Parte 26

Franz passò le fredde mattine dei lunghi mesi invernali destreggiandosi tra i vari impegni che lo stavano braccando. Nonostante non avesse trovato ancora un lavoro, le sue giornate erano sempre piene. C'era lo studio del pianoforte, che sebbene fosse ormai un passatempo senza alcuna pretesa, gli portava via almeno un'oretta al giorno, poi il tennis, con gli allenamenti a cadenza quasi quotidiana e i numerosi tornei, lo studio per il corso serale, con la relativa preparazione per gli esami sempre più vicini, e infine gli appuntamenti al casolare con Giona, ormai diventati una piacevole routine.

Mentre erano occupati nello svolgere i vari lavoretti di ristrutturazione, tra cui ridipingere alcune stanze, riparare la staccionata esterna, ricoprire il viale d'ingresso con dei ciottoli e così via, i due avevano ormai acquisito l'abitudine di dilungarsi in conversazioni sui temi più disparati. Impararono così ad apprezzarsi a vicenda e soprattutto a conoscersi a fondo.

Quando poi si toccavano temi spirituali, riguardanti le credenze della comunità, Franz rimaneva spesso a bocca aperta di fronte alla sconfinata conoscenza del suo interlocutore. Pensava di essere un esperto di religioni solo perché sapeva chi fossero Zoroastro e Gilgamesh, ma dovette invece ammettere la sua ignoranza e fare un bagno di umiltà. Giona conosceva praticamente a memoria qualsiasi testo sacro, nonché la storia di tutte le religioni più conosciute al mondo, ed era anche appassionato di filosofia e astronomia.

Franz aveva finalmente trovato un degno avversario in termini di conoscenze e così passava volentieri ore e ore ad apprendere nuove nozioni dal suo nuovo mentore.

Giona ebbe modo di spiegargli in modo sempre più approfondito le credenze della comunità di cui entrambi ormai erano parte integrante. Egli non aveva fatto altro che riprendere alcuni insegnamenti andati perduti di un pastore americano del XIX secolo, un certo Bertrand Murray. Costui, un umile contadino fino all'età di vent'anni, venne un giorno folgorato da una visione celestiale, in cui un divino messaggero gli rivelò la volontà di Dio per l'umanità, compresa una lunga serie di avvenimenti futuri.

«In fondo è una storia già sentita.» Si azzardò a obiettare il giovane apprendista. «Si tratta di un incipit molto comune per le religioni nate in America in quegli anni, vedi ad esempio i mormoni.»

Giona non parve accettare di buon grado questa acuta osservazione.

«Nel nostro caso è diverso. Vedi quello che stiamo creando?» Annunciò, alzandosi in piedi e indicando i terreni ancora incolti tutt'intorno a sé. «È l'inizio di una nuova società, mossa dai più nobili e puri ideali di redenzione. È evidente che l'Onnipotente stia benedicendo i nostri sforzi. Stai forse dubitando?»

«No, no, assolutamente.» Si sorprese a rispondere. Proprio lui che, filosoficamente parlando, si era sempre definito scettico, disposto a credere solo sulla base delle evidenze.

«Inoltre, a differenza di tutti gli altri credi religiosi...» Continuò il giovane predicatore, «Noi basiamo le nostre credenze solo sulle Sacre Scritture. Questo è garanzia di approvazione da parte del Signore, e gli eventi futuri lo dimostreranno.» Concluse con fiducia, rivolgendo lo sguardo all'orizzonte.

Franz si chiese a quali eventi futuri stesse facendo riferimento, ma non ebbe l'ardire di avventurarsi in ulteriori domande. Era contento che quella conversazione fosse terminata.

Quel giorno tornò a casa talmente stanco che non riuscì ad andare a scuola dopo pranzo. I lavori al casolare e le impegnative conversazioni con Giona lo stavano provando nella mente e nel corpo. Dovette constatare, con un pizzico di contrarietà, che l'appartenenza a quella pacifica setta gli stava richiedendo sempre qualcosa in più, sottraendogli tempo, energie e risorse, che forse avrebbe preferito dedicare ad altro.

Per quanto potesse ammirare la figura di Giona, con il suo vastissimo bagaglio di conoscenze, dovette per un attimo tirare i remi in barca, e analizzare la situazione da un punto di vista freddo e razionale. Dove lo avrebbe portato tutto ciò? Qual era lo scopo di questa simpatica e allegra comunità?

Nei giorni seguenti espresse i suoi dubbi a Elisabetta, ma questa, determinata a non lasciarsi affievolire nello zelo, lo incoraggiò a non arrendersi, poiché la ricompensa per i suoi sforzi sarebbe stata grande.

Nei giorni successivi, mentre con la sua nuova auto si recava presso il casolare per le consuete riunioni settimanali, ebbe modo di sperimentare diverse volte quella spiacevole sensazione che in psicologia è definita "dissonanza cognitiva."

La sua psiche e il suo corpo agivano spesso in modo contrapposto a tal punto che, mentre si ritrovava seduto a fianco di Elisabetta nell'ampio e tinteggiato salone ad ascoltare le prediche di Giona, la sua mente spaziava altrove, portandolo in posti diversi, o addirittura interrogandolo sull'assurdità delle sue azioni.

La sensazione più alienante era sentire tutto il suo essere diviso in due: la parte emotiva che lo spingeva a continuare a presenziare alle stimolanti adunanze del gruppo religioso, e la parte razionale che lo incitava a prendere le distanze il più presto possibile da quell'assurda comunità di pazzoidi.

Non fu un periodo facile, e le persone che gli stavano intorno se ne accorsero, esprimendo così le loro preoccupazioni.

«Ultimamente mi sembri un tantino disorientato.» Gli disse un pomeriggio il signor Marcello. «Sicuro di stare bene?»

Franz decise così di confidarsi con l'adulto e saggio compagno di corso, che lo ascoltò in silenzio percependo la serietà della situazione. I due convennero che per quanto far parte di una comunità possa essere una cosa positiva, bisognava riconoscere senza ombra di dubbio, che nel caso particolare di Franz, l'appartenenza a quel gruppo gli stava sottraendo sempre più energie, ripercuotendosi con serie conseguenze su tutte le altre attività, compreso il corso scolastico.

«Ma sembrava farmi bene.» Continuò ad asserire il giovane, alzando gli occhi lucidi al cielo, e non volendo ancora rassegnarsi all'idea di abbandonare Elisabetta, Giona e tutti gli altri fratelli e sorelle in quell'illuminante percorso. «Avresti dovuto vedere come mi hanno accolto alle adunanze, mi hanno subito fatto sentire accettato.»

Il signor Marcello sospirò, e gli rivolse uno sguardo pieno di comprensione.

«Hai mai sentito parlare del love bombing?» Gli chiese poi.

Franz aggrottò le sopracciglia. In quel momento provò una nuova e spiacevole sensazione, che non avrebbe nemmeno saputo descrivere. Era un misto di paura e desiderio, stava provando il terrore di essere disilluso. Da un lato pregava che Marcello sarebbe riuscito a convincerlo a mollare il gruppo dei Servitori della Verità, dall'altro sperava con tutto il cuore che avrebbe fallito, lasciandolo così al suo destino.

«Il love bombing» continuò quello «è un'astuta tattica utilizzata da molte sette. Consiste nel sommergere di attenzioni il nuovo arrivato, facendolo sentire amato e ben accetto. Non c'è nulla di vero, è solo uno stratagemma volto a ingannare e attirare nuovi accoliti. Mi spiace che sia capitato anche a te.»

Ormai l'incantesimo era spezzato. Grazie al prezioso apporto di Marcello, Franz era riuscito a realizzare cosa gli era successo negli ultimi mesi. Ora veniva la parte difficile, far capire la stessa cosa a Elisabetta, e possibilmente anche a Nunzia. 

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