22. Alessia
Dopo essermi svegliata con lei ed aver fatto colazione con latte e brioches, Giulia è uscita per andare a scuola ed io sono rimasta in casa. Ho lavato le tazze e i piattini e li ho messi ad asciugare, poi sono andata a fare una doccia calda.
Ora sono sdraiata sul letto con la schiena poggiata sui cuscini e le ginocchia alzate per sorreggere il computer di Giulia.
Giro un po' sui social e su YouTube e guardo qualche video.
Sento il trillo del mio telefono che indica l'arrivo di un nuovo messaggio e giro lo sguardo verso il comodino, dov'è poggiato. Lo prendo e leggo ciò che c'è scritto: Alessia, dove sei?? Mi sono svegliato stamattina e ho buttato letteralmente giù la porta della tua camera, ma non ti ho trovato. La finestra era aperta ed il tuo armadio vuoto, così come la tua stanza che ieri era ridotta un disastro. Ti ricordo che non hai il permesso di uscire fino a quando non lo decido io! E se scopro che sei con quel coglione di Matt, gliela farò pagare cara. Ritorna adesso stesso, altrimenti ti verrò a cercare, e non ti conviene molto!
Spengo il telefono e lo lancio sul letto su tutte le furie. Che cosa vuole ancora da me? Pensa che sia il suo giocattolo personale? Be', si sbaglia. Non può dirmi lui ciò che devo fare. E poi Matt non lo sento da ieri sera, quindi non ha motivo di metterlo in mezzo a questa storia. Di sicuro lui sarà ancora arrabbiato con me perché non gli ho detto di essere la sorella del suo migliore amico, e probabilmente non neanche più vedermi né sentirmi.
Come biasimarlo, in fondo me lo merito; non sono stata leale con lui, non gli ho riferito una cosa così importante. Però l'ho fatto con le migliori intenzioni, non volevo fargli un torto. Sicuramente se lo avesse saputo, visto il fatto che conosceva Jack, avrebbe lasciato perdere con me ed io ora mi ritroverei sola, di nuovo. Tutto sempre per colpa di mio fratello.
Sospiro e chiudo il portatile, posandolo sul letto accanto a me per poi alzarmi e prendere qualche vestito dal borsone. Voglio camminare un po' perché sono stanca di rimanere qui a non fare niente.
Vado in bagno e mi vesto con una canottiera bianca con sopra un maglione grigio di lana, un pantalone grigio di una tuta e le mie scarpe Adidas Superstar bianche. Spazzolo i capelli e li lascio sciolti sulle spalle.
Esco di casa lasciando tutte le mie cose in camera di Giulia, tra cui: il mio telefono, i miei vestiti, il mio giubbotto, la mia borsa e altro. Nessuno deve provare a contattarmi o a cercarmi. Voglio rimanere da sola, esclusa dal mondo. Voglio rilassarmi senza un tempo totale.
Come ormai è mio solito fare, vado alla scogliera e non c'è nessuno. Quale posto è migliore per pensare se non questo?
Un'aria pungente mi travolge e fa spostare i miei capelli all'indietro. La mancanza di un giubbotto si fa sentire, ma cerco di fare finta di niente. Mi siedo e porto le ginocchia al petto, guardo il cielo grigio senza nessun motivo in particolare.
Ciò che è capitato ieri con mio fratello, Matt, Damon, mi ha davvero spiazzata. Dopo aver lasciato che Damon mi seguisse con lo sguardo mentre io sparivo nel traffico di Chicago con un taxi per andare a casa, avevo pensato che non sarebbe più successo niente in quella serata. E per un po' è stato così; mi sono divertita con Matt, con i suoi amici che, in un certo senso, sono anche amici miei. La serata era iniziata benissimo, ma poi era finita malissimo.
Conosco mio fratello, anche abbastanza bene, ma non pensavo potesse arrivare fino a questo punto. Non è stato corretto verso di me, verso sua sorella; mi ha fatto fare la figura della bambina che ha bisogno di protezione.
Accidenti, ho sedici anni... Che cosa devo fare ancora per fargli capire una volta per tutte che so cavarmela anche da sola?
Gli voglio bene, e molto anche. Siamo sempre stati inseparabili, fin da quando ero piccola, e mai abbiamo litigato fino al punto di dirci che ci odiamo. Quando, da bambini, alcune volte ci capitava di dirlo, non era mai vero. Lo dicevamo senza sapere il significato della parola, senza pensarlo sul serio.
Di lui mi sono sempre fidata, mi sono sempre fatta aiutare quando avevo qualche difficoltà a scuola o per qualcosa che non andava nella mia vita (oltre a farmi aiutare anche da Giulia e Claudio). Anche fino a poco tempo fa era così; ma da quando non ci sono i miei genitori ho visto com'è cambiato. Come siamo cambiati, entrambi. Ci siamo separati, non abbiamo più parlato tanto come facevamo prima, non stiamo più insieme come fratelli. Adesso siamo distanti, incompatibili, arrabbiati costantemente l'uno con l'altro.
Alzo la testa dalle ginocchia e sospiro, buttando fuori l'aria gelida che mi ha traforato i polmoni.
Oggi la giornata non è proprio delle migliori: il sole, che prima era avvolto da una leggera distesa leggera di nuvole, adesso è completamente oscurato, triste. Sembra quasi che stia per arrivare una tempesta disastrosa, ostinata a non fermarsi, mai. E il vento, che prima era solo una leggera ondata di aria fredda, adesso mi sta oltrepassando i fori della pelle, sta congelando ogni parte di me, disintegrandola.
Abbasso lo sguardo per guardare il mare: sembra rispecchiare il mio stato d'animo attuale. Grigio, spento, triste, sembra quasi debole e stanco, ma non per questo si arrende. Ogni onda che si crea è una nuova onda che va a ad infrangersi con forza sugli scogli, sfogando tutta lì tutta la sua rabbia. Ad ogni onda lo schianto è sempre più forte. È come se il mare stesse cercando di dirmi qualcosa. Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovarci, diceva la una citazione di Jim Morrison. Però è difficile trovare la forza di riprovarci quando il mondo ti cade addosso, quando sei sola, quando non hai fisicamente la forza.
Dopo quello che è successo, non so cosa mi stia succedendo; so solo che vorrei sparire. Sparire per sempre, senza preoccuparmi di niente e di nessuno.
Guardo incerta l'estremità della scogliera, quella che separa la terra dal vuoto immenso che c'è dopo. Non vorrei rifarlo, però sento che è la cosa giusta, anche se mi spaventa. Solo così potrò andar via per sempre e non preoccuparmi più. Voglio essere libera, senza alcun pensiero.
Esalo un forte respiro, quasi per prendere coscienza di ciò che sto per fare, e mi metto in piedi aiutandomi con le braccia. Pulisco le mani tra loro e guardo il mare; è più agitato di pochi minuti fa e il vento sembra qualcosa d'incontrollabile.
Nella mia testa iniziano a girare vorticosamente tutte le immagini di ciò che è capitato, non solo ieri sera, ma anche nei precedenti giorni. Tutto il dolore che ho dovuto sopportare, la tristezza, la rabbia. Passano anche delle immagini felici, con la mia migliore amica e Claudio, mio fratello ed io, i miei genitori. Li avrei rivisti, finalmente. Se tutto andava come speravo, li avrei rivisti.
Sento una lacrima scendere e bagnarmi le guance. Ho iniziato a piangere. Il respiro si fa sempre più accelerato per la paura di ciò che sta per succedere ed io cerco comunque di trattenerlo e di trasformarlo in un respiro lento e profondo. Cammino piano verso lo strapiombo, facendo attenzione a non affrettare ciò che mi viene difficile fare anche così.
-Ma che?! – sento alle mie spalle, flebilmente. -Alessia, ma che ci fai qui? – dice qualcuno. Tiro un'occhiata da dietro le spalle alla figura materializzatasi dietro di me e riconosco i lineamenti di Damon.
Mi giro completamente verso di lui e lo guardo. Ha i capelli neri arruffati dal vento, gli occhi azzurri che mi scrutano cercando di capire cosa mi passa per la testa, le labbra semi-dischiuse. Ha una giacca di pelle nera con sotto una maglietta bianca e dei pantaloni, anch'essi neri, con degli strappi. Ha le braccia cadute lungo i fianchi e le mani aperte.
Forse è la prima volta che lo ammiro così tanto da quando l'ho conosciuto. È bellissimo. Avrei dovuto pensarle prima queste cose, invece di farlo adesso, quando sono sul punto di lasciare questa terra. Se non fosse stato per il mio carattere scontroso, forse io e Damon saremmo amici adesso. Ma cosa posso farci? Sono così e non cambierò mai per nessuno.
-Alessia, perché stai piangendo? – dice avvicinandosi di più a me.
Alzo il braccio verso la sua direzione e lo fermo con un gesto della mano. -Sta' lì! Non muoverti. – Passo la manica del maglione sul viso ed asciugo le lacrime, cercando di scacciare via quelle che minacciano ancora di uscire.
-Ma che ti è successo? – La voce di Damon è palesemente preoccupata. -E perché sei senza un giubbotto? Non vedi che fa freddo? – domanda iniziando a sfilarsi la sua giacca.
-No, puoi anche tenertela la tua giacca. Su di me andrebbe sprecata. –
-Che vuoi dire? – chiede, fermandosi. La sua mascella si contrae e i suoi occhi si riducono a due fessure.
-Non ce la faccio più, ecco cosa è successo. Voglio finirla qui, una volta per tutte – esclamo buttando le braccia in aria, esasperata.
-Che cosa?! Tu sei... Tu non finirai proprio niente. Sei impazzita o cosa?! Dai, andiamo, ti riaccompagno a casa. – Si sporge con la mano per prendermi per il braccio, ma io lo fermo e indietreggio di un passo minuscolo.
-Ti ho detto di stare fermo lì! Fallo, altrimenti di butto adesso stesso. – Alzo le braccia verso di lui e lo guardo con aria di sfida. -Non costringermi ad affrettare le cose. –
Ritrae subito la mano e la fa cadere lungo i fianchi, indietreggiando di un passo. -No, no, calma. Io non mi muovo, ma tu non fare cose di cui potresti pentirti... Lo vedi com'è la sotto, vero? Ti ucciderai se ti butti, e questa volta non scherzo. L'altra volta sei stata fortunata perché il mare non era così agitato, ma oggi no. Se lo farai, ne pagherai le conseguenze. Grandi conseguenze – finisce, tenendo le mani alzate in segno di resa e guardandomi profondamente negli occhi, spaventato.
Da quando l'ho conosciuto non ho mai visto nel suo sguardo un'espressione di paura. Non ho mai fatto caso a come i suoi occhi azzurri potessero incupirsi così tanto quando ha paura. È la prima volta che si preoccupa così tanto per me, a tal punto da aver persino paura.
Abbasso lo sguardo verso il mare; le onde si scagliano con violenza sugli scogli, producendo un rumore quasi simile ad uno sparo. Il vento fa volare i miei capelli a destra e a sinistra, incontrollato.
Ha ragione. Damon ha ragione: l'altra volta sono sopravvissuta per miracolo, ma questa volta non sarà così. Non ci sarà nessuno a salvarmi, nessuno che mi porterà fuori dall'acqua. Morirò e basta.
-Damon, io... io non... - balbetto, incerta, voltandomi verso di lui e guardandolo con aria esitante in viso. Produco qualche sbuffo con la bocca, a corto di parole da dire.
-Ale, tu non vuoi buttarti... Lo so, hai paura. Tutti ne avrebbero. Sei arrivata fin qui, ti sei sfogata, ma... adesso fermati. Torniamo a casa e dimentichiamo tutto. Non puoi buttarti. – Cerca di farmi ragionare e per un momento ci riesce, ma la sua ultima frase non mi piace e riesce ad infrangere quel poco di buon senso che si era creato in me.
-Che ne sai tu di cosa voglio o non voglio io? – esclamo, interdetta. -Sono stanca di vedere le persone che comandano sulla vita degli altri e pensano di fare delle scelte adatte per loro, ma che non riescono a decidere della propria vita. Odio che non si facciano mai gli affari propri e che non vivano la loro vita al meglio. Voglio solo essere lasciata in pace, non lo capite? Sono stanca di essere obbligata a fare ciò che non voglio. Stanca di non poter vivere la mia vita senza essere criticata per ogni cosa che faccio e non. –
-Ti sto dicendo solo che non puoi buttarti, e basta! – esclama lui, con voce secca.
- E perché non potrei? Sentiamo, avanti – dichiaro.
- Perché non puoi lasciare i tuoi amici. Non puoi lasciare la tua famiglia, la tua...-
Lo interrompo e faccio una risatina isterica. -La mia famiglia?! Dov'è la mia famiglia? Fino a prova contraria sono orfana, quindi io non ho una famiglia! – Il mio respiro si fa affannato e le vene delle tempie iniziano a pulsare come se stessero per scoppiare. Cerco di fare dei lunghi respiri per calmarmi, ma è difficile quando hai vicino una persona che fa di tutto per farti saltare i nervi.
Prima che arrivasse lui ero convinta di quello che volevo fare, anche se ho avuto per un po' l'incertezza e la paura che mi frenavano. Volevo buttarmi, volevo farla finita. Ero tranquilla e pensavo che avrei lasciato questa terra felice, senza nessuna preoccupazione ulteriore.
Poi, quando è arrivato però, ha buttato tutti i miei piani in aria. Mi ha parlato, ha cercato di farmi cambiare idea, io l'ho ascoltato e ci avevo anche ripensato. Alla fine ha fatto qualcosa e mi ha di nuovo fatto saltare i nervi, e adesso viene anche a cercare delle scuse per impedirmi di farla finita.
-E Jack? Non pensi a lui? Non lo ritieni la tua famiglia? – chiede, con un briciolo di speranza che cambi idea negli occhi.
-Pff...- liquido il discorso con un gesto della mano. -Perché dovrei? Lui ha pensato a me? Ad esempio, ieri, in discoteca, che cosa ha fatto? Aspetta che non ricordo... Ah, sì! Ieri mi ha trasportata come un oggetto sulla sua spalla fino ad arrivare a casa, poi mi ha rinchiusa al suo interno, senza preoccuparsi di come potessi sentirmi. Mi ha trascinata via dal mio ragazzo, dai miei amici (che sono anche suoi amici, tra le altre cose) – Mi porto una mano sulle tempie e cerco di reprimere il dolore che mi sta facendo morire.
-Si, ma lo ha fatto perché... –
-Non m'interessa perché l'ha fatto. Non ha più importanza, ormai. Tanto fra pochi minuti non lo rivedrò più; non rivedrò più nessuno, per l'esattezza – dico, cercando di liquidare il discorso.
- E Giulia? Che cosa penserà lei? Vuoi lasciare anche lei senza darle una spiegazione plausibile? – domanda, poi.
Giulia, è vero. Quando sono venuta qui, non mi è passato di mente cosa sarebbe potuto succedere. Di sicuro le cadrà il mondo addosso quando saprà che la sua migliore amica è morta buttandosi da una scogliera e che non l'ha nemmeno avvertita per tentare di fermarla. Se la prenderà con me perché le avevo promesso che sarei rimasta a casa e che il pomeriggio saremo andate a fare shopping, come lei aveva espressamente chiesto. Mi maledirà perché non ho mantenuto la mia promessa, perché non ho pensato a lei. Si arrabbierà perché penserà che la sua migliore amica è stata così stupida da commettere un'azione che ha avuto delle conseguenze così gravi, inconsciamente. Poi, però, probabilmente si riprenderà e tornerà alla solita vita di sempre. Si dimenticherà di me e sarà in grado di continuare a condurre la vita che ha sempre desiderato, diventando così la proprietaria di un negozio di vestiti e dedicandosi alla sua passione per quest'ultimi.
-Giulia lo supererà. Lei è forte. - Le parole escono involontariamente dalla mia bocca.
Ci rifletto un attimo e... Non posso veramente aver detto una cosa del genere; una cosa tanto egoista verso la mia migliore amica, verso colei che ha sempre fatto di tutto per farmi stare bene, quella che mi ricatta per andare a fare shopping con lei più volte e con cui passo le più belle serate a fare i pigiama party. Mia sorella.
Non posso aver liquidato tutto ciò che abbiamo passato in questi anni così, con una sola parola.
È ovvio che ci starà male e non lo supererà tanto facilmente. Anzi, al contrario, si chiuderà in sé stessa e s'incolperà di non aver potuto fare niente per farmi cambiare idea, per aiutarmi.
Scuoto la testa per togliere dalla testa il pensiero del viso di Giulia quando verrà a sapere della mia dipartita.
-Damon – dico, facendo un respiro profondo. -Di' a tutti che gli ho voluto bene... Di' a Jack che l'ho perdonato, e a Giulia e Claudio che sono stati i migliori amici che abbia mai avuto. Se vedi Matt digli che, in questi pochissimi giorni in cui siamo stati insieme, sono stata davvero bene. E tu... grazie ancora per avermi aiutato, in passato. Ti ho perdonato per avermi fatto saltare ogni singolo giorno i nervi, per avermi fatto gridare ed impazzire costantemente. Ti ho perdonato...- pronuncio l'ultima frase debolmente.
-Alessia...- cerca di dire, ma ormai è troppo tardi.
Apro le braccia in fuori e mi lascio cadere all'indietro, chiudendo gli occhi e beandomi della bellezza del vento che mi scompiglia i capelli, della sensazione di leggerezza che sento attorno a me, quasi come stessi volando. Sorrido quando vedo, in quei pochi istanti, il volto dei miei genitori che sorride e le loro braccia aperte per farmi segno di andare al loro interno. Lo faccio e non sento più niente. Solo il vuoto.
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