~ Dark Paradise ~


~ Emma's POV:

Non sono riuscita a dominare l'anisa che mi ha attanagliata da quando sono entrata su questo maledettissimo aereo. E' stata una mattinata intensa e stressante dal punto di vista emotivo. Per fortuna ho un posto accanto al finestrino anche se per tutto il viaggio ho tenuto gli occhi chiusi con le cuffie sparate nelle orecchie nel tentativo di calmare il nervosismo che lentamente sta cercando di mangiarmi viva.
Parker siede accanto a me mentre David e Lexa sono tre sedili dietro. Non so cosa stanno facendo o se sono svegli, so solo che voglio scendere da questo arnese e andarmi a richiudere da qualche parte.
La fase di atterraggio è una delle peggiori che io abbia mai vissuto. Ho i nervi a pezzi e Parker non prova nemmeno a parlarmi perchè quando l'ha fatto, l'ho subito mandato al diavolo. Forse dovrei prendere qualche calmante, forse dovrei farmi di qualcosa di pesante per potere superare questi giorni che saranno sicuramente stressanti e pieni.
Poggio un piede a terra e il mio cuore ha uno strano spasmo. Presto o tardi, avrò uno dei miei attacchi di panico, ne sono sicura.
L'attesa delle valige è estenuante, per fortuna Lexa prova ad alleviare la tensione proponendoci qualche strano scatto da avere per ricordo del nostro viaggio a New York.
La città è esattamente come la ricordo. Caotica, piena di vita, gente che supera, gente che ti sbraita addosso se non stai attenta, gente che chiede indicazioni, turisti di ogni tipo con le più svariate delle tecnologie tra le mani.
Trascino il mio trolley verso l'uscita e non mi guardo indietro per controllare che mi seguano. Parker sembra più teso di me e in parte mi solleva il fatto che anche lui non abbia un buon ricordo di questo posto mentre Lexa e David sembrano due scolari alla loro prima gita fuori città. Spero non si affezionino troppo a questo posto e alla sua vita frenetica.

Il viaggio in taxi, sembra non finire mai. Abbiamo prenotato delle camere in un motel modesto per non attirare troppa attenzione. In più è vicino al locale quindi non dovrò camminare troppo per arrivarci.
«Pronto?»
«Emma, sei arrivata
«Si, sto andando in motel».
«Tutto bene tesoro? Ci vediamo domani per la colazione?», domanda speranzoso Max.
«Si, si. Ti farò sapere», taglio corto.
I ragazzi si occupano dei bagagli. Mi giro attorno di fronte al motel e noto i primi cartelloni pubblicitari. Ci siamo anche noi. Rimetto gli occhiali da sole e vado dritta alla reception. La donna dietro il bancone tenuto a lucido è molto gentile, non ha un capello fuori posto e non appena pronuncio il mio nome porge le carte elettroniche per le nostre camere i ragazzi rifiutano e decidono di fare i galantuomini della situazione. Distribuisco le carte elettroniche e mi incammino verso l'ascensore.
Il motel è confortevole e pulito per fortuna. L'enorme ascensore emette il suono tipico e le porte si aprono al mio piano. Prendo le mie cose e mi incammino verso la mia stanza. Abbiamo tutti una stanza singola e in piani diversi a quanto pare. Meglio, così non dovrò mostrare il mio malumore a tutti. Per fortuna Parker non mi segue.
Inserisco la chiave elettronica ed entro lentamente. Attorno c'è il tipico odore delle camere chiuse dei motel. Moquette chiara, letti morbidi, un piccolo salottino e una vetrata con la vista verso il centro. Do un'occhiata generale anche al bagno poi sistemo il mio beauty e faccio una doccia.
Il telefono squilla: è Lucy. Mi avvolgo con l'asciugamano e le rispondo.
«Max mi ha detto che sei arrivata. Dove sei? Voglio abbracciarti!», è contenta.
«Sono un pò stanca quindi ci vediamo domani, promesso.»
Sospira. «Ok ma dimmi una cosa prima di staccare: stai bene?»
Le lacrime sgorgano incontrollate. «Si, alla grande», la voce trema. Mi ricompongo in fretta. «A domani», stacco, lancio il telefono sul letto e mi rivesto. Dopo avere asciugato i capelli, mi getto sul materasso e chiudo gli occhi.
Non so quanto dormo. Sento dei colpetti alla porta e vado ad aprire assonnata. Lexa entra entusiasta e non appena nota il mio sguardo si fa subito pensierosa e seria. «Hai pianto?», siede sul letto e guarda attorno come se volesse scovare delle trappole invisibili.
«No, dormivo. Sono un pò stanca», la voce arrochita sembra invece dire altro. Il fatto è che sono sono brava a mentire.
«Non esci con noi? Volevamo andare a visitare il centro e poi cenare in uno dei ristoranti famosi della zona», manda un messaggio e fa schioccare la gomma che tiene in bocca in modo sonoro.
«Andate pure, io tornerò a letto», mi sdraio supina e fisso il tetto dipinto.
«Lo so che stai male, con me non devi mentire Emma. Non devi permettere al dolore di tornare». Mi stampa un bacio sulla fronte. «Se ci perdiamo ti chiamo ok?»
Annuisco e la guardo mentre esce dalla mia stanza. Mi raggomitolo sul letto e scoppio in lacrime. Sono nel posto in cui ho sofferto, di nuovo. Saranno giorni pesanti e dovrò rimettermi in piedi se non voglio perdere quel poco di sanità mentale che mi è rimasto. Dopo un paio di minuti passati nel silenzio, qualcuno bussa alla porta. Mi alzo traballante.
«Pensavo di cenare e poi tornare a letto», solleva delle buste guardandosi attorno.
Lo lascio passare perchè so che bisogna essere prudenti in motel e mi siedo sul divano con i piedi sotto il sedere mentre Parker sistema i contenitori sul tavolo. Ha preso di tutto ma più vedo il cibo, più sale la nausea che cerco di tenere a bada da questa mattina. Mi sforzo di mettere qualcosa dentro lo stomaco a fatica.
«Non è come questa la mia stanza», prova a fare conversazione.
«Non hai la tv a schermo piatto come la mia?», cerco di fare un sorriso ma non so se riesce.
«No, pensavo di vedere la partita qui se non ti dispiace», sorride in modo dolce.
Come posso dire di no? Come posso chiedergli di andare via quando è qui per me? Lui è qui per me nonostante abbia un brutto passato in questo stesso posto. Aspetta, vedrà una partita? Non ne ha più vista una da...
Rabbrividisco e dopo avere cenato mi sistemo sul letto turbata e preoccupata per lui.
Parker prende il telecomando e sedendosi con le spalle appoggiate alla testiera del letto sceglie il canale sportivo. Mi lancia uno sguardo e in breve mi ritrovo rannicchiata tra le sue braccia. Chiudo gli occhi e inspiro il suo buon profumo. Il suo petto si alza e si abbassa lentamente ma quando la partita di football inizia, i suoi battiti aumentano di netto. Non so se sia emozione la sua o sensazione di perdita. Lo stringo di più a me e noto che si rilassa anche se di poco.
Non capisco perchè lo stia facendo. Si sta autolesionando riaprendo una vecchia ferita ma non sembra spaventato. Piuttosto sembra uno che sta prendendo la propria rivincita con la vita.
Alzo la testa ma non so realmente cosa voglio chiedere. Rimango per un momento sospesa con le parole che vorticano dentro la mia testa incapaci di uscire dalla mia bocca. I suoi occhi saettano sui miei poi tornano sullo schermo.
«Perchè lo fai?»
Sussulta leggermente. «Perchè faccio cosa?», finge indifferenza.
«Perchè ti stai facendo del male così?», mi alzo per guardarlo.
«Perchè le paure o le affronti o lasci che ti anneghino», risponde secco.
Mi alzo dal letto barcollante e con occhi appannati. Parker inarca un sopracciglio. «Che fai?», sembra preoccupato.
Scuoto la testa e corro in bagno. Vomito più volte prima di rannicchiarmi dentro la vasca per un paio di minuti in cui sfogo ogni mia paura e frustrazione piangendo. Parker non prova a fermarmi, non mi interrompe, lascia semplicemente che io sfoghi tutto quanto.
Sfinita torno sul letto e stesa su di un fianco, mi addormento.

«Lasciala dormire!» Bisbiglia qualcuno.
«Deve alzarsi, sono le dieci e Lucy si starà preoccupando!»
«Ho detto, lasciala dormire», ringhia Parker.
Distinguo meglio le voci e i loro discorsi arrivano dritti dentro la mia testa. Non ho la forza di voltarmi e dire loro che sono sveglia, che voglio essere lasciata un pò da sola per riprendermi, non ho il coraggio di aprire bocca perchè scoppierei in lacrime. Stringo semplicemente le palpebre e la coperta al petto.
«E come facciamo? Lucy le avrà chiamato un paio di volte scommetto». Lexa sembra preoccupata e agitata.
«Emma non stava bene ieri e quando si è addormentata ho controllato che nessuno la disturbasse mettendo il suo cellulare in modalità silenzioso. Non è ancora suonato quindi nessuno ha chiamato. Appena si sveglia, chiederemo a lei cosa vuole fare. Torna da David e provate a divertirvi!»
Sento Lexa sospirare e camminare avanti e indietro con i tacchi. «Chiami appena si sveglia? Sono preoccupata per lei. Non voglio che vada da sola».
«Va bene», mormora Parker.
Sento la porta richiudersi e il letto muoversi. Le sue braccia mi avvolgono e le sue labbra si posano contro il mio orecchio. «Lo so che sei sveglia», sussurra dolce.
Sussulto poi mi volto aprendo gli occhi. Ha uno sguardo riposato e sereno come sempre. Forse è la sua maschera del giorno, penso. Non c'è traccia di rabbia o altro nella sua espressione. E' solo il solito, mimetico Parker Johansson.
«Avrò bisogno di un minuto per riprendermi», sussurro poggiando la fronte sulle sue labbra e stringendolo in un abbraccio per trarne conforto.
Prende il viso tra le sue mani forti. «Tutto il tempo che vuoi, ok?»
Annuisco alzandomi. La gamba fa stranamente male. Faccio una doccia rilassante, mi vesto in modo impeccabile, mi trucco per nascondere i segni della nottataccia e poi infilo i tacchi. Faccio un giro su me stessa e Parker mi sorride mentre si avvicina afferrandomi per la vita.
«Ho avvisato Lexa. Arriveranno tra un paio di minuti».
«Ho chiamato prima Lucy, ci aspetta per il pranzo al locale». Recupero la borsa e usciamo mano nella mano dalla stanza.
Averlo vicino in questo momento, mi da la forza necessaria per superare la tensione e tutto questo strano casino.
Aspettiamo Lexa e David davanti al motel. Arrivano in fretta. Avrei voluto che tardassero che chiamassero chiedendo di raggiungerli perché persi in strani vicoli.
Cammino rigida stringendo la mano di Parker mentre ci avviciniamo al locale. Faccio un grosso respiro quando apre la porta lasciandomi passare.
In un attimo mi ritrovo delle mani addosso, un corpo caldo contro il mio, eppure mi sembra tutto così lontano, forse lo sono io. Non è una sensazione familiare quella che sto provando.
«Fatti vedere!» Max incombe su di me. È molto magro e continua a stringere le mie guance come un padre apprensivo. Sorrido e lo abbraccio. Mi è mancato davvero tanto.
«Ti trovo bene», gli do delle pacche affettuose sulle spalle.
Il nodo sul cuore si scioglie lentamente alla vista di queste persone meravigliose. Uno ad uno abbraccio tutti riscuotendomi dal panico iniziale. Luke, Tony infine Lucy che strilla e urla come una pazza annunciando a tutti che sono la sua migliore amica e damigella d'onore, come se già non lo sapessero.
«Vi presento Lexa e David due amici e lui è...»
«Parker il suo fidanzato, piacere», Parker stringe la mano a tutti. Max lo fissa con sguardo indagatore poi sorride accorgendosi tardi di chi ha di fronte. Gli piace, riesco a leggerlo nei suoi occhi.
Lucy arrossisce balbettando il suo nome e poi rimane imbambolata con la mano stretta in quella del mio ragazzo che si è presentato come il mio fidanzato. Ha sicuramente iniziato a marcare il territorio e questo a me non dispiace. Bisogna ridefinire i confini e specificare che sono qui solo per due matrimoni e che poi me ne ritornerò a casa.
Ci sediamo al tavolo. Lexa si sistema accanto a me così come Parker. Sembrano due guardie del corpo, continuano a guardarsi attorno come se da un momento all'altro dovesse succedere qualcosa e dovessero proteggermi. Inizio anch'io a guardarmi attorno ma la mia è una sensazione reale e solida. Ho paura che da quella porta, possa entrare una persona in particolare e al suo seguito qualcun altro.

Tony supera se stesso con il pranzo. Le pietanze sono abbondanti ed esagerate. Lexa fotografa tutto postando sui social con occhi sgranati mentre David fa i suoi complimenti allo chef che siede con noi a tavola facendolo arrossire. Parker è stranamente silenzioso e calcolatore. Riconosco lo sguardo e quando ne ho l'occasione, trovo la sua mano sotto il tavolo e incrocio le nostre dita. Mi guarda e sorride per rassicurarmi.
«Non hai mangiato molto», Lucy come al solito trova sempre l'occasione per mettermi a disagio. Sappiamo entrambe che Max si preoccupa per niente quando si tratta di cibo e di me in particolare.
«Sono ancora un po' frastornata a dire il vero e ho lo stomaco in subbuglio», guardo Parker, «mi accompagni un momento fuori?»
Parker si alza. «Scusate». Lexa ci segue con lo sguardo poi intrattiene gli altri facendo domande a caso.
Quando raggiungo l'uscita, lascio uscire un sospiro. Le sue mani si posano sulle mie spalle e il suo sguardo fisso mi riporta alla realtà. «Non devi per forza finire il pranzo...»
Scuoto la testa. «Sto bene, dovevo solo prendere una boccata d'aria anche se fuori non è delle migliori», arriccio il naso.
Mi attira tra le sue braccia e la sua mano carezza la mia schiena. Chiudo gli occhi e oscillo lentamente fino a quando non mi sono calmata.
Tornati al tavolo nessuno fa domande. Noto però lo sguardo che ha Lucy verso Parker. Non capisco il perché... Ha un qualcosa di strano negli occhi. Segue ogni suo movimento e quando lui mette un braccio sulle mie spalle e bacia la mia guancia con dolcezza dopo avermi sussurrato qualcosa che mi fa sorridere, contrae la mascella distogliendo lo sguardo.
«Come ti trovi a Vancouver?»
La curiosità di Max sulla mia nuova vita, mi mette più a mio agio rispetto ai discorsi sul matrimonio o sul vivere assieme. «È un luogo fantastico dovresti vederlo. Ho ancora tanti posti da visitare ma a questo ci sta pensando il mio ragazzo». Sorrido arrossendo guardando Parker che ricambia lo sguardo e poi torna a parlare di vini con Tony e David.
«Abbiamo visto i cartelloni...», Lucy sgancia la seconda bomba.
«Si ti sono piaciute le foto?», domanda Lexa non capendo il tono che Lucy ha usato ma agendo istintivamente.
«Si. Emma è molto bella, lo siete entrambe. Sei diversa da quando ti sei trasferita», sorseggia il vino e risponde ad un messaggio.
«Nella vita si cambia. Diciamo che sto facendo le cose che generalmente non avrei mai creduto di poter fare», rispondo piccata.
«Niente più corse?»
Tony e Max fissano Lucy increduli. Che le prende?
Sbianco e mi alzo dal tavolo. «No, niente più corse. Adesso credo sia il momento di andare. Ho del lavoro da fare».
In breve ci alziamo tutti. Saluto velocemente ringraziando per il pranzo e poi corro fuori e a grandi falcate supero la strada.
«Emma aspetta!»
Mi volto verso Lucy che sta correndo dietro con il viso rosso. Devono averle detto qualcosa.
«Mi dispiace, non avrei dovuto...»
«Fare cosa? Ricordarmi cosa ho lasciato in questo posto? O dovrei dire chi ho lasciato in questo posto? Mi sono fatta una nuova vita che a te piaccia o meno! È così difficile da accettare?»
«Lo so ma sei strana Emma! Eviti certi sguardi e discorsi, continui a guardarti attorno, non mangi, ti aggrappi a quel ragazzo come se fosse la tua unica salvezza...»
«Quel ragazzo, mi ama davvero e gli devo tanto e ho un'amica che non mi pugnala alle spalle! Ho ritrovato me stessa dopo essermi persa e dopo avere sofferto! Ho dovuto abbandonare tutto e ricostruirmi un presente a causa di quello che è successo. Dovresti essere felice per me!», ribatto alzando il tono della voce.
«E lo sono! Davvero, lo sono! Ma vederti così, con loro, è strano! Lo è per me lo è per Max e per Tony, sembra che tu ti stia dimenticando di noi. Sembra che tu non voglia più avere a che fare con noi...»
«Cosa? Sono qui per il tuo matrimonio e non per piangere sul latte versato. Sono qui per te! Non so perché tu ti stia comportando in questo modo ma dovresti vederti... Sei tu quella cambiata!»
Lexa e gli altri ci stanno guardando in silenzio. Quando giro sui tacchi e mi incammino, mi seguono lanciandosi degli sguardi turbati a Lucy. So cosa stanno pensando, non mi hanno mai vista così prima. Benvenuti in questa cazzo di città e nella mia vecchia vita, vorrei urlare.
Arrivo in motel di pessimo umore, passo la carta magnetica e mi richiudo la porta dietro. Non voglio vedere nessuno in questo momento. Finirei solo con il mettermi ad urlare contro chi non ha nessuna colpa. Spalanco la valigia e getto i vestiti alla rinfusa per terra tanto per scaricare la tensione che sento montare nel petto. Rimetto tutto a posto e giro come un animale in gabbia per la stanza.
Il telefono squilla. Ancora una volta Lucy sta cercando di contattarmi. Faccio un grosso respiro e le rispondo.
«Emma mi dispiace. Hai ragione, non avrei dovuto. Sono felice per te e per la tua nuova vita ma vederti con un altro è stato strano. La tua amica ti guarda come se volesse solo farti da scudo a vita e lui come se non avesse bisogno di nient'altro. Mi sono sentita di troppo e sono gelosa, gelosa perché loro riescono a farti sorridere mentre io ho complottato con il nemico per mesi e il senso di colpa inizia a distruggermi»
Parla così veloce che non riesco a seguirla ma è Lucy, la mia Lucy.
Scoppio in singhiozzi e lei si interrompe.
«Stai male a causa mia. Mi dispiace, non avrei dovuto invitarli al mio matrimonio, non avrei dovuto farti tornare in questo posto...»
«Lucy mi dispiace. Non so cosa mi stia prendendo ma non respiro, non ci riesco. Non so cosa dire o fare per evitare che il passato mi sommerga con le sue fauci. Ho paura, una paura matta di rivederlo e riprovare certe sensazioni sapendo che è tutto finito. Sono venuta qui con loro... con Lexa e David e con Parker, perché loro sono in grado di darmi la forza di cui necessito per affrontare tutto questo. Non voglio rovinare il tuo matrimonio e questi giorni felici per te, prometto che andrà tutto bene...», tiro su con il naso e cerco aria aprendo la finestra.
Qualcuno bussa alla porta, non mi curo del mascara sbavato o degli occhi rossi. Apro la porta e lascio che Lexa entri mentre parlo al telefono.
«Emma ti prego di scusarmi ancora. Ci vediamo domani? Ho bisogno di te, lo sai.»
«Si, certo.» Singhiozzo sonoramente.
«Ti voglio bene.»
«Ti voglio bene anch'io Lucy»
Lascio uscire un sospiro. Lexa mi guarda con i suoi occhi da cerbiatta. Scuoto la testa e metto il viso tra le mani. La sua mano si posa sulla mia spalla. «Ce la farai. Ne hai passate tante, questo non è niente al confronto. Rialzati e affronta la situazione».
So che ha ragione ma il pensiero di rivederlo mi fa stare male. Ho tutto per essere felice, con me ci sono loro ma ho paura delle mie reazioni. Scoppio ancora in lacrime e spiego cosa sento a Lexa. So che comprende le mie parole e non tenta di riprendermi o di giudicarmi. Conosce tutto di me ed è ancora al mio fianco nonostante tutto. È una delle persone più importanti della mia vita.
«Sai cosa ci vuole?», domanda alzando le sopracciglia più volte per farsi capire. Mi sfugge un sorriso. Forse ne abbiamo tutti bisogno. Acconsento e mi preparo subito per uscire.

I ragazzi si fanno trovare fuori. Lexa mi ha convinta ad indossare un vestitino aderente e sexy. Parker è incredibilmente sensuale con i pantaloni stretti blu scuro e una camicia ghiaccio che adoro. Sa essere elegante con qualsiasi cosa addosso. I suoi occhi luccicano e si concentrano per un momento sulle mie gambe esposte. Ne alzo una e sorrido maliziosa.
Li porto al Devil's club con la speranza che nessuno mi o ci riconosca e inizi a spargere la voce. Il locale è affollato come lo ricordo. Pieno di studenti già ubriachi e intenti a divertirsi. Rivedo Stephan il quale mi abbraccia immediatamente complimentandosi con me per l'aspetto e per i cartelloni. Mi fa arrossire. Gli presento i ragazzi e prendiamo posto ad un tavolo. La cameriera dopo pochi minuti, sistema l'ordinazione e in più Stephan ci offre un giro di gelatine alcoliche come regalo di bentornata. Ci guardiamo tutti e brindiamo. Dopo la pessima mattinata credo di averne bisogno.
«Balliamo?», strilla Lexa entusiasta.
Mi alzo e rimango per un momento impalata. Di fronte a me c'è Eric. Mi fissa stordito, batte le palpebre e cerca di mettere a fuoco. Il suo compagno lo intima a proseguire ma lui fa cenno di fermarsi. Io sorrido, lui sorride, corro subito ad abbracciarlo.
«Ehi»
«Ehi! Fatti vedere?», mi stringe forte. «Non posso crederci, sei qui! Che bella che sei!», mi stampa qualche bacio sulla guancia.
Arrossisco notando i miei amici e Parker fissarci curiosi. «Eric, loro sono Lexa e David e lui è Parker».
Eric si presenta. «Sei quel Parker», stringe la presa sulla sua mano ma Parker non ne sembra preoccupato. Tempo fa gli avevo spiegato com'è fatto Eric. Capisco che gli piace dal modo in cui guarda il mio ragazzo.
«Adesso devo andare, rimani nei paraggi tesoro? Ah, è figo da paura», mormora con un gran sorrido malizioso sulle labbra.
Annuisco mentre Eric sparisce tra la folla. È stato bello rivederlo.
Lexa mi trascina in pista e balliamo per un po' mentre i ragazzi nel frattempo ci guardano e chiacchierano. «Solo a me sembra strano tutto questo?», urlo contro l'orecchio di Lexa.
«A cosa ti riferisci?», mi fa fare una giravolta.
«Parker... è troppo calmo», gli lancio uno sguardo. Sono allarmata dentro ma non riesco a capire la vera ragione di tale sensazione. Forse sono solo paranoica.
«Tesoro, tu hai bisogno di bere e divertirti!», mi trascina per le spalle verso il bancone. Stephan ci offre altri due giri.
Alcuni ragazzi ci indicano riconoscendoci per quei maledetti cartelloni pubblicitari e vogliono scattarsi delle foto con noi. Qualcuno ci prova pure ma intervengono David e Parker trascinandoci al tavolo.
Parker mi fa sedere sulle sue gambe tenendomi stretta. «Così non scappi», sorride come un bambino dispettoso.
Alzo gli occhi al cielo. «Non ne avevo nessuna intenzione», mormoro sulle sue labbra. «Con il capo, forse...», ridacchio.
Prendiamo altre gelatine alcoliche e iniziamo a scherzare e giocare a obbligo o verità come dei ragazzini alla loro prima festa della confraternita.

«Balliamo?»
Ho la vista un po' appannata dall'alcol ma riesco a reggermi ancora in piedi. In quanto alla capacità di parlare, beh, ho qualche piccolo problema perché biascico ma va tutto bene. Seguo Parker in pista ritrovandomi stretta al suo corpo statuario e perfetto. Ha un gran bel fisico. Ho ballato poche volte con lui e tutte le volte è stato particolarmente eccitante. Gli metto le braccia attorno al collo e ondeggiamo per un paio di minuti fissandoci negli occhi.
«Sei ubriaco?», sono sorpresa. Non ho mai visto Parker in questo stato ed è divertente ed eccitante allo stesso tempo perché così posso stuzzicarlo.
«Solo un pochino», biascica stringendomi maggiormente a sé.
«Vacci piano con questa stretta. Non vado da nessuna parte ricordi?», stringo la presa sulla sua camicia.
«Ne sei sicura?»
Lo guardo turbata. A cosa si riferisce? «Sicura...», gli stampo un bacio sul collo.
Alza il mento mugolando di piacere e scende con le mani sui miei glutei stringendomi a sé. Non mi oppongo, mi piace quando è possessivo e quando mi desidera visibilmente eccitato. Non riesco però a capire questa sua improvvisa insicurezza. Si sente minacciato da qualcosa?
Lancio uno sguardo al nostro tavolo e Lexa è avvinghiata a David. Sono un po' sconvolta a dire il vero di vederli così, ma che si diverta come meglio crede. Sono adulti e consenzienti.
Le labbra di Parker si posano sulla mia gola e scendono verso la clavicola. Chiudo gli occhi e continuo a ballare attaccata al suo corpo. Il suo odore inebria ogni mio senso facendomi sentire protetta e a casa.
«A cosa stai pensando piccola?»
È così dolce anche da ubriaco. Sorrido e passo la mano tra i suoi capelli un po' sudati per scompigliarli. «Penso che tu sia fantastico. Penso che tu sia sexy. Penso che tu sia, mio!»
Mi attira in un bacio sensuale. Mi esce un gemito sulle sue labbra e le sue pupille si dilatano. Prima che la situazione possa degenerare, torniamo al tavolo accaldati. Lexa e David vogliono tornare con una certa fretta al motel annunciando che chiameranno per sistemare tutte le loro cose in una stanza perché è più conveniente. Guardo timida il mio ragazzo per capire se anche lui vuole sistemarsi in camera con me.
«Mi vuoi in camera con te?», domanda con un ghigno.
«Si, dovrebbe esserci un po' di spazio sul divano per te», gli faccio la linguaccia.
«Sul divano?», mi attira su di sé, «sul serio?». Prova a farmi il solletico. Ridacchio e mi rialzo trascinandolo verso l'uscita.
Ci incamminiamo tutti e quattro barcollanti verso il motel. Ridiamo e scherziamo come dei ragazzini. All'arrivo i ragazzi annunciano le loro intenzioni alla signora dietro il bancone della reception e in breve si forma uno strano caos con le carte magnetiche, le valigie e le nuove camere.
Entro nella nuova stanza ed è una suite bellissima e confortevole. Mi esce uno strilletto divertito e batto le mani saltando sul letto per vedere se è comodo. Mi sento euforica e senza pensieri. Il fatto è che mi piace essere brilla. Mi piace la strana sensazione di leggerezza che sale su per il corpo come se ti ritrovassi tra le onde del mare e la lenta corrente ti spingesse verso la riva. Mi piace sentirmi libera e spensierata. Posso parlare senza riflettere troppo e ci diverte un mondo.
Lexa e David vengono a farci una brevissima visita in camera e beviamo un altro po' tra chiacchiere e scherzi stupidi, prima che si dileguino.
Tolgo i tacchi gettandoli in un angolo. Parker fa lo stesso con le scarpe e rimane a piedi nudi sul pavimento in legno prima di avvicinarsi a passo spedito. «Posso almeno toglierti questo vestitino? Ci penso da quando ti ho vista...»
È proprio andato. Mi volto e lascio che abbassi la zip e sfili il vestito. Le sue mani e i suoi gesti sono molto delicati e quasi impercettibili. Le dita sfiorano le mie spalle scostando i capelli dall'altro lato provocandomi brividi incontrollati e piacevoli sulla pelle esposta. Le sue labbra baciano la mia nuca e scendono lungo la spalla con una lentezza pericolosa per i miei sensi. La mia mano tocca i suoi capelli da dietro mentre il mio corpo si appoggia contro il suo petto. Gemo sotto il suo tocco. Mi volto e sbottono la sua camicia gettandola accanto al mio vestito poi procedo con i suoi pantaloni. Mi guarda con malizia e si diverte quando trovo qualche difficoltà con l'ultimo bottone dei pantaloni. Le sue mani si posano sui miei glutei alzandoli. Mi getto su di lui avvinghiandomi e iniziamo a baciarci mentre indietreggia verso il letto.
Le coperte odorano di bucato fresco mentre la sua pelle ha un odore decisamente migliore e inebriante, forte, per la mia sanità mentale e per i miei istinti.
«Ancora qualche giorno continuo a ripetermi...», biascica.
«Si...», sono senza fiato mentre lascio che mi baci ovunque.
«È difficile resistere ma ce la farò, ce la faremo non è vero?»
Aggrotto le sopracciglia e mi fermo per capire se ci sia dell'altro dietro le sue parole. I suoi occhi sono sinceri e preoccupati. Prendo il suo viso tra le mani. «Starai al mio fianco?»
Annuisce. «Allora ce la faremo...», sorrido per rassicurarlo ma il mio cuore ha già perso troppi battiti. Vedere Parker così indifeso o insicuro ha uno strano effetto. Il problema è che non so nemmeno io come andrà a finire tutta questa storia ma so cosa sento per lui e cosa provo quando gli sto accanto. Lui è il mio presente, è il perno in grado di far funzionare tutto correttamente.
Ci stendiamo sul letto l'uno di fronte all'altra. La sua mano carezza il mio viso mentre la mia si posa sul suo petto. Ormai non obbietta più come prima su questo gesto.
«Sei la persona più cara che ho a questo mondo Emma...», sembra stia soffrendo.
Mordo le guance e trattengo le lacrime.
«Non voglio perderti. Ti amo Emma...», la sua mano si ferma e i suoi occhi si abbassano.
Gli stampo immeditamente un bacio sulla tempia. «Ti amo Parker...», sussurro e spero senta le mie parole. Esprimere quello che provo non è mai facile ma una volta detto, mi sento libera.

N/A:
~ Abbiamo paura di essere felici perché quasi sempre succede qualcosa di brutto. In un mondo come questo, la paura miete più vittime di ogni altra cosa. Possiamo avere paura di non essere all'altezza, paura di rivivere il passato, paura di agire, paura di sbagliare, paura di amare o di affezionarci...
Quasi sempre però le paure sono solo dentro la nostra testa. Le paure non si superano. O impari a tenerle sotto controllo e a conviverci o queste prenderanno il sopravvento.
"Più hai paura di una cosa, più potere le dai." -AHS
~ Emma arriva impaurita a New York. Ha paura di ritrovare davanti quei due occhi in grado di annientare ogni sua difesa. Ha paura di perdere tutto quello che ha costruito nella sua nuova casa. Cosa succederà?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto!!! Come sempre scusate per gli errori.
Grazie ❤️ ~
Ps: vi presento Eric

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