24. Jack

Nel momento stesso in cui Damon mi ha chiamato mi sono precipitato senza esitazione all'ospedale. Ero a casa in quel momento e stavo decidendo cosa fare con Alessia; se fargliela passare liscia o meno, se andare a cercarla e portarla a casa con la forza, o se rimanere indifferente e aspettare che si facesse viva da sola, facendo così finta che tutto quello che aveva fatto la sera prima non fosse avvenuto.

Quando sono arrivato correndo all'ospedale ho chiesto alla prima dottoressa che mi è capitata a tiro se mia sorella stesse bene. C'è voluto un po' di tempo prima che una potesse rispondermi qualcosa, potesse dirmi dove si trovasse e se c'erano stati dei miglioramenti.

Appena arrivato da Damon lui mi ha spiega cosa è capitato ed io sono rimasto completamente sconcertato da ogni sua singola parola.

Non posso credere che mia sorella abbia veramente fatto ciò che ha fatto. So che ha un carattere forte, quasi pazzo se vogliamo dirla tutta, ma non pensavo potesse arrivare a compiere una simile follia.

Mi è caduto il mondo addosso quando il dottore mi ha spiegato che, data l'enorme quantità di acqua presente nei suoi polmoni, sarebbe potuta morire se non avessero fatto subito qualcosa. Ho perso anche lei, ho pensato. Cosa mi rimane adesso?

La paura per averla persa era troppa per riuscire a respirare regolarmente. Il mio respiro infatti era cambiato; il mio petto faceva su e giù velocemente, e le parole mi rimanevano bloccate in gola, quasi come avessi appena corso la maratona.

Ho istintivamente pensato a tutti i ricordi che avevo con Alessia, con la mia sorellina.

Mi è salito alla mente quando, al mio quattordicesimo compleanno, lei mi regalò il suo orsacchiotto di peluche preferito (il suo gesto per dirmi che mi voleva bene e che contavo più di un pupazzetto che l'ha accompagnata per tutta la sua crescita), dicendomi che ero il fratello migliore del mondo.

Lo tengo ancora in camera mia, su una mensola vicino al letto, e spesso lo guardo e ricordo che l'amore che ci lega e quello di un vero fratello che ama sua sorella in modo incondizionato e che sente l'istinto di proteggerla, sempre. Lo guardo e penso che sia inutile litigare, che sia sbagliato. Non possiamo litigarci e separarci per qualcosa che non arriva nemmeno a sfiorarlo l'amore che ci unisce.

Ho ripreso a respirare quando il dottore, con ancora in mano la cartella clinica di mia sorella, ha detto che per fortuna l'operazione era andata bene e che lei era semplicemente in uno stato di coma. Il mio pensiero e andato subito ai nostri genitori; li ho ringraziati, li ho ringraziati per tutto. Li ho ringraziati per averla salvata, per non averla portata così prematuramente via da me, per avermi lasciato il tempo di rimediare ai miei errori.

Quando penso a ciò che potrebbe succederne di me se Alessia morisse, mi vengono i brividi. Non immagino una vita senza la mia sorellina affianco, senza la mia sorellina che mi urla contro, senza lei che mi insulti senza motivo. Semplicemente, se non c'è lei io non vivo.

* * *

-Jack, mi ascolti? - Alzo lo sguardo verso la porta chiusa davanti a me e tiro un'occhiata da sopra le spalle a Damon.

-Voglio entrare – dichiaro con voce sommessa. -Ho bisogno di entrare...-

La devo vedere a tutti i costi. Voglio guardare il suo viso, il suo corpo. Voglio vedere di persona come sta, parlarle.

Faccio cadere le mie braccia lungo i fianchi e con una mano afferro il pomello della porta. Mentre lo giro sento Damon sospirare alle mie spalle, quasi stesse cercando di trattenere il respiro.

Quando varco la soglia della porta e la vedo, il mio cuore perde un battito; è sdraiata sul letto, supina, due tubicini in plastica sono posti dentro le sue narici per farle arrivare l'aria e poter così respirare, e in testa ha una garza che le fascia la parte alta del capo. Non emette alcun movimento; ha gli occhi chiusi, le labbra dischiuse, le braccia distese lungo i fianchi, il colorito pallido. Prima d'ora non avevo mai visto mia sorella in questo stato, e speravo che mai l'avrei vista così, che non le succedesse mai nulla del genere.

Vederla così, calma e silenziosa, immobile, mi fa male. È come se il mondo si sia fermato.

Vedo Damon affiancarmi e sospirare, quasi come se non riuscisse a contenere le sue emozioni. Sembra distrutto, quasi quanto me. Sembra provare quello che sto provando io, adesso: Vuoto. Vuoto. E ancora, vuoto.

Mi avvicino al corpo inerme di mia sorella e la guardo. Le prendo la mano e gliela stringo. Vengo percorso da un brivido: è fredda. Non posso credere che ciò stia accadendo veramente.

- Sorellina, ehi, sono Jack... il tuo fratellone - sussurro, sperando che mi senta. Almeno, questo è quello che ha accennato il dottore. - Perché... - Cerco di dire qualcosa, ma le parole mi rimangono bloccate in gola e vengo travolto dalla voglia di piangere. Resisto.

- Perché hai deciso di fare questo? Perché hai voluto lasciarmi? Sai che senza di te non sono nessuno, allora perché l'hai fatto? - La mia voce è bassa, spezzata. Non so se riuscirò a continuare così, fa troppo male. Abbasso lo sguardo su di lei e socchiudo gli occhi, incapace di vederla così.

- Jack, devi essere forte, per lei. Devi farle vedere che ce la fai, che hai la forza di andare avanti. Parlale e falle trovare la forza di reagire, di tornare. - La voce di Damon mi incoraggia e mi fa capire che ha ragione. Devo farlo per lei, non per me. Deve essere lei a voler tornare da me, a volere indietro la sua vita.

- Damon, grazie... Ma, puoi lasciarmi da solo con lei, giusto per qualche istante? - domandai, la voce bassa.

- Certo, Jack. Tutto ciò che vuoi - dice, e poi esce dalla stanza.

Torno a guardare mia sorella. I suoi lunghi capelli marroni sono tutti arruffati a causa della pioggia. Se fosse sveglia, in questo momento, si starebbe lamentando di come districare tutti i nodi che le si sono creati. Le mie labbra si inarcano in un sorriso.

- Sorellina, sapevi che eri l'unica persona che mi rimaneva al mondo, sapevi che ti volevo bene, e che te ne voglio tuttora. Certo che sei proprio testarda, eh? Vorrei sapere cosa ti passa per la testa in questo momento. Forse te la starai prendendo con me perché non ti sto lasciando riposare, e sarebbe anche giusto. Be', sai che tutto quello che ho fatto, l'ho fatto per te, no? Non ho mai voluto farti un torto, anche se, di sicuro, avrai pensato questo. Lo fai sempre. - Scuoto la testa e mi rannicchio sulle ginocchia, lo sguardo fisso su di lei. - Potrà sembrarti folle, ma lascia andare le tue paure e ritorna da me. Ti voglio qui, ne ho bisogno. Perdonami per tutto, ti prego. Perdonami se sono stato uno stronzo, se mi sono comportato come se tu fossi ancora una bambina. Non lo farò mai più, almeno, non eccessivamente. Sei ancora, e lo sarai per sempre, la mia sorellina, quella che da piccola mi regalava i pupazzi per esprimermi il suo amore. Quello che provo per te non cambierà mai, qualsiasi cosa succeda. Okay? -

Non mi aspetto di avere una risposta da lei, perché, infatti, non arriva. Mi limito a stringere un po' più la mano e ad accarezzarle il viso con il dorso dell'altra. È così liscia e fredda, sembra quasi quella di un fantasma.

È duro vedere qualcuno della tua famiglia, in questo caso l'unica, in queste condizioni, così fragile ed indifesa. E la cosa più brutta ed angosciante è sapere che è lì e che non puoi fare molto per aiutarlo, se non sperare, costantemente. Ciò che è successo ad Alessia, oltre alla perdita dei miei genitori, è la cosa più brutta che mi possa mai capitare in tutta la vita.

Giusto il tempo di dire un'ultima volta a mia sorella che le voglio bene, che qualcuno bussa ed entra di nuovo in stanza.

- Jack - dice Damon, affiancandomi e appoggiando una mano sulla mia spalla - si riprenderà, tranquillo. Devi solo continuare a parlarle, a sperare, a pregare. Dimostrale che sei qui per lei, e che non l'abbandonerai mai, mai. -

- Non lo farò mai, infatti. Non mi passa nemmeno un momento di abbandonarla, e lei questo lo sa perfettamente - puntualizzo, la voce bassa.

- Ora dobbiamo andare. L'orario di visita è finito un quarto d'ora fa e tra poco i medici verranno per fare gli ultimi controlli e per cambiarle la flebo, e non voglio immaginare ciò che ci farebbero se venissero qui e ci trovassero ancora, oltre l'orario stabilito - mi informò.

- Si, va bene. Lasciamola riposare. Torneremo domani a vederla. - Prima di andare via, le lascio un leggero bacio sulla fronte e le sorrido. Oh, la mia piccola Alessia.

Detto ciò, chiudo la porta alle mie spalle, conDamon di fronte a me, ed insieme usciamo dall'ospedale.

* * *

- Salve, cosa posso portarvi? - chiede una cameriera, un taccuino ed una penna alla mano.

Dopo essere usciti dall'ospedale, io e Damon siamo venuti qui, in un fast-food, per mangiare qualcosa e per disconnettere per un po' il cervello da tutti i pensieri e le domande che girano come un vortice nelle nostre teste.

Io mi chiedo ancora come sia potuta succedere una cosa così a mia sorella, che cosa le sia passato per la mente, a che cosa pensava quando l'ha fatto. Lei non è il tipo di persona che commette queste follie senza un motivo, quindi deve esserci per forza qualcosa che l'abbia indotta a farla impazzire così tanto, ed io voglio sapere di che cosa si tratti.

- Panino con patatine fritte e salsa rosa, e da bere Coca-cola - dice Damon, per lui. Lei scrive e poi direziona il suo sguardo verso di me.

Alzo di poco il menù per scegliere qualcosa da poter mangiare, anche se, in realtà, non ho così tanta fame. Anzi, a dirla tutta il mio stomaco si è completamente chiuso. L'unica cosa che veramente vorrei è andare da mia sorella e parlarle, parlarle, e parlarle ancora. Non riesco a stare lontano da lei, a non smettere di pensare a ciò che le è successo.

- Jack? - mi richiama Damon.

- Si, ehm... Un hamburger completo. - Era la prima cosa che avevo visto sul menù, e non avevo fatto nemmeno troppo caso a cosa ci fosse dentro.

- Bene, arrivano subito - dice la cameriera, poi sparisce in cucina.

Distolgo lo sguardo da lei e lo passo a Damon. Mi guarda come se stesse cercando di scoprire cosa mi gira per la testa. Prendo un tovagliolo dal tavolo e me lo rigiro fra le mani, rompendolo in pezzettini, pensieroso.

- Uff... non so perché ho ordinato quel panino. Non ho nemmeno fame - esclamo.

- Jack, va tutto bene? - chiede Damon, sapendo già la risposta evidente.

- No, Damon - dichiaro - non va tutto bene. Anzi, credo proprio che vada tutto male: la mia vita, quella di chi amo, quella di chiunque mi stia affianco. Non so perché, ma credo che qualcuno si stia divertendo, lassù, a farmi degli scherzi. Ne sono convinto. -

- Avanti, non dire così... -

- Damon, mia sorella è in ospedale! - sbotto. - Sta combattendo tra la vita è la morte, non so nemmeno se lo sta facendo, d'altro canto. È là, distesa su quel letto, ed io non so nemmeno cosa sia successo veramente, perché tu non vuoi dirmelo. So che c'è di più, ma il solo fatto che non vuoi che io sappia mi irrita... Cosa c'è di tanto brutto da non potermelo dire, eh? Cosa! -

- Jack... È vero, non ti ho detto tutto... - inizia, e il suo sguardo cade sul tavolo.

- Lo sapevo, lo sapevo che nascondevi qualcosa. Damon, ti prego, parla. Siamo amici da quanto? Quattro, cinque anni? Lo sai che tengo a mia sorella e che ho bisogno di sapere tutto su di lei, specialmente se adesso si trova in quello stato. Per favore, se sai qualcosa, qualcosa che ho bisogno di sapere, dimmela. Sono pronto a qualsiasi cosa, basta che mi fai capire il perché di ciò che ha fatto Alessia - lo imploro.

- Be'... Avevamo parlato alla scogliera, sì, ma lei non mi ha detto solo quello che ti ho riferito all'ospedale, e cioè che ti ha perdonato per tutto ciò che le hai fatto e che ti vuole bene... - alza gli occhi al cielo e fa un lungo respiro.

- Damon, parla, ti ascolto - lo informo.

Cerco di rimanere calmo. So che vuole dirmiqualcosa di importante, qualcosa che riguarda me. Non so cosa mi dirà, ma sogià, dal suo tono di voce e da come si sta comportando, che nulla di ciò chesta per dirmi sarà qualcosa di buono.

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