Parte 25
«E adesso cosa farai?» Lo interrogò il perplesso signor Marcello.
«Non ne ho idea, sono stato impulsivo come al solito. Non riesco proprio ad agire in modo razionale.» Ammise Franz, realizzando l'ennesima sconfitta.
«Non abbatterti socio! E poi non era nemmeno il lavoro dei tuoi sogni, giusto? Sono sicuro che troverai di meglio.»
Ciò bastò a risollevargli il morale. Accennò un sorriso. Era felice di aver trovato nel signor Marcello non solo un leale compagno di corso, ma anche un fidato e inaspettato amico. L'ampia differenza d'età non si era rivelata penalizzante, e i due riuscivano sempre ad affrontare con successo qualsiasi argomento scoprendosi così particolarmente affini, in barba a ogni anacronismo.
«Stai iniziando a pensare agli esami?» Gli chiese poi il collega di corso.
«A dire il vero no. Siamo ancora a dicembre, non pensi sia un tantino presto?»
I due vennero interrotti da un'esuberante Elisabetta, che si intromise nella conversazione senza chiedere alcun permesso. La ragazza indossava già la divisa, completamente bianca, per la lezione di cucina dell'ora successiva. Quella visione causò una sorta di flashback al nostro protagonista, che visualizzò nella sua mente l'aitante e giovane predicatore dei Servitori della Verità, interamente vestito di bianco, intento a lanciare i suoi proclami dal podio.
«Perché mi fissi la divisa?» Chiese stranita.
«Niente, scusa. Stavo solo pensando...»
«Il bianco è simbolo di purezza.» Se ne uscì Marcello, defilandosi con una delle sue solite esclamazioni prive di contesto.
«Tu sì che sei un uomo di cultura.» Lo lusingò la ragazza salutandolo.
I due infine rimasero qualche minuto da soli, nei pressi del solito angolo della scuola che sceglievano sempre quando avevano bisogno di un po' di riservatezza, il pianerottolo nei pressi dell'uscita d'emergenza del primo piano, ove era situata la scala antincendio.
«Come sta andando l'iniziazione?»
Franz si mise sulla difensiva.
«È così che si chiama questo periodo? Non è un termine un po' da setta?»
Lei rispose con una sonora risata.
«Tu hai visto troppi film.»
«Questo è vero.» Replicò con orgoglio. «Ti devo dire che al momento non mi sta dispiacendo per niente far parte della comunità. I fratelli e le sorelle sono tutti gentili e disponibili, persone interessanti e piene di cultura. Fa piacere passare del tempo con loro... e con te soprattutto.» Concluse, ammiccando con audacia.
Elisabetta non parve cogliere l'allusione.
«E Giona, come ti sembra?»
«È un tipo a posto. Di sicuro fuori dagli schemi ma un bravo ragazzo.»
«Sono contenta. Sai che stavo pensando? Visto che sei rimasto senza lavoro potresti offrirti per aiutarlo al casolare. Sta facendo dei lavori di ristrutturazione molto impegnativi. Noi altri cerchiamo di dargli una mano quando ci è possibile ma al momento tu sei quello più libero. Che ne dici? Potrebbe anche offrirti una piccola ricompensa economica.»
L'idea di passare ancora più tempo presso il casolare, oltretutto in compagnia del solo Giona, non lo entusiasmò per niente, così provò a divincolarsi.
«Beh, a dire il vero, non è che sia così libero. C'è il tennis, il pianoforte, la ricerca di un nuovo lavoro, e inoltre stavamo dicendo con Marcello che dovremmo iniziare a pensare agli esami sai...»
«Ma se siamo appena a dicembre!» Lo bacchettò la compagna di corso.
Non poté dissentire.
Più tardi ebbe degli spiacevoli ma prevedibili confronti telefonici con entrambi i genitori sul tema più in voga del momento: il suo licenziamento.
L'occasione gli servì da ulteriore conferma del cambiamento avvenuto in sua madre, che invece di rimproverarlo lo confortò, spronandolo inoltre a darsi da fare a scuola in attesa di una nuova e più gratificante occupazione. Ben diverso fu invece lo scambio di opinioni con suo padre, che non si lasciò sfuggire l'occasione per ricordare ancora una volta al figlio quanto fosse perplesso e contrariato per le sue scelte di vita.
«Mi avevi criticato per la scelta di andare a lavorare in una pizzeria, e ora mi critichi per aver dato le dimissioni dallo stesso lavoro. Ma sei serio?» Tuonò il giovane al telefono.
«Non è questo il punto. È che non riesci a portare a termine i progetti che inizi. La scuola, il lavoro, la musica, il tennis, dopo un po' molli tutto. Non è così che si affronta la vita.»
«A dire il vero sto portando a termine un sacco di...»
«Pronto? Ci sei?» Chiese l'aspro genitore.
Franz stava iniziando a giustificarsi come al solito, quando si rese conto che le conversazioni con suo padre prendevano sempre questa piega. Lui che si metteva sulla difensiva e l'altro che sferrava i colpi. Non lo avrebbe più permesso.
«Sai che ti dico? Io non devo darti nessuna spiegazione per le mie scelte di vita, sono una persona adulta e indipendente, e non vivo più sotto il tuo tetto da anni ormai. Sei tu che dovresti spiegarmi perché non sei in grado di essere un genitore nemmeno lontanamente accettabile.»
Per fortuna c'erano i regolari allenamenti tennistici a salvarlo dagli angustiosi problemi famigliari. Inoltre, l'atto di colpire la palla con forza e intensità per più e più volte nell'arco dell'ora di allenamento gli dava un grosso aiuto nell'allentare lo stress e nello scaricare tutte le cause di tensione emotiva.
Anche quel giorno fu Daniel, il nuovo e atletico maestro, ad accoglierlo al circolo. I due ormai sembravano aver raggiunto una certa sincronia nei movimenti, e vederli allenare insieme era uno spettacolo per gli occhi. Dopo pochi minuti riuscivano ad alzare notevolmente il ritmo dei colpi, e le sonore frustate impartite con le racchette risuonavano in tutta la struttura, tanto che in molti si avvicinavano al campo in questione per ammirare incuriositi i due protagonisti.
Daniel lo stava spingendo oltre i propri limiti, sia dal punto di vista mentale che fisico. Ogni allenamento era estenuante e Franz doveva sempre essere presente e concentrato con ogni fibra del suo corpo per ottenere il massimo dagli allenamenti. I risultati d'altronde non stavano tardando ad arrivare, visto che il giovane occupava ormai stabilmente le parti alte della terza categoria della classifica Fit, strizzando l'occhio alla seconda. Negli ultimi tornei infatti aveva raggiunto degli ottimi risultati, rasentando in un paio di casi anche la vittoria finale.
«Bell'allenamento anche oggi.» Ammise Franz, avvicinandosi alla rete e togliendosi la bandana.
«Io direi ottimo, ma perché fermarsi?» Chiese con naturalezza Daniel, che sembrava aver appena iniziato a prenderci gusto. «Visto che non devi andare a lavoro possiamo continuare, no? Che ne dici di fare un paio di set?»
L'indecente proposta, che fino a qualche settimana prima avrebbe gettato il giovane nello sconforto più totale, non fece altro che fomentare il suo spirito agonistico. Sorrise di rimando e indossò nuovamente bandana e polsini. Poi, prima di avviarsi verso la linea di fondo campo, notò con la coda dell'occhio che si stava avvicinando la solita e misteriosa ragazza che gironzolava sempre da quelle parti. Franz l'aveva notata proprio mentre si allenava con Daniel, ma poi non era riuscito ad approcciarla per strapparle qualche parola.
Fece un cenno al maestro, che si girò di scatto verso l'avvenente moretta.
«Poi me la presenti?» Gli chiese Franz.
«Certo, è la mia ragazza.» Rispose Daniel, mostrandosi visibilmente infastidito.
Il match finì con il risultato secco di un doppio 6-0.
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