~ Take me home ~

~ Emma's POV:

Cerco in mezzo alle scartoffie il documento che dovrei portare a Tea affinché lo spedisca in tempo. Oggi sono proprio distratta e un po' stanca a dire il vero. È stata una settimana abbastanza piena e finalmente è venerdì. Dedicherò il sabato e la domenica a pulire casa e rilassarmi. Ho intenzione di andare a fare shopping, prendere un film e coccolarmi.
«Il capo la vuole nel suo ufficio», Tea sorride in modo dolce facendo capolino nel mio angolo di lavoro. Ricambio il sorriso e finalmente le porgo il foglio che le serve.
A passo pesante mi reco nell'ufficio di Parker e busso decisa alla porta. Quando entro, è immerso nella lettura di una email. Questa volta però alza lo sguardo e mi sorride. Oddio sono in iperventilazione. È cambiato nell'ultimo periodo e non l'ho notato solo io ma anche l'intero l'ufficio. Quando ha detto grazie a Tea lei non si è capacitata per tutto il giorno e poi mi ha chiesto cosa gli stessi facendo. Ho solo fatto spallucce perché in realtà non so cosa gli stia succedendo realmente. È ancora il tipo chiuso di sempre e anche prepotente.
Dopo l'altra sera non ci siamo visti tranne che in ufficio il che per me è positivo. Mi sta dando lo spazio di cui ho bisogno per capire se sono pronta ad andare avanti in campo sentimentale e accanto a lui.
Mi guarda come un falco facendomi sedere. Non so cosa abbia in mente ma ogni volta che mi ritrovo qui dentro, le mie gambe tremano e lo stomaco ha uno strano spasmo. È come se delle api a lungo addormentate, tentassero di risvegliarsi e fare casino.
«Ho chiesto a Tea di farla chiamare perché mi servirebbe il vostro aiuto.» Estrae un verbale e me lo porge in modo formale. «Trascriva questo e lo mandi per email. Troverà l'indirizzo e tutto quello che le serve sul foglietto. Poi è in pausa.»
Mi rialzo frastornata. Non so cosa mi aspettassi da lui. «Le serve altro signore?»
Scuote la testa. «Mi porti solo un caffè prima di mettersi al lavoro.»
Mi dirigo in caffetteria e verso dentro un bicchiere del caffè amaro con del latte. Mi permetto anche di prendergli un cornetto al cioccolato. Poggio tutto sul mobiletto e mi dileguo in fretta.
Dopo avere mandato per email il verbale e la pagina, prendo la borsa e scendo al ristorante per pranzare.
Lexa mi fa una sorpresa e subito il mio umore migliora quando vedo la mia amica arrivare sorridente e in forma smagliante. «Topina», mi stampa un bacio sulla testa e si siede. È sempre così affettuosa e spontanea che a volte mi chiedo come riusciamo ad andare d'accordo.
Molti uomini lanciano al nostro tavolo i loro sguardi languidi. Faccio finta di niente come lei. Ormai sto imparando dalla migliore e la cosa mi piace. Mi sta aiutando a rafforzare il carattere e ad essere più sicura.
«Ho un ingaggio, vogliono entrambe. Ci stai?». Ordiniamo della pasta e un secondo veloce.
«Intendi un altro servizio?» domando titubante.
«Si, la paga sarà maggiore così come la pubblicità. Allora?» mi fa gli occhioni.
«Non so, non dobbiamo posare nude vero?»
Lexa scoppia a ridere nel suo modo coinvolgente. Mi scappa un sorriso ed evito ancora una volta gli sguardi dei molti uomini d'affari che ci circondano. Ci fissano come se avessero appena visto chissà quale divinità.
«No tesoro, è un servizio sul trucco e sui capelli. Voglio il tuo viso, i tuoi meravigliosi occhi chiari e capelli biondi.»
«Quando?», sono curiosa e so già cosa sta per rispondere.
«Oggi pomeriggio?», sorride indifesa.
Alzo gli occhi al cielo e bevo un po' d'acqua. «Ok!»
Strilla tutta felice mentre mangiamo poi si blocca, la forchetta piena di pasta a metà. Mi ritrovo a seguire il suo sguardo e mi fermo su due occhi chiari posati su di me. L'aria attorno sembra fermarsi. Cammina a passo spedito nel suo completo blu, la cravatta un po' allargata e il filo di barba sul viso dai lineamenti decisi che farebbe cadere in peccato anche una suora. Alcune delle segretarie si fermano a guardarlo provando a salutarlo così come i molti uomini ma senza successo. Lui ha solo un obbiettivo: me.
Mando giù il boccone quando si ferma al nostro tavolo facendo cenno al cameriere il quale si affretta a sistemare una sedia e le posate anche per lui.
Guardo allarmata Lexa la quale mi fa spallucce. Al contrario di me, non è affatto preoccupata. Per essere senza parole anche lei la cosa è alquanto grave.
Parker le bacia la mano poi mi sfiora una guancia come se niente fosse. Trattengo il fiato e cerco di non esplodere. Ma cosa diavolo gli dice il cervello? Ora mostra a tutti il suo interesse nei miei confronti?
Forse ho capito, mi sta destabilizzando, vuole che io ceda ma non sa con chi ha a che fare. Stronzo autoritario! Scosto la sua mano con fastidio e la mia amica ridacchia.
Parker ordina velocemente. «Allora come sta andando la campagna promozionale?», si rivolge a Lexa con molta naturalezza. Non è minimamente turbato dagli sguardi e dall'improvviso silenzio in tutta la sala. Tutti ci stanno fissando. Sento proprio ogni sguardo addosso come una puntura d'ago su di un dito.
«Alla grande, stavo proprio dicendo a Emma che oggi abbiamo un altro ingaggio e lei come al solito è titubante ma alla fine ha accettato.»
Cerco di colpire Lexa ma il colpo non va a segno. Finisco la mia pasta ignorando i due che continuano a parlare tranquillamente come vecchi amici. Forse Parker dovrebbe innamorarsi o stare con una come lei e non con una insicura come me.
«È magnifico. Ho già visto i primi cartelloni pubblicitari.»
La forchetta cade sul piatto provando un rumore metallico. Spalanco gli occhi. «Cosa?», balbetto con la speranza di avere capito male.
«Dicevo a Lexa che questa mattina ho visto le foto che hanno scelto per i primi cartelloni pubblicitari. Sono le ultime che abbiamo fatto. Devo ammettere che mi sono divertito quel giorno», sorride e una cameriera per poco non scivola a terra.
«Se ti sei divertito potresti venire con noi oggi».
Cerco di colpire Lexa e questa volta riesco a sferrarle un calcio. Cosa diavolo sta combinando? Organizza appuntamenti ora? Lei sa tutto quanto e credo stia sfruttando la situazione mettendomi in difficoltà. Non riesco a credere che Parker abbia subito accettato definendosi disponibile per un passaggio. Vorrei mettermi ad urlare ma farei solo la figura della pazza quindi finito di pranzare mi rialzo, saluto Lexa e torno al lavoro ignorando completamente Parker.
Il telefono vibra. «Tesoro ma dove sei stata?»
«Lucy, sono sommersa dal lavoro, ci sentiamo questa sera ok? Ho una notizia da darti»
«Notizia? Cosa? Oddio», strilla costringendomi a scostare la cornetta. «Ok, ok ma non sto già nella pelle. A sta sera un bacio».
In ufficio trovo una tazza di tè e un post-it sopra:

"Inizia un pomeriggio con un buon tè. -P".

Mi spunta un sorriso. Non è sospetto questo gesto? Me ne frego e assaggio il tè. Al limone, poco zuccherato come piace a me . Che stronzo organizzato che è!
Tea fa capolino con un sorriso adorabile e si siede sulla poltrona comoda davanti alla mia scrivania. «Il capo sembrava di buon umore quando è tornato dal pranzo.»
Batto le ultime frasi al computer annuendo. «Avrà vinto una causa», dico distratta mentre mando le email.
«Oh, io non credo», sorride timidamente ed arrossisce. «Ho saputo che ha puntato gli occhi su di una bella ragazza ma questa le sta dando del filo da torcere».
Mi blocco un momento e noto che lei sta aspettando una mia reazione. Anzi, sta aspettando una mia confessione. Cosa dovrei dirle? Oh sai Tea il capo una sera mi ha baciata e ora ha una sorta di ossessione per conquistarmi? «Non si direbbe...», vado sul vago.
«Oh qui in ufficio la gente parla come sai e anche fuori i pettegolezzi sono alla base del giorno. Inoltre ci sono dei cartelloni niente male...»
Sbianco e dal suo sguardo capisco che non posso nascondere ciò che è ormai evidente al mondo intero. «Credi di poterlo tenere per te?»
«Io sì infatti sono venuta da te per avvertirti. Non voglio che tu te ne vada per dei pettegolezzi o per le voci che quelle streghe stitiche cercando di mettere in giro!»
«So che sembra strano ma non ho ottenuto questo lavoro usando il capo. Che sia chiaro la sua vita privata non ha niente a che vedere con il lavoro e poi non si decide chi amare o a chi affezionarsi, succede e basta. Mi dispiace solo non potere evitare queste voci maligne.» Sospiro leggermente abbattuta. Questa giornata non avrà mai fine.
Tea si rialza e mi abbraccia affettuosamente. «Sono sicura che andrà bene. Non preoccuparti troveranno altri gossip. Sono solo delle donne gelose perché sei molto bella e intelligente e perché il capo nutre un forte interesse nei tuoi confronti.»
Le sue parole mi confortano per un solo attimo. Se i cartelloni vengono esposti ovunque, mi riconosceranno sicuramente le persone a cui voglio bene. Spero non inizino a chiamare per questo anche perché volevo solo aiutare qualcuno, non avevo intenzione di essere immortalata e sponsorizzata accanto a delle vere modelle.
Rimasta sola in ufficio, cerco di non pensare troppo. Scambio qualche messaggio con Lexa la quale mi dice di rilassarmi. Rilassarmi? Come faccio a rilassarmi se in ufficio le ragazze hanno già iniziato a parlare male di me? Come faccio se ogni volta che esco per andare a prendere qualche documento, bisbigliano tra loro indignate?
Non so davvero come finirà questa storia ma sto iniziando a pensare di trovare un altro lavoro, più tranquillo e senza ragazze di mezzo pronte a tormentarti o a mettersi in competizione.
«Emma?»
Sobbalzo e mi esce un urlo. Tappo la bocca e sbatto contro la libreria.
«Mi dispiace...», mi fissa attentamente e preoccupato, «stai bene?», fa un passo in avanti e io uno indietro ma tocco ugualmente la libreria. Sono in trappola. «Si, sto bene. Le serve qualcosa signore?». Cerco di schiarirmi la voce ma esce insicura.
«Sono passato per riprendere i documenti e avvisarla che oggi può uscire prima».
Inizio a sistemare i documenti e glieli porgo con mani tremanti. «Grazie», sembra turbato a causa del mio comportamento ma cerca di non darlo a vedere.

Quando esco dall'ufficio, torno per un attimo a respirare. Dico un attimo perché notò subito lo sguardo stupito di un pedone mentre fissa me e poi il cartellone pubblicitario enorme sopra le nostre teste. Merda!
Si, sono io quella! vorrei urlare ma non lo faccio. Abbasso lo sguardo e a passo spedito mi dirigo verso casa. Lexa mi aspetta sulla soglia, sapeva che sarei uscita prima da lavoro. Lei e Parker hanno proprio organizzato tutto alle mie spalle. Che stronzi!
Mentre lei sprofonda sul divano, faccio una doccia e indosso un paio di jeans stretti, una maglietta leggera bianca e nera e tacchi su richiesta della mia amica.
Usciamo e prima di andare in agenzia facciamo un po' di shopping. Finalmente trovo qualcosa di comodo, casual e soprattutto che mi piace.
In agenzia troviamo i fotografi e lo staff al completo. Per fortuna non ci sono le altre ragazze. Il capo di Lexa mi si avvicina con un gran sorriso. «Tesoro, hai avuto un gran successo!», mi stampa un bacio sulle guance e poi batte le mani affinché si prendano cura di me.
Forse non ha ancora capito che non accetterò sempre gli ingaggi e spero non mi consideri di sua proprietà perché con il mio viso e il mio corpo, ci sta già facendo i soldi.
Iniziano i primi scatti e questa volta sono più professionale e decisa. Cerco di non apparire imbarazzata.
Quando dalla porta fa il suo ingresso Parker lo staff si ferma per salutarlo. Pendono tutti dalle sue labbra, è irritante. Volano complimenti ed elogi. A suo agio toglie la giacca e si siede comodo su una sedia. Per tutto il tempo continua a fissarmi con quel suo sguardo magnetico.
Dopo il servizio vado a struccarmi e lego i capelli. Lexa sta parlando con il suo capo così attendo che abbia finito.
«Sei sempre molto bella», sussurra contro l'orecchio facendomi sussultare ancora una volta.
«Grazie, merito del trucco», brontolo con una mano sul petto.
«Io non ne sarei sicuro», sorride passando l'indice sulle labbra.
Adoro il leggero velo di barba che mantiene sul viso, lo rende attraente e particolare ai miei occhi. Cerco di non imbambolarmi e di darmi un contegno.
«Emma io ho una serata con le ragazze, ci vediamo domani?»
Annuisco e mi avvio alla porta. Parker mi segue sistemando la giacca. «Ti va di cenare?»
«Devo fare la spesa, dubito tu voglia annoiarti», brontolo.
Mi frena per una spalla. «Mi spieghi cosa ho fatto questa volta?»
Lo fulmino con lo sguardo. «Devo fare la lista? Bene: ti sei unito a pranzo al nostro tavolo senza avvisare, hai confabulato contro di me con la mia amica, sei venuto a questo stupido servizio fotografico ad annoiarti quando sappiamo che nel tempo libero ti piacciono le sfide in tivù o trattare male la gente o peggio render pan per focaccia ai tuoi colleghi, mi hai concesso del tempo libero e ora vuoi cenare?»
«Si chiama non arrendersi Emma! Mi sembra di averti avvertito. Ma sento che c'è qualcosa che non va, non per queste stronzate...»
«Si, quei maledetti cartelloni non hanno fatto altro che distruggere la mia vita! Le ragazze in ufficio hanno già iniziato a parlare male di me definendomi la sgualdrina nel capo! Stacci te in ufficio dalle otto di mattina alle nove di sera a tenere a bada la voglia di tapparle le bocche o peggio, farle fuori! Sto iniziando a pensare di cambiare lavoro.»
I suoi occhi si accendono e ardono immediatamente. «Perché cazzo non me lo hai detto? Tu non andrai da nessuna parte! Farò tacere queste ragazze, non preoccuparti.»
«Non lo faranno e sai perché? Perché ormai tutti hanno capito che c'è qualcosa che non torna! Ormai tutti hanno capito che io sono diventata una stupita sfida, un primato da conquistare!»
Parker afferra il mio viso e mi bacia proprio lì, davanti ad una folla di persone che camminano e ci fissano come dei pazzi che si urlano contro. Chiudo gli occhi e stringo la presa sulla sua giacca.
«Questo significa che ci proverai?», stringe la mia vita.
«Non lo so, non ho altro da perdere a parte me stessa», mormoro sulle sue labbra.

Al supermarket facciamo la spesa tranquillamente. Alcune ragazze indicano Parker e bisbigliano tra di loro. Lui non sembra curarsene perché è più interessato ai diversi tipi di salse che esistono. Legge attentamente le etichette e i prezzi, confronta le offerte e si diverte pure con i cupon. Finirà mai di stupirmi questo ragazzo?
«Cosa vuoi cucinare?»
«Abbiamo il pollo, i peperoni, le cipolle e le salse. Direi di fare degli spiedini e accompagnarli con delle patate tagliate grossolanamente con pan...»
Mi bacia con trasporto di fronte al reparto dei surgelati, lasciandomi senza fiato. «Va bene», sorride.
Entrati in casa, mi metto subito ai fornelli e Parker decide di aiutarmi. Gli spiego come fare gli spiedini e poi come tagliare le patate e condirle. Durante l'attesa, sistemiamo la tavola, accende la tivù e stappa il vino porgendomene una coppa.
Mentre rigiro le patate sorseggio e ogni tanto gli lancio uno sguardo mentre è intento a giocare con un programma che stanno trasmettendo in tivù.
«Dove hai imparato a cucinare?» domanda durante la cena.
«Spirito di adattamento direi. Mia nonna ha cercato di lasciarmi le basi prima di morire poi mi sono dovuta arrangiare.» Evito il suo sguardo indagatore.
«È tutto squisito. Quasi quasi mi trasferisco qui», sorride.
«Ti prego no. Ti sopporto già abbastanza in ufficio!», sospiro.
Ridacchia. «Ammetti che in fondo ti piaccio.»
«In fondo, forse», tengo per aria la forchetta mentre mando giù il boccone.
Dopo cena ci sistemiamo sul divano. Mi lascio avvolgere dalle sue braccia e fisso le sue mani attorno al mio corpo. Sembra così naturale stare abbracciati e la sua vicinanza non mi da minimamente fastidio. Ci divertiamo a giocare con un quiz in tivù e ci sfidiamo.
«Ho vinto!», alzo le braccia e mi gongolo. Parker scuote la testa attirandomi su di sé. «Che stai facendo?», guardo le sue labbra che si aprono in un sorriso malizioso.
«Sto per baciarti», mi avvicina.
Adoro la sua sicurezza. Poggio le mani sul suo petto ma lui le sposta un po' più in alto. E stringe i miei glutei. Ansima sulle mie labbra e poggia la fronte sulla mia. «Mi farai impazzire ancora vero?»
«Il progetto era quello», ridacchio quando prova a mordermi.
«Io lo so che vuoi lasciarti andare», sfiora il mio collo con il naso. Mordo il labbro e poggio la testa sull'incavo del collo. Trattiene il respiro per un nano secondo.
«Tu sai troppe cose», mormoro sulla sua pelle. Si agita un po' e la sua mano preme sulla mia schiena facendomi appoggiare contro il suo petto.
«Vorrei sapere cosa pensi», passa la labbra sulla mia spalla. Il bacio è così delicato che riesce a mandarmi una scossa molta forte e al posto di una risposta concreta, mi esce un mugolio sommesso.
«È positivo?», sorride il bastardo e muove un po' il bacino.
Sento il sangue affluirmi sulle guance, per fortuna ho il viso nascosto ma riesce a scapparmi ugualmente un gemito. Non ho più il pieno controllo del mio corpo e delle mie azioni quando sto con lui. So che me ne pentirò ma in questo momento non penso alle conseguenze pertanto porto le mani tra il collo e il viso attirandolo verso il mio. Mi stringo su di lui e assecondo i suoi lievi movimenti.
«È più che positivo...», conclude senza fiato.
In breve ansimiamo e continuiamo a stringerci e a baciarci senza sosta. Le sue mani premono dietro la schiena e le mie stringono il suo viso mentre i nostri corpi si muovono lentamente l'uno contro l'altro provocandosi.
Mi solleva per i glutei facendomi gemere. «Posso vedere la tua stanza?», sorride ma non c'è traccia di malizia nella sua voce. La sua è una richiesta decisa e se rifiuterò, non mi ascolterà.
Faccio cenno di sì e lui si sposta tenendomi stretta. Mi fa stendere sul letto sistemandosi su di me. Sposta le mie cosce mettendosi in mezzo e preme il suo corpo contro il mio con una sensualità piacevole. Stringo le sue spalle e assecondo i suoi baci.
«È semplice e essenziale questa stanza, mi piace questo di te», ansima e morde le mie labbra.
Sento la sua eccitazione premere contro i miei jeans stretti. Sono tutta un fuoco e a breve andrò in autocombustione. Che cosa mi sta facendo? Sono pronta a tutto questo?
«Che altro ti piace di me?», muovo i fianchi e lui stringe la mia coscia.
«Quando mordi il labbro, quando sospiri, quando ti concentri su qualcosa e ti si forma una piccola ruga qui, quando diventi testarda o metti il broncio, dire tutto credo sia riduttivo», soffia e si stacca un momento fissandomi intensamente. «Ho bisogno che tu ti fidi di me...», sussurra.
Capisco a cosa si riferisce e gli agevolo il tutto sfilando le sua maglietta. Rimango ammaliata dalle sue forme perfette, dai muscoli scolpiti, dalla pelle liscia e dal profumo inebriante che emana la sua pelle. Sotto i pettorali ha due cicatrici ma si notano appena, sembrano delle bruciature. Le mie mani scivolano sui suoi pantaloni. Geme e si spinge contro la mia mano. Sorrido come una ragazzina mentre sbottono i pantaloni e lo libero.
«Non senti caldo?», toglie la mia maglietta e i miei jeans divertito. «Non preoccuparti, non voglio altro...», mi bacia con forza.
Mi avvinghio nuovamente a lui ma la tensione sessuale è abbastanza alta e cerco di rimanere lucida mentre le sue labbra toccano la mia pelle, scendono verso il seno, questo contatto rischia di farmi scoppiare. Non riesco a credere che qualcuno come lui possa provocarmi così tante emozioni messe assieme. Non provo così tante emozioni insieme da mesi.
«Cazzo!», sussurra senza fiato quando graffio leggermente le sue spalle, tocca un seno con le labbra facendomi mugolare ad alta voce. «Parker...», non so cosa dire, i miei pensieri sono un po' sconnessi, sono come ubriaca.
«Lo so... lasciati andare», preme le dita contro l'intimo. La mia bocca si apre leggermente e la sua si impossessa delle mie labbra senza attendere.
«Ti farò provare tutto quello che vuoi...». Si ferma un momento per riprendere fiato. Sta esplodendo anche lui.
«Non cederò lo sai?», voglio sfidarlo e mi spingo contro di lui.
Le sue pupille si dilatano, la sua presa si fa ferrea sulle mie cosce poi morde le mie labbra e scende verso il senso, facendomi urlare. «No?»
«N...o». Non so come o cosa stia facendo per farmi perdere il controllo ma è stranamente eccitante, mi piace e non me ne vergogno. Mi spingo su di lui cogliendolo alla sprovvista e scendo con la mano lungo l'addome. Ha una pelle molto liscia e bianca. Ha tre nei sul fianco, formano un triangolo se si uniscono.
«Oh cazzo! Emma no...», geme e chiude gli occhi. Ansima e sospira forte mentre gli ricambio il favore decisa a non cedere.
«Emma...»
Mi ritrovo sotto il suo peso, il suo petto scosso dagli spasmi, la sua pelle calda contro la mia sensibile ed eccitata. La sua mano si fa strada dentro l'intimo e geme con me mentre assecondo i suoi movimenti.
Sorride soddisfatto. «Vieni o sei così testarda da volere prolungare questo piacere?», non riesce a parlare, è proprio al limite ma continua a stuzzicarmi con più sicurezza e forza. Mi stringo a lui e gemo forte, mi perdo inevitabilmente scossa dagli spasmi. Lui crolla su di me affannato e soddisfatto.
«È bello fare affari con te...», passa una mano sulla fronte sudata e si sdraia accanto a me mentre sono ancora un pò scossa e sconnessa dal resto del mondo.

"Loving can hurt, loving can hurt sometimes
But it's the only thing that I know
When it gets hard, you know it can get hard sometimes
It is the only thing that makes us feel alive..."

Il telefono vibra. Merda, avevo dimenticato di richiamare Lucy. Ora mi farà sicuramente il suo terzo grado. Cerco di riprendere fiato e rispondo.
«Emma?»
«Lucy, tutto bene?», sto ancora ansimando ma spero non si insospettisca.
«Possiamo parlare? Sembri affannata. Brutto momento?»
«Oh, no, no, stavo facendo un pò di palestra sai com'è, ho solo tempo la sera.»
Parker ridacchia tappandosi la bocca e poi mi abbraccia da dietro.
«Bene ho così tante cose da dirti. Non sei sola vero? A quest'ora non è pericoloso?»
Tipico di Lucy preoccuparsi nonostante sia a distanza di km. «No, sono con un ragazzo. Non preoccuparti. Allora? Novità?», tento di controllare la voce mentre Parker inzia a stuzzicarmi con dei piccoli baci sulla spalla poi verso il collo. Mi lascia anche qualche lieve succhiotto. Questo ragazzo non è legale. Dovrò citarlo in giudizio.
«Un ragazzo?»
«Lucy ne parliamo quando mi avrai detto le tue novità, promesso», solo così posso distrarla. Non credo di essere certa di volerle parlare di Parker perchè con lei c'è sempre il rischio che faccia da tramite con qualche altra persona. Ma in fondo, è una cosa bella. Parker è la prima cosa bella che mi sia successa da quando sono partita con il cuore spezzato da New York.
«Volevo parlarti del matrimonio. Io e Tony ecco, abbiamo pensato una cosa e volevamo renderti partecipe. Sai che sei la mia unica vera amica e sai anche quanto noi ti vogliamo bene. Vorrei che tu fossi la mia damigella d'onore e testimone di nozze. Che ne dici?»
Mi alzo a metà busto di scatto e allarmata. Parker mi fissa preoccupato e silenziosamente mi fa la stessa domanda di sempre. Gli occhi mi si riempiono di lacrime e distolgo lo sguardo per non fare notare il dolore che sta tornando a sommergermi. Non riesco a credere che mi stia chiedendo una cosa del genere. Non ora.
«Vuoi davvero che io...?», balbetto.
«Si, ne sarei felice! Ti prego Emma...»
Faccio un profondo respiro. «Si», sussurro e lei inizia ad urlare senza darmi il tempo di ribattere.
«C'è solo un problema tesoro... dovresti venire qui per la prova, ti voglio al mio fianco, sceglieremo anche il tuo abito così non avrai problemi...», continua a parlare ma io sento il vuoto allo stomaco e sotto i piedi. Il mondo per un momento si fa distante e la mia vista si annebbia. Mi sento proprio male, sto precipitando. Tornare a New York è una pessima idea ma come posso rifiutare? La mia amica si sposa e ha bisogno del mio sostegno. Posso farcela?
«Emma ci sei? Allora? La tua novità?»
Guardo Parker per un momento. «Ecco, dovrai aggiungere un posto accanto al mio, porterò una persona al matrimonio», la voce trema e le lacrime iniziano a scendere.
Sento un altro strillo. «Signorina non si dicono così certe cose! Quando ci vedremo parleremo di tutto. Sono così eccitata, mi manchi e non vedo l'ora di riabbracciarti. Fammi sapere quando arrivi e per quanto rimani.» E' così felice. Singhiozzo e tappo la bocca.
«Ok.» Stacco e affondo il viso sul cuscino.

Parker carezza la mia schiena e poggia le labbra sulla mia spalla. «Cosa è successo?», domanda in tono serio ma dolce.
«La mia amica. Si sposerà la prima settimana di Giugno e mi ha chiesto di farle da damigella d'onore e da testimone.»
«E' una bella cosa no?»
Scuoto la testa e scrollo le lacrime. «Avrei dovuto fare tutto questo anche con un'altra mia amica prima che lei e suo fratello mi spezzassero il cuore», singhiozzo. «Ora dovrò tornare in una città che mi fa stare male. Mi servirà una settimana di pausa perchè parto domani, le serve il mio aiuto...», prendo fiato, sto parlando velocemente e senza un senso logico.
Parker prende il mio viso nel tentativo di riportarmi al presente. «Respira, una cosa alla volta Emma», sorride in modo rassicurante.
Faccio un profondo respiro insieme a lui . «Scusa ma tutto questo... mi ha scosso», le lacrime scendono ancora. I suoi polpastrelli le asciugano dal mio viso e le sue labbra baciano con dolcezza le mie guance arrossate dal pianto.
Come si può passare dalla gioia alla tristezza in un solo minuto? Stavo così bene prima della chiamata mentre ora mi sento annientata.
«La mia amica Lucy, ha bisogno di me, devo partire perchè per la prova del vestito vuole che io ci sia.»
Parker annuisce. «Continua...», strofina il naso sul mio. E' sempre così disponibile e gentile fuori dall'ufficio. Come riesce a reggere tutto così?
«Sei mesi fa... il mio, un ragazzo mi ha spezzato il cuore in un modo alquanto assurdo e sono scappata per ricominciare, l'ho fatto per dare una nuova possibilità a me stessa. E' stato difficile chiudere i ponti con sua sorella, la mia migliore amica. Lei doveva sposarsi e non mancava molto al matrimonio. Da quella sera, non l'ho più rivista o sentita e il pensiero di tornare in quella città mi fa stare male perchè potrei incrociarla ovunque...», singhiozzo.
Parker si sistema su di me. Tocco la collanina con la piccola croce in legno che porta sul polso sinistro. Non lo facevo un tipo religioso ma non ho mai voluto scavare sul suo passato. Mentre confesso una parte dolorosa della mia vita, i suoi occhi sono attenti ai miei movimenti.
«Abbiamo tutti un brutto passato alle spalle Emma, prima o poi però, ci toccherà affrontarlo per una volta e per tutte. Magari non la vedrai in città e il tuo viaggio sarà piacevole o se la rivedrai sono certo che non la ignorerai perchè sei buona. Farai la cosa giusta.»
Poggio la mano sul suo cuore ma lui la allontana. Un gesto che fa spesso. Non riesco a capire perchè e ricordo anche le sue parole, quando mi chiese di non contare i suoi battiti. «Perchè non posso ascoltare i tuoi battiti?».
«Perchè?», domanda quasi allarmato.
«Allontani sempre la mia mano e mi hai anche detto di non farlo ma io non so niente di te e non riesco a capire cosa ti da fastidio.»
Parker si sistema su di un fianco appoggiandosi al gomito e sfiora il mio viso con dolcezza. «Non sei l'unica ad avere un brutto ricordo a New York», inizia con occhi velati e pieni di amarezza e anche tristezza. «Vivevo li con la mia famiglia, ero un bravissimo atleta professionista, andavo al college e giocavo a football, per me era tutto...», scuote la testa.
I miei occhi si perdono nei suoi profondi e carichi di sincerità. «Era l'ultima partita dell'anno, l'ultima del campionato, stavamo vincendo, eravamo proprio in netto vantaggio. Un cretino ha dato di matto e durante gli ultimi minuti decisivi, si è scontrato con me venendomi di proposito addosso. Ho sentito un dolore sordo al petto, era come se mi stessero strappando il cuore a mani nude proprio li, davanti a tutti. Vedevo il mondo a rallentatore, i miei occhi non riuscivano a mettere bene a fuoco e non respiravo affatto, poi è tutto buio.» Nasconde il viso sul mio collo e sospira. La mia schiena viene percossa da un brivido. Deve essere stato terribile per lui quel momento. In fondo anch'io ho provato qualcosa di simile con l'incidente. «Sono morto per un paio di lunghi e interminabili minuti. Questi segni, me li porterò a vita come souvenir del viaggio che ho avuto per ritornare dall'inferno.» Alza il viso e sembra più tranquillo. Io al contrario, sono molto scossa dal suo racconto. «Mi sono risvegliato su di un letto di ospedale attaccato ai macchinari, è stato terribile per me, per la mia famiglia, per i miei amici, per... per la mia ragazza.»
Apro la bocca e la richiudo. Non so cosa dire. Non so cosa può consolarlo. Frose è troppo tardi per farlo visto che sono arrivata solo ora. L'unica cosa è tacere e lasciarlo parlare, noto che ne ha davvero bisogno.
«Quando mi sono ripreso, ho dovuto abbandonare una delle mie più grandi passioni, una delle ragioni che mi spingevano ad essere un bravissimo giocatore e una persona in vita. Sono caduto per un periodo in depressione perchè non sapevo più cosa farne della mia esistenza. La mia ragazza mi ha lasciato per un altro e li io ho creduto di morire. E' stato davvero orribile scoprirlo solo dopo pochi mesi, ma sai cosa ho fatto?»
Scuoto la testa. Intravedo un sorriso sulle sue labbra. E' così dolce a volte. «Ho fatto i bagagli e me ne sono andato, proprio come te. Ho ricostruito la mia vita e ho avuto un gran successo, una nuova passione, una nuova ragione per vivere, per sorridere, per sentirmi di nuovo libero e felice. Posso sembrare una persona fredda, distante, lunatica ma queste sono le conseguenze da pagare. Un talent scout dopo i miei primi successi in tribunale, mi ha notato e ho iniziato a partecipare a quelle stupide puntate in tivù e da quel momento sono diventato qualcuno. Mi ritengo fortunato, perchè sono ancora qui.»
Istintivamente lo abbraccio e sento il suo corpo reagire. Mi stringe con una certa forza ma lo ringrazio mentalmente, ringrazio questo ragazzo per essersi fidato di me, per essersi aperto, per essere entrato a far parte della mia vita.
«Non so cos'altro hai dovuto passare nella vita ma so che sei una ragazza meravigliosa e so che meriti davvero di vivere serenamente. Mi fa rabbia sapere che qualcuno ti abbia fatto soffrire come mi fa rabbia vederti combattuta per un qualcosa di cui tu non hai nessuna colpa. Dovrebbero essere loro quelli a doversi redimere e non tu per essertene andata a causa loro. Hanno sbagliato loro nei tuoi confronti.»
I nostri visi si allineano e i nostri occhi si aprono perdendosi. Avvicino le labbra alle sue e lo bacio come non avevo ancora fatto prima. Forse anch'io posso avere la mia nuova possibilità, forse anch'io troverò la mia piccola fortuna in questo posto, in cuor mio, lo spero.
«Verrai con me al matrimonio?»
«Tu mi vuoi al tuo fianco?», sorride sereno.
Annuisco timidamente e lo abbraccio ancora. Sento di potere parlare con lui di qualsiasi cosa. Sono certa che non mi giudicherà perchè in fondo, abbiamo qualcosa che ci accomuna.
«Vedi queste piccole cicatrici?», con la sua mano tocco le placche sotto pelle. Quella sul braccio e quella sulla gamba. Non si ritrae e annuisce. Inizio a raccontare parte della mia vita a questo fantastico ragazzo che mi tiene tra le sue braccia e mi ascolta con attenzione. Scoppio più volte in lacrime e ogni volta lui mi bacia, mi stringe a sé, mi abbraccia come se volesse proteggermi dal resto del mondo.
«Abbiamo avuto proprio delle belle esperienze di vita eh? Io ho perso i miei genitori, ho avuto un grave incidente, ho sofferto per amore e sono scappata per ricostruirmi una vita. Tu invece sei quasi morto e poi hai trovato un lavoro e ti sei dedicato anima e corpo a questa nuova passione riuscendo ad andare avanti e creando il tuo successo.»
«Potrebbe essere destino sai?»
«Tu ci credi?», mi esce una risata stridula. Anche lui sorride. «Il destino è per gli imbecilli che sperano ma non agiscono. Noi abbiamo fatto delle scelte e grazie a queste ci siamo trovati.» Sfiora le mie labbra con un gran sorriso. «Sei una ragazza meravigliosa...», sussurra fissando le mie labbra.
Poggio le mani sul suo viso e lo avvicino al mio come faccio spesso, «anche tu sei un ragazzo meraviglioso. A volte un po' prepotente...»
Inizia a farmi il solletico. Strillo e cerco di divincolarmi. «Sono prepotente eh?», morde il collo poi scende sulle clavicole.
Sento un improvviso calore. «Anche un po' stronzo e autoritario», ridacchio e lui si imbambola. Pizzico la sua guancia e lui blocca il mio polso sistemandolo sopra la mia testa.
«Quindi ricapitolando: sono prepotente», bacia il mio collo. «Stronzo...», morde sotto l'orecchio. «autoritario», poggia le sue labbra sulle mie poi le succhia e mi si stringe contro.
Mugolo e ricambio il bacio. «Sei anche dolce quando vuoi e anche affettuoso...»
«Sei una ruffiana lo sai?», ride divertito e prova a rifarmi il solletico.
Mi divincolo alzandomi dal letto e quando si alza accettando la sfida metto le mani avanti. «Tregua?», metto il broncio.
Inarca un sopracciglio. «Scordalo!», mi solleva facendomi strillare e mi lancia sul letto. Scoppio a ridere come una matta e poi a piangere. Parker si avvicina e mi abbraccia.
«Ho paura di rivederlo... ho paura di rivedere lei con il pancione e lui che la guarda come se fosse di vetro. Ho paura di vederlo felice. Ho paura di rivedere Anya con suo marito. Ho paura di ritrovarmi da sola e a disagio. Non so come farò, non so cosa dirò o come reagirò, sono solo preoccupata...», tiro su con il naso.
«Adesso ti calmi e ti sistemi qui tra le mie braccia, ti rilassi e chiudi gli occhi. Domani prepari la valigia e vai a trovare la tua amica e te ne freghi di tutto il resto. Hai una nuova vita ed è qui. Devono essere loro quelli ad avere dei ripensamenti, a sentirsi in colpa per essersi fatti scappare una così speciale ragazza.» Stampa un bacio sulla mia tempia.
«Dormi con me?», domando insicura.
«Solo se lo vuoi», sussurra.

N/A:
~ Ciao principesse! Come va? Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. Lo so, sono prolissa quindi scusatemi per questo e per gli errori. Come sempre mi piacerebbe avere un vostro parere in merito. Cosa pensate? Non vi piace ancora Parker? Emma cambierà davvero vita? Cosa succederà a New York? Potete anche lasciare un voto per aiutarmi a far conoscere questa storia. Adesso non mi dilungo neanche qui perché altrimenti mi uccidete! Ahaha Grazie come sempre ❤️ passate una buona giornata!!!
Se vi va passate a trovare queste personcine che io adoro:
piccolastella04 Reby_16 _Cameron-Dallas_ diluvioinmeeh KFrancy22 SoulAttempt thehowlingwind ❤️ un grosso bacio dalla vostra Giorgina!~

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