Parte 23
Franz continuava a tenere d'occhio la chat di gruppo supervisionata da Nunzia, lo stesso gruppo in cui lo aveva introdotto Elisabetta. I messaggi erano sporadici e abbastanza banali: perlopiù frasi di buongiorno e auguri di compleanno e onomastici, fin quando non pervenne l'invito che stava aspettando.
Un certo Giona, forse un nickname, pubblicò l'invito alla prossima adunanza, così come l'aveva chiamata Elisabetta, indicando luogo e orario. Specificò anche che, per rispettare le norme sulla sicurezza, il numero massimo di partecipanti sarebbe stato di sessanta persone, quindi invitò tutti i membri a usare parsimonia nell'invitare nuovi potenziali adepti.
Elisabetta si offrì di andare a prendere Franz a casa, così da recarsi insieme a quella che sarebbe stata la sua prima riunione di questo nuovo e curioso credo. Inutile dire che il giovane era molto nervoso in quanto non sapeva cosa aspettarsi. Nel silenzioso tragitto in auto si pentì della sua scelta avventata, realizzando di essersi fatto trascinare come al solito.
«Ascolta, ma tu non eri quella che odiava tutte le religioni?» Chiese alla pilota al suo fianco, ricordando una loro vecchia conversazione.
«Sì è vero, ma nella vita si cambia no?» Rispose, rivolgendogli uno sguardo convinto ed entusiastico. «E poi sarebbe riduttivo e forse addirittura fuorviante definire il nostro gruppo come una banale religione qualsiasi. Io direi che si tratta piuttosto di uno stile di vita alternativo, ma non voglio spoilerarti nulla, tra poco vedrai con i tuoi occhi.»
«D'accordo, mi fido.» Concluse il giovane, indugiando con lo sguardo su di lei, che guardava dritto avanti a sé reggendo il volante con entrambe le mani.
Dopo circa dieci minuti di strada statale, Elisabetta mise la freccia e svoltò a destra, imboccando una stradina sterrata. In lontananza si intravedeva un vecchio casolare in pietra a due piani circondato da vigneti, la loro evidente destinazione.
C'era già un gruppetto di persone che si intratteneva chiacchierando del più e del meno. I due giovani scesero dall'auto ed Elisabetta introdusse subito Franz presentandolo come il suo migliore amico, cosa che lo colse di sorpresa e non poco, era la prima volta che usava quell'etichetta.
Rimasero nel cortile a parlare del più e del meno fin quando non sopraggiunse Giona, il ragazzo che aveva scritto sul gruppo, alla guida di un Wolkswagen T2, il leggendario pulmino utilizzato dagli hippies negli anni '70. Elisabetta e gli altri gli corsero incontro, e Franz si rese conto di essere rimasto solo.
Giona era esattamente il tipo di persona che ti aspetti di vedere alla guida di quel mezzo di locomozione: capelli biondi lunghi, raccolti dietro in una coda, barbetta incolta, sandali e pantaloncini da surfista. La ciliegina sulla torta non poteva che essere una t-shirt bianca con il simbolo della pace al centro.
«Accomodiamoci.» Si limitò a dire, con una voce più poderosa di quella che ci si poteva aspettare. Al che tutti si avviarono verso l'interno del casolare. A quanto pare quel tipo doveva essere il capo della combriccola, anzi, una sorta di pastore new-age.
L'ampia sala principale era stata arredata in maniera frettolosa con larghi tappeti e vecchie sedie di legno con la seduta in vimini. Franz occupò uno degli ultimi posti, nonostante le rimostranze di Elisabetta, che lo invitava a raggiungerla davanti.
Una volta che tutti ebbero preso posto, Giona indossò una sorta di tunica bianca e si avviò verso il podio. Ad aspettarlo c'era un leggio con un libro aperto, probabilmente una bibbia.
L'adunanza durò circa un'oretta e Franz non notò nulla di strano. Ci si limitava a leggere dei versetti e a commentarli insieme, niente di così rivoluzionario. Si chiese come mai quelle persone non si limitassero a frequentare delle normalissime chiese.
Una volta conclusasi la riunione, non prima di un sonoro applauso rivolto a Giona che si limitò a inchinarsi umilmente verso il suo pubblico, Elisabetta iniziò a sbracciarsi dalle prime file. Lo stava implorando di raggiungerla nei pressi del podio così da fare conoscenza con il giovane predicatore.
«Abbiamo un nuovo membro.» Disse quello tutto serio, scrutando Franz da capo a piedi.
«No, no.» Si affrettò a dire quest'ultimo. «Sono solo curioso in realtà. Elisabetta mi ha invitato e così eccomi qua.»
La giovane sembrò delusa da quelle parole. Franz le stava facendo fare cattiva figura con il suo supervisore.
«Conosci le Sacre Scritture?» Chiese ancora il predicatore, che sembrava non aver nemmeno sentito la risposta del suo interlocutore.
«A dire il vero sì, la storia delle religioni mi affascina molto, ma non sono credente.» Concluse, convinto di aver così posto fine alla conversazione.
Il predicatore invece colse quelle parole come un invito a proseguire con il suo tentativo di proselitismo. Adagiò le sue grandi mani sulle spalle di Franz, che ebbe un sussulto, e guardandolo dritto negli occhi, si pronunciò con un tono perentorio:
«Poiché ecco, il giorno viene, ardente come una fornace; e tutti quelli che operano empiamente saranno come stoppia; il giorno che viene li brucerà, dice l'Eterno degli eserciti, in modo da non lasciar loro né radice né ramo. Ma per voi che temete il mio nome, sorgerà il sole della giustizia con la guarigione nelle sue ali. Calpesterete gli empi perché saranno cenere sotto la pianta dei vostri piedi nel giorno che io preparo, dice l'Eterno degli eserciti. Ed ecco, io vi manderò Elia, il profeta, prima che venga il giorno grande e spaventevole dell'Eterno.»
Seguì qualche secondo di silenzio, dopodiché tutta la congrega si produsse in un sonoro "Amen", il che ebbe un profondo effetto sul nostro protagonista. Bisognava dargliene atto, a Giona di certo non mancava il carisma.
«Rechiamoci al rinfresco.» Disse infine con un largo sorriso, rivolto a tutti gli astanti.
Franz rimase imbambolato.
«Allora, come ti sembra?» Gli chiese una estasiata Elisabetta.
«Devo dire che sa il fatto suo.» Riuscì a replicare.
La serata proseguì piacevolmente, ma Franz non riusciva a togliere gli occhi di dosso a quel Giona, che sembrava averlo battezzato come nuovo adepto con quel discorso delirante.
Quando l'ora si era ormai fatta tarda e sembrava che tutti stessero per prendere la via di casa, il predicatore si alzò in piedi, suscitando l'attenzione di tutti i presenti.
«Un attimo solo. Vorrei concludere questa incoraggiante serata con un brindisi.» Al che rivolse il suo sguardo verso Franz, invitandolo a raggiungerlo con un cenno della mano.
Il giovane si diede una rapida occhiata in giro e, rendendosi conto che gli occhi di tutti erano puntati su di lui, non poté fare a meno di acconsentire alla richiesta.
«A Franz, un nuovo servitore della verità.» Esclamò con voce poderosa, sollevando il calice di vino.
Inutile dire che tutti lo imitarono.
Così, ancora una volta, il nostro protagonista si ritrovò invischiato in una situazione inedita e che ben poco aveva di chiaro o convincente.
Nel viaggio di ritorno verso casa, a notte ormai inoltrata, Elisabetta si rivelò stranamente logorroica, stordendolo con un fiume di parole su quanto fosse contenta per l'epilogo della serata.
Franz d'altro canto, era immerso nei suoi pensieri, e si chiedeva se fosse stata una buona idea seguire la sua amica in quella avventura, e quali risvolti avrebbe avuto la cosa.
Una volta giunti al cancello di casa, Elisabetta spense il motore e si voltò verso di lui con gli occhi lucidi.
«Sai, Nunzia non pensava che tu potessi farcela, ma io ho sempre creduto in te.»
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