Tu sembri leggermi dentro

Sono passati sei giorni e Elene sembra essersi fatta un'idea del fatto che la madre non ritornerà. 

Per quanto possa essersi fatta un'idea una bambina di sette anni compiuti da poco. 

Piangeva di continuo, il corpicino era sempre pervaso da tremiti e di notte si svegliava sudata e con le lacrime agli occhi.

Per me è stato altrettanto difficile dato che non ho mai avuto alcuna esperienza con i bambini, ma ho fatto del mio meglio perchè ora è lei quella dilaniata dal dolore.

-Sai quando ti ho vista per la prima volta pensavo avessi si e no cinque anni- affermo mentre le intreccio i capelli biondi in una treccia laterale.

-Mamma diceva che quando sono nata ero piccolissima- mormora mentre mastica un biscotto al cioccolato che mi sono fatta portare da Mor.

Janet ha avuto Elene a soli sedici anni e non mi stupirei se venissi a sapere che quel maiale l'ha toccata contro la sua volontà.

-Anche tua mamma era di costituzione piccola- 

Lei si chiude in un silenzio pensieroso -Mamma diceva sempre di non avere paura- stringe tra le mani un orsacchiotto rosa pastello e sembra che si stia sforzando di non piangere -Quando sentivamo le persone urlare, mamma mi tappava le orecchie. Diceva che un giorno avremmo lasciato quel brutto posto-

Mi sposto in modo da vederla negli occhi -Elly, tua madre sarebbe felice nel sapere che non sei più in quel posto. Ora sei al sicuro-

-Tu mi lascerai vero?- sussurra con un filo di voce.

Non posso mentirle sarebbe peggio.

-Io non voglio lasciarti ma dobbiamo trovare una soluzione. Tu non devi preoccuparti. Ti fidi di me?-

Elene annuisce prendendomi la mano -Si-

Il suo volto si volta di scatto e pare illuminarsi come una stella -Diane! Nevica!-

L'accompagno alla finestra. Adamantis sotto la neve splende come un diamante, è uno spettacolo per gli occhi.

-Andiamo a giocare con la neve? - mi domanda con il naso incollato al vetro.

Lascio ricadere le braccia lungo i fianchi con un sospiro -Potrebbero vederci Elly... Non è una cosa saggia da fare-

Si scosta dalla finestra e appoggia la schiena al muro - Si scusa hai ragione-

Le accarezzo i capelli con un groppo in gola - Vedrò cosa posso fare va bene? -

Ma ormai il suo volto è ritornato cupo -Va bene-

Sto per fare una cazzata, lo so.

-Dai mettiti il giubbotto-

Elene alza il volto di scatto -Scendiamo?-

Le rivolgo un sorriso giocoso -Solo se tu vuoi-

Lancia un gridolino di sorpresa -Si!-

Le do un mio paio di guanti che le stanno decisamente grandi ma a lei non importa.

-Te la senti di scendere dalla finestra? Se cadi ti prendo io-

Lei non sembra minimamente spaventata -Si certo Dee e poi io non cado-

Dee, nome che mi ha conferito qualche giorni fa.

-Scendo prima io e per favore stai attenta a dove metti i piedi. Non saprei dove seppellirti se cadi-

Lei si blocca e mi guarda con gli occhi spalancati.

Che idiota! Non ci so proprio fare con le persone.

-Sto scherzando!-

Vorrei prendere a testate il muro.

Lei fa un sospiro ma è palesemente perplessa -Lo so che scherzavi-

La copro per bene fino a quando non sembra un fagotto di vestiti e sciarpe.

-Ma così soffoco- borbotta cercando di scostarsi la sciarpa dal viso.

-Non voglio farti ammalare piccola, quindi non lamentarti-

Le prendo una mano e la conduco davanti alla finestra -C'è un'edera qui sotto ed è perfetta per scendere ma se metti il piede in un posto sbagliato potrebbe cedere- la guardo con un cipiglio pensieroso -Ma penso non accadrà dato che non pesi niente-

Lei si mette le mani suoi fianchi ma tutti quei vestiti addosso la fanno sembrare ancora più tenera -Anche tu sei più magra di quanto non dovresti essere il realtà-

Inclino la testa di lato sfiorandole il nasino con un dito -Te l'ha mai detto nessuno che sei molto intelligente?-

Scrolla le spalle -La mamma me lo ripeteva sempre-

Apro la finestra e mi guardo intorno -Quelli che fanno il turno di guardia si concentrano solo sull'entrata principale, che sciocchi-

Appoggio un piede fuori dalla finestra e mi reggo dal davanzale -Quindi hai capito come fare?-

Annuisce sistemandosi la sciarpa intorno al collo -Si ho capito-

-Bene, allora scendo e quando fischio scendi anche tu-

L'ho già fatto più volte, infatti dopo qualche secondo tocco già terra. Fischio per lanciare il segnale a Elly.

Il suo volto pallido si affaccia dalla finestra ma non sembra spaventata.

Con una grazia inaspettata scende agilmente dai rampicanti mettendo il piede sempre nel posto giusto.

-Hai saltato la parte in cui mi dicevi che l'avevi già fatto- mormoro guardandola ancora perplessa.

Lei sorride timidamente -Mamma dice che imparo velocemente-

Le prendo la mano -Molto velocemente-

Però i suoi occhi ormai sono altrove, verso gli alberi colmi di neve -Bellissimo-

-Andiamo dietro le stalle, lì non ci vedrà nessuno- affermo incamminandomi verso il retro del palazzo.

Quando arriviamo verso le stalle le presento Ombra -Lui è il mio cavallo preferito, colui che mi ha accompagnata nelle avventure più spericolate-

-E' l'unico cavallo nero- sussurra con la bocca semi spalancata.

-Si ma non guardarlo in quel modo che poi si imbarazza-

Lei scoppia a ridere. Una risata infantile, una risata argentina. Una di quelle risate che ti riempiono il cuore.

Come farò a lasciarla?

-Vuoi salirci?- sussurro con un groppo in gola.

Annuisce vivace -Certo che si!-

-Bene, ti porto in un posto magico-

Salgo su Ombra e poi posiziono Elly davanti a me -Reggiti forte-

Dopo venti minuti di cavalcata arriviamo nella radura che avevo intravisto mentre andavo a Ravenshore.

La neve qui sembra brillare di più ma la cosa più strana è che i fiori resistono al freddo. Spiccano tra la neve con sgargianti colori che a contrasto con il bianco sembrano splendere più che mai. Gli alberi sono colmi di frutti rossi e gli uccellini cantano ancora ignari che non è affatto la loro stagione.

-E' reale?- sussurra Elly con gli occhi spalancati per la sorpresa. 

-Non lo so, è tutto così strano ma l'unica cosa che so è che è bellissimo- prendo un po' di neve e gliela lancia sul cappotto.

Lei squittisce ma non tarda a tirarmene una in faccia.

-Elly! in faccia non vale piccola furbacchiona che non sei altro- prendo un altro pugno di neve e inizio a bombardarla di palle di neve, lei ricambia mentre continua a ridere.

Nella seguente ora non facciamo solo un pupazzo di neve, no, facciamo la famiglia di pupazzi di neve.

Elly indica quelli più grandi -Loro sono il Signor e la Signora Wilson-

Sorrido guardando la sua faccia concentrata -E suoi due figli come si chiamano?-

-Quella più alta si chiama Diane mentre la piccolina si chiama Elene- afferma come se fosse una cosa ovvia.

Incrocio le braccia al petto trattenendo un sorriso -Non saranno per caso noi due?-

-Loro sono tutto ciò che noi due non siamo Dee-

Aggrotto le sopracciglia avvicinandomi a lei -Cosa intendi?-

-Sono felici-

Mi inginocchio al suo fianco prendendole entrambe le mani -Perchè dici questo Elly?-

Lei mi guarda con un sorriso triste, un sorriso che non ti aspetteresti mai da una bambina di sette anni -Io devo ancora crescere e capire se dopo quello che mi è successo sarò felice, tu Dee non sembri felice-

Ho mentito a tutti. A tutti. Nessuno, e ripeto nessuno è mai riuscito a passare la coltre di bugie che mi sono costruita. Poi arriva Elly, piccola, con una storia terribile, intelligentissima e dolce e lei, tra tutti, mi ha scoperta.

-Perchè dici che non sono felice?-

Lei stringe le mie mani -Quando parli ogni tanto ti perdi in un mondo tutto tuo, e dai tuoi occhi so che non è un mondo bello. Di notte sogni continuamente e ogni volta inizi a parlare di morte. I tuoi occhi Dee sono spenti-

Una lacrima sfugge al mio controllo -Tu mi rendi felice Elene-

Lei annuisce consapevole -Lo so, ma prima devi risolvere ciò che ti tormenta-

Le persone che ho ucciso, i miei genitori morti, Clarissa che mi ha abbandonata. 

E lei, così piccola sembra leggermi con una sola occhiata.

-Posso abbracciarti?- sussurro con la voce spezzata.

Non risponde ma si butta tra le mie braccia come se non aspettasse altro -Dee ti voglio bene-

Scoppio a piangere -Anche io Elly, anche io-

Non posso lasciarla. Non posso.

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