Parte 19
Marzo giunse in fretta, accompagnato dai primi timidi sentori di primavera. I mandorli iniziavano a fiorire tutt'intorno casa del nostro protagonista che, con aria svagata, stava preparando la valigia per l'ormai prossimo viaggio in quel di Venezia.
Le penisola lagunare l'aveva da sempre affascinato con la sua storia fatta di gondole, maschere, tafferugli politici e intrallazzi vari. Una figura in particolare che aveva sempre amato era quella di Giacomo Casanova, noto poeta, filosofo, avventuriero nonché seduttore le cui vicende furono capaci di smuovere i cuori anche dei più cinici.
Preso da queste improvvise reminiscenze barocche, Franz decise di allietarsi con un po' di musica adatta all'occasione, così iniziò ad ascoltare il "Giulio Cesare" di Georg Friedrich Handel, una delle sue opere preferite. Proprio mentre stavano suonando le note del celebre brano "Da tempeste il legno infranto", uno spiffero di aria gelida lo colse alla sprovvista e lo spinse ad apprestarsi verso la finestra a due ante per chiuderla ma, giunto sul posto, rimase completamente rapito da uno scenario a dir poco singolare.
Dei fiocchi di neve dalla forma perfetta avevano iniziato a cadere restii su tutto il giardino, turbinando in senso circolare, quasi come se stessero danzando sulle note del compositore tedesco. Al contempo, un uccellino saltellava cadenzato qui e là nella corte di casa, probabilmente alla ricerca di un riparo prima che la situazione meteorologica precipitasse, degenerando in una vera e propria bufera di neve. Franz poggiò i gomiti sul freddo davanzale in marmo, godendosi l'inatteso e bucolico spettacolo per qualche minuto, sperando che non terminasse mai.
Realizzò che è per apprezzare questi fugaci e poetici sprazzi di vita che siamo al mondo, e immediatamente si rabbuiò al pensiero che sempre meno persone si prendono il tempo per godersi questi scenari.
Arrivò dunque il giorno della partenza per Venezia e per le tanto attese vacanze in compagnia della sempre più criptica Nunzia. Vacanze che si svolsero in modo piuttosto piacevole ma senza colpi di scena. All'arrivo nel capoluogo veneto pensò che era stato un vero peccato perdersi il carnevale, per sole poche settimane oltretutto. Pessimo tempismo insomma. Se solo Nunzia avesse organizzato meglio...
Le presentazioni furono presto fatte: Guido purtroppo era già una conoscenza del nostro protagonista, Chiara si rivelò finalmente per quello che era alla luce del sole e Federico completò il simpatico ma non molto affiatato gruppetto.
Era stato preparato un vero e proprio itinerario per quei giorni, un percorso studiato a tavolino, non si sa bene da chi, e che prevedeva tutte le maggiori attrazioni lagunari, dall'immancabile piazza San Marco, con il suo campanile e il palazzo ducale, al ponte di Rialto.
Il nostro Franz però, da buon anticonformista, decise ben presto di staccarsi dal gruppo per attuare un proprio percorso più personale, alla ricerca di meraviglie nascoste. Amava infatti perdersi nei vicoletti cittadini, passeggiando blandamente, e cercando di respirare, per quanto possibile, la vita del posto.
Si scusò così con il resto della compagnia, dicendo che aveva bisogno di starsene un po' per conto suo, cosa che tra l'altro non creò troppo scalpore, e attraversò piazza san Marco infilandosi nel primo vicolo a disposizione. Le strette e ciottolose stradine erano piene di botteghe di vecchi artigiani e di osterie, che con i loro profumi contrastanti inebriavano il nostro giovane avventuriero.
Le viuzze erano popolate non solo da turisti stranieri, in gran parte del nord europa, ma anche e soprattutto dal vociare rumoroso delle persone del posto. Franz alzò lo sguardo e vide che dai terrazzi arredati con fiori e coloratissime piante, si sporgevano delle anziane signore, tutte intente a stendere il bucato e a rendersi vicendevolmente partecipi degli ultimi pettegolezzi.
Alla fine decise di infilarsi in una bottega, completamente rapito dall'odore di vecchio cuoio veneziano. L'astuto artigiano all'interno capì immediatamente, dallo sguardo estasiato di Franz, di trovarsi di fronte a un potenziale ottimo cliente, così accolse il giovane meridionale con ogni cortesia immaginabile e iniziò a raccontargli di come la sua antica e rinomata famiglia vivesse a Venezia da ormai più di venti generazioni.
Franz ascoltava a bocca aperta, sarebbe rimasto lì per ore. Alla fine ne uscì, con le tasche vuote, ma ne uscì. L'allegro artigiano, che lo salutò con una vigorosa stretta di mano e un sorriso così smagliante da far insospettire chiunque, era riuscito a vendergli una busta piena di cianfrusaglie: agende rivestite in cuoio con il simbolo di Venezia, il famoso leone alato, inciso sulla copertina, un calamaio completo di penna e altri curiosi articoli che sarebbero rimasti per anni ad accumulare polvere sulla scrivania del nostro amato protagonista.
Rapito da tutti quegli odori diede un'occhiata al Casio argentato che portava al polso, accorgendosi che ancora una volta il suo stomaco non lo aveva tradito e che si trattava esattamente dell'ora di pranzo. Sbirciò da un paio di vetrine e alla fine decise di optare per un'osteria che ostentava sull'uscio un menu niente male. Prese un antipasto della casa, ricco di formaggi, salumi e focaccine varie, accompagnando il tutto con un buon calice di vino rosso.
Poteva reputarsi più che soddisfatto, stava vivendo la vita del posto e assaporando i sapori del luogo. Alla fin fine, c'era solo un posto che desiderava ancora vedere: la Libreria Acqua Alta.
Giunto sul posto venne sorpreso dalla presenza di Chiara, anche lei distaccatasi dal gruppo principale. I due gironzolarono insieme per gli scaffali della più che singolare libreria discutendo piacevolmente dei vari libri che si trovavano davanti. Ogni tanto venivano interrotti da qualche gatto che, desideroso di attenzioni, iniziava a strusciarsi tra le loro gambe, producendo rumorose fusa.
Alla fine i due vennero avvicinati da un vecchio e paffuto signore che riconobbe immediatamente l'accento meridionale di Franz. Il curioso tipo era un vero veneziano, un autoctono con la a maiuscola, che portava dei baffi arricciati e ostentava un serioso cipiglio. Raccontò ai due giovani delle sue avventure nel sud Italia, e in seguito narrò loro le storie di molti dei libri presenti in quegli scaffali.
Il tempo pareva essersi fermato, ma Franz e Chiara dovettero infine salutare il caratteristico anziano e fare ritorno verso la comitiva, che era ormai composta solo da tre membri.
Il resto della vacanza trascorse in modo sereno e Franz poté constatare, non senza un minimo di dispiacere, che Nunzia lo trattava alla stesse stregua di Guido e del nuovo arrivato Federico. La cosa gli fece male, certo, ma non lo ferì dal punto di vista sentimentale. Qui non si trattava più di relazioni e cuori infranti, ma di semplice amicizia. Lui aveva sempre considerato Nunzia la sua migliore amica, e fu triste constatare che dall'altra parte non c'era la stessa considerazione.
Arrivò così il momento dei saluti, che furono piuttosto formali. L'unica a trasmettergli un minimo di calore fu l'insospettabile Chiara, che pochi minuti più tardi lo contattò anche sulla chat di Instagram, ringraziandolo in modo molto tenero per il tempo trascorso insieme in libreria.
I tre amici infine si distaccarono, e fu Nunzia ad accompagnare Franz in stazione.
«Allora ci vediamo al parcheggio» le disse Chiara, rivolgendo un ultimo e languido sguardo al suo nuovo e inaspettato amico giunto dal profondo sud.
I due si avviarono verso la stazione nel più totale silenzio. Non era una situazione imbarazzante ma c'era aria di sconfitta. Entrambi si erano resi conto, e per motivi diversi, che non aveva senso forzare il loro rapporto, cercando di portarlo più in là del dovuto. La consapevolezza di doversi arrendere al destino in qualche modo li rasserenò. Erano convinti di non potersi imputare alcuna colpa. Dall'alto del loro fatalismo, conclusero che le cose erano semplicemente andate così come dovevano.
«Non sarà mica un addio.» Infine disse lei, sforzandosi di sorridere.
«Certo che no!» Rispose, sorprendendosi a mentire. In realtà non ne era certo per niente.
I due si abbracciarono, i loro corpi erano così vicini da potersi trasmettere calore, ma le loro anime era distanti più che mai.
Si rivolsero un ultimo e ambiguo sguardo. Franz cercò di prodursi in un'inedita smorfia che voleva esprimere dispiacere ma anche arrendevolezza. "In fondo, meglio essersi amati e persi, che non essersi conosciuti mai", disse a se stesso, dimenticando per un attimo che dell'amore di Nunzia non si era mai vista traccia.
Stava quasi per allontanarsi quando un dettaglio, che stranamente non aveva ancora notato, colpì la sua attenzione. Sulla parte interna dell'avambraccio di Nunzia, quasi all'altezza del polso, aveva fatto la sua comparsa un piccolo tatuaggio. La cosa non avrebbe creato tanto scalpore, se non fosse che quello strano simbolo, il nostro Franz lo aveva già visto da qualche parte.
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