Parte 3
La mattina del trentuno ottobre, caratterizzata da un caldo decisamente fuori stagione tipico del sud Italia, e forse anche del surriscaldamento globale, il sonno dalle angeliche sembianze che allietava Franz Campitelli non venne interrotto dalla sveglia, né tantomeno dalle galline canterine del vicino, ma da un'inattesa telefonata.
«Buon Halloween!»
«Ogni anno questa storia? Lo sai che è una ricorrenza che odio.»
«Ed è proprio per questo che io te la ricorderò all'infinito.» Annunciò con tono minaccioso Nunzia. «Non ti ho svegliato vero?» Chiese poi, fingendosi dispiaciuta.
«No, certo che no.» Disse Franz, correndo in bagno a inondarsi il viso di acqua gelida nel tentativo di accelerare il pigro processo di risveglio, che di solito si prorogava per ore.
«D'accordo, l'ho chiesto solo perché hai una voce che sembra provenire dall'oltretomba.»
«Sempre in vena di complimenti tu, eh?»
«Oggi mi sento ispirata.» Proclamò con fierezza.
«La mia voce di mattina è cosi, ok? Mi consente di preservare quel fascino peculiare dell'uomo tenebroso.»
«Buon per te.» Tergiversò. «Ho saputo di Veronica, volevo dirti che mi dispiace. Stavate insieme da un po' ormai e pensavo che le cose andassero bene tra voi.»
«Mmm... non esattamente. Diciamo che abbiamo capito entrambi di non essere fatti l'uno per l'altra.»
«Capisco.»
Seguì qualche secondo segnato da un imbarazzante silenzio che venne poi interrotto da Nunzia con rinnovato slancio.
«Comunque... non mi dici più niente? Ho saputo che ci sono grandi novità.»
«Dipende. Cos'hai saputo?» Indagò Franz.
«Che finalmente ti sei deciso a prendere questo benedetto diploma.» Esclamò soddisfatta.
«Si, si, l'informazione è corretta.» Confermò ciondolando.
«E non mi hai nemmeno messo al corrente della cosa.» Insinuò, mostrandosi offesa e comunicando il suo risentimento. «Lo sai quanto ci tengo.»
«A quanto pare ci ha pensato qualcun altro a tenerti informata.»
«Si, tua mamma.» Replicò divertita.
«Ma dai, vi sentite ancora?»
«Ogni tanto. Diciamo che abbiamo in comune l'amore per il pettegolezzo.»
Nunzia Clementi era la sua migliore amica da anni, diciamo l'unica migliore amica che avesse mai avuto. Ma possiamo sbilanciarci ulteriormente e dire che era anche la sua confidente preferita, la persona con cui amava parlare di più in assoluto in tutto l'universo. Ecco, questo forse rende bene l'idea.
Si erano conosciuti anni prima in occasione di un viaggio a Firenze che Franz aveva intrapreso con alcuni amici. Nunzia e la sua famiglia gli affittarono una stanza all'interno del loro B&B a conduzione familiare, dove Nunzia lavorava come receptionist e, all'occorrenza, come factototum. Durante quel soggiorno ebbero modo di fare amicizia, cosa che in realtà si rivelò abbastanza spontanea e naturale, visto che dopo pochi minuti di conversazione provarono entrambi la sensazione di conoscersi già da una vita intera.
Nelle estati successive si alternarono nel fare le vacanze l'uno a casa dell'altra ed ebbero anche modo di conoscere le rispettive famiglie. Si allontanarono solo durante quei mesi in cui Franz si era impegnato con Veronica che, ovviamente, cercò in tutti i modi di distoglierlo da quella fastidiosa e pedante amichetta, riducendone al minimo i contatti.
Volendo descrivere Nunzia, basterebbe dire che era l'esatto contrario di Veronica: non dava la minima importanza alle apparenze, era sempre concentrata sul suo variopinto mondo interiore, portava spesso i capelli legati e non vestiva mai alla moda, di cui forse non conosceva nemmeno l'esistenza. Dal punto di vista estetico non rappresentava certo il prototipo di bellezza universale, tuttavia possedeva dei lineamenti molto dolci, un delizioso sorriso e, con il suo look acqua e sapone e i modi di fare semplici e sempre spontanei, riusciva a conquistare più cuori di quanti si potesse immaginare.
E lei nemmeno se ne accorgeva. Era tutta presa da altre cose: il lavoro, l'università, i suoi adorati animali da compagnia, un odioso jack russell e un gatto nero di nome William, e tante altre piccole e segrete faccende che non rivelava mai a nessuno, alimentando così un alone di mistero intorno a sé, cosa che la rendeva ancora più attraente. Amava dire che "ciò che fa di una donna una donna è la sua capacità di mantenere dei segreti."
E la voce, oh... la voce. Che timbro meraviglioso. Franz aveva letto, in uno dei numerosi trattati di psicologia che avevano attirato la sua attenzione, che sebbene ognuno di noi sia dotato di cinque sensi, tendiamo a sperimentare la vita e a percepirne gli eventi prevalentemente tramite uno di essi. Si accorse col tempo che nel suo caso quel senso era l'udito, vista la sua smodata passione per la musica. A conferma di ciò, le persone che lo attraevano di più erano proprio quelle con un tono di voce piacevole e rilassante.
Per la cronaca, i suoni provenienti dalle celestiali labbra di Veronica, che per fortuna non soffriva di logorrea, erano davvero terribili, e ogni volta che la sentiva parlare, Franz doveva fare uno sforzo per non mettersi in ginocchio a implorare il silenzio. Nunzia, invece, beh... l'avrebbe ascoltata volentieri per ore, e senza mai interromperla.
«Allora, quando vieni a trovarmi?»
«Verrei anche domani, credimi. Ma gli impegni sembrano moltiplicarsi. E poi c'è il corso serale adesso, non posso iniziare ad assentarmi dopo pochi giorni dall'iscrizione.»
«Wow, sembri proprio una donna in carriera.» Disse stupita.
«Ti ringrazio, lo prendo come un complimento.»
«Però manca poco alle vacanze natalizie. Magari potresti fare un salto in quel periodo lì, anche solo un fine settimana... non so se hai già fatto altri programmi.» Aggiunse poi, quasi sussurrando, come se quel pensiero le fosse sfuggito e si fosse poi rammaricata di averlo espresso ad alta voce.
«No, non ho altri programmi e farei con piacere un giretto dalle tue parti. Spero di riuscire a organizzarmi.»
«Vedi di non fare scherzi. E poi se non mi sbaglio non sei mai stato qui a Natale. Firenze è magica in quel periodo, ci sono tutti i mercatini, le luci...»
«Beh, Firenze è magica sempre. Me ne sono innamorato la prima volta che l'ho vista, penso proprio che sia la mia città preferita.»
«Ah sì? Non me l'avevi mai detto.» Disse sospettosa.
«Ma dai, certo che te l'ho detto.» Cercò di sminuire.
«Ti dico di no. Vorresti insinuare di avere una memoria migliore della mia?»
Non poteva insinuarlo. La sua memoria faceva acqua da tutte le parti.
«Adoro tutto di Firenze, ogni piazza, vicolo, bottega e monumento. Si respira cultura e storia in ogni angolo, si mangia bene e il vino è pura poesia.»
«Wow, che sdolcinata sinossi. Allora hai un motivo in più per venirmi a trovare, o meglio, molti motivi.»
Franz in quel momento realizzò che avrebbe raggiunto volentieri Nunzia anche nei peggiori bar di Caracas, ma il pensiero gli parve fuori luogo e decise di tenerselo per sé.
«Hai ragione, mi manca Firenze, bisogna porvi rimedio.»
La telefonata terminò dopo qualche altro minuto di frivoli e piacevoli chiacchiere. Una volta conclusa la conversazione Franz si ritrovò con un piacevole sorriso sul volto, e una prospettiva ottimista del resto del giorno. Pensò che più tardi avrebbe iniziato a dare un'occhiata ai prezzi dei biglietti aerei per Firenze, visto che la sola idea di rivedere Nunzia lo aveva messo così di buon umore. Quella ragazza era sempre solare, e la sua energia positiva lo contagiava. Si arrabbiò con se stesso per aver trascurato quella preziosa amicizia durante il periodo tristemente segnato dall'esperienza Veronica.
Le scorse due settimane erano passate per Franz nel migliore dei modi possibili, senza stravolgimenti, notizie clamorose o pettegolezzi scottanti. Nel suo caso valeva sempre la massima: "Niente nuove, buone nuove", visto che le novità amavano spesso coniugarsi con dei pessimi risvolti.
L'unico pensiero che lo angustiava era causato dall'assenza di un impiego, che continuava a protrarsi ormai da qualche settimana. Gli vennero così in mente le parole del prof. Torboli, riguardo alla sua inesperienza nel segmento lavorativo che caratterizzava il percorso di studi intrapreso. Così decise di valutare l'idea di lavorare nel campo della ristorazione, e iniziò a inviare il proprio curriculum a ristoranti, pizzerie e tavole calde della zona. D'altronde non poteva motivare la scelta di quella scuola solo con la sua vicinanza da casa e la presenza di un contesto bucolico che lo metteva di buon umore. Bisognava dare seguito a quella decisione con mirate scelte lavorative.
Il corso serale si stava rivelando stimolante, incentivandolo a studiare nuovi argomenti e a nutrire nuovi interessi. Aveva già instaurato degli ottimi rapporti con tutto il corpo docenti e anche con il resto del personale scolastico, che dovette rivalutare drasticamente e in senso positivo. Riconobbe che l'ambiente scolastico, vissuto da adulti, era cosa ben diversa che in età adolescenziale. Non vedeva più lo studio come un'imposizione (i famosi "studi giuridici imposti dal padre", a cui tutti i letterati del passato osarono ribellarsi) ma piuttosto una volontaria e spontanea scelta. Inoltre, anche i docenti, che un tempo vedeva così ostili, ora gli sembravano dei gentili promotori di cultura con i quali collaborare e dai quali attingere il più possibile.
In quel contesto così favorevole l'unica eccezione era rappresentata dall'assistente tecnico di cucina, che Franz aveva soprannominato "Blade Runner".
Come i replicanti presentati nel libro di Philip K. Dick e poi portati sullo schermo da Ridley Scott, quell'assistente scolastico non sembrava in grado di manifestare la benché minima forma di empatia. In un paio di occasioni Franz aveva provato ad avviare una timida conversazione e come tutta risposta aveva ricevuto solo minacciose occhiate. Era chiaro che l'automa non voleva essere importunato e, vista la sua costituzione nerboruta, Franz decise saggiamente di non insistere col tentativo di ampliare ulteriormente la sua nuova e simpatica cerchia di amicizie. Si limitava quindi a quei saluti indispensabili e a quel minimo di convenevoli richiesti dalla buona educazione, che comunque spesso non venivano ricambiati. Si consolò pensando che si trattava solo di una pecora nera all'interno di una scuola che si prospettava sempre di più come il contesto ideale per far sbocciare il suo potenziale intellettuale, ancora inespresso.
Per quanto riguarda i compagni di classe, beh, a dire la verità non aveva ancora legato con nessuno di loro. Erano tutti gentili e cordiali, ma anche poco interessanti e, non avendo nulla in comune con loro, Franz preferiva intrattenersi a parlare di argomenti culturali con i vari professori, le cui originali personalità lo incuriosivano.
Quel giorno nell'istituto fece la sua comparsa una nuova corsista. Il prof. Torboli aveva garantito che la scadenza per le nuove iscrizioni era fissata al quindici di ottobre, è vero, ma in seguito, a specifica domanda, ebbe a rispondere che c'era un disperato bisogno di nuovi iscritti per mandare avanti la baracca, e che si riusciva sempre a trovare il modo di eludere le scartoffie e aggirare le rigide regole imposte dalla legislazione scolastica.
Franz, rimasto sull'uscio, stava osservando la nuova arrivata nel tentativo di farsene un'idea preliminare e capire che tipa fosse. Notò che aveva uno stile a dir poco unico, tra il grunge e il romance, come se un membro dei Nirvana avesse fatto una figlia con Cristina D'Avena.
«Che guardi?»
«Cosa?»
«Stai guardando la nuova arrivata eh?» Insinuò, senza nessun tipo di enfasi, il vigoroso assistente tecnico di cucina.
«Ma no, in realtà stavo...»
«È carina eh? Ti piace?»
«Ma veramente è la prima volta che la vedo, insomma, si, è carina, cioè, non la conosco nemmeno...»
«Forza e coraggio, te la presento.» Decretò, strattonandolo per l'ossuto avambraccio. «Eli, vieni qui un attimo.»
Franz si insospettì, era un tono troppo confidenziale.
«Si papà, vengo subito.»
"Ma dai, la figlia di Blade Runner..." Pensò, profondamente scoraggiato e avvilito dalla triste notizia.
«Questo giovane lumacone voleva fare la tua conoscenza.»
«Beh, non proprio, io...»
«Presentati, Casanova.» Lo motivò con un'energica pacca sulla schiena che gli fece fare un balzo in avanti.
Si presentò.
«Papà così lo metti a disagio.» Notò con sarcasmo la saggia giovane. «Devo andare a lezione ora.» E sparì.
L'inquietante creatura prodotta dalla fantasiosa mente di Philip K.Dick si reputò soddisfatta e, finalmente, si decise a mollare l'arrossato e indolenzito avambraccio.
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