corpo caldo come una scimmietta. «Decisamente sexy», ride e si lascia cadere indietro. Scosta i miei capelli dal viso e inizia a baciarmi sistemandosi su di me.
«Mi è mancata la tua pelle», bacia la spalla. «Le tue labbra», passa la lingua. «Il tuo profumo alla vaniglia e olio d'argan.» Inspira con il naso sul mio collo. Ho la pelle d'oca e stringo le mani sulla sua schiena. Ricorda anche il tipo di bagnoschiuma che uso di solito. Come posso non amarlo?
Sposto una mano sul suo viso avvicinandolo al mio e poi disegno con le dita i contorni delle sue labbra sempre più vicine. Il bacio è dolce, eloquente. Pian piano si fa passionale. I nostri corpi sembrano attratti da uno strano magnetismo e si stringono, si toccano facendoci mancare il fiato. Ansimiamo e ci fermiamo guardandoci negli occhi.
«Mettiamoci a dormire», affannato scosta la coperta per lasciarmi entrare e poi si sistema dietro di me. Il braccio attorno alla mia vita, le labbra sulla mia nuca. «Non muoverti o fai un grandissimo danno principessa», sorride sulla mia pelle incendiandola.
Muovo i fianchi e sento quanto è eccitato. Sorrido mordendo il labbro quando lo sento ispirare di scatto e bloccarsi. Preme le dita sulla mia vita e scende tra le cosce. Le stringo incapace di frenare le sensazioni che sto provando.
«Non, rifarlo, ti prego!», ringhia.
Vengo scossa dai brividi e drizzo la schiena muovendomi involontariamente. «Scusa, le tue labbra sulla pelle non aiutano», mormoro con finta innocenza. Sto sorridendo come una ragazzina. Mi volto e bacio il suo naso, le guance e poi le labbra. «Buona notte stronzetto!», ridacchio e torno a sistemarmi come prima.
Mordicchia la mia spalla e poi passa la lingua in lungo verso la gola, poi sotto l'orecchio. Mi esce un gemito e lui ride. «Notte dolcezza».
Non mi disturba più. Non provoca e non si avvicina troppo. Chiudo gli occhi e rimango in ascolto. Non mi addormento. Ho paura di avere un incubo e di non riuscire più ad aprire gli occhi.
Le ore passano e attorno si fa buio pesto. Quando sono certa che Parker si sia addormentato, scosto la coperta e mi alzo. Richiudo la porta alle spalle e mi siedo sul divano.

Continua...

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