6. Alessia
Dopo scuola, invece di tornare a casa, ho voglia di ritornare alla scogliera dell'altra volta. Non ci torno da quando è iniziata la scuola. Questa volta però voglio portare con me Giulia e Claudio, per condividere con loro questo posto così misterioso ma molto attrattivo.
-Ragazzi- li richiamo quando usciamo dall'Istituto. Loro si girano verso di me. -Venite con me in un posto?- chiedo con tono supplichevole, unendo le mani tra loro e facendo il labbruccio. Giulia e Claudio si guardano e dopo annuiscono.
-Ma si, dai, si può fare- dice Claudio -tanto non ho niente da fare oggi.-
-Si, tanto non avevo voglia di tornare a casa- continua Giulia, a ruota.
-Okay, però prima andiamo a mangiare qualcosa così non moriamo di fame- propongo ragionevolmente e loro concordano con me.
Andiamo in un fast-food e ordiniamo qualcosa da mangiare. Nel frattempo che aspettiamo, parliamo della professoressa di lingue che oggi è stata assente perché sua figlia ha avuto un bambino. Claudio, inoltre, accenna in maniera molto vaga che dovrà andare a New York tra un po' di tempo, e che non sa quanto dovrà stare via. Noi lo rassicuriamo dicendogli che non importa il tempo che sta fuori, perché anche se dovesse essere una settimana, un mese, o un anno, ci terremo sempre in contatto sui social o con le chiamate. Sarà strano non averlo qui con noi, ma questo non vuol dire che non ci rivedremo più, è solo un viaggio temporaneo e ancora non stabilito in maniera sicura.
Dopo aver finito il nostro pranzo, Giulia e Claudio mi chiedono dov'è questo posto in cui devo portarli ed io rimango in silenzio, dicendogli solo che è una sorpresa e che loro devono solo seguirmi senza fare domande.
Ad ogni attimo che passa mi avvicino sempre di più alla scogliera. Più sono vicina, più sento come se qualcosa mi stesse attraendo verso la punta. Mi fermo esattamente a dieci centimetri dalla punta e rimango lì, immobile e calma, quasi rilassata.
-Alessia, ma sei pazza?- grida Giulia. -Vieni qui, potresti cadere e...Oddio non ci voglio pensare! -
-Non vi dà pace questo posto?- chiedo, aprendo le braccia e respirando l'aria fresca di quassù.
- A me fa paura- esclama Claudio, con voce tremante.
- Alessia, ma li hai visti tutti questi cartelli? Dicono: "Vietato avvicinarsi alla scogliera" oppure "Zona non sicura a causa di frane improvvise".- Giulia gira lo sguardo dietro di lei e mi indica i cartelli che ha appena letto. -Non dovremmo essere qui e tu non dovresti essere lì, quindi ritorna qui- ordina, il tono autoritario. Certo che quando fa così è proprio uguale a mia madre.
Alzo gli occhi al cielo. -Ah, sei insopportabile quando fai così, mi sembri mia madre- le dico, andando verso di lei e allontanandomi, così, dalla punta della scogliera. Mi siedo di fronte a lei e mi godo il silenzio di questo posto, l'odore del mare che entra nelle narici e che mi fa stare come in estasi.
Mentre Giulia farfuglia qualcosa tra sé e Claudio parla a telefono con suo padre per informarlo che è già uscito da scuola e che tornerà tra poco a casa. Tornare qui con loro non è stata una così buona idea dopotutto. Be', vorrà dire che tornerò sola la prossima volta.
-Andiamo?- domando, alzandomi e prendendo di nuovo lo zaino che avevo precedentemente abbandonato a terra.
Giulia saetta lo sguardo verso di me e mi guarda male. -Sei seria? Dopo un quarto d'ora che ti dico di andare, te ne vieni con questa domanda?- Scuote la testa esasperata e poi si alza anche lei. Borbotta.
-Visto? Non è stato poi così terribile- dico divertita appena arriviamo all'inizio della strada, completamente a distanza dalla scogliera e da qualsiasi pericolo, secondo quel che dice Giulia.
-Tu sei pazza- dicono all'unisono Giulia e Claudio, io rido.
-Adesso vado a casa, sono stanca. Ci vediamo domani?- Sistemo lo zaino e mi volto verso di loro, aspettando una loro risposta.
-Come sempre- risponde Giulia, e mi abbraccia. -Sappi che penso ancora che tu sia pazza.-
-Ah ah, sai che lo sono veramente, sei la mia migliore amica in fondo.- L'abbraccio anch'io e poi saluto anche Claudio con un abbraccio.
-Ci vediamo domani.- Mi giro dall'altra parte e cammino verso casa, lasciando che loro vadano dalla parte opposta alla mia.
* * *
Appena entro in casa, dopo quasi venti minuti di camminata, mi chiudo la porta alle spalle e butto lo zaino a terra, poso le chiavi sul mobile accanto alla porta.
-Sono a casa, Jack- grido.
Jack spunta dalla cucina e si ferma poco prima di arrivare completamente di fronte a me. Ha l'aria di essere abbastanza sconvolto, e che abbia...pianto? No, non può essere, lui non piange quasi mai.
-Alessia- fa lui, con tono flebile. Metto le mani sui fianchi e gli tiro un'occhiataccia.
-Ora tu mi spieghi perché non sei venuto a scuola!- chiedo, seria. -E non mettere in mezzo i nostri genitori, per favore- aggiungo. Oggi mi ha detto per scherzo che sarebbe andato a prendere i nostri genitori, ma alla fine sono riuscita a estorcergli la verità. Adesso voglio che faccia lo stesso.
Capisco che sarebbe inappropriato essere così rigida con lui, visto anche il fatto che è mio fratello e che è due anni maggiore di me. Però la cosa bella di essere una sorella minore è, almeno nel mio caso, quella di essere curiosa e di voler sempre sapere tutto. E lui deve accontentarmi, altrimenti si salvi chi può.
Non mi risponde, così continuo. -Cioè, capisco che avevi i tuoi motivi per non dirmelo, ma mi hai mentito solo perché non sapevi come avrei reagito? So tutto e non me ne può fregare niente perché per me non è importante. L'unica cosa che non capisco è il perché tu non me l'abbia detto subito!- dico, con una punta di amarezza sulla lingua.
Cioè, se voleva stare con quella ragazza, poteva dirmelo senza problemi; non capisco perché tenermelo segreto. Lo so che ieri ha detto che tra loro non c'è nulla, ma io non gli credo lo stesso. Una ragazza non si bacia in quel modo se non la si ama veramente. Sarà che voleva tenere nascosta la sua relazione, e per questo non lo biasimo, visto anche il fatto che lo farei anch'io se solo fosse necessario.
Jack mi guarda con gli occhi pieni di rabbia e tristezza allo stesso tempo ed inizia a gridarmi contro. -Come fai a dire che non te ne importa niente? Sono i nostri genitori... Pensavo gli volessi bene, come loro te ne hanno voluto fino a quando non è successo quel cazzo d'incidente aereo. E tu hai il coraggio di dire che non è importante per te?- Ma di che cosa sta parlando? Quale incidente aereo? Aspetta...
-Jack, di che stai parlando? Quale incidente aereo?- Corrugo la fronte e mi avvicino di un passo a lui, agitata. Nella mia mente continuano a girare le parole di pochi minuti fa.
-Hai detto che sapevi tutto, non fare finta di essertene dimenticata!- Si sta trattenendo dal fare qualcosa, il problema è che non riesco a capire cosa.
-Jack, mi riferivo al fatto di stamattina: invece d'inventarti una scusa, potevi dirmi che andavi dalla tua ragazza. Non ti avrei fatto niente, anzi, ne sarei stata felice- mi spiego, guardandolo negli occhi. Sono terrorizzata. Che cosa è successo ai nostri genitori, e perché non sono ancora arrivati? E cos'è questa storia dell'incidente aereo?
Lui mi guarda. -Di chi stai parlano?- chiede, gli occhi che sono un misto di rabbia e confusione allo stesso tempo.
-Della ragazza di ieri, di chi sennò? So che mi hai detto che non c'è niente tra di voi, però io credevo...- Vengo interrotta.
-Be', credevi male! Tra me e lei, come ti ho già detto, appunto, non c'è niente e mai ci sarà. - Si passa una mano tra i capelli e poi mi guarda con lo sguardo perso nel vuoto.
Mi avvicino a lui e, con un misto di paura e incertezza, gli chiedo: -Che cosa è successo ai nostri genitori?-
Si zittisce, nemmeno mi guarda in faccia. Ma mi prende in giro, che gli prende?
-Jack, adesso tu parli! Che cazzo è successo ai nostri genitori?- esclamo. Esigo sapere tutto, non può dire delle cose e poi pentirsene e tacere.
Sperando in una risposta positiva, lo guardo e rimango in silenzio. Lui alza lo sguardo e, in un attimo, la mia vita sembra cambiare di scatto. Niente di più doloroso, solo una catastrofica notizia. Mi accascio a terra e lui fa lo stesso venendomi accanto. Le mie lacrime minacciano di uscire e, in una situazione come questa, è inevitabile controllarle.
-No, ti prego, no...- Le lacrime scendono ininterrottamente bagnandomi le guance e i miei singhiozzi sono terribili urla di dolore.
Mi avvicina a sé e mi stringe tra le sue braccia. Soffoco i singhiozzi sul suo petto e le urla di disperazione si fanno spazio dentro di me. Non ci posso credere. Perché loro? Perché quell'aereo? Loro erano tutto per me, insieme a mio fratello, e adesso siamo soli. Adesso non abbiamo più nessuno a farci da tutore, nessuno che c'incoraggi ad andare avanti quando la strada sembra sbarrata, nessuno che ci corregga quando sbagliamo. Non abbiamo più una spalla su cui piangere come quando eravamo bambini, delle guide. Siamo soli.
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