00.25

Avevo appena finito di farmi la doccia. Era tardi e non volevo svegliare i miei genitori quindi decisi di non asciugarmi i capelli, avrei fatto molto rumore. Presi un asciugamano e li asciugai quanto meglio potei.
<dovrebbero tenersi cosí>
Presi il cellulare, le ciabatte e andai nella mia camera. Guardai l'ora: 23:00.
Prima di dormire presi un libro. Un romanzo fantasy, per liberarmi la mente.
Si fecero le 23:40 e ricordai di dover chiamare Daphne.
'Ciao Daph. Come va?'
'Ciao, tutto bene. Menomale mi hai chiamata, mi sento un sacco osservata e sto avendo un sacco di incubi. Non so che fare'
'Sarà l'ansia dell'esame di domani. Tranquilla, se hai tanta paura puoi restare in chiamata con me'
'Grazie, ma è meglio se almeno una di noi dorme stanotte. Ci vediamo domani, grazie per la chiamata, bacio!'
'A domani, bacio!'

Chiusa la chiamata, posai il libro e mi infilai sotto le coperte. Faceva stranamente freddo quella sera per essere primavera.

00.15
Mi svegliai di colpo. Avevo sete e stavo tremando di freddo.
Presi il cellulare e illuminai la strada fino all'interruttore della luce.
<ecco!>
Misi le ciabatte, spensi il telefono e mi incamminai in cucina. Le finestre erano tutte aperte e le tende tirate.
<ecco perchè fa così freddo...> mi avvicinai a una finestra per chiuderla quando fuori vidi una figura scura fissarmi.
'Hey cosa vuoi! Va' via!' Gli urlai.
Non rispose. Fece una risata inquietante per poi sparire nel buio. Rimasi scossa, presi l'acqua e tornai in camera. Un istante e ritornai nel mondo dei sogni.

00.25
Mi risvegliai sudando. Guardai l'ora: 00.25.
<perchè non riesco a dormire?>
Nel buio denso della mia camera vidi la finestra aperta, pur ricordando di averla chiusa. Presi il cellulare e la illuminai. Avevo una paura tremenda. Poggiai i piedi a terra, lentamente. Poi li risalii di corsa. Mi girai verso L'interruttore della luce. Contai fino a tre e iniziai a correre verso di esso. Pigiai velocemente l'interruttore e con paura mi girai.
Mi diressi verso la finestra per chiuderla. Era di nuovo lí. Stavolta non se ne andò. Rimase lì a fissarmi.
'Vai via!' Urlai spaventata.
Mi guardo, fece un'altra volta quel sorriso inquietante per poi , di nuovo, sparire nel buio.
<che cazzo sta succedendo?>
Tornai nel mio letto. Posai il cellulare sul comodino e mi rimisi sotto le coperte. Restai sveglia per qualche minuto, poi mi addormentai.

Mi risvegliai. Erano ancora 00.25. Non riuscivo più a prendere sonno. Gironzolai per casa, per stancarmi, ma niente.
Provai a leggere, a guardare la tv, a chattare con qualcuno...
Mentre chattavo uscí un numero che non conoscevo.

Sconosciuto: Ciao.
Io:...chi sei?
Sconosciuto: Non lo sai? Eppure mi hai visto molte volte oggi.
Io:...sei il tizio della finestra?
Sconosciuto: Bingo!
Io: Cosa vuoi da me?
Sconosciuto: Io niente. Sei tu che vuoi qualcosa da me.
Io: ...cosa?
Sconosciuto: Devi saperlo tu...
Io: ....non lo so...
Non rispose più.

Abbassai la tendina delle notifiche. "00.25"
<perchè il tempo non passa?>
Mi rivenne sete e tornai in cucina. Nel corridoio sentivo qualcuno soffiare sul mio collo e rabbrividii spaventata. Mi girai di scatto per vedere cos'era ma non c'era nessuno. Quando mi rigirai a camminare verso la cucina lo vidi. Era il pazzo che rideva fuori alla finestra. Stava lì immobile davanti alla porta. Io ero rimasta immobile, congelata. Non capivo cosa stesse succedendo. Poi qualcosa accadde. Qualcuno da dietro mi stava tenendo ferma mentre sentivo mia madre urlare in cerca d'aiuto. Cercai di scappare ma quella cosa aveva una presa forte. Poi scomparve e mia madre smise di urlare. La persona dietro di me mi lasciò. Corsi subito nella camera di mia madre...ed era lí, attaccata al muro con i coltelli della cucina. Mio padre stava leccando il suo sangue. Quando si girò vidi i suoi occhi...erano neri. Completamente neri. Non sapevo che fare se non piangere. Cercai di capire se era un sogno o se era vero. Cercai di contare, cosa che nei sogni non riesco a fare, ma ce la feci, e mi congelai. Quando provai ad avvicinarmi a mia madre, mio padre mi spinse via senza nemmeno toccarmi. Potevo fare solo una cosa per avvicinarmi a mia madre...uccidere lui.
Andai in cucina di corsa, guardandomi dietro se mi seguiva. Lui teneva sempre una pistola nascosta sotto il cassetto della tv. La presi. Corsi di nuovo nella camera dei miei e stava ancora lì. Stavolta mi fissava. Poi incominciò a ridere. La stessa risata inquietante della figura fuori alla finestra. Lo sparai senza pensarci due volte. Buttai la pistola a terra vedendo cadere il corpo di mio padre senza vita. Mi avvicinai velocemente a mia madre e controllai il polso, era ancora viva! Chiamai subito il 911 con il telefono fisso nella stanza, poi la staccai dal muro delicatamente, e la posizionai sul letto.

Erano finalmente arrivati. Mia madre mi stringeva la mano. Prima che la portassero in ospedale mi disse una cosa: 'Chiedigli di lascarti andare...digli di non....non avvicinarsi a .....Kole...'
Poi mi allontanarono, portando mia madre in ospedale.
<cosa voleva dire? Chi è Kole?>
Poi mi ricordai! Lo sconosciuto!
Corsi nella mia stanza, presi il cellulare e riaprii la chat.

Sconosciuto: Allora? Hai capito?
Io: Si! Lasciami andare e non avvicinarti a Kole!
Sconosciuto: brava ragazza...brava.

Mi inviò una foto prima di distruggermi il cellulare.

Appena la vidi la casa diventó buia, buia come la notte.
A tentoni cercai il letto. Nascondeva una torcia sotto al letto, in caso di necessità. Provai a cercarla a tentoni, mai però avvicinandomi troppo al fondo del letto, mi spaventava. La accesi e davanti a me lo vidi. Mi immobilizzò.
'Non avere paura del buio' mi disse all'orecchio. Poi mi strappo le corde vocali, non riuscivo a parlare, non potevo urlare. Mi sentii morire e iniziai a piangere terrorizzata. Mi trascinó fino alla cantina. Zona sempre vietata dai miei genitori.
Accese la luce. C'erano cadaveri, ovunque, c'era una nauseante puzza di sangue. Mi sollevò e mi attaccò ad un pezzo di ferro. Dopo avermi osservata per un po' se ne andò. Cercai di scappare spostandomi il ferro dalla spalla e appena misi piede a terra qualcosa mi toccò una gamba. Mi girai spaventata. Era un bambino. Non aveva le gambe e la faccia era deformata. Provai a prenderlo per portarlo via con me ma appena mi avvicinai lui mi urlò contro facendosi sentire dallo psicopatico. Lanciai un calcio al bambino, arrabbiata, e mi nascosi. Lo psicopatico entrò e cercò ovunque. Non mi trovò subito. Poi quel maledetto di avvicinó al bambino e lui gli disse dov'ero. Mi lanciai verso la porta ma appena mi avvicinai si chiuse da sola. Lo psicopatico si era già stancato di me. Mi prese per un braccio e mi riattacco al palo. Questa volta mi tagliò i piedi. Faceva male ma non mi interessava. Io dovevo scappare. Ci riprovai. Mi ristaccai dal palo sta volta presi un pezzo di ferro appuntito e uccisi il bambino. Silenziosamente aprii la porta, assicurandomi che lo sconosciuto non fosse vicino. Iniziai a strisciare velocemente vero l'uscita e un poliziotto mi vide. Mi corse incontro per salvarmi ed io stavo finalmente piangendo di gioia...ma non ci riuscí. Lo psicopatico gli si avvicinò con il solito sorriso e gli tagliò la testa. Mi riprese ancora e mi riportò nella cantina. Mi riattaccò e sta volta chiuse con una chiave la porta. Adesso non potevo fare nulla per uscirne. Vidi un coltellino sul tavolo di fianco a me. Cercai di prenderlo, ma invano. Il coltellino cadde lontano da me e cercai di allungarmi il più possibile per prenderlo, non pensando al dolore che stavo probando alla spalla.
<fatto!>
Poi vidi la pistola di mio padre, stava in una scatola sotto la scrivania, da dove era strisciato fuori il bambino.
Misi il coltellino in tasca e scesi dall'uncino, prendendo finalmente la pistola.
'VAFFANCULO' urlai e mi sparai in testa con un sorriso maniacale, peggio di quello dello sconosciuto.

~Nome: Julietta Wesley
Anni: 16
Causa della morte: sconosciuta, durante il sonno.
Ora della morte: 00.25
Luogo della morte: casa dei genitori.
Padre: Paul Wesley, morto. Arma da fuoco.
Madre: Chloe McTuriel, coma. Accoltellata.
Trovati da: Sconosciuto.~

'Che brutta storia' disse il giudice, mentre chiudevano il caso.
'Già.' rispose una voce tetra, con un sorriso psicopatico.

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