~ Insomnia ~
~ Ethan's POV:
L'aria di New York è irrespirabile. Inizia a fare caldo e questo, non è di certo il posto adatto in cui vivere quando le temperature si innalzano, la gente aumenta, i rumori assordanti trapanano le tue orecchie e non solo ti senti a disagio in mezzo al caos ma tutto inizia anche a starti stretto.
Ultimamente ho sempre le cuffie alle orecchie, per attutire ogni frastuono e per mettere a tacere i pensieri. Corro per il parco alle prime luci del mattino, quando l'aria è poco più respirabile e la gente sonnecchia per andare al lavoro o come me per fare sport e liberarsi dalle tossine e dai cattivi pensieri.
Mi fermo a bere un sorso d'acqua dalla mia borraccia mentre il mio petto si alza e si abbassa convulsamente. Sento le vene bruciare, mi sento vivo. È un po' come quando premo sull'acceleratore e la strada ai miei occhi diventa indistinta. Provo sempre quell'emozionante sensazione di libertà quando riesco ad avere il controllo di qualcosa come del mio veicolo.
Ripercorro il sentiero alberato poi torno indietro, verso casa dove mi aspetta un'altra giornata piena di impegni.
Da quando ho risposto a tono a quella stronza di Tara, lei non mi ha più rivolto la parola. Se crede ancora di poterla fare franca, si sbaglia di grosso. Ormai il tempo è agli sgoccioli per lei, per me, per tutto.
Apro la porta. La casa è stranamente avvolta dall'oscurità. Avverto un movimento e mi volto trovando mio padre a braccia conserte.
Tolgo le cuffie abbassando il volume della musica rock che stavo ascoltando. I miei riflessi, non sono mai cambiati. Ormai vivo con la costante sensazione di dovermi guardare le spalle perché da un momento all'altro potrebbe accadere di tutto. Sono guardingo e più attento.
«Di nuovo a correre? Facciamo progressi...», sorride riempendo una tazza di caffè e porgendomela.
«Devo recuperare», preparo due toast con avocado e spezie e per lui delle uova. Mi è sempre piaciuto provare nuovi cibi a colazione. Ricordo ancora Emma quando le avvicinai quel frullato verdognolo e il suo disgusto quando l'odore di fragola le arrivò alle narici. Arricciava il naso in quel modo dolce. Mangiava solo quello che le piaceva. Scuoto la testa con un sorriso e faccio colazione in totale silenzio con mio padre che continua a guardarmi da sopra la montatura degli occhiali nera con una strana espressione dipinta in volto.
Allontano di poco il piatto. «Ok, dimmi che c'è?» Sospiro. Inarca un sopracciglio come fa spesso. È un uomo ancora attraente e pieno di vita. Non capisco perché continui a starsene qui dentro anziché vivere la vita che merita.
«Sembri più convinto», inizia mettendo in bocca un pezzo di frittata e addentando il toast.
«Non devo?», sorseggio del caffè.
«Devi fare attenzione o rischi di perdere il controllo».
Sto per riflettere sulle sue parole quando il mio telefono inizia a vibrare. È TJ. Se chiama a quest'ora, c'è un valido motivo, soprattutto: complicazioni.
TJ: "muovi il culo amico! Qui c'è il caos!"
Ethan: "Arrivo!"
Mi alzo e dopo avere tolto il piatto dal tavolo salgo di corsa le scale a chiocciola, faccio una doccia lampo per togliere di dosso la puzza di sudore. Appallottolo gli indumenti sporchi gettandoli dentro la cesta per il bucato e dopo essermi asciugato, recupero quelli puliti.
Tara dorme tranquilla nel mio letto. Non è mai stata una persona ordinata o una casalinga. È già tanto che sappia accendere la tv. In casa era abituata ad essere servita. Anche ora lo è ma tenta come può di adattarsi anche se spesso e volentieri chiama la sua tata per ricevere aiuto. Non so proprio come farà con la bambina.
Emma sarebbe una mamma eccezionale, in ogni senso. Lei è ordinata, capace, straordinaria. Immagino lei al posto di Tara e per un nano secondo, il mio cuore torna a battere ad un ritmo costante.
Tento di non imbambolarmi o immaginare situazioni strane e dopo avere recuperato le chiavi e un fascicolo, corro al piano di sotto.
«TJ?» Domanda mio padre.
Annuisco. «Non so quando torno. Se si sveglia e ha bisogno di qualcosa, chiama Mark o Anya, loro sanno cosa fare!» entro in garage, apro la saracinesca e dopo avere messo in moto il mio bolide, sfreccio tra le strade di New York.
Dopo dodici lunghissime ed estenuanti ore passate al lavoro, torno stanco a casa. Sono le otto di sera e il cielo inizia ad essere tempestato di stelle. Ho bisogno di cenare e stendermi anche solo per una manciata di minuti, non chiedo altro. Ormai non dormo più come prima e non mangio più ad orari regolari. Ho perso proprio la bussola.
Sono fermo ad un semaforo che non ne vuole sapere di togliere il rosso. Davanti, una fila di auto in attesa. Qualcuno suona pure il clacson come se questo potesse essere d'aiuto.
"I'm unstoppable
I'm a Porsche with no brakes
I'm invincible
Yeah, I win every single game
I'm so powerful..."
«Si?»
«Amico dove sei?»
Stropiccio gli occhi per quello che vedo in alto. Il mio cuore subisce una strana accelerata. I miei palmi si stringono sul volante. Un cartellone pubblicitario enorme. Lei è quel coglione da copertina. Questo è davvero troppo! «Sto tornando a casa», ringhio e proseguo con calma senza premere troppo sull'acceleratore anche se la voglia ora è tanta.
«Giornata pesante?»
«Non sai quanto! È successo qualcosa?» un cretino mi supera sfrecciando dopo avere suonato il clacson. Se ne avessi le forze, gli farei mangiare la polvere specie in questo momento che sento una strana rabbia montarmi nel petto. Non riesco ancora a credere ai miei occhi. Emma è bellissima ma non può stare attaccata a quel tipo. Lui non può toccarla e vederla in quel modo, lei non è sua...
«Ehm, sì in effetti qualcosa c'è stato ma vorrei parlarne di presenza. Se è un brutto momento però...»
Sospiro. «Dimmi dove sei!» la cosa migliore in questo momento è distrarsi. Si, devo distrarmi prima di perdere il controllo.
«Ci incontriamo tutti al Devil's»
«Ok, datemi un paio di minuti. Controllo la situazione in casa e arrivo».
Sento dei rumori in sottofondo e la voce di mia sorella che gli chiede se ci sarò. «A dopo!»
Posteggio davanti il cancello. Entro in casa, mio padre è ad una cena di lavoro quindi non sto a controllare se lui c'è. Non sono qui per questo. Salgo al piano di sopra accendo la luce e sul frigo trovo un post-it giallo. Lo stacco per leggere.
"Visto che non ti sei degnato di tornare a casa lasciandomi sola, sono andata da un'amica!"
Strappo il biglietto e getto i pezzi dentro il cestino infuriato. Spero non sia dove dico io proprio oggi o non avrò solo un problema da risolvere. Se Tara esce allo scoperto proprio ora, sono fottuto. Il mio piano non andrà in porto. Devo essere più attento.
Passo frustrato una mano tra i capelli tirandoli leggermente. Sento il cuore battere ancora ad un ritmo convulso. Ho bisogno di sfogare quello che sento. Oggi è stato davvero troppo.
Esco di casa, dopo avere chiamato TJ per avvisarlo, raggiungo i ragazzi al Devil's. Trovo anche Lucy la quale ha uno strano sorriso stampato sulle labbra. Che cosa avrà in mente ora questa ragazza?
I preparativi per le nozze stanno andando avanti ad un ritmo alquanto frenetico. Anya non si è fermata un solo momento da quando Emma le ha risposto di sì. Lei e Lucy, stanno davvero lottando per fare bella figura. Mi chiedo cosa penserà Emma non appena vedrà le cerimonie e tutto quello che hanno preparato per uno dei giorni più importanti di una persona.
Parlano delle loro nuove avventure e quando Lucy non è nei paraggi, Anya si avvicina raccontandomi dei problemi che proprio Lucy ha avuto con il vestito e lei ha dovuto risolvere aiutandola prima di darmi il colpo di grazia con una notizia che mai e poi mai avrei messo in conto.
«No! Lei non può farle questo!», picchio il pugno sul tavolo prima di mandare giù l'ennesimo bicchierino per placare la furia che rischia davvero di farmi scoppiare.
«È quello che le ho detto anch'io ma non ascolta! Dovevi vederla oggi dalla sarta. Lucy ha qualcosa in mente e non mi piace affatto», Anya manda giù il suo alcolico ordinandone un altro.
Passo la mano sul viso stropicciando gli occhi. La vista inizia ad appannarsi. «Non può farle questo! Non può!», dico ancora.
«Shhh, sta tornando!» mia sorella la indica mentre Lucy siede nuovamente al nostro tavolo con quel ghigno. Vorrei proprio dirgliene quattro in questo momento ma placo la rabbia continuando ad annegare tutto quanto nell'alcol.
Quando la sento parlare di Emma con uno strano tono di voce, rischio proprio di fare danni. Barcollando mi alzo dal tavolo sotto lo sguardo attento di tutti. «Devo fare una chiamata».
Anya spalanca gli occhi allarmata mentre Mark tenta di fermarmi ma sono già fuori e ho già premuto il tastino verde. Uno, due, tre squilli e non risponde nessuno. Avrà riconosciuto il mio numero?
Mark strappa il telefono dalle mie mani e stacca la chiamata prima che scatti la segreteria. «Sei impazzito amico? Che cosa le vuoi dire? Che la sua amica o quella che crede lo sia, le stia tirando un brutto colpo? Non puoi davvero farle questo! Ti dirò come andranno le cose: andremo a quel fottuto matrimonio e ci comporteremo da persone normali! Emma ha già sofferto abbastanza», mi urla contro infuriato. So che ci tiene tanto a quella piccola biondina. L'ha sempre trattata come una sorella minore e l'ha sempre protetta ma lei questo, non lo sa ancora.
«Lei starà male! Non posso venire a quel matrimonio! Non capisci? Mi odierà maggiormente e la perderò», urlo a mia volta gesticolando.
«Amico tu ci sarai a quel matrimonio e parlerai con lei! Terremo d'occhio Lucy e tu non farai niente di avventato»
«Ma dico, hai visto con chi sta? Hai visto con chi va a letto? Credi che io sia stupido da lasciarglielo fare? Devo ricordarti che lei è mia? Io, io devo chiamarle e mettere in chiaro tutto quanto!»
Mark afferra le mie spalle. I suoi occhi fissi sui miei. «Adesso ti calmi! Stai dando di matto amico!»
Scrollo le sue mani spingendolo verso il muro. Mark afferra il mio polso e torcendolo dietro la schiena mi sbatte con la guancia contro la parete di mattoni. Riesco a liberarmi mollandogli un pugno. Ovviamente ricambia. Sento la pelle sul labbro lacerarmi e il sangue riversarsi sui vestiti e dentro la bocca. Sputo sangue in un angolo. «Non voglio litigare con te! Voglio solo riprendermi ciò che è mio!»
«Emma non è di tua proprietà! Adesso sta bene, ha una vita e un ragazzo che non le mente di continuo! Emma ha il diritto di essere felice! Ha il diritto di divertirsi e stare con una persona che lei am...»
Lo colpisco di nuovo. «Non dirlo! Lei non lo ama! Lei non può amare uno come lui!», continuo ad urlare.
«Si invece!» Mark contrattacca. «E se vuoi che le cose vadano per il verso giusto, apri gli occhi! Cazzo!» scrolla la mano colpendomi ancora.
Dalla porta secondaria, escono Anya, Seth e Camille. Mi fissano come se avessero davanti un mostro a tre teste.
Indietreggio barcollando. «Non permetterò a nessuno di voi di rovinarle quel giorno specie a te», punto il dito contro una Lucy che sta uscendo e ci fissa allarmata. «Emma vedrà davvero la stronza che sei quando saprà quello che hai fatto e quando tutti sapremo cosa stai architettando!» mi volto e inizio a camminare con furia.
Entro in auto dirigendomi verso la pista. C'è una gara questa sera e anche se ubriaco, sfogherò la rabbia che sento. L'abitacolo diventa sempre più soffocante e sono costretto a fermarmi per vomitare un paio di volte.
Come mi sono ridotto in questo stato?
La pista è piena di gente. Pago la mia quota nonostante le proteste di Eric e attendo il segnale per gareggiare. Non me ne frega se sto correndo dei pericoli. Ho bisogno di tutto questo. Ho bisogno di respirare anche solo per un minuto e di sentirmi libero. Serro la presa sul volante e non appena la bandiera viene abbassata, sfreccio in avanti con il mio bolide nero. Non vedo niente, solo un ammasso indistinto davanti di luci e gente urlante. Arrivo per primo, recupero la vincita e poi torno verso casa. L'effetto dell'alcol è scemato ma non la voglia di parlare con lei.
Entro in casa, Tara sta scendendo da un taxi. La fisso in cagnesco e lei sembra rabbrividire. Mi supera con una certa fretta e va a rintanarsi al piano di sopra. So cosa sta architettando ma lei non vincerà di certo.
Richiudo la porta e siedo sul divano del soggiorno. Accendo la tivù per avere un po' di compagnia mentre dal piano di sopra si sente il rumore della doccia.
Accanto a me, sul piccolo mobile in legno, una pila di fogli bianchi e una penna. Se non posso chiamarle, le scriverò qualcosa.
"Ciao o forse dovrei iniziare come ogni altra cazzo di lettera normale?
Sai benissimo che io non sono normale no? Quindi:
Ciao Piccola,
Ti sto scrivendo non solo per sapere come stai "veramente" ma per sapere come si sta senza di me.
Come vivi senza un pezzo del tuo cuore?
Come vivi senza le nostre strane e improvvise risate in grado di riscaldare le giornate più fredde, senza le nostre fottute discussioni senza senso, senza i nostri battibecchi che si concludevano sempre con il fare l'amore... Già, era bello tenerti tra le mie braccia mentre eravamo scossi e sudati ma più sereni e poi osservarti mentre dormivi...
Stai davvero meglio senza di me? Sono stato davvero un pessimo ragazzo? Non ti manca tutto questo?
A me si, forse tanto. Ci sono giorni in cui mi chiedo se ti fermi mai a riflettere, se ripensi a me e trattieni ancora il fiato in quel tuo modo fottutamente speciale ai miei occhi.
Io continuo a chiedermi come si sta senza di te e potrei rispondere in tanti modi ma continuo a tenere tutto dentro, ad implodere...
Sai? Sono davvero incazzato con te! Mi stai tradendo con un altro e io non sto facendo niente per fermarti. Ho visto quei fottiti cartelloni, sei bella da morire e sei tra le sue braccia...
Continuo a sentire questa rabbia come un macigno sul cuore. Continuo a chiedermi se mai avrò un'altra possibilità per redimermi ai tuoi occhi e farti capire che sono solo io la persona giusta per te. Sono solo io il tuo tassello ad incastro perfetto. Sono solo io quello in grado di amarti senza riserve...
Fa male. Tutto questo continua a lacerarmi dentro perché fa male guardarti su quei fottuti cartelloni a causa della lontananza, a causa mia... e vederti tra le braccia di un altro che non ti conosce affatto quanto ti conosco io!
Gli hai parlato di tutti i tuoi demoni?
Gli hai regalato uno dei tuoi rari e veri sorrisi?
Gli hai mai detto "ti amo"?
A me non lo hai mai detto apertamente... Solo con gli occhi e con le dimostrazioni. Avevi paura a dirlo ad alta voce e avevi ragione. Il tuo istinto aveva ragione! Ma mi amavi e io ti ho delusa...
Se ti avessi incontrata tra un paio di anni, magari al locale, davanti ad una birra o ad un pranzo, forse tutto sarebbe stato diverso e sarebbe andato nel modo giusto. Io sarei stato un uomo libero con un lavoro diverso e tu una donna più sicura e solare.
Avremmo vissuto lontano da questo posto. Nella nostra bellissima villa in mezzo al verde per come sognavamo spesso. Avremmo viaggiato tanto sentendoci liberi e spensierati e poi messo su famiglia... Già... Sembrerà strano detto da un coglione insensibile come me ma voglio davvero dei bambini nostri. Un maschietto con le mie fossette, una femminuccia con i tuoi occhi e il tuo carattere... Un pulmino di bambini se vuoi...
Tutto questo, continua a fare dannatamente male...
Se ti avessi conosciuta tra un paio di anni, saresti stata veramente il mio fottuto "fino alla fine"...
N/A:
~ Buongiorno!!! Come va?
La canzone di oggi come vi avevo annunciato in bacheca è Insomnia IAMX (vi consiglio di ascoltarla durante la lettura della lettera).
Il giorno del matrimonio di Lucy, si avvicina sempre più. Cosa succederà? Ethan scoprirà quello che Emma ha dovuto passare? Come reagirà? Cosa ne pensate della lettera scritta con rabbia e amore? Secondo voi, cosa voleva dirle nella chiamata? A voi i commenti e le teorie...
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Come sempre, scusate per gli "orrori". Grazie a tutti per il sostegno! Spero di non deludervi!!!
Ps: se avete canzoni da proporre per i capitoli, scrivete pure titolo e autore. Grazie ancora, buona giornata team #EMVAS e #EMKER!!! ❤️ ~
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