Capitolo 23

«Emma?»
«Si?»
«Il cuscino»
Fisso il cuscino verde mela in tinta con le tende che tengo tra le mani. «Oh si, ecco.» Sistemo il cuscino sul divano nuovo di Lexa e passo la mano per togliere un granello invisibile di polvere.
Sono passate tre settimane. Tre lunghe settimane da quando tutto sembra essere finito. Ancora una volta mi ritrovo con il culo per terra e il morale sotto i ferri delle scarpe. Non ne ho parlato con nessuno, nemmeno con Lexa. Ho semplicemente trattenuto tutto dentro e mi sono data da fare per non fare sentire la mia amica sola e triste. Quando sono tornata in camera quel giorno, i due si sono accorti che qualcosa non era andata per il verso giusto e per fortuna, non hanno fatto domande.
Ho ospitato la mia amica in casa per due settimane e mezzo e ora che sembra essere ritornata la Lexa di sempre, l'ho accompagnata nel suo nuovo appartamento, dove convivrà con David fino a quando non lo sposerà. I due hanno deciso di rimandare e di vivere così, alla giornata. In fondo non hanno tutti i torti.
David non lo sa ma Lexa mi ha chiesto di nasconderle in un luogo sicuro le cose comprate per la piccola. Le ho sistemate in una scatola colorata e le ho infilate insieme ai miei ricordi d'infanzia, quei pochi cimeli che ancora mi restano della mia vecchia vita.
«Oggi sembri distratta», brontola tirandomi un altro cuscino in faccia.
Tossicchio e lo sistemo senza esitare. Non ho nessuna intenzione di farla preoccupare. Ha già passato l'inferno e non voglio che ci rimetta piede un'altra volta. «Non ho dormito questa notte. Credo che non appena avremo finito me ne andrò dritta dritta a casa a dormire.»
Gli incubi sono tornati. Ho iniziato a prendere delle tisane per placare il dolore e la paura. Non aiutano affatto a dormire ma riescono a sedarmi.
Lexa sembra assorta da un messaggio appena ricevuto al telefono e annuisce meccanicamente. Apro una scatola e inizio a disporre gli oggetti per come ordina. Trascino questo lavoro che mi permette di distrarmi per ore.
«Non ti fermi per la cena?», domanda David entrando in casa con dei cartoni di pizza.
Prendo il giubbotto e la borsa. «No, non ho fame. Vado a dormire, a domani.»
Lexa apre la bocca ma la richiude in fretta quando le punto i miei occhi addosso. Saluto ancora una volta ed esco dall'appartamento. Stretta nel giubbotto mi incammino verso casa. Cerco di riscaldare le mani sotto i guanti e aumento il passo per non congelare. Per essere metà Novembre, le temperature sono calate a picco.
Arrivo davanti al palazzo dopo circa venti minuti. Guardo l'auto posteggiata al solito posto. Faccio un grosso respiro e ci entro dentro. Richiudo la portiera e accendo la luce e il motore. Inizialmente mi tremano le gambe poi mi guardo nello specchietto retrovisore e mi dico: «Superiamo una cosa alla volta.» Ingrano la marcia e vado a fare un giro. Dentro l'abitacolo dell'auto mi riscaldo in fretta. Accendo la musica per non sentirmi sola. Parte subito Take Me Home di Jess Glynne. Mi fermo in un fastfood e ordino un tè caldo e delle patatine. Ho saltato parecchi pasti nelle ultime tre settimane e devo ammettere di non sentirmi proprio nel pieno delle forze. Mi fermo in un posto tranquillo e mangio svogliata. Ho costretto me stessa ad ingerire qualcosa di solido dopo alcuni giorni che vado avanti solo a bibite energetiche e vitamine inutili.
Rimetto in moto e torno a casa. Posteggio in modo perfetto e salgo all'appartamento. Accendo i riscaldamenti e la tivù per tenermi compagnia. Ormai riposo spesso sul divano. Non riesco a dormire a causa degli incubi e preferisco rimanere rannicchiata in un angolo anzichè svegliarmi di soprassalto sudata e spaventata in un letto vuoto e troppo grande.
Con una coperta sulle gambe, leggo uno dei libri nuovi acquistati di recente. Ho una strana sensazione, sulla bocca dello stomaco. Sento caldo e scosto il plaid.
Anya chiama. «Forestiera sei a casa
«Si. Aspetta un momento.» Avverto un'improvvisa nausea e corro subito verso il bagno. Vomito la poca cena che ho ingerito e attendo dolorante che i conati cessino.
«Emma tutto bene?», strilla.
Apro il getto dell'acqua e sciacquo il viso e i denti. «Si, ho solo avuto un pò di mal di mare.»
«Apri la porta!», ordina in modo serio alzando anche un po' il tono di voce.
Esco dal bagno e apro la porta. La mia amica stacca la chiamata ed entra come una saetta in casa. Spalanca la dispensa e il frigo sgranando gli occhi. «Cazzo!», urla come una mamma aggressiva. Gli ormoni la stanno facendo impazzire.
«Da quanto tieni la dispensa vuota? Da quanto non mangi? Emma che cosa ti succede?»
Guardo la mia amica e scivolo a terra con le mani sul viso e crollo, crollo in tutto e per tutto. Dopo tre settimane di silenzio, di nervi tesi, di tristezza nascosta, scoppio in lacrime e butto tutto fuori. Vuoto il sacco e quando non rimane più niente dentro lo stomaco, mi sento vuota e distrutta.
Anya ascolta ad occhi spalancati, una mano sul petto e una sulla mia spalla. «Perchè non me ne hai parlato? Perchè hai tenuto tutto dentro?»
«Perchè non è giusto! La mia amica aveva bisogno di me e non potevo turbarla con i miei soliti problemi che per inciso sono andata a procurarmi da sola. Non potevo nemmeno turbare te...», scrollo le lacrime. «Sto bene, davvero. Devo solo, devo solo liberarmi da questa strana rabbia che tengo dentro.» Sorrido anche se in modo triste e aiuto a rialzarsi da terra la mia amica. E' incinta cazzo. Cosa mi passa per la testa? Non può rimanere a terra per interi minuti a causa mia.
«Emma, tu non stai bene...», sussurra scoppiando in lacrime e abbracciandomi forte. «Quando capirai che hai anche tu un'importanza per noi? Quando capirai che puoi parlarci senza problemi?»
Asciugo le sue lacrime. «Quando imparerò a non soffire più...», tiro su con il naso. «Ho paura di vivere per sempre nell'infelicità. Continuo a sentirmi a pezzi e sono stufa di parole che escono dalla bocca senza riflettere. Tutti dicono bugie. Tutti dicono: "andrà tutto bene", "ci tengo a te". Tutti continuano a fare delle promesse e poi cosa fanno? Se ne vanno via. Se ne vanno perché è più facile scappare. Sono stufa di parole perché rimangono parole al vento a cui non riuscirò più a credere se continuerà così nella mia vita.»
Anya tace incapace di aprire bocca di fronte al mio cambiamento di umore. Continua solo a guardarmi inorridita per quello che ha scoperto dopo settimane di strani silenzi ed è chiaramente preoccupata per la mia reazione.
«Non guardarmi così. Non guardarmi come se avessi davanti il più piccolo dei cuccioli. Non ho bisogno di leccare le ferite e aspettare che tutto passi. Ho solo bisogno di andare avanti. Mia nonna aveva ragione quando diceva che non bisogna mai fare troppo affidamento sulle persone. Diceva che bisogna fare affidamento solo su se stessi. Andava bene finché non mi sono distrutta da sola ancora una volta.» Spalanco la finestra e lascio che entri il freddo della notte dentro casa. Ho bisogno di aria pulita. Ho bisogno di riempire i polmoni e poi urlare, urlare via tutto. Ho bisogno ancora una volta di ricominciare. Non riesco proprio a calmarmi. Mi sento un stupida.
«È per questo che hai evitato mio fratello? Per questo hai risposto di rado alle sue chiamate? Emma era preoccupato per te! Mi mandava a controllare che tu fossi a casa e faceva domande sul tuo aspetto e sul tuo umore e non capivo il motivo! Adesso che so la verità posso anche darti ragione ma stai sbagliando tutto perché ancora una volta, ti stai solo allontanando da tutti noi.»
Dopo un lungo sospiro domando: «Per favore puoi lasciarmi sola?»
Anya tenta di protestare in un primo momento poi annuisce e abbracciandosi esce dall'appartamento. Mi guardo attorno e mi siedo con lo sguardo fisso sul divano. Il telefono inizia a vibrare ma lo spengo. Non ho voglia di parlare, di discutere, di sentirmi così fragile e insicura. Rannicchiata sotto un plaid chiudo gli occhi e provo a dormire. So che sarà difficile ma devo.

C'è buio, puzza di olio bruciato. C'è buio e sento qualcosa gocciolare dalla mia testa. Apro le palpebre e una figura mi sta guardando. Metto a fuoco e la figura è sparita.
Sono sveglia e sul divano. Il petto scosso dall'affanno, sudata e spaventata. Lancio uno sguardo verso l'orologio. Sono le quattro del pomeriggio. Mi alzo indolenzita, faccio una doccia tentando di sciogliere i muscoli irrigiditi, poi esco di casa. Passeggio verso il centro stringendomi nel cappotto. Fa troppo freddo. Credo proprio che arriverà la prima nevicata dell'anno. Mi fermo ad una tavola calda per mettere sotto i denti qualcosa di sostanzioso ma mentre sto a metà della mia cena leggera, cambiano canale e in tivù inizia la partita. Allontano il piatto e dopo avere pagato esco dal locale. Mi fermo al parco ma sono troppo infreddolita per rimanere all'aperto. Entro in un piccolo bar e ordino del bourbon liscio per riscaldarmi. Il barista non fa obiezioni forse notando il mio aspetto infreddolito ed emaciato. Prendo il bicchiere e vado a sedermi in un angolo, lontano dai molti ragazzi presenti. Non ho nessuna voglia di fare conversazione, voglio solo togliermi di dosso questo freddo e sentire la mente libera e allontanarmi da tutto quanto.
Per fortuna in tivù c'è il programma di musica e ben presto qui dentro inizia una serata karaoke niente male. Rimango nel mio angolino a godermi le performance dei vari ubriachi e rido quando qualcuno sale sul piccolo palco a recuperare l'amico crollato a terra trascinandolo per i piedi.
Il barista esce dal bancone e si avvicina con un vassoio. «Offre la casa», poggia sul tavolo un altro bicchiere di bourbon e due shottini di vodka. Ne alza uno facendomi cenno di brindare con lui. «Alla tua e a quella dei molti ubriachi che non si sono resi conto della tua tristezza.» Manda giù il liquido, mi strizza l'occhio e torna dietro il bancone.
Sorrido mandando giù l'alcolico. Prendo il bicchiere e mi sposto verso il bancone. Siedo sullo sgabello e continuo a guardare verso il palco.
Il barista dopo avere passato lo strofinaccio sul ripiano, si piega sui gomiti davanti a me e domanda: «Qual è la tua storia?» scruta attento il mio sguardo come se stesse provando a leggere nella mente.
«Se ti racconto la mia storia tu prometti di non farmi ubriacare?»
Sorride annuendo e versa una birra a uno dei clienti con la barba seduti accanto a me. «Affare fatto».
«Vediamo: dovevo sposarmi, avere figli e una vita meravigliosa ma non sono proprio quel genere di ragazza. Insomma, non sono portata per fare la brava mogliettina, non sono portata ad amare una sola persona perché amo due ragazzi e li ho allontanati proprio perché uno dei due mi ha messo alle strette. Odio le decisioni, odio stare male ed eccomi, in un piccolo bar pieno di uomini. Non trovi sia ironico?» alzo il bicchiere e mando giù un lungo sorso.
Il barista sorride e prepara due cocktail. «Poteva andarti peggio. Insomma potevi sposarti e poi tradire tuo marito con un altro. Potevi avere figli e abbandonarli per una vita avventurosa con un altro. Potevi decidere di fare la mogliettina e poi saresti finita in una di quelle riunioni dallo psicologo di coppia frustrata per il tuo orribile matrimonio noioso.»
Rido finendo il drink. «Hai ragione. Beh, ho avuto una vita pessima ma c'è di peggio questo mi consola.»
Il ragazzo scuote la testa e serve altre birre.
Sono curiosa allora domando: «La tua storia invece?»
Porta il resto ad una ragazza e poi torna davanti a me. Si piega sui gomiti riempendo il bicchiere. «Non ho legami sentimentali dopo che la mia ex mi ha lasciato perché se non erro mi ha definito "poco ricco" e "troppo dolce". Due cazzate pazzesche visto che uno: sono pieno di soldi e due: sono dolce solo quando tengo ad una persona. Sono andato via di casa per studiare psicologia e ho trovato questo lavoro dopo la laurea. Come vedi tutti abbiamo delle bellissime storie.» Sorride tranquillo e torna al suo lavoro.
Sono a bocca aperta e ho la gola secca. Bevo lentamente distraendomi dal gruppo di amici che sta cantando e facendo un gran casino a poca distanza. Rimango seduta fino a quando il locale non deve chiudere. Lascio una mancia extra ed esco nel freddo della notte.
«Se aspetti ti riaccompagno. Questa strada non è raccomandabile di notte.»
Guardo il barista indecisa ma accorgendomi che ha ragione sulla strada accetto anche se in imbarazzo e aspetto che abbia chiuso tutto quanto. «Non vuoi sapere il mio nome?», domando mentre camminiamo.
«Tornerai al locale?»
«Questo cosa c'entra? È probabile che tornerò al locale, è accogliente.» Sistemo i guanti e mi stringo sotto il cappotto.
«Allora si, dovrai dirmi il tuo nome.»
Sorrido e mi fermo davanti il negozio di fiori. «Sono Emma»
«Luke», mi porge la sua mano e la stringo. «Vuoi essere riaccompagnata fino a casa o posso lasciarti anche qui?»
«Il pericolo della strada poco raccomandabile è scampato?»
Annuisce. «Vivo a pochi passi.» Spiega stringendosi sotto il giubbotto.
«Allora buona notte Luke e grazie per il drink.» Mi incammino con un sorriso sulle labbra.
Una volta a casa, controllo il telefono. Lexa e Anya hanno chiamato. Elimino le chiamate e i messaggi, prendo un bicchiere d'acqua, lavo i denti e mi sdraio sul divano.
È stata una strana giornata. Anzi, a dire il vero sono state strane ore da quando mi sono svegliata di soprassalto. Ho parlato della mia vita con uno sconosciuto che è uno psicologo e chissà cosa avrà pensato di me. Ho trascorso una serata da sola in un locale pieno di ragazzi e gente ubriaca pronta a divertirsi e dilettarsi nel canto. Stringo il cuscino in grembo e attento che arrivi il nuovo giorno.

N/A:
~ Capita di perdersi. Capita di non riuscire a riemergere dal tunnel buio del dolore, delle delusioni, della paura. Capita di non sentirsi all'altezza. Capita di gettare la spugna perché troppo stanchi per continuare a lottare contro i mulini a vento. Capita anche di ritrovarsi e poi perdersi ancora perché la vita è questa, un continuo giro in giostra fatto di gioie ma anche di delusioni e dolore.
~Eccoci con un doppio aggiornamento. Spero vi sia piaciuto questo capitolo. Scusatemi tantissimo per gli errori. (Spero vi siano arrivate le notifiche!!!)
Cosa succederà? Emma riuscirà a rialzarsi? Incontrerà ancora Luke? Parker tornerà nella sua vita? Ethan riuscirà a dirle la verità?
~ Se vi va passate a leggere: "Ogni traccia che ho di te" e la nuovissima storia: Forbidden. (Spero siano di vostro gradimento). Buona serata :* ~

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