Come in un incubo

Il Corvo Oscuro mi guarda con occhi simili all'ossidiana più scura. Non si muove, aspetta calmo e fermo come una statua di granito. Le piume corvine risplendono sotto la luce lunare così come gli artigli che gli spuntano dalle zampe, acuminati e minacciosi.

Eppure in tutta la sua grandezza non posso non dire che sia una creatura stupefacente dalla bellezza sinistra ma incantevole.

Senza accorgermene tendo una mano nella sua direzione, perché so che non mi farebbe mai del male. 

China la testa verso la mia e la sfrega sul mio volto molto più piccolo del suo. Come se mi stesse accarezzando, il suo calore ora è il mio.

Mi sento al sicuro con lui. Mi sento salva.

-La verità sarà tua, così come la consapevolezza dell'errore- mormora il Corvo con voce profonda.

-Sono morta?- sussurro tenendomi stretta al suo corpo.

Lo sbuffo di una risata, fin troppo umana, esce dal suo becco -No piccola, non fin quando vivrò-

-Dove sono?- domando senza però staccare gli occhi dai suoi.

-Al sicuro- accosta di nuovo la testa alla mia -Ora chiudi gli occhi-

Apro gli occhi con un urlo bloccato in gola. La sensazione di cadere ancora pervade i miei arti.

Mi guardo in giro e vedo Ombra di fianco a me che mi guarda con quello che sembra uno sguardo preoccupato. Il sole è ormai sorto, dovrebbe essere mezzogiorno, e Ombra è ancora qui nonostante i miei ordini.

-Ti avevo detto di andare via- sussurro accarezzandogli la criniera e circondandogli il collo con le braccia -Sono felice però di vederti-

Tremo come una foglia e non riesco a capire cosa sia successo. Ricordo Clarissa, ricordo il varco e lei che mi buttava dentro. Ricordo lo strano sogno con il Corvo Oscuro. Ma tutti questi fatti non coincidono minimamente con il fatto che io sia qui al limitare della foresta.

Sono sicura di esserci entrata, lo dimostrano i miei stivali sporchi di terra e graffiati dai rami e le mie mani altrettanto sporche. L'unica nota stonata è Clarissa.

Una me cosciente delle proprie azione non avrebbe mai creduto ad una farsa del genere. Clarissa in mezzo alla foresta che mi cerca. Impossibile, di questo ne sono certa.

Quindi cos'è successo lì dentro? Perché la sensazione di cadere è troppo vivida per essere frutto della mia immaginazione.

In lontananza vedo una città. Deve trattarsi di Acient e se c'è qualcuno che potrebbe saperne di più riguardo alle leggende di questa foresta sono proprio i cittadini che ci vivono accanto.

Salgo su Ombra e andiamo spediti verso le case in lontananza. Ho bisogno di risposte o rischio di impazzire.

Dopo circa mezz'ora raggiungiamo le prime case. Acient è una città ricca, non quanto Estensia o Adamantis, ma sa il fatto suo comunque. Le case sono fatte di mattoni dai colori più vari, dal rosso al rosa al giallo. E' questo ciò che la caratterizza, la vivacità che trasmette. Dicono che Re Aldric venga qui quando è giù di morale. Che sia vero, non lo so, ma ciò che so è che questa città ti fa sentire un piacevole calore al petto. 

Quando vedo un gruppo di anziane signore sedute su delle sedie di legno fuori da una casa verde acceso mi fermo. Gli anziani sono quelli che custodiscono le leggende meglio di chiunque altro.

Mi avvicino cercando di sorridere gentilmente nonostante la paura di tutto ciò che mi è accaduto è ancora annidata in me -Buongiorno-

Alzano tutte e quattro gli occhi su di me ma è soltanto una a parlare -Buongiorno, hai bisogno di qualcosa bambina?-

Bambina? Okay non sono qui per soffermarmi su questi dettagli.

-Si avrei bisogno di qualche informazione, qualche...leggenda- dico sedendomi su un muretto basso proprio di fronte a loro.

La signora sorride e le rughe si accentuano intorno alla bocca a agli occhi -Continua-

Unisco le mani in grembo leggermente a disagio -La foresta di Ligea, vorrei sapere le leggende riguardo a quella foresta-

L'anziana annuisce ma il volto ora è più serio -Nessun umano riesce ad uscirne, solo i Prodigi o solo se si è accompagnati da quest'ultimi possono farlo-

Mi sporgo verso di lei tralasciando il fatto che io sono uscita -Perchè?-

Si mette comoda sulla sedia e si sistema la coperta di lana sulle gambe -Ligea, pochi conosco la sua leggenda o chi è stata. Ligea nella mitologia era una sirena il cui unico scopo era quello di ammaliare, sedurre, ingannare e uccidere i mortali. Quando capivano che era un inganno ormai era troppo tardi. Dicono che fece una tragica fine quando si buttò dall'alto di una rupe dopo che il suo canto ammaliatore non ebbe alcun effetto su una nave piena di uomini. Da quel giorno il suo spirito è legato alla foresta, perché dicono che quegli alberi siano stati gli unici testimoni del suo pianto disperato, gli unici che colsero il dolore di Ligea. Ora esercita il suo potere su tutti gli umani che varcano quel confine, usa le nostre paure, i nostri desideri a suo vantaggio mentre noi poco a poco finiamo intricati nella sua tela senza neanche accorgercene. Almeno fino a quando non è troppo tardi-

Senza accorgermene avevo la bocca aperta, ogni sua parola poteva sembrava solo una storia ma dopo essere entrata in quella foresta ho pochi dubbi al riguardo. Lei aveva usato il mio desiderio contro di me, il desiderio di riavere mia sorella. E quando me ne sono accorta ormai mi aveva buttata giù dal baratro.

O è quello che pensavo. Sarei morta se mi avesse davvero buttata giù, giusto?

Allora perché mi aveva lasciata in vita? Perchè non era riuscita ad uccidermi?

E se fossi morta? E se tutto questo fosse solo un incubo?

-Quella foresta in che modo è legata agli Oscuri?- domando per scacciare i miei pensieri, più parlo più mi sembra di ritornare con i piedi per terra.

La donna annuisce consapevole anche di questo fatto -Lei è il male, così come gli Oscuri. Quella foresta è un contenitore di creature maligne. Penso che gli Oscuri si nutrano di quell'essenza sinistra-

-Da dove vieni ragazza?- mi domanda un'altra signora dai capelli rosso slavato come se non avesse ascoltato minimamente la conversazione.

-Da Ravenshore-

Lei inclina la testa di lato e mi osserva incuriosita -Non sei vestita come una che viene da Ravenshore-

-No, infatti. Questi vestiti mi sono stati dati da un...amico che vive a Adamantis- 

Amico? Per la Fenice non so più neanche io cosa siamo. 

-Si muore ancora di fame là?- continua lei sempre più incuriosita.

E' stata una delle prime domande che mi ha rivolto Mor quando arrivai al castello per la prima volta.

-Si, come sempre- mi limito a dire sempre meravigliata del fatto che tutti pensano che a Ravenshore le cose siano migliorate. In che modo possono migliorare se nessuno ci fa mai caso?

Mi alzo dal muretto rivolgendo alle signore un sorriso per metà sincero -Vi ringrazio per il vostro tempo- sto per prendere le redini ma mi blocco quando mi viene in mente una domanda -Il potere di Ligea è limitato alla foresta?-

L'anziana annuisce -Si per nostra fortuna-

La rossa mi rivolge un sorriso furbetto -Se vuoi un passaggio per ritornare a casa ci sono dei bei Prodigi qui vicino-

-Prodigi?- domando sgomenta.

-Si, dicono che ci sia il principe in persona nella spedizione e che sia con tutta la sua Unione Suprema-

Guardo oltre le prime case della città e in lontananza intravedo delle macchie rosse e dorate. Noah, Clancy, Damian e Chris sono qui. 

Ho bisogno di vedere Clancy, ho bisogno di stare con qualcuno di reale perchè tutto questo mi sembra solo un brutto incubo.

-Grazie- mormoro prima di salire su Ombra e andare verso il loro gruppo.

Mi fermo qualche casa prima per non farmi vedere da tutti.

Tutti significa Noah.

Clancy è appoggiato con fare pigro a una casa mentre pulisce il suo pugnale, mentre gli altri stanno parlando con un altro gruppo di Prodigi poco più in là. Tra di loro c'è Margarita Windsor, è appiccicata a Noah e lui non sembra turbato dalla cosa.

Okay, non sono qui per questo.

-Clanc!- bisbiglio dalla parte opposta della casa -Clancy!-

Lui aggrotta le sopracciglia e si gira fino a incontrare il mio sguardo -Diane?-

-Si sciocco vieni qui e non urlare-

Lui si guarda alle spalle e si avvicina a me di soppiatto.

Appena è alla mia portata mi fiondo tra le sue braccia, stringendolo più che posso. Senza neanche accorgermene lacrime calde scorrono sulle mie guance.

Lui è reale. Io sono reale. Tutto ciò che mi circonda è reale.

-Ehi, Dee cos'hai?- domanda preoccupato cercando di incrociare i miei occhi.

Per una volta decido di non mentire, anche perchè ho bisogno di raccontarlo a qualcuno. Perchè ciò diventi reale devo condividerlo o mi sembrerà sempre di vagare in un brutto incubo.

Guardo Noah e capisco che non potrò evitarlo, non quando la questione è così importante.

-Chiama il gruppo, e fa in modo che Margarita e gli altri non si avvicinino- faccio un respiro profondo per calmarmi almeno un po' -Dobbiamo parlare-





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