7- Guardiani

Quando imparerò a pensare prima di aprir bocca sarà troppo tardi.

Ormai sola, valuto le mie abilità oratorie e, inconsciamente, il mio pensiero va alla coppia di demoni con la quale ho discusso poco fa.
Uno di loro con ogni probabilità è già morto e l'altro, nel caso in cui non gli tocchi la stessa sorte, potrebbe diventare un fastidioso problema.

Mentre rifletto, mi rendo conto di star ancora indossando questo bellissimo e scomodissimo vestito. Provo a slacciare il corsetto ma, da sola, non riesco a trovare le estremità dei lacci.
Anche solo all'idea di dover aspettare fino all'ora di cena per poterlo togliere sento il mio corpo urlare pietà, dunque, decido di andare a cercare Cora.
Senza pensaci troppo apro la porta e, quando vedo il segugio che la piantona, il mio cuore perde un battito. Con una mano mi appoggio allo stipite e con l'altra premo il petto all'altezza del cuore, mentre fulmino con lo sguardo il quadrupede.

Nonostante il quasi infarto, mi rendo conto che non sembra avere intenzioni ostili. Faccio un passo, per vedere la sua reazione, e lui, semplicemente, mi osserva attento, con una calma e compostezza marmorea.
Provo a uscire completamente dalla stanza e, fortunatamente, non mi salta addosso. Tiro un sospiro di sollievo, e il cuore riprende a battere a un ritmo regolare.
M'i incammino verso la parte ancora inesplorata del corridoio, nella speranza di incontrare qualcuno del 'personale' che lavora a palazzo.
I corridoio che partono da quello principale sono innumerevoli, e il pavimento è coperto da un soffice tappeto che attutisce il rumore dei passi. Nonostante questo, mi accorgo subito di essere seguita.
Mi giro e, senza alcun timore, dico
"Lo so che è il tuo lavoro controllarmi, ma se mi dessi una mano, farei prima, e tu non dovresti seguirmi tutto il giorno"
Mi sento un poco stupida a parlare con un cane, ma, dato il suo comportamento, sono sicura che abbia delle capacità mentali superiori ai suoi simili che abitano la Terra.
Ho qualche rimembranza di una lezione incentrata sui guardiani del paradiso e dell'inferno, ma non mi pare di ricordare alcun cane nero.

Dopo aver costruito il paradiso e l'inferno, Dio, creò degli esseri che li sorvegliassero.
Nebula e Hidden erano i loro nomi: esseri dalla forma canina, simili, ma al contempo diversi, come il giorno e la notte.
A Nebula, la guardiana del paradiso, furono date delle ali, per poter sorvegliare ogni nuvola. Mentre a Hidden, guardiano dell'inferno, furono date due teste: una per poter controllare tra le fitte tenebre, e l'altra per poter guardare verso l'alto, in modo da non dimenticarsi mai dell'esistenza della luce.
La prima ricevette in dono la luce divina, che sotto forma di sfera le galleggia sulla testa, mentre al secondo furono donati dei campanelli che porta intrecciati alla sua lunga criniera, grazie ai quali, si dice, veda anche senza guardare.

Riportando tutti questi ricordi alla mente, l'immagine di un terzo cane riaffiora.

Al tempo della creazione dei guardiani, Dio vide uno dei suoi figli in preda ai dubbi e all'affanno. Nel tentativo di alleviare il suo tormento creò per lui un compagno, fiero e splendente.
Il canide aveva un candido manto bianco, ed energia pura lo circondava, come scariche elettriche.

Potrebbe essere... lui?

Mi domando, voltandomi per l'ennesima volta.
Sfortunatamente non ricordo il nome del terzo canide ma, nel caso sia davvero lui, qualcosa deve essere cambiato.

Che sia successo a causa della caduta?

La mia attenzione viene catturata da un movimento in fondo a uno dei corridoi laterali.
Felice di aver finalmente incontrato qualcuno, corro verso la sua direzione.
"Ehi scusa! Potresti aspettare un attimo?" dico alzando di poco il tono, per assicurarmi dei essere sentita.
La ragazza si gira, è vestita con gli stessi abiti di Cora e subito la riconosco, è la stessa che prima veniva importunata da quei demoni.
Anche lei mi riconosce e subito dice "Ti sono davvero grata per avermi aiutata. Nessuno ha mai avuto il coraggio di contraddire un demone"

Non fatico a crederlo.

"Figurati. Devo cogliere ogni vantaggio di essere una prigioniera speciale" dico con tono scherzoso. Sembro riuscire a strapparle un sorriso che subito svanisce quando nota il segugio alle mie spalle.
"Tranquilla, non sembra avere cattive intenzioni" La sua espressione impaurita mi diverte perciò aggiungo, con tono basso, "Per il momento"
Notando che la sua agitazione aumenta quasi mi viene da ridere, ma subito mi sento in colpa.
Le chiedo dove posso trovare Cora e, dopo che mi ha dato le indicazione necessarie, la lascio andare.
Nonostante il leggero tremore alle mani, fa un inchino prima di allontanarsi. Il suo passo è spedito, probabilmente per mettere più distanza possibile tra lei e il grosso cane.
"A quanto pare incuti più timore del tuo padrone" gli dico.
Lui, come se avesse capito il significato delle mie parole alza di poco il muso, in modo fiero.
Non posso fare a meno di sorride e continuare a camminare nella speranza di aver ben capito le indicazioni.

Intuisco di essere entrata in un'altra ala, quando l'arredamento cambia. Le mattonelle sono nere, come le porte, a cui sono appese targhette argentate, e i muri sono di un vibrante vinaccia.
Da qui non mi è difficile individuare la stanza di Cora.

Busso alla stanza numero sette e, dopo qualche minuto, non ricevendo alcuna risposta, busso nuovamente.
Quando sto per abbandonare le speranze qualcuno apre la porta dicendo "Arrivo, arrivo"
Vedendomi, Cora resta un attimo sorpresa, e prima che lei possa dire qualsiasi cosa, la anticipo.
"Ho bisogno del tuo aiuto. Non riesco a togliermi questo vestito"
Il suo viso si addolcisce, notando il mio tono drammatico, e mi dice di aspettare un attimo.
Lascia la porta leggermente aperta e così do una veloce occhiata al suo interno. Pareti e mattonelle sono identiche a quelle del corridoio e, nonostante sia dotata di tutti gli arredi, sembrano in formato più piccolo rispetto a quelli della mia stanza. L'unico oggetto che pare dare personalità alla stanza è un vaso di fiori, probabilmente finti, poggiato sul comodino di fianco al letto.
Cora finisce in fretta di riordinare e chiude la porta dietro di sé, impedendomi di osservare più attentamente la camera.
Ho la percezione che mi stia nascondendo qualcosa.
Questa sensazione mi è ormai familiare e la riconosco immediatamente. La mia espressione deve star rivelato più di quel che credo perché lei si scusa spiegando che non le piace mostrare i suoi spazi.
Faccio un cenno con la testa e le dico di non preoccuparsi, ma in realtà, so che non è questo il vero motivo dietro al suo comportamento misterioso. Ma vedendola nervosa decido di non approfondire l'argomento.

Anche Cora, quando si accorge di Ashkor, si spaventa. Infatti, lancia un urletto e si nasconde dietro di me, stritolandomi le spalle.
Divertita dalla scena, e anche un po' dolorante, cerco di tranquillizzarla, fallendo però miseramente.
Il segugio non sembra sorpreso della reazione della ragazza, ma ne rimane comunque infastidito e, senza aspettarmi, comincia a percorrere la strada per tornare alla mia camera con aria sdegna.

Durante tutto il tragitto Cora resta incollata a me, e ogni volta che Ashkor sembra rallentare, lei si ferma per cercare di mantene una sorta di distanza di sicurezza.

Finalmente, giunti a destinazione, il cane si rimette a guardia della porta, dal lato opposto del corridoio, e Cora riusce ad entrare nella stanza attaccandosi alla parete.
Mi sfugge una risatina, che cerco di mascherare con un colpo di tosse. Non riesco ancora a capacitarmi che riesca a stare a così stretto contatto con dei demoni e che un cane, invece, la spaventi a tal punto.
"La prego di non prendermi in giro. La mia paura non ha niente di divertente!"
Le faccio cenno di aver capito e, con ancora gli angoli della bocca sollevati, le chiedo "Mi puoi aiutare?"
Mi giro e le indico i lacci del corsetto.
Senza indugi comincia a sfilarlo delicatamente e appena la stretta si allenta, sento di poter tornare a respirare.
L'ossigeno mi inonda i polmoni andando dritto al cervello, e penso agli abiti contenuti dell'armadio, la cui maggior parte è dotata di un corsetto, e mi viene quasi da piangere.

Voglio i miei vestiti.

Mentre penso questo, li cerco con lo sguardo, e non trovandoli mi agito.
"Cora hai visto i miei ve-vestiti?"
"Sono nell'armadio" afferma confusa.
Senza aspettare che abbia finito il suo lavoro con l'abito, mi fiondo sull'armadio. Lo controllo da cima o fondo due volte, ma niente. Guardo nel bagno, nei cassetti, sotto il letto ma senza successo.
Sembrano svaniti nel nulla.
"Qualcuno li ha presi" dico sibilando.
So che non dovrei reagire in questo modo, ma non riesco a controllare la rabbia che improvvisamente mi monta dentro.
Quei vestiti cominciano a prendere un altro significato: erano il mio collegamento con il mondo degli umani, una sorta di promemoria. Mi ricordavano l'esistenza di un luogo in cui poter tornare, e in qualche modo definire casa.
Improvvisamente mi sento persa.

Cosa diamine sto facendo?

Senza più il controllo delle mie emozioni, grandi lacrime mi rigano il viso. I singhiozzi che fino ad allora avevo trattenuto si riversano in un pianto isterico, disperato, intriso di tutto il dolore che nascondevo.
In uno stato di totale confusione mi rannicchio in posizione fetale accanto al grande letto.
Cora preoccupata, mi si avvicina, e con delicatezza mi passa una mano sulla schiena, carezzandola.
"Shhh, tranquilla troveremo quei vestiti" mi dice tentando di confortarmi.

Dopo diversi minuti di pianto mi sento meglio.
Avevo davvero bisogno di liberare le mie emozioni. "Grazie, e scusa" dico a Cora, che è ancora accanto a me mi aiuta a mettermi in piedi.
"Non si preoccupi, lei vada a farsi una doccia, li troverò prima che lei abbia terminato"
Le sono grata e le faccio il sorriso migliore di cui sono capace al momento, e aggiungo "Non c'è bisogno che tu mi dia del lei. Chiamami semplicemente Astrid"
Sul suo viso si affaccia un timido sorriso e dopo aver fatto un cenno con la testa, troppo imbarazzata, si dirige verso la porta.

L'acqua calda è come un balsamo per la mia anima. Le emozioni si attenuano e riesco ad analizzarle una per una, entrando in una specie di trance.
Tristezza, per non aver potuto fare qualcosa in più, per non essere riuscita a pensare a un piano migliore.
Rabbia, per aver mostrato tutta la mia debolezza.
Consapevolezza, di appartenere ad uno schema più grande, a me ignoto.
Desolazione, perché per la prima volta sono sola ad affrontare questo mare in tempesta.
Sento il battito rallentare, le gocce che dal rubinetto cadono nella vasca. Da lontano sento il rumore di un braciere nel quale una fiamma arde.
Riapro gli occhi e so di non trovarmi più nel bagno della mia stanza.
L'oscurità domina lo scenario.

Come negli altri sogni cammino su una superficie d'acqua ma questa e più densa, le increspature si muovo pigre e pesanti, prima di scomparire. Dalle basse stalattiti gocce nere cadono sull'immenso lago nero.
La somiglianza con l'inferno è raccapricciante, ma allo stesso tempo so di non dover temere nulla.

Una voce bassa pronuncia il mio nome da dietro le mie spalle.
Una ragazza, identica a me, è seduta su una grande roccia: le gambe scomposte, il mento poggiato sulla mano chiusa a pugno, sul suo viso c'è come una maschera che nasconde le sue emozioni.
Mi fa cenno di avvicinarmi e quando sono a un passo da lei, con uno scatto, si sporge e mi afferra il viso.
D'istinto mi ritraggo ma la sua presa è salda, le dita affondano nella pelle.
Non ho il tempo di reagire che lei mi lascia e si risiede sul masso dicendo "Non ho alcuna intenzione di dare la mia energia a una nullità del genere"
Provo a controbattere ma lei non mi ascolta, guarda il soffitto di questa buia grotta e capisco che non sta parlando con me.
"Tu conosci Mery?" Si volta verso me e riportando il pugno sotto il mento aggiunge "Che stupido nome le hai dato. Non provare a fare lo stesso con me. Anzi, sarebbe meglio che non mi chiamassi affatto, non sono qui per aiutarti"
Rimango esterrefatta.
Come può pensare delle cose del genere? Da come parla sembra quasi che le nostre vite non siano legate, quando invece sono un tutt'uno.
Ormai stanca di dover avere a che fare con gente testarda e scontrosa sbotto "Senti... tu, stai solo sparando scemenze. Non sono in vena di sentire le tue lagne. Sono venuta qui per prendere la mia forza e non sarai certo tu ad impedirmelo"

Come è possibile che mi abbia cacciato dalla mia mente?
Se questo è uno scherzo non è affatto divertente.

Penso, mentre cerco un abito che anche solo sembri comodo.
La mia mente va in confusione per l'ennesima volta nel giro di pochi giorni.
Speravo di poter progredire nell'unione così da poter cogliere il momento giusto e usare il fattore sorpresa per poter fuggire, ma se le cose procedono a questo ritmo qualunque piano sarà inutile.
Sbuffo strofinandomi le mani sulle braccia nel tentativo i riscaldarmi e chiedendomi come mai Cora ci metta tanto.
Da quando mi sono svegliata sento come se tutto il calore del mio corpo fosse stato prosciugato. Non né capisco bene la causa ma ho la sensazione che abbia a che fare con la discussione avuta con la mia parte demoniaca.
Mi maledico mentalmente per essere sempre stata testarda e poco collaborativa, con ogni probabilità caratteristiche prese dalla mia parte oscura.

Come con Mery alcuni miei tratti sembrano un riflesso dei suoi e altri invece le appartengono completamente.
I suoi capelli scuri erano disordinati e leggermente mossi. I suo occhi animaleschi erano rossi come il sangue rappreso, e ogni suo tratto sembrava una versione più spigolosa del mio.
Nonostante mi abbia detto di non darle un nome, ne ho già trovato uno.
Ci ho pensato subito dopo averlo scelto per Mery e dopo averla vista sono ancora più convinta della mia scelta.

Con tono canzonatorio dico "Come se te la dessi vinta così facilmente, Darcy" Spero che mi possa sentire e al contempo che il nostro prossimo incontro sia più amichevole.

Focalizzo la mia attenzione sull'armadio e decido di mettere un vestito nero dall'ampia gonna che arriva poco sopra il ginocchio, resa voluminosa dai numerosi strati strati di tulle. Le maniche corte terminano in semplici e graziosi fronzoli.
Lo indosso con qualche difficoltà e stingo meglio che posso il semi-corsetto in vita.
Ringrazio che non ci sia Cora in questo momento, a furia di stringere deve avermi ristretto la vita di qualche centimetro, o di qualche anno.

Senza più sapere come passare il tempo decido di fare un po' di esercizio.
Con l'abito inizialmente mi sembra impossibile muovermi, ma pian piano comincio a prenderci la mano, e dopo un'ora riesco a fare la maggior parte dei movimenti senza rompere niente.
Nonostante il moto, non provo caldo e per la prima volta in vita mia non sudo.
Il freddo sembra non volermi abbandonare e decido di frugare ancora nell'armadio alla ricerca di un cardigan o uno scialle per coprirmi il collo e le spalle.
Sento la porta aprirsi.

Mi giro e immediatamente riconosco l'intruso. È il generale che il giorno precedente mi aveva elegantemente insultata e che poi aveva lasciato la sala del trono con aria scocciata.
Non sembra felice di essere qui e la domanda mi nasce spontanea.
"Ti hanno costretto a dare un'occhiata ad un inutile mocciosetta ? Forse non sei così importante tra i generali se ti affidano compiti del genere" dico trovando uno scialle color vinaccia.
Mi fulmina con lo sguardo e sembra star per andarsene quando, all'ultimo, invece di sorpassare la porta la chiude.
"Nessuno mi ha mandato qui. Sono venuto solo per darti un consiglio"
Inevitabilmente una risata poco sincera mi sala gola. "Dimmi... c'era qualcosa di strano nel cibo? Perché tutti volete darmi dei consigli? Sapevo che il diavolo non fosse un buon consigliere" Affermo contraccambiando il suo sguardo di fuoco.
I suoi capelli lungi e fini, sono legati in una coda che ne risalta gli zigomi felini. Gli abiti vecchio stile, accentuano la sua raffinata bellezza e gli occhi sono penetranti e tenaci.
"Dovresti accettare qualsiasi proposta Lucifero ti abbia fatto, e subito"
Lo fisso per qualche istante, cercando di capire se il suo tono è scherzoso, ma così non è.
Se crede che basti qualche sua parola per convincermi a stringere un patto col diavolo, perché di questo stiamo parlando, si sbaglia di grosso. Dopo un'attenta riflessione, sono giunta alla conclusione che, qualunque cosa faccia, se lui è d'accordo, vuol dire che ha già previsto le prossime dieci, ma che dico, le prossime cento mosse, e che sa il gioco volgerà a suo vantaggio.
Non permetterebbe mai a nessuno di ostacolare i propri piani e come tutti sanno, il diavolo, che menta o no, fa tutto per un suo tornaconto.
"Se hai finito puoi anche andare" dico al demone indicandogli la porta.
La paura che prima provavo nei loro confronti sembra sparita dopo aver avuto un faccia a faccia con il diavolo in persona.
"Non capisci. Lucifero sa essere generoso quando vuole qualcosa. Ma se non la ottiene immediatamente è in grado di scatenare una guerra"
Sembra conoscerlo bene e il suo sguardo, per un breve momento, tradisce le sue emozioni e decido di approfittarne.
"Lucifero, per quanto tu possa crederci, è un buon sovrano. Come hai visto sa essere ragionevole, e severo quando serve"
Sbuffo.
"Severo? Ha fatto magiare un demone, per di più superiore, dai cani solo perché ha insultato me"
La sua mascella si contrae e so di essere riuscita nel mio intento.
"Lui non l'ha fatto per te, ma per ricordare la sua forza e autorità ai demoni indisciplinati"
Un sorriso mi spunta sul viso.

Ho capito.

"Lui ti piace" Il demone si irrigidisce.

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