Parte 9
"E se la stella si cambiò e rise,
qual mi fec'io che pur da mia natura
trasmutabile son per tutte guise!"
Divina Commedia, Paradiso, Canto V vv.97-99
«Già ci lasci?» Chiese la signora Clementi, profondamente dispiaciuta. «Questa vacanza è volata, sembra ieri che sei arrivato.»
«Non lo dica a me. È stata la settimana più veloce della mia vita.»
«Ma non puoi proprio restare qualche altro giorno? Se non erro la scuola riprenderà solo lunedì prossimo.»
Il modo in cui pronunciò la parola "scuola" lo fece sentire ex abrupto un bimbetto con indosso il grembiule della scuola elementare. Con suo profondo stupore si ritrovò per un attimo in un mondo fatto di merendine, pennarelli colorati e scuolabus gialli. Smarrito, dovette chiedersi se quella donna lo vedeva come un papabile futuro genero o piuttosto come un cucciolo ferito da accudire e per cui provare compassione.
«Non posso proprio. Ho già prenotato il biglietto di ritorno e oltretutto mi attendono degli inderogabili impegni che non posso proprio rimandare.» Disse, cercando di adottare un tono di voce adulto che fosse il più vigoroso possibile.
«Va bene, ci mancherai.» Concluse la gentile padrona di casa, a cui stava per sfuggire addirittura una compromettente lacrimuccia.
Ecco, era questa la sensazione che voleva suscitare Franz abbandonando quella casa. Voleva essere un ospite rimpianto piuttosto che sgradito. Peccato che non notò in Nunzia lo stesso trasporto che era riuscito a provocare in sua madre.
Il poliedrico terzetto si avviò dunque verso il luogo prescelto per la partenza. A guidare l'auto era la signora Clementi, Franz era seduto al posto del passeggero, e una silenziosissima Nunzia si era accomodata di dietro.
Una volta entrati nella stazione che solo pochi giorni prima aveva accolto il nostro giovane viaggiatore, i tre raggiunsero la corsia di loro interesse, potendo così adagiare i bagagli a terra. Franz realizzò di avere solo pochi minuti a disposizione per tentare di mettere a posto le cose con Nunzia, prima di doverla salutare e poi non rivederla per chissà quanto tempo. Decise così di chiederle di fare due passi, determinato a non protrarre ulteriormente quel clima di sconforto che si era consolidato tra di loro e che stava facendo sprecare a entrambi del tempo prezioso.
Nunzia chiese a sua madre di dare un'occhiata ai bagagli durante la loro assenza, richiesta alla quale la donna acconsentì anche se controvoglia.
«Volevo chiederti scusa per ieri sera.» Esordì Franz. «Non mi sono espresso bene, forse per colpa dei troppi drink, non so, comunque probabilmente sono stato indelicato. Credo di aver parlato a sproposito.»
«Capisco.» Disse lei, che sembrò prendere bene quell'iniziale e timido approccio di scuse. Necessitava però di ulteriori spiegazioni dal suo interlocutore che, avendo ora la mente lucida, non poteva più nascondersi dietro alcolemiche attenuanti.
«Il fatto è che quello con Veronica è stato un rapporto particolare. Io venivo da un periodo difficile, lo sai, e lei mi sembrava una cosa buona, una scintilla di vita, una bella ed entusiasmante svolta. Mi pareva ci fossero tutti i presupposti per un buon punto di partenza. È vero che non sono mai stato coinvolto più di tanto dal punto di vista sentimentale, ma ero convinto che col passare dei mesi le cose sarebbero migliorate da quel punto di vista. Voglio dire, c'erano alcune cose in lei che mi piacevano, ovviamente, ma speravo di trovarne tante altre col trascorrere del tempo, cosa che invece non è successa.»
Era da tanto che non riusciva ad aprirsi così con qualcuno, ma quando era con lei non doveva fare nessuno sforzo in tal senso, le parole fluivano dal suo cuore in modo del tutto naturale. Dovette comunque rifiatare e riorganizzare i tanti pensieri che gli ronzavano in testa prima di riprendere il discorso.
D'altro canto Nunzia era tutt'orecchi e, man mano che Franz si confidava, quella ferrea tensione che prima vigeva tra i due scemava sempre di più.
«Forse sono stato superficiale nell'iniziare quel rapporto senza esserne poi così convinto, ma ho pur sempre ventun anni, voglio dire, si commettono tanti errori a quest'età. Penso di meritarmi un minimo di comprensione.»
«Non cercare giustificazioni.» Lo bacchettò lei con un timido sorriso.
«No, no. E comunque ieri sera sei stata proprio una birbantella a mettermi in difficoltà sapendo che avevo bevuto troppo.» La canzonò, approfittando della distensione di lei, il cui sorriso ora divenne ancora più ampio.
«Beh, forse sono stata un tantino infame, ma come si dice... In vino veritas.»
«A dire il vero erano dei disgustosi cocktail, magari ci fosse stato del buon vino. Che so, un bel Cabernet o un Primitivo di Manduria o...»
«Si, si, ma non divagare. Torniamo al punto.»
«Il punto è che comunque io mi sono impegnato tanto in quel rapporto, per tutto il periodo in cui siamo stati insieme ci ho provato davvero a far funzionare le cose, ma purtroppo, o per fortuna, eravamo incompatibili, per cui la situazione si è risolta in un nulla di fatto.»
«In che senso per fortuna?»
«Nel senso che credo sia stato un bene mettere fine a quella relazione, un bene per entrambi. Probabilmente ci metterà un po' a rendersene conto, ma io non ero e non sarò mai la persona adatta a lei. E comunque, anche se le cose sono finite nel peggiore dei modi, credo di aver imparato tanto da questa esperienza.»
«Ah sì? Ad esempio?» Chiese lei, mossa solo da un sincero interesse.
«Credo che tutta la vicenda mi abbia spinto a esaminarmi più a fondo per capire veramente cosa voglio dalla vita, e anche chi voglio.» E a questo punto le rivolse un risoluto e temerario sguardo il cui significato, non di certo opinabile, lei sembrò non recepire, o forse finse di non capire.
«Buon per te, allora.» Tagliò corto, con quel suo tipico e genuino sorriso che Franz proprio non arrivava a decifrare.
Ad attrarlo così tanto di lei era anche il fatto che non riusciva mai a capire cosa le passasse per la testa, e questo spesso lo faceva sentire un vero idiota, alimentando il senso di inferiorità e la sudditanza nei confronti di lei.
«Volevo anche aggiungere che ovviamente mi sono pentito di averti messa in secondo piano ma... sono le dinamiche di coppia, lo sai come funziona, su alcune cose si può scendere a compromessi ma su altre bisogna cedere del tutto.» Confessò, del tutto colpevole e perciò rattristato.
«A dire il vero non lo so... come funziona.» Precisò lei che, per quello che ne sapeva Franz, non si era mai impegnata seriamente con qualcuno.
Franz fu per un attimo tentato di essere ancora più chiaro, e di confessare apertamente e senza remore a Nunzia quello che provava per lei. A trattenerlo fu proprio quest'ultima asserzione della ragazza. Lui si era lasciato relativamente da poco, e se si fosse fatto avanti così presto con lei forse avrebbe rovinato tutto, dandole l'idea di essere uno che con poca serietà salta da una relazione all'altra convinto che, come si suol dire, chiodo scaccia chiodo. Ma lui non era così, e soprattutto non voleva dare questa errata impressione a lei, che riusciva a stare tanto bene da sola, senza avvertire il bisogno di un partner al suo fianco. Anche lui voleva essere in quel modo, o almeno andarci vicino, per cui dovette frenare i suoi passionali istinti, scegliendo una tattica più conservativa che magari avrebbe portato i suoi frutti nel lungo termine.
Ad aiutarlo in tal proposito fu la signora Clementi, che si stava sbracciando nel tentativo di richiamare a sé i due giovani. Il fatidico autobus era ormai giunto.
«Ripeto quello che ho detto a casa: ci mancherai tanto.» Disse commossa, abbracciando il suo giovane e ricorrente ospite. «E mi raccomando, fatti valere a scuola.» Lo motivò con convinzione.
Franz annuì. Per la seconda volta nel giro di pochi minuti si sentì un timido e spaesato scolaretto.
Venne poi il turno di Nunzia, che aveva gli occhi lucidi. Lo abbracciò di slancio e con un'intensità che lo prese alla sprovvista. Franz chiuse gli occhi e pregò Dio, gli dei o qualsivoglia divinità esistente, che quel momento potesse protrarsi il più a lungo possibile. Si ritrovò con il viso immerso nei capelli di lei. Profumavano di pesche, le pesche più dolci dell'intera galassia. Per la prima volta iniziò a figurarsi che anche lei forse poteva aver bisogno di lui. Lo stava tenendo così stretto a sé che sembrava proprio non fosse intenzionata a lasciarlo andare.
Nel frattempo la signora Clementi osservava la scena con un'espressione indecifrabile sul volto. A quanto pare quell'enigmaticità era un dono di famiglia.
I due infine si divincolarono sciogliendo il caloroso abbraccio, e poterono così rimirarsi dritti negli occhi, comunicandosi senza proferir parola tutto quello che c'era da dire. Quegli sguardi esprimevano una tacita promessa e una vicendevole speranza.
«Cerca di non far passare un altro anno.» Disse poi lei, che preferì non lasciare proprio tutto sottinteso. Sapeva infatti che con Franz il rischio del qui pro quo era sempre dietro l'angolo.
Lui, resosi conto di quanto avesse bisogno di quelle parole conclusive, rispose con un complice sorriso e, caricati i bagagli, salì sull'autobus, lasciando lentamente la stazione.
Sistematosi al suo posto, si sentì mite e rasserenato, avvolto in un piacevole candore. Finalmente la sua vita stava riacquistando una direzione, aveva di nuovo una meta, un obiettivo da raggiungere, cosa fondamentale per lui, che avvertiva sempre un estremo bisogno di progredire, di fare continui passi avanti. Adesso il suo futuro si stava chiarificando: tutte le scelte che avrebbe fatto da quel momento in poi sarebbero state improntate sul desiderio di avvicinarsi a Nunzia.
Ora che stava imboccando l'autostrada in direzione sud, sentì il proprio animo scindersi tra il luogo in cui era diretto e quello in cui avrebbe voluto restare. A confortarlo fu il pensiero che avrebbe ora impiegato il tempo a sua disposizione per diventare una persona migliore per lei. Doveva meritarsela.
Il viaggio di ritorno fu decisamente tranquillo, anche troppo. Nell'autobus c'erano diversi posti vacanti e Franz poté godere dell'assenza dell'eventuale disturbatore di turno al suo fianco, utilizzando quel sedile inutilizzato per poggiarvi lo zaino. Tuttavia, ad ogni fermata, si ritrovava a sperare che potesse salire qualche passeggero e che andasse a sedersi proprio accanto a lui. Era di buon umore e avrebbe tanto voluto scambiare due chiacchiere con qualcuno, parlare del più e del meno con qualche trascurabile sconosciuto. Per un attimo, ma solo per un attimo, arrivò persino ad anelare la compagnia dell'amabile signora del viaggio d'andata.
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