29. Jack

Una settimana. È passata una fottutissima settimana da quando è successo tutto. Una settimana da quando Alessia è stata operata, da quando non la sento più né ridere né urlare con nessuno. Una settimana da quando le ho potuto veramente parlare e chiederle scusa per tutto il casino che ho combinato.

Tutti i giorni, da quando è arrivata in questo fottuto ospedale, sia io che Damon siamo venuti a farle visita, a parlarle e chiederle di lottare con tutte le sue forze. Le abbiamo fatto capire quanto fossimo in attesa del suo risveglio, di quanto ci mancasse.

Quando Damon mi ha raccontato di ciò che era successo a mia sorella quando era rimasto solo con lei per la prima volta, non ci potevo credere. Ero rimasto immobile, lo sguardo perso nel vuoto e mille pensieri ad invadere la mia mente. C'è ancora una possibilità: spera, mi ero detto. Così l'ho fatto e lo sto continuando a fare ancora oggi.

Adesso siamo qui, in ospedale. Ci sono tutti, o quasi: io, Damon, Claudio e Giulia. Matt non è voluto venire, e ciò mi è sembrato strano, in un certo momento, ma allo stesso tempo ho pensato (anche se egoisticamente) che forse sarebbe stato meglio per me, che mi sarei trattenuto dal dirgliene quattro.

Qualche giorno dopo aver saputo ciò che il dottore aveva detto, e cioè che Alessia avrebbe potuto anche non risvegliarsi (pur avendo avuto quegli spasmi) e che dipendeva solo dal suo corpo, ho deciso di mettere al corrente tutti quelli che la conoscono, soprattutto i suoi migliori amici ed il suo ragazzo.

All'inizio Giulia non poteva crederci, ha pensato che fosse uno scherzo di cattivo gusto; e così anche Claudio, che è stato costretto persino a posticipare la sua partenza per New York per stare con lei. Quando entrambi l'hanno vista su questo letto d'ospedale, così silenziosa e calma, non hanno pronunciato parola; solo, Giulia è scoppiata in lacrime accanto a lei, la mano stretta nella sua.

Claudio, da vero uomo, ha cercato di trattenersi e di consolare il più possibile la sua amica, ancora in lacrime, affinché capisse che doveva essere forte se voleva che Alessia lo fosse altrettanto. Così, dopo quella volta, Giulia si è trattenuta dal crollare davanti a tutti e, sotto affermazione di Claudio, ha cercato di farlo solo quando era completamente sola, in casa.

La volta successiva alla loro, sempre lo stesso giorno, lo abbiamo detto a Matt. Siamo andati a casa sua e gli abbiamo spiegato la situazione dall'inizio. Be', in realtà lo ha fatto Damon mentre ero in macchina, perché io non avevo proprio voglia di parlargli.

Matt era rimasto impietrito e in un certo istante è uscito di casa ed è venuto incontro alla mia macchina per prendermi a parole.

-Questa è stata tutta colpa tua- aveva detto. –Se tu non fossi stato così impulsivo in ciò che hai fatto, forse non sarebbe successo! –

Al che io gli ero andato incontro. Mi ero fermato a guardarlo negli occhi, fulminandolo e al contempo dandogli ragione.

-Se tu non mi avessi tenuto nascosto che uscivi con mia sorella, forse io non sarei stato così impulsivo! – avevo ribattuto.

Abbiamo continuato così per tutto il tempo, quasi ci prendevamo a botte se Damon non ci avesse fermato.

Dopo quel giorno non abbiamo più rivisto Matt, né lo abbiamo sentito. Non lo abbiamo visto, per quante volte al giorno siamo andati all'ospedale, a far visita ad Alessia. È come se, da un giorno all'altro, fosse sparito dalla faccia della Terra.

-Non ci posso credere...- esclama Damon, al che alziamo tutti lo sguardo verso di lui. Gira per la stanza come se avesse bisogno di sfogarsi per qualcosa.

-Che c'è? - chiede Giulia. È seduta sul divanetto della stanza, e insieme a lei c'è anche Claudio con lo sguardo perso su Alessia. Ed io, come mio solito, sono seduto sul letto, accanto a mia sorella.

-Matt è... in carcere- annuncia non credendo neppure lui a ciò che ha, presumibilmente, letto sul telefono, visto il fatto che lo tiene in mano e lo guarda con faccia perplessa.

-Cosa?!- esclamiamo in coro, tutti.

-Ma cosa gli è successo? Che ha fatto? - chiede Claudio, capendo dalla mia espressione che volevo chiederlo io ma che allo stesso tempo non mi avrebbe gravato per niente. Se lui c'è o meno per me non cambia nulla; a chi cambia qualcosa, qui, è Alessia. Non so come la potrebbe prendere se venisse a sapere che il suo ragazzo è finito in carcere...

-Fabio dice che lo ha visto, la sera scorsa, fare a botte con dei tizi in discoteca. Era fatto, non ha capito più niente e se l'è date di santa ragione con dei ragazzi, sfortunatamente per lui, più grandi e forti rispetto a lui. La polizia è arrivata è ha portato tutti in centrale. Lui è lì in attesa che qualcuno paghi la cauzione, forse lo faranno i suoi genitori però – spiega lui.

-Non ci credo. Chi se lo sarebbe mai potuto immaginare... – domanda retoricamente Giulia.

Damon alza lo sguardo a me e scuote la testa, nemmeno lui riesce a capire il motivo del perché l'abbia potuto fare. Io non me lo chiedo nemmeno. Matt in carcere, che novità.

-Fabio dice che i suoi genitori hanno preso oggi stesso un aereo dal Giappone per venire e pagargli la sanzione – aggiunge infine.

Dopo questa breve notizia, passiamo la mezz'ora successiva in completo silenzio. Nessuno che si alza, nessuno che prende l'iniziativa per dire qualcosa, nessuno che si muove in generale. Siamo tutti concentrati su Alessia, sempre più debole.

Quasi un'ora dopo, Giulia e Claudio decidono che sia ora, per loro, di andare a casa dai propri genitori.

-Chiamateci per qualsiasi cosa, anche se banale – esige Giulia mentre saluta la sua migliore amica insieme a Claudio.

-Si, tranquilli. Sarete i primi che chiameremo – li rassicuro.

-Okay, allora, ciao... - e poi escono entrambi dalla stanza, chiudendo la porta alle loro spalle.

-Ah- sospiro e prendo posto sul divanetto, la testa poggiata sullo schienale e lo sguardo rivolto al soffitto. Damon fa lo stesso.

-Che hai, Jack? - domanda inutilmente lui.

-C'è che sto impazzendo...- inizio con un filo di voce. –Non ce la faccio più a vedere mia sorella in questo stato, così inerme... Vorrei solo abbracciarla e sentirle dire che mi vuole bene e che mi perdona. –

-Jack, ma lei ti ha già perdonato...- inizia Damon.
-No, non lo ha fatto! Non nel modo in cui desidero io. – Lui inarca un sopracciglio, confuso. – Voglio dire, ha semplicemente detto qualche parola prima di suicidarsi, non mi ha veramente perdonato. Chiunque direbbe qualsiasi cosa solo per far trascorrere più tempo prima di commettere una pazzia, per la troppa paura di farla forse. –

-Lei ti vuole bene, lo sai. Non hai bisogno di sentirtelo dire...-

-Si invece, ne ho bisogno – ribatto. Sposto tutto il mio peso sui gomiti poggiati sulle ginocchia, e con le mani mi tengo la testa.

Damon sospira e sposta lo sguardo da me ad Alessia, pensieroso. Ultimamente pensa molto, ma non so a che cosa, e nemmeno ho voglia di chiederglielo; ho paura che mi possa dire qualcos'altro che possa buttarmi più giù di quanto non lo sia già.

-Cioè, da quanto è qui? Una settimana? – ricomincio spezzando il silenzio. – Quanto cazzo ci vuole per svegliarsi? Quanto è forte questo fottuto coma? Non ce la faccio più ad aspettare. – Passo le mani nei capelli e li scompiglio, esasperato.

-Jack, il coma, da quanto ne so, è diverso da persona a persona; lo ha detto anche il dottore. Può durare una settimana, come può durare anche due/tre mesi, se non persino anni. Il bello del coma però è che non sai mai quando ti risveglierai; intanto però vedi chi è disposto a continuare a passarti del tempo accanto, chi ci tiene a te, chi ti parla ogni giorno e ti infonde il suo amore. Quando una persona è in coma è presente e allo stesso tempo assente. Dipende da Alessia, se è forte, se è una vera guerriera combatterà... - cerca di dire lui per rassicurarmi, ma con scarsi risultati.

-Al solo pensare di dover stare qui per due mesi, mi viene d'impazzire. Non riesco a pensare mia sorella qui, in queste condizioni, più magra e scolorita di quanto lo è adesso. – Mi alzo dal divanetto e vado verso il letto dove si trova mia sorella, la affianco e le prendo una mano per farle capire che io sono lì con lei. –Questa settimana senza di te è stata la più angosciante di tutta la mia vita – le lascio un bacio sulla fronte e le carezzo la guancia con le dita. –Non riesco ad immaginarti lontana da me ancora per molto. –

-E non lo farai – commenta Damon, ora accanto a me. –Ti prometto che riusciremo a farla svegliare, a costo di stare qui giorno e notte a romperle le palle dicendole sempre la stessa frase, e cioè: La scelta è solo tua: combattere o mollare. Non si vive per accontentare gli altri, solo se stessi.

Alzo lo sguardo verso di lui e lo fisso cercando di capire cosa sta cercando di fare. Da un po' di tempo a questa parte, esattamente da quando è ritornato da Los Angeles, e ancor più precisamente da quando Alessia è in ospedale, ha iniziato a comportarsi stranamente. Sembra un'altra persona, un altro Damon. Non so se sia tutta questa situazione, ma ciò lo rende qualcuno che non riesco ad immaginarmi.

Ogni volta che lo guardo, noto che ha sempre quello sguardo imbambolato, quasi perso nel vuoto, così pensieroso e calmo, come non lo ha mai avuto; inoltre guarda molto Alessia, le parla con piacere, cerca di incoraggiarla (quasi più di me, sembra).

Un giorno dovrò chiedergli cosa gli prende, sto incominciando ad avere seri dubbi che a Damon possa piacere mia sorella... Ho bisogno di saperlo per stare sereno completamente, ma non credo che sia oggi il giorno ideale per chiederglielo; avrà già così tanti pensieri per la testa, così come me del resto, che non avrà voglia di rispondermi, o semplicemente eviterà la domanda.

Sento la mano di Damon poggiarsi sulla mia spalla e dare dei leggeri colpetti. – Sta tranquillo – continua vedendomi ancora dubbioso. – È solo una questione di tempo, amico. –

-Lo spero. Sono disposto ad aspettare, aspettare giorni, settimane, mesi se è necessario... tutto il tempo che ti serve, sorellina - esordisco rivolgendomi a lei. – Certo, se ti svegliassi oggi stesso mi faresti un favore e smetteresti di farmi soffrire... ma forse è questo che mi merito dopo ciò che ho fatto, quindi mi sta bene così – ironizzo con una punta di malinconia sulla lingua.

-Vado a prendere qualcosa da mangiare, vieni con me? – mi informa Damon prendendo la sua giacca dal divano.

-Si, andiamo – rispondo alzandomi. – Ciao, sorellina. A dopo, ti voglio bene – e le lascio un bacio sulla fronte.

-Un fast-food dell'altra volta va bene? –

-Si, per me è lo stesso – commento.

Damon annuisce alla mia risposta e subito dopo ci avviamo verso il fast-food più vicino.

* * *

-Allora, Jack? Che facciamo con la scuola? Sarà quasi una settimana che manchiamo, non possiamo continuare così o rischieremo una bocciatura – m'informa Damon.

-Lo so, hai ragione. Ma capiscimi, non ci sto con la testa in questo momento, sono successe troppe cose. E poi non sono sicuro riuscirei a studiare con mia sorella in questo stato, sarebbe troppo difficile. – Mi porto il bicchiere alle labbra e bevo dell'acqua.

Siamo al fast-food da circa dieci minuti e stiamo aspettando che la cameriera ci porti le nostre ordinazioni. Anche se non ho fame, Damon mi ha ricordato che devo mangiare se voglio rimanere in forze, e tanto anche, visto che non ho toccato proprio cibo per quasi tre giorni a causa di Alessia. Ho lo stomaco completamente chiuso.

-Anch'io non riesco a pensare alla scuola, se è per questo... - replica facendo ruotare il liquido dentro al bicchiere.

-Io ritornerò a scuola solo quando saprò che mia sorella sta bene e che non c'è pericolo che le succeda qualcos'altro in mia assenza. Ma prima di allora rimarrò con lei e a fanculo tutto e tutti. –

-Allora anch'io farò così! – ribatte risoluto. –Meglio per Alessia che si svegli, le aspettano delle giornate molto movimentate. –

Stendo le mie labbra in un sorriso e scuoto la testa. – Già. –

Dopo alcuni minuti passati a chiacchierare del più e del meno, la cameriera arriva con le ordinazioni da noi richieste e noi la ringraziamo dicendole che non c'è altro.

Rimaniamo a mangiare in completo silenzio mentre nel locale incominciano ad alternarsi persone che escono e persone che prendono posto per mangiare qualcosa alla svelta. Ognuno ha il proprio stato d'animo, i propri pensieri e problemi. C'è chi viene da solo per ingozzarsi di cibo e sfogarsi con esso per qualcosa, e c'è chi viene semplicemente per consumare qualcosa o per stare solo con se stesso.

Qualunque persona ci sia qui, in questo locale, ha una storia diversa; e scommetto che se ognuno di loro parlasse di cosa lo rende felice e di cosa lo distrugge, tutti rimarrebbero sorpresi nello scoprire quanto, in fondo, siamo tutti uguali: esseri umani con la voglia di fuggire da ciò che ci uccide ma con altrettanta voglia di correre incontro a ciò che ci tiene in vita.

-Jack, ma mi stai ascoltando? – Damon mi scuote per un braccio e mi fa tornare alla realtà.

-No, cosa stavi dicendo? – rispondo sincero.

- Già è passata quasi un'ora, gli orari di visita iniziano fra mezz'ora... - incomincia lui. Annuisco cercando di capire dove lui voglia arrivare. –Quindi che ne dici se adesso io vado da Alessia, mentre tu ti vai a fare un giro per schiarirti le idee? Così, solo per rilassarti un po' e mandare, come hai detto prima, a fanculo tutto e tutti... solo per un po'. –

Andare nella direzione opposta a quella di Damon? Girare le spalle per qualche minuto a mia sorella e spegnere tutto? Dovrei farlo forse, mi farebbe bene smettere di pensare a che cosa starà facendo Alessia in quella stanza, tutta da sola e senza nessuno a cui potersi aggrappare.

Mi prendo del tempo per pensare alla sua proposta, facendo anche caso ai pro e i contro. Il pro sarebbe che potrei finalmente fermarmi un attimo e pensare a me stesso per una volta dopo tanto tempo. I contro, che non sono nemmeno così tanto contro, sono che mia sorella rimarrà sola con Damon e che io sarò lontano da mia sorella. Be', in fondo posso fidarmi di Damon; è stato lui a salvare la vita di mia sorella, quindi gli devo un favore, e credo che questo sia anche il momento giusto per me per prendermi una pausa.

-Va bene. – Accetto e insieme usciamo dal locale dopo aver lasciato una mancia generosa sul tavolo. –Ma per qualsiasi cosa, e sottolineo qualsiasi, tu mi chiamerai ed io sarò lì in un attimo, siamo intesi? – cerco di patteggiare con lui.

-Chiaro. Sta tranquillo, con me è in buone mani – mi rassicura lui.

-Non avevo dubbi – commento.

Dopo di questo ci salutiamo dandoci entrambi unapacca sulla spalla e ci voltiamo iniziando a camminare in direzionicompletamente differenti: lui è diretto verso l'ospedale, io verso lo studio diun amico che non vedo da tanto tempo.

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