Parte 4
Franz aveva portato con sé a scuola un caro amico cartaceo, "Delitto e castigo" di Dostoevskij, che stava rileggendo ormai per l'ennesima volta. Aveva deciso di portarselo dietro in quanto il giorno prima era stata annunciata l'assenza del professore di sala, e così pensò che avrebbe potuto utilizzare quell'ora per intrattenersi con Raskolnikov e le sue folli bravate, piuttosto che con banali conversazioni tenute con i suoi compagni corsisti.
Sull'assenza del professore di sala bisogna fare una dovuta precisazione: il prof. Torboli aveva annunciato che il suo caro collega si sarebbe assentato per una settimana a causa di importanti questioni di famiglia, Franz, però, insoddisfatto di questa versione ufficiale, attivò la modalità stalker e indagò al riguardo su Facebook, trovando così alcune foto del docente in questione intento a fare aperitivi, tutto preso dalla movida più che da serie questioni personali.
Il docente di sala bar era l'unico con cui Franz non era ancora riuscito a legare particolarmente. Lo si poteva dire un bell'uomo, infatti quasi tutte le iscritte al corso serale gli sbavavano dietro spudoratamente, ed era anche un tipo affabile, dai modi eleganti, che in classe faceva sempre il simpatico con tutti. Eppure, c'era qualcosa in lui che non convinceva del tutto il nostro Campitelli, il cui sesto senso non si sbagliava quasi mai, e che in quello specifico caso ebbe ben presto delle conferme.
Un giorno infatti, mentre stava attendendo che la fotocopiatrice scolastica si degnasse di svolgere il suo lavoro, Franz notò il docente sospetto che vagabondava senza meta per i corridoi. Venne poi sorpreso dal buon Torboli, che comparve magicamente dal nulla e lo rimproverò con pacatezza per la sua assenza dalla classe di competenza. Franz, rapito da quella visione, ebbe poi modo di cogliere la seguente frase pronunciata dal docente di sala:
«Non prendiamoci in giro, nessuno di loro è interessato a imparare qualcosa, sono qui solo perché hanno bisogno del diploma.»
Torboli decise di ignorare quell'osservazione non degnando il suo collega di una risposta. Franz, invece, si sentì offeso e profondamente irritato da quell'esternazione che, certo, poteva essere stata pronunciata in modo superficiale, oppure, poteva rivelare delle profonde ed erronee convinzioni da parte dell'insegnante in questione.
Tornando al presente, una volta raggiunto il primo piano dell'edificio, Franz notò subito che la porta della classe era aperta e che non si sentivano rumori provenire dall'interno. A quanto pare i suoi compagni avevano deciso di disertare quell'ora per poi presentarsi a quella successiva. Esultò al pensiero di avere l'aula tutta per sé per un'ora intera, ma presto dovette ricredersi, quando vide il signor Marcello uscire dalla classe. Reggeva sotto braccio la sua inseparabile cartelletta rossa, straripante di quaderni e fogli A4 svolazzanti.
Il signor Marcello poteva aveva all'incirca una cinquantina d'anni. A contraddistinguerlo era un aspetto paterno e rassicurante, e il suo incessante sproloquiare che spesso gli permetteva di imporsi nelle tiepide discussioni che si tenevano durante le lezioni. Franz lo aveva già inquadrato come il tipico genitore tutto famiglia e lavoro, senza nemmeno un interesse, una figura insomma piuttosto ordinaria.
«Buonasera signor Marcello.» Lo salutò senza entusiasmo.
«Ciao carissimo. Ma chiamami solo Marcello, al bando questi inutili formalismi.» Come al solito era inspiegabilmente di buon umore, e la sua loquacità sembrava in gran forma.
«D'accordo. Sembra che siamo solo noi due al momento.»
«Eh si, i nostri cari compagni probabilmente si faranno vedere più tardi. Ma hai saputo la novità?»
Franz fece cenno di no con la testa, mostrandosi incuriosito.
«Non hai controllato la chat della classe su Whatsapp? Torboli ha scritto che oggi si assenterà anche la professoressa Francia.»
Maria Francia era l'avvenente e formosa, nonché biondissima, docente di Francese, le cui lezioni Franz seguiva sempre con vivo interesse e sentita partecipazione. In più di un'occasione si ritrovò a fantasticare su di lei durante le lezioni, venendo poi beccato dalla stessa docente che, notato il suo sguardo assente, lo richiamava all'attenzione coinvolgendolo con delle astute domande. Eppure, un paio di volte, Franz ebbe l'impressione di notare in lei uno sguardo lusingato nel momento in cui lo sorprendeva a fissarla con il suo tipico sguardo da ebete.
«La professoressa Francia? E chi sarebbe?»
«Ma come? È la nostra docente di francese. Sembra sia malata.»
«Cosa cosa cosa?» Disse Franz, sbigottito dalla notizia. «La prof. Maria di cognome fa "Francia"? Non ne avevo idea, usa sempre solo il nome di battesimo. Ma è una cosa davvero meravigliosa!» Esclamò, tutto entusiasta.
Il signor Marcello lo fissò stupito, non riusciva a spiegarsi quell'insolita reazione.
«Si chiama Francia e insegna francese... È a dir poco poetico.» Continuò il nostro euforico alunno. «È come se fosse nata per questo, cioè si trova proprio nel posto giusto per lei. Io adoro le persone che sembrano nate per ricoprire un ruolo specifico, e poi effettivamente fanno proprio quello a cui erano destinati. Seguono il loro principio direttivo, come direbbe Marco Aurelio.»
«Mah, io non ci vedo nulla di straordinario.» Obiettò Marcello, con apatia.
«Ma sì che lo è! Insomma, io ho ventun anni ormai, e ancora non ho la minima idea su cosa voglio fare da grande, so solo quello che non voglio fare.»
«Penso che ci voglia molta fortuna per scoprire il proprio ruolo nell'universo.»
«Esatto! La fortuna ha un ruolo determinante nella vita, ma in molti non vogliono riconoscerlo. Meglio avere fortuna che talento, parafrasando Woody Allen.»
«Fossi in te comunque non mi preoccuperei molto per la tua confusione sul futuro. Alcune delle persone più interessanti che conosco non sanno ancora cosa vogliono fare della propria vita, e hanno più di quarant'anni.»
«Saranno sicuramente dei falliti.» Replicò Franz, mostrandosi sicuro della sua affermazione.
«No... io li definirei eclettici piuttosto. Sono presi da mille interessi e conversare con loro è sempre uno spasso.»
«Che spreco di tempo e risorse, essere divisi da mille interessi.» Disse con rassegnazione, quasi a rimproverare se stesso. «Secondo me l'ideale nella vita sarebbe dedicarsi a una cosa, una soltanto, e metterci totale dedizione.»
«Prima però bisognerebbe scoprire qual è quella cosa degna di monopolizzare la nostra attenzione.»
«Già, è questo il problema.» Concluse Franz, scoraggiato dall'esito della conversazione. Lanciò poi lo zaino sull'ultimo banco della fila centrale, diventato ormai il suo posto fisso, e ne tirò fuori Delitto e castigo.
«Bel libro.» Notò Marcello.
«Eh già.» Rispose, cercando di mettere fine alle chiacchiere. "Figuriamoci se sa di cosa parla", pensò, non desiderando altro che un po' di silenzio per potersi abbandonare alla lettura.
«Lo conosco bene. Io lavoro con i libri, sai?»
L'attenzione di Franz venne distolta dal testo.
«In che senso?» Riuscì a chiedere.
«Lavoro per una casa editrice locale e collaboro con alcune librerie indipendenti.»
"Non ci credo!" pensò. A quanto pare quel corso serale si stava rivelando pieno di sorprese, e i suoi compagni di classe potevano non essere poi così banali come li aveva giudicati all'inizio.
«Lavorare con i libri... Dev'essere davvero un sogno.» Notò, mettendo da parte Raskolnikov e mostrandosi interessato a prolungare quello stimolante dialogo.
«Beh, sì, non sarà entusiasmante come fare lo scrittore, ma mi permette comunque di lavorare in contesti di cultura, e collaborare con persone che amano la letteratura almeno quanto me.»
"Davvero un pozzo di sorprese", pensò Franz.
«Scusa la domanda, forse un po' troppo personale... Ma se hai già un lavoro così stimolante, come mai hai deciso di cambiare settore iscrivendoti a questo corso? Se hai intenzione di lasciare il tuo fantastico lavoro io prendo volentieri il tuo posto.»
«Bella domanda. Il fatto è che ho sempre sentito il desiderio di imparare cose nuove. Penso che lo studio e la conoscenza ci permettano di essere felici regalandoci nuove prospettive di vita. Forse anche io non so ancora cosa fare da grande.» Affermò con un sorriso. «E leggi soltanto o ti diletti anche nella nobile arte della scrittura?» Chiese poi, cambiando argomento.
Franz non si aspettava quella domanda, che gli sembrò leggermente invasiva.
«No, no, mi limito a leggere.» Esitò. «Cioè a dire il vero un tempo avevo iniziato a scribacchiare qualcosina, tenevo una specie di diario, ma poi non ho avuto la continuità di portare avanti la cosa.»
«Che peccato. Io invece di tanto in tanto scrivo, mi mette di buon umore e mi fa viaggiare con la fantasia, cosa indispensabile alla mia età. Penso che dovresti riprendere sai? A scrivere, intendo.»
«Non lo so, non credo che lo farò. E poi dubito che qualcuno voglia leggere i miei pensieri.»
«Beh, questo lascialo decidere ai lettori.»
Le seguenti due ore passarono senza che Franz riuscisse a dare nemmeno un'occhiata all'amato testo di letteratura russa che aveva portato con sé, avventurandosi col sempre più interessante signor Marcello in una conversazione che spaziò dal cinema agli scacchi, per finire poi alla musica.
«E così suoni la chitarra?»
«Suonare è una parola grossa. Sono solo un autodidatta, ma mi diverto a strimpellare corde da quasi vent'anni ormai.»
«Però...» Notò Franz con ammirazione. «Hai avuto la costanza che è mancata a me con il pianoforte. Io ho ripreso da poco a suonare, ma dopo una lunga pausa durata ben nove anni.»
«Magari qualche volta organizziamo un duetto allora.» Propose l'altro, la cui voce venne coperta dal gruppetto di corsisti che faceva il suo rumoroso ingresso in aula.
Durante le lezioni che seguirono Franz si ritrovò spesso e volentieri a fissare la curiosa figlia di Blade Runner che, seduta alla sua sinistra una fila più avanti, era intenta a prendere appunti su un quaderno color magenta. Un paio di volte ebbe perfino il sospetto che fosse consapevole dei suoi sguardi, in quanto si voltò innervosita guardando proprio nella sua direzione. Il saggio signor Marcello, seduto accanto a Franz, si accorse dell'ambigua situazione e cercò di motivare il giovane seduttore a prendere l'iniziativa, ma l'invito venne categoricamente rifiutato.
Terminate le lezioni e abbandonato l'istituto, Franz si rese conto di non aver voglia di cucinare, cosa non proprio positiva per uno studente dell'alberghiero. Decise così di prendere una pizza da asporto per poi mangiarla a casa davanti a un buon film in bianco e nero. Si diresse da Frank's, una pizzeria gestita da un suo ex compagno delle scuole medie, e lì vide Nadia, una cara amica in comune con Veronica, che era alla cassa e stava pagando il conto. Una volta conclusa l'operazione e ritirate le sue pizze, la ragazza si voltò per andare via, ma si ritrovò davanti Franz, che era in fila e che la salutò cordialmente come al solito e con quel tono confidenziale che si era instaurato tra loro nel corso del tempo. Stranamente, Nadia preferì ignorarlo, non ricambiando nemmeno il cordiale saluto, e filò dritta verso l'uscita.
Il nostro galantuomo rimase allibito. Non riusciva proprio a spiegarsi quell'inattesa reazione. Poi, però, pensandoci bene, concluse che Veronica doveva aver fatto terra bruciata intorno a lui, dipingendolo alle sue amiche come un poco di buono. Quel comportamento da parte di Nadia era emblematico in tal senso, e Franz pensò che in futuro avrebbe dovuto aspettarsi reazioni analoghe da parte di altri amici che avrebbero preso posizione in favore di Veronica. D'altronde si sa che chi viene mollato passa sempre per la vittima di turno e tende perciò ad attirare la compassione altrui.
Il vittimismo era una cosa che Franz odiava con tutto se stesso. Aveva sempre pensato che è più facile prendersela con gli altri, proiettando su di loro i motivi dietro ai nostri fallimenti, che farsi un'obiettiva autocritica. Così facendo, infatti, non ci si mette mai in discussione e non si avrà mai la possibilità di crescere e migliorare, imparando dai propri errori. Per questo cercava sempre di assumersi le proprie responsabilità e preferiva passare per il carnefice piuttosto che per la vittima.
Prese infine una pizza bianca con funghi porcini, mozzarella e salsiccia, che accompagnò con un bicchiere di Cabernet Sauvignon. Da un po' di tempo aveva preso la vespertina abitudine di bere copiosi calici di vino rosso, che ora abbinava addirittura alla pizza, cosa impensabile fino a qualche tempo prima, dato che vedeva l'accoppiata pizza e birra come qualcosa di inscindibile. Tuttavia aveva letto da qualche parte che cambiamo i nostri gusti in modo ciclico, ogni sette anni, per cui era curioso di sapere come sarebbe cambiato al prossimo giro di boa. Magari avrebbe iniziato a inzuppare la pizza nel cappuccino.
Consumò la cena nel salotto, poggiando il cartone con la pizza sul tavolino in vetro posizionato tra il divano e la tv che, nel buio più totale, illuminava lo scenario, consentendogli di orientarsi verso l'oggetto del proprio appetito. Da qualche mese aveva preso la drastica decisione di scollegare il televisore dall'antenna satellitare, stanco di sprecare preziose ore del suo tempo con oziosi spot pubblicitari, e ormai scevro di interesse per la monotona programmazione delle principali emittenti televisive.
Così passava le serate a guardare vecchi dvd, videocassette e concerti di musica classica. Quella sera scelse di rivedere per l'ennesima volta Casablanca, di Michael Curtiz, con Humprey Bogart e Ingrid Bergman, uno dei suoi film preferiti e di cui era convinto non si sarebbe mai stancato, viste le meravigliose sensazioni che era in grado di suscitargli a ogni nuova visione.
Aveva provato diverse volte a proporre quella pellicola a Veronica nelle piovose serate che passavano a casa, ma lei non aveva la sua stessa passione per il cinema in bianco e nero e, dopo pochi minuti di film passati a sbruffare, riusciva abilmente (ma non diremo come) a distogliere anche la sua attenzione indirizzandola verso ben altre attività.
Terminata la visione, Franz decise di accendere il notebook e dare un'occhiata a Facebook. Era curioso di sapere se il professore di sala fosse ancora impegnato nelle sue importanti questioni famigliari. Aperta la home del ben noto social network, però, si ritrovò davanti a un post che catturò subito la sua attenzione. Era una foto postata da Veronica che la ritraeva tutta felice e sorridente mentre si avvinghiava a due amici di Franz, o meglio, due viscidi opportunisti che fino a quel momento aveva considerato come suoi intimi amici.
Il nostro giovane protagonista rimase a dir poco turbato e cadde in una voragine di sentimenti contrastanti. Vedere Veronica così spensierata lo rese inspiegabilmente triste, e la visione di quei pesci lessi che ci provavano spudoratamente con lei lo fece infuriare. "Possibile che al mondo d'oggi non esistano vere amicizie?" Si chiese in preda allo sconforto. "È sempre una questione di interessi. Ti sono amici finché possono ottenere qualcosa da te, poi, arrivederci e grazie!"
Abbassò con un moto di sdegno lo schermo del portatile e si avviò verso la camera da letto. Dovette riconoscere però che non si trovava proprio nello stato d'animo ideale per abbandonarsi tra le braccia di Morfeo. Era a dir poco infuriato per quella foto, schifato da quei lascivi modi di fare, e inoltre, non riusciva a capire come Veronica potesse comportarsi in quel modo.
Insomma, lui non si era assolutamente messo a corteggiare altre ragazze dopo la rottura del loro fidanzamento, né tantomeno aveva postato sue foto in balia della pazza gioia. Lo reputava un comportamento indelicato e privo di rispetto nei confronti di lei che, a quanto pare, non la pensava allo stesso modo. Possibile che si fosse già ripresa dalla fine della loro relazione? Per lei allora non aveva significato nulla? Addirittura forse lo aveva già dimenticato...
In preda al risentimento e carico di rabbia, Franz pensò bene di visitare nuovamente il frigorifero dove trovò la bottiglia di Cabernet che aveva rimesso a posto pochi minuti prima, e a cui ritenne opportuno rivolgere la sua attenzione per il resto della serata.
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