Capitolo 14
«Emma?»
Non riesco a parlare e scivolo sul pavimento distrutta. È bastato davvero poco. Tutto l'accumulo sta uscendo fuori sotto forma di pianto isterico.
«Piccola cosa succede?» domanda agitato.
«Non voglio stare qui in questo momento... sto soffocando», tiro su con il naso. Tolgo le forcine dai capelli con forza e sfilo l'abito.
«Vengo a prenderti!»
«Ho bisogno, ho bisogno di staccare da tutto questo», continuo a frignare.
«Sto prenotando un volo. Ti vengo a prendere all'aeroporto. Riceverai tutto per email ok? Andrà tutto bene piccola.» Stacca senza aggiungere altro.
Corro a vestirmi comoda e a preparare un borsone. Infilo tutto a casaccio dentro. Non so per quanti giorni avrò bisogno di questa strana fuga e se sia la decisione giusta ma il cuore e la mente per una volta sono d'accordo. Scrivo dei bigliettini da imbucare alle mie amiche per avvertirle che sarò assente per un paio di giorni e mentre continuo a piangere a dirotto trovo la forza di chiamare un taxi notturno.
L'aeroporto nonostante l'ora tarda, è gremito di gente. Quando finalmente salgo in aereo, crollo psicologicamente sul sedile. Un uomo che siede accanto a me fa cenno di appoggiarmi pure alla sua spalla e nel mentre mi offre una gomma e dell'acqua spiegandomi che è un medico, mi abbandono nuovamente al pianto. Non parliamo molto ma per distrarmi, racconta che sta per raggiungere la sua famiglia dopo mesi di assenza da casa a causa del suo lavoro. E' molto emozionato, noto i suoi occhi lucidi e continuo a sentirmi uno schifo anche per lui, per uno sconosciuto.
L'atterraggio non lo sento nemmeno, intontita come sono dalle lacrime versate. Mentre mi incammino verso l'uscita saluto l'uomo che mi ha aiutato e lo vedo riabbracciare la moglie e i figli che lo attendevano impazienti con palloncini e cartelli affettuosi.
Non appena la porta si apre ed io esco, lo vedo. In divisa da lavoro, bello da mozzare il fiato proprio come la prima volta che l'ho visto. Scoppio di nuovo in lacrime e facendo cadere il borsone a terra corro da lui saltandogli addosso.
«Sono qui», sussurra. «Shhh, sono qui piccola». Mi stringe forte tra le sue braccia e asciuga le mie lacrime lasciando qualche bacio sulle guance e uno anche sulle mie labbra incapace di trattenersi.
«Sei di turno? Mi dispiace, avrei dovuto avvisare prima...», riesco a dire con voce arrochita dal pianto.
«Abbiamo finito da pochi minuti, oggi turno serale. Non preoccuparti», indica TJ il quale si avvicina con un sorriso e mi abbraccia affettuosamente.
Ethan recupera il borsone e saliamo sulla vettura della polizia. E' una normale auto ma dotata di ogni tipo di macchinario al suo interno. Tentenno un momento poi decido di mettermi dietro. Sistemata sul sedile posteriore mi guardo attorno. «Potevo finirci tempo fa qui dentro e non per un giro turistico. Dove sono le protezioni?» domando pensando alle grade che solitamente si vedono nei furgoncini del penitenziario o in alcune auto.
TJ scoppia a ridere mostrando le manette e mi passa una tazza di caffè che rifiuto ed Ethan gli spiega prontamente che bevo solo tè. Allora mi porge delle ciambelle e ne accetto una per non offenderlo.
Ci fermiamo alla centrale e scendo dall'auto barcollando leggermente. Molti dei colleghi salutano i due ma non fanno domande vedendomi in loro compagnia. Probabilmente ho l'aspetto di una tossica.
«TJ dorme da una ragazza. Abbiamo l'appartamento libero per un paio di giorni.» Ethan carica il borsone nella sua auto.
Saluto TJ e poi salgo in macchina inserendo subito la cintura. Durante il viaggio non parlo, rimango con la testa appoggiata contro il finestrino mentre le luci di Las Vegas continuano a confondersi sotto i miei occhi.
Arriviamo in una strada piena di case uguali e in mattoni rossi. Ethan posteggia di fronte una di queste casette dall'aspetto accogliente e dopo avermi aperto la portiera mi conduce nel suo appartamento. Siamo in una casa a due piani. Mi spiega che di sotto vive una donna anziana con i suoi gattini. Non si sente nessun rumore e l'atrio è pulito. Una scala in legno con le pareti decorate dalla carta da parati color crema, porta di sopra nel loro appartamento.
Per viverci due ragazzi, c'è abbastanza ordine. L'appartamento è confortevole. Pavimenti in legno, pareti in mattoni e dai colori accesi, una vetrata enorme dalla vista spettacolare, divani in pelle, un camino, la cucina in stile moderno adiacente al soggiorno. Non ho il tempo di girare, Ethan mi fa entrare direttamente nella sua camera. Toglie subito le lenzuola e sistema quelle pulite. «Non ho avuto il tempo», sorride timido. «Dopo quella porta c'è il bagno, per fortuna ne abbiamo due in casa quindi non troverai disordine nel mio.»
Annuisco e dopo avere preso degli indumenti puliti e il beauty mi infilo nel piccolo bagno e faccio una doccia per scrollare di dosso il sentore del viaggio e della tristezza.
Lego i capelli in una crocchia scomposta per comodità ed esco dal bagno. Trovo Ethan intento a prendere dei cuscini e delle coperte. «Dove dormi?», domando insicura. Non voglio che sia un problema per lui.
«Sul divano, così puoi riposare comoda.»
«Non dormi con me?»
Mi guarda un momento spaesato. «Vuoi che dorma con te?», domanda per avere una conferma di quanto ha appena sentito. Annuisco e lo aiuto a rimettere a posto i cuscini e le coperte.
«Vuoi cenare prima?»
Nego con la testa sedendomi sul bordo del letto rigidamente. Mordo il labbro poi crollo di nuovo. Ethan si siede accanto per abbracciarmi dopo avere posato un bacio sulla mia nuca. «Sei al sicuro», sussurra. «Puoi rimanere quanto vuoi qui, nessuno ti disturberà».
«Sto male, sto davvero male. Ho tutti questi sentimenti dentro e non riesco proprio a gestirli, non riesco a gestire la mia vita per come dovrei fare.» Mi trascina sul letto e mi avvolge con le sue braccia macchiate di inchiostro, forti e sicure.
«Hai pianto per la storia del bambino vero?»
«Anche Lexa è incinta e Parker continua ad avere aspettative su di noi. Come posso dirgli che non sono pronta per il matrimonio?». Ethan spalanca gli occhi mentre tremo tra le sue braccia. «Non immagini come mi sono sentita. Sono felice per loro, sono davvero felice ma non per me. Sono confusa e stanca di non...», scoppio ancora in singhiozzi.
«Ehi», solleva il mio viso tra le sue mani. «Ti calmerai, ci divertiremo e poi affronterai tutto poco alla volta ok? Andrà bene. Sei forte e so che riuscirai a ritrovare un tuo equilibrio. Adesso chiudi gli occhi e libera la mente dai cattivi pensieri. Sei qui a Las Vegas, lontano da tutti i problemi.» Stampa un bacio sulla mia tempia e chiude anche lui gli occhi.
Non posso credere di avere fatto una pazzia così grande. Sono scappata dai problemi e sono tra le braccia del ragazzo che mi ha fatto soffrire ma che ora sembra l'unico in grado di salvarmi da tutto il casino che è la mia vita.
Non riesco proprio a dominare l'ansia e a prendere sonno. Ethan invece, dorme tranquillo. Deve proprio essere sfinito a causa del lavoro che svolge. Scosto il suo braccio dalla mia vita alzandomi lentamente. A piedi nudi mi sposto in cucina e poi di fronte alla vetrata. Gli sono sempre piaciuti i posti con la vista migliore e questo non è da meno. Per ammazzare il tempo inizio a riordinare il soggiorno e la cucina. So che non dovrei visto che sono in una casa non mia ma se mi ospitano devo pur ricambiare in qualche modo e avere una ragazza che pulisce casa fa sempre comodo, principalmente per due ragazzi che lavorano.
Dopo avere finito mi sistemo sulla piccola poltrona di fronte alla vetrata. Le gambe contro il petto e il freddo dentro. La vista è davvero spettacolare a quest'ora.
La luce si accende e sento dei passi leggeri sul parquet. Ethan si inginocchia accanto a me e mi guarda curioso e anche preoccupato. «Hai pulito tutto», mormora con voce roca e anche incredulo. «Non dovevi! Torna a letto piccola!»
«Non riesco a dormire», rispondo con sguardo basso e fisso.
«Beh, qui fa freddo», mi solleva e mi riporta di peso di nuovo in camera sistemandomi sul letto. Accende la luce e si stende su di un fianco con la testa appoggiata al palmo e il gomito sul materasso. «A cosa pensi?»
«Ho fatto la cosa giusta?»
Sospira. «Tu cosa credi? Non hai detto subito di no quindi lo volevi perchè credevi che era la cosa giusta da fare.»
Il suo discorso non fa una piega. Riesce sempre a capire. Mi domando se prima eravamo così e io non me ne accorgevo perchè accecata dall'amore. «Non pensi che io sia una stronza bugiarda indecisa?»
Nega con la testa e scosta una ciocca dei miei occhi portandola dietro l'orecchio. «Non lo sei. Sei stata sincera e siamo noi a volere continuare in questo modo.»
Mi stringo infreddolita contro il suo petto inspirando il suo profumo. «Si preoccuperanno?»
«Conoscendo mia sorella, darà di matto. Lo stesso vale per Lexa. Per quanto riguarda Parker, chi può dirlo?»
Ci guardiamo per un momento poi ridiamo. «Si, mi verrà a prendere con la forza.» Ethan annuisce. «Cosa vuoi fare oggi?», cambia subito argomento come infastidito.
«Non lavori?»
«Ho preso un paio di giorni. Non posso lasciarti qui in casa ad annoiarti e ad essere sincero ho bisogno di divertirmi.»
«Hai fame?»
«Colazione fuori?», si illumina.
«Per me va bene ma solo se facciamo a metà per pagare.»
Iniziamo a bisticciare come al solito a causa di questo ma alla fine acconsente. So che troverà un modo per fregarmi, lo conosco.
Ci prepariamo e usciamo alle prime luci dell'alba. Stringe la mia mano senza problemi, senza preoccuparsi della mia reazione e arriviamo in un piccolo locale affollato di lavoratori in attesa di prendere al volo la colazione.
Attorno c'è odore di dolci al burro appena sfornati, pane e caffè. Le pareti sono colorate e danno un tocco di allegria. Ho una fame da lupi, ho saltato la cena e ora mi sento in alto mare. Mi rendo conto che molti dei presenti sono poliziotti perchè salutano Ethan con delle pacche e hanno dei distintivi sulle cinture. Arriva anche TJ, con un sorriso e un abbraccio veloce mi saluta e prende subito la sua ordinazione senza bisogno di parlare perchè la ragazza dietro il bancone gli porge un sacchetto con un sorriso dolce. Mi chiedo se lui abbia notato anche un po' che a lei piace.
«Questa deve essere tua moglie...»
Ci voltiamo è un ragazzo altissimo e muscoloso sorride porgendomi la mano. La stringo con forza per non apparire una pappamolle e inebetita guardo Ethan il quale arrossisce ma non nega.
«Io non...», balbetto.
«Si Emma è in visita dal maritino per questo oggi non viene a lavoro. Devono recuperare. Beato lui! Riesce sempre a sorprenderci.»
TJ stupisce tutti con questa risposta. Il ragazzo continua a sorridermi e poi da una pacca sulla spalla ad Ethan il quale ricambia e poi lancia un ammonimento a TJ che alza le mani in segno di resa. «Siete venuti voi in questo posto a sposarvi se non ricordo male», ridacchia addentando il cornetto caldo mentre il ragazzo ci guarda curioso. «Ha una bella stretta di mano, mi piace!» si allontana.
Arrorrisco violentemente per il complimento e al ricordo di quel giorno. «Era una copertura», ribatto fulminando con lo sguardo TJ.
«Si, certo, una copertura...», ridacchia e Ethan scuote la testa. «Non dargli retta. Oggi è triste perchè con lui lavorerà mister muscolo. Sappiamo tutti che ti verrà un gran mal di testa. Tieni pronte le cartucce di scorta per sedarlo.»
TJ per poco non si strozza con il caffè nel tentativo di trattenere una risata. Tutti i loro colleghi si voltano a guardarci ed Ethan si accosta porgendomi un sacchetto. Mi rendo conto che ha già pagato e lo fisso adirata.
Inarca un sopracciglio assumendo un'espressione spavalda e divertita. «Non iniziare e non provarci signorina! Mia l'idea, mie le regole.»
«La pagherai questa lo sai?»
TJ ci guarda come se davanti avesse una di quelle puntate divertenti di una serie tv comica. A poco a poco i colleghi si presentano e poi escono quasi tutti per andare a lavoro o tornare a casa.
«Scusali», Ethan sospira.
Alzo la busta con la colazione. «Mangiamo qui?»
«No, ti porto a fare colazione in un posto che mi piace davvero tanto.»
Con una mano sulla schiena mi porta in un piccolo parco. Ci sediamo sull'erba soffice e gustiamo la colazione. Il sole batte forte sulle nostre teste riscaldando i nostri corpi esposti. Per essere settembre, non c'è traccia di autunno in arrivo.
«Perché tutti credono che io sia tua moglie?»
Sono curiosa perché gli sguardi dei suoi colleghi mi hanno fatto dubitare. Nascondo il viso con il bicchiere fumante di te' e lo guardo attenta. Mi sta nascondendo ancora qualcosa?
«A TJ piace scherzare. Ricorda ancora quel giorno in cui abbiamo inventato quella stronzata del matrimonio.» Arrossisce addentando il suo cornetto.
«Io ricordo che mi hai chiesto davvero di sposarti dopo di ciò, ho un grosso buco nero dentro la testa. E' come se avessero spento improvvisamente la luce.» Mangiucchio il cornetto mentre guardo la coppia di corridori che si sorride.
«Ti ho già raccontato che eravamo ubriachi fradici? Siamo tornati in hotel nella suite e ci siamo addormentati. Hai trovato l'anello il giorno dopo dando di matto. Anello che tra l'altro hai lasciato sul mio comodino ti ricordo.» Il suo viso muta, si incupisce distogliendo lo sguardo.
Mi sento subito in colpa per avere preso un discorso simile. «Mi dispiace non avrei...»
«Hai fatto la cosa giusta per il tuo bene Emma. Sono stato un coglione! Avrei dovuto dirti tutto così sarebbe stato più semplice e non saresti scappata.» Torna il sorriso sulle sue labbra e ci rialziamo da terra.
Camminiamo verso il centro sempre tenendoci per mano. E' strano ma non mi sento affatto a disagio. So che una volta tornata a Vancouver dovrò fare i conti con la mia coscienza e con altre persona ma sto cercando di vivere questo momento per come viene. Ho bisogno di questa follia per capire veramente se sono pronta ad affrontare il mondo.
Fa sempre più caldo in questa città e il sole già dalle prime luci del mattino batte forte attorno riscaldando l'asfalto.
«Mi avresti sposato?», domanda di punto in bianco mentre fotografo una chiesetta particolarmente bella ai miei occhi. E' piccolissima e antica. Mi domando se li dentro fanno dei matrimoni veloci come nei film.
«Forse si», mi stringo nelle spalle e continuo a scattare foto per distrarmi. Ci troviamo in una zona spettacolare, dove ci sono quasi tutte le città del mondo. Ci sono pure le gondole veneziane e un tipo che canta in italiano.
«E ora?», mi abbraccia da dietro e gira la macchina fotografica mentre fa un sorriso dolce davanti all'obbiettivo. Lo guardo come colta di sorpresa e arrossisco. «Posso avvalermi dalla facoltà di non rispondere?», riesco a sviare così la sua domanda. Cosa potrei mai rispondere? Perchè questa sua domanda? Sono confusa a riguardo ma non vado oltre perché già prima si è incupito.
Scattiamo un paio di foto e ci spostiamo in un piccolo centro commerciale affollato di turisti e cittadini. Ovunque la gente trova il modo di giocare e spendere soldi. Giriamo tra i vari reparti dei negozi e facciamo shopping assieme.
«Guarda cosa ho trovato», sorrido anche se in modo triste mostrandogli due tutine rosa piccolissime e bellissime con i personaggi della Disney e due berretti con le orecchie.
Ethan si illumina e capisce che le prenderò per Anya e Lexa. Sono sicura che siano delle bambine. In caso contrario, rimarranno a loro per i figli futuri.
Una commessa si avvicina con un sorriso dolce sulle labbra guardandomi dall'altro in basso curiosa. «Posso esserle utile signorina? Di quanto è?»
Spalanco la bocca arrossendo, poi sento il braccio di Ethan avvolgermi e la sua mano toccare la mia pancia. Vengo percossa da un brivido freddo e mi sento incapace di articolare una frase di senso compiuto. «Siamo solo al quinto mese ma abbiamo voglia di prendere qualcosa per la nostra bambina. Vero amore?»
Fisso incredula Ethan e annuisco con un sorriso tirato. A che gioco sta giocando? Perchè è così tranquillo?
La commessa ci guarda con i cuori negli occhi iniziando a mostrarci entusiasta le varie tutine da neonato. Ci sono davvero tante cose da comprare per un nascituro. Tute, biberon, pannolini, culle... Deve proprio piacerle il suo lavoro rifletto mentre spiega quale arnese sia più sicuro per controllare il bambino mentre dorme. Ethan sembra troppo coinvolto dal gioco e ben presto mi lascio trascinare anch'io nella sua folle immaginazione. Acquistiamo le tutine e altri oggetti che potrebbero servire alle mie amiche e usciamo ridacchiando dal negozio.
«Hai visto come ti guardava il commesso? No signorina lasci fare a me nel suo stato non deve affaticarsi», scimmiotta quel povero ragazzo ed io rido piegandomi in due.
«Tu non hai visto come ti guardava lei? Sbavava proprio. Oh signore potrebbe prendere questo per la sua bambina visto che le piace molto il giallo.»
Continuiamo a scimmiottare i commessi di quel negozio ed entriamo nel piccolo bar per prendere un gelato. Troviamo un tavolo libero e sistemiamo le buste in un angolo.
«Prendo io il gelato intanto tu rilassati nel tuo stato, non devi affaticarti.»
Guardo Ethan mentre si avvicina al bancone e una commessa arrossisce violentemente di fronte alla sua bellezza. Anch'io tuttora faccio fatica a resistergli. Chissà cosa pensa di me quando vede le mie guance tingersi di porpora o quando mi sente balbettare senza fiato.
Sento il ronzio del telefono. «Lo so, sono una stronza egoista», rispondo a Lexa.
«No, dovevo capire che stavi male. Mi sento tremendamente in colpa per avere anteposto me stessa anziché moderare i miei sbalzi d'umore. Allora? Dove sei finita? Aspetta, provo ad indovinare...» segue un momento di silenzio interrotto da qualche voce in sottofondo. Il mio stomaco si contrae. «Sei con lui vero?»
Lancio uno sguardo ad Ethan che sta tornando al tavolo. «Si, ho dato di matto. Non sapevo proprio cosa fare e lui mi ha subito prenotato un volo.»
«È una bella cosa no?»
«Insomma», faccio una smorfia.
Lexa sbuffa. «Quanto tempo ancora farai passare prima di capire che lo ami più di ogni altra persona al mondo? Quanto ancora ti ci vorrà prima che tu capisca che Parker è abbastanza forte da reggere la situazione?»
«Non lo so. So solo che ho bisogno di una pausa, da tutto. So che sono nel posto sbagliato con la persona sbagliata ma sono lontana e questo mi servirà per calmarmi. Mi dispiace se ti sei preoccupata, mi farò perdonare, promesso.»
«Tesoro ti conosco abbastanza ormai. Parker è passato in ufficio, era preoccupato. Vuoi che lo tranquillizzi? Posso inventare che sei partita per un servizio al posto mio.»
Scuoto la testa come se potesse vedermi e mimando ringrazio Ethan che sistema due coppe di gelato davanti. «Rischierei di ritrovarlo qui. Non voglio che sappia dove sono e che commetta una pazzia.»
Ethan avvicina il cucchiaio alle mie labbra e ascolta attentamente le mie risposte. Gelato al cioccolato il suo, pistacchio il mio. Ovviamente da condividere. Tipico tendermi delle trappole come un adolescente. Alzo gli occhi al cielo mentalmente.
«Non dirò dove sei promesso. Non fare cazzate e ritorna tutta intera. Soprattutto, divertiti. Adesso devo andare, David oggi è iperprotettivo e sono solo seduta sul bancone.»
Ridiamo e poi salutandola stacco la chiamata. Ethan mi avvicina un'altra cucchiaiata del suo gelato. Ricambio imboccandolo.
«Che c'è? Ho qualcosa sul viso?», domando dopo un paio di secondi in cui mi fissa con i suoi meravigliosi occhi azzurri che arrivano dritti all'anima.
«No, sei bellissima», scosta una ciocca dietro il mio orecchio e indugia con le dita sullo zigomo prima di strizzarmi una guancia. Picchio sul suo palmo e mi lamento facendolo scoppiare a ridere. «Sei la solita brontolona piccola.»
Metto in bocca un bel po' di gelato rischiando il congelamento del cervello per non rispondere male. «Non è vero sei tu che sei il solito che provoca», biascico.
Ride scuotendo la testa. «È bello provocarti perché non so mai come reagirai. Nonostante tutto per me sei ancora come una scatola chiusa ermeticamente e questo mi intriga molto.»
Prendo un cucchiaio lo avvicino alle sue labbra e quando tenta di aprire la bocca ritraggo la mano e metto in bocca il gelato.
Spalanca gli occhi incredulo. «Che stronza!» sorride e gli si formano le fossette.
Dio, che bello!
Rimango inebetita e non noto che si è fatto pericolosamente vicino. Ritrovo le sue labbra a pochi centimetri dalle mie con il suo sorriso beffardo stampato in faccia. Provo a tirare indietro la testa ma la sua mano scatta anticipando la mia mossa e afferra il mio viso. «Non mi scappi», sussurra.
Sento mancare il fiato, la terra sotto i piedi, i battiti quando mi bacia con dolcezza.
Ho un momento di lucidità e gli dò un morso. Emette un urletto tirandosi indietro incredulo per la mia reazione e toccando subito il labbro. «Aggressiva», mi fa la linguaccia.
«Non provarci più», lo ammonisco.
«Sai che amo le sfide e le situazioni difficili.»
«Sono una persona non un caso da risolvere», ribatto prendendo le buste e alzandoci.
«Sei una persona con un caso da risolvere. Scommettiamo che riesco a baciarti e a farti cedere prima di questa sera?»
«Cosa ci guadagno?»
«Ci divertiremo entrambi.» Strizza l'occhio e tenendomi per mano camminiamo verso il resto dei negozi.
Mi guardo allo specchio mentre indosso un vestitino color Tiffany niente male. Liscio il tessuto in vita e giro un paio di volte per osservare le varie angolature. Provo i tacchi e gli occhi mi ricadono su un completino premaman sul manichino. Mi intristisco e i miei occhi si riempiono subito di lacrime. Entrata in camerino tolgo il vestitino e infilo i miei indumenti velocemente. Voglio uscire da questo negozio. Non so cosa mi prende. Sto esagerando e la situazione inizia proprio a sfuggirmi di mano.
Ethan si fa trovare fuori dalla tendina. Trasalisco e asciugo in fretta le lacrime. Afferra il mio viso e saetta con lo sguardo nel negozio. «Hai litigato con questo delizioso vestitino o cosa?»
Scuoto la testa. «Non è niente, sto bene. Non ti hanno fatto troppe storie? Sei nel camerino delle donne», indico il cartello.
«Ho corrotto la commessa», sorride sfiorando la mia guancia prima di stamparmi un bacio sulla fronte. «Mi dici cosa hai visto?»
Scuoto la testa uscendo dal camerino. Pago il vestitino e ci spostiamo verso il cinema. Molti tabelloni indicano i film che è possibile scegliere.
«Batman vs Superman?»
«Penso sia ovvio», sorrido e dopo avere battibeccato su chi pagare decidiamo di fare a metà e mentre io mi occupo degli snack lui va a prendere i biglietti. Ci sediamo in alto, tra la gente.
Fisso curiosa l'enorme schermo e mi godo tranquilla il film mentre Ethan sistema un braccio sulle mie spalle e mi guarda di tanto in tanto come se volesse assicurarsi che io fossi realmente accanto a lui.
Scoppio in lacrime silenziose nel vedere Superman sacrificarsi. Tifavo per lui. Le dita di Ethan asciugano delicatamente le righe sulle guance e mi sorride in modo dolce. Starà pensando che sono stupida, davvero stupida perché piango per un film. Mentalmente mi prendo a schiaffi da sola per avere fatto la figura della patetica.
«È stato bello no?»
Non capisco se mi sta prendendo per i fondelli o se è serio. «Ti diverte vero?»
«Cosa?», aggrotta la fronte confuso.
«Prendermi in giro. Lo so, ho pianto per un film e me ne vergogno ma non guardarmi così ti prego.» Cammino con le buste strette in mano.
Ethan si avvicina a grandi falcate e con una mano sulla mia spalla mi fa girare. «Emma non ti sto prendendo in giro. Non sono mai stato così attratto da qualcuno quanto pochi minuti prima mentre ti vedevo così coinvolta e attenta.»
Alzo gli occhi incontrando i suoi sinceri, carichi di premura, di attenzione.
«Mi dispiace che tu abbia pensato questo ma ero ammaliato dal modo in cui stringevi la mia mano e dal modo in cui cercavi di non commuoverti. Sono sempre più convinto che tu sia una ragazza meravigliosa e sono sempre più contento di averti qui con me anche se per pochi giorni. Ancora non ci credo. Mi stai ridando aria pulita ai polmoni e non te ne accorgi. So che stai soffrendo ma so anche che sei forte e sono sicuro che riuscirai a superare tutto quanto perché sei stupenda.»
Lascio scivolare i sacchetti a terra e lo abbraccio. Gli getto le braccia al collo e mi lascio cullare dal calore del suo corpo stretto al mio, dal suo profumo intenso e deciso, dalle sue parole cariche di sentimento. «Scusa, non so cosa mi sta succedendo. Prima ho visto quel dannato vestito premaman poi quel film dove ho rivissuto una strana scena della mia vita...»
«Lo so piccola. Per ora tutto può sembrarti terribilmente difficile ma sono sicuro che troverai la soluzione. Non mi importa se piangi o strilli o urli, mi importa che trovi uno sfogo, riuscendo a liberarti dal peso delle tue insicurezze e che torni ad amare come solo tu sai fare.» Tiene fermo il mio viso e domanda silenziosamente se ho capito. Annuisco appoggiando la guancia contro il suo petto. «Sei sempre comprensivo, sai sempre cosa dire per calmarmi. Grazie.»
«Prego piccola. Andiamo a fare impazzire qualche altra commessa?»
E così facciamo. Entriamo nei negozi, scherziamo come due ragazzini e ci divertiamo come matti nel vedere le reazioni delle povere vittime.
Ethan si fa serio mentre camminiamo per strada. «Lasciamo queste a casa, prendiamo la macchina e passiamo un momento al lavoro. Hanno chiamato mentre provavi quel completino. Non so cosa devono dirmi.»
Continua...
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