Parte 12
«Ecco perché ho assunto questo bravo giovine!» Proruppe con orgoglio l'avvocato Rinaldi mentre stava testando il suo nuovo amplificatore Marshall appena consegnatogli dal corriere.
Il periodo di formazione stava andando piuttosto bene per Franz. Stava legando particolarmente con Mario, il collega banconista, che gli pareva davvero una brava persona e gli ispirava sempre più fiducia. Per quanto invece riguarda i due pizzaioli, il primo era un omone barbuto sempre di cattivo umore e dalle poche parole. Franz un paio di volte provò ad avvicinarlo per scambiare due innocue chiacchiere ma dovette tornarsene da dove era venuto. Concluse che probabilmente si trattava di un parente alla lontana di Blade Runner, visto che avevano lo stesso inequivocabile cipiglio.
L'altro addetto alle pizze era invece un giovane atletico e col viso da attore, sempre gentile e solare. Aveva qualche anno in più di Franz ma, a differenza di quest'ultimo, poteva già vantare un notevole curriculum, avendo lavorato in diversi paesi d'Europa. Una sua peculiarità era lo straordinario successo che riusciva a ottenere con l'altro sesso, senza nemmeno sforzarsi più di tanto, una cosa che Franz proprio non riusciva a spiegarsi e sulla quale cercò di indagare con minuziosità e cum grano salis.
Quest'ultimo si tenne poi impegnato nel tinello di casa sua nel realizzare la playlist che gli aveva richiesto Walter per la pizzeria.
Non fu facile, e Franz dovette fare ricorso alle band che ascoltava ai tempi del liceo, quando assieme a un piccolo drappello di compagni di classe, si atteggiava a rivoluzionario di sinistra. A quell'epoca, dopo aver svolto accurate ricerche che a volte si protraevano per giornate intere, era riuscito a scovare della musica di nicchia e rigorosamente lontana dal mondo commerciale. Si trattava per lo più di gruppi indie rock, la cui conoscenza ostentava all'occorrenza per cercare di fare colpo sulle biondine anticonformiste.
Nella difficoltosa selezione che ora si apprestava a compiere, cercò di evitare musica italiana e canzoni troppo deprimenti. Non voleva che i clienti del locale, tra un pezzo di pizza e l'altro, anelassero al suicidio, così dovette escludere, con profondo rammarico, nomi illustri quali Carmen Consoli e i Joy Division.
Alla fine l'aulico florilegio poté vantare perle di autori quali: Arcade fire, Modest Mouse, The Kinks, Flaming lips, Styx, Television, Violent Femmes, Madness, Talking heads e via di seguito. Al termine della gestazione Franz si ritenne molto soddisfatto e si soffermò ad ammirare per qualche secondo la sua nuova creatura sullo schermo dello smartphone. Era sul punto di commuoversi.
Dovette poi informare sua mamma di aver trovato lavoro, cosa di cui lei si disse orgogliosa. Proprio da quest'ultima la notizia giunse accidentalmente all'orecchio di suo padre. I due genitori non avevano quasi più alcun tipo di rapporto, ma quelle rare volte in cui si incontravano alla fin fine finivano sempre per parlare di Franz, esprimendo così la reciproca preoccupazione per quel loro strambo e caro figliuolo.
In quei giorni decise anche di riprendere le lezioni di tennis, che aveva messo in pausa dall'estate. Salvatore stava premendo per organizzare una partita e lui voleva farsi trovare pronto. Aveva urgente bisogno però di riacquistare confidenza con la racchetta dopo uno stop di qualche mese e così decise di ricontattare il suo storico maestro e organizzarsi per gli allenamenti.
«Ciao cucciolo!» Rispose con estasi alla sua telefonata. «Finalmente ti fai sentire. Con le belle giornate sparisci e poi riappari magicamente con il gelo dell'inverno.»
Il suo maestro di tennis aveva questi modi un po' effeminati, ma la cosa non lo disturbava affatto. Era affettuoso e sincero, ed era un bravo maestro, tanto è vero che non aveva mai sentito l'esigenza di confrontarsi con uno diverso.
«Si, è che non sopporto il caldo. Il sudore mi irrita, per questo preferisco giocare d'inverno, o almeno fin quando le temperature me lo permettono.»
«Sei davvero un soggettino curioso tesoro mio.»
Per quanto lo conoscesse bene e da tanto tempo, Franz rimaneva sempre sorpreso davanti ai raffinati epiteti con cui il suo maestro gli si rivolgeva. Comunque sia, i due si accordarono con successo per riprendere gli allenamenti quello stesso giorno, nel primo pomeriggio.
Franz iniziò a giocare a tennis a dodici anni, praticamente subito dopo aver abbandonato lo studio del pianoforte. Nel corso degli anni questo fu sempre il suo modus operandi, che lo vide ballonzolare da un hobby all'altro senza riscuotere alcun successo.
Claudio Marciano fu il suo primo maestro in assoluto, colui che lo vide muovere i primi tennistici passi, insegnandogli i rudimenti del mestiere. Dopo tre anni di fruttuose lezioni, Franz iniziò ad approcciarsi all'agonismo, giocando i primi tornei regionali. In un paio d'anni riuscì così a ottenere dei risultati più che discreti: ottenne dei buoni piazzamenti nei tornei e fece concreti passi in avanti nelle classifiche, arrivando ai vertici della quarta categoria e a un passo dalla terza.
Fu a quel punto che decise di appendere la racchetta al chiodo.
Un giorno il maestro Claudio lo convocò nel suo ufficio, la stanza più lussuosa del circolo, arredata con trofei, medaglie e gagliardetti, e gli disse che di lì in poi avrebbe dovuto allenarsi cinque giorni a settimana anziché due, e che avrebbe dovuto iniziare a porre molta enfasi sull'alimentazione, ricorrendo anche allo staff tecnico del circolo, in particolar modo alla nutrizionista e al preparatore atletico. A quel punto il nostro astro nascente iniziò ad avvertire la pressione su di sé. Si sentì schiacciato sotto l'intollerabile peso delle aspettative, e cominciò a escogitare degli stratagemmi per tirarsi indietro da quella scomoda incombenza.
Ogni volta era la stessa storia: quando le cose iniziavano a farsi serie, e sentiva di poter realizzarsi veramente in qualche cosa, ecco che si tirava indietro. Non ambiva al successo, ma al fallimento.
Lottava con questo continuo bisogno di conferme, di sapere che se anche fosse diventato il peggiore dei falliti sulla faccia della terra, qualcuno lo avrebbe comunque amato e stimato. Non voleva che la sua vita dipendesse dai traguardi raggiunti; l'arrivismo e la competizione non facevano per lui.
Queste lacune emotive, questo continuo bisogno di sentirsi amato nonostante tutto, traeva probabilmente le sue origini nell'assenteismo affettivo di suo padre, o almeno così gli aveva comunicato il suo psicologo, col quale ormai non si confrontava più. Il dottore della mente gli aveva rivelato che, visto che il genitore non era mai soddisfatto dei traguardi del figlio e non si complimentava mai con lui, ignorandolo costantemente, ora Franz, spinto dal suo inconscio, cercava sempre di fallire in tutto, vuoi perché si era convinto di non riuscire a fare altrimenti, vuoi per cercare di attirare quelle attenzioni che non gli erano state tributate in passato.
Fu così che iniziò a lamentare dei dolori alla schiena e alla spalla destra. Ne parlò con il medico curante che lo mandò dall'ortopedico che lo mandò dal fisioterapista.
Alla fine, dopo svariati esami, risultò che a causa del tennis, sport asimmetrico per eccellenza, si era procurato una trascurabile e del tutto insignificante lesione alla cuffia rotatoria della spalla destra, in particolare al tendine sovraspinato. Per due mesi riuscì a stare lontano dal rettangolo di gioco, sollazzandosi con costosi massaggi e terapie al laser. Ne risultò, però, che il problema era ormai diventato cronico, e che avrebbe dovuto conviverci, visto che i vari medici non riuscirono a riscontrare il benché minimo progresso nel nostro malato immaginario.
Ovviamente, continuare a praticare il tennis, addirittura a livello agonistico, era fuori questione. Anche perché alcuni movimenti, come lo smash o il servizio, gli procuravano degli impercettibili fastidi che lui all'occorrenza amplificava con delle smorfie, simulando dolori atroci. Il medico curante gli consigliò di iscriversi a nuoto e di praticarlo un paio di volte a settimane a lieve intensità. Franz colse la palla al balzo e, con certificato medico alla mano, comunicò la cosa al suo maestro di tennis che, contrariato e dispiaciuto, non poté ovviamente opporsi a quella decisione visti i seri problemi di salute palesati dal suo giovane allievo.
E fu così che si iscrisse a nuoto, che lo tenne impegnato per circa sei mesi. Poi ci furono gli scacchi, il ping pong, il trading e infine il ciclismo. Il suo modo di approcciarsi a questi nuovi interessi era sempre lo stesso. Per qualche mese si ritrovava immerso in una nuova attività, spinto dalla curiosità e dall'entusiasmo. Una volta che questo slancio iniziale veniva meno, però, non riusciva più a proseguire, e andava alla ricerca di nuovi stimoli ritrovandosi così in un loop infinito.
Ora da qualche tempo aveva ripreso a giocare a tennis, allenandosi col suo vecchio maestro, ma stavolta solo per divertimento, senza alcuna aspettativa e senza le pressioni derivanti da prospettive agonistiche.
Con Nunzia le cose andavano... diciamo che andavano. Franz ci rimase male per un po', dopo che lei lo aveva etichettato come amico e niente di più. Fu una bella batosta, tuttavia ebbe per una volta il buon senso di intendere quell'affermazione non come un rifiuto ma semplicemente come il desiderio di temporeggiare. Era evidente che lei non volesse andare di fretta. Probabilmente voleva constatare quanto Franz ci tenesse a lei, quanto fosse disposto ad aspettare, a dedicarle del tempo senza esigere in cambio delle certezze, e soprattutto senza avanzare pretese.
Così continuarono a sentirsi quasi tutti i giorni, solo come amici. A scrivere era quasi sempre Franz, e a volte lei rispondeva dopo parecchie ore, ma non c'era di che preoccuparsi visto che la ragazza era molto impegnata. Ogni tanto i due riuscivano persino a telefonarsi e a scambiare due chiacchiere, sempre come amici, ovvio.
Per il momento tutto questo sembrava bastargli per essere felice. Si ripeteva che le cose buone hanno bisogno di tempo e si cullava sul fatto che entrambi stessero cercando di rafforzare quel loro rapporto in vista di futuri e più sentimentali sviluppi. Era certo che stesse facendo la cosa giusta dedicandole tempo e attenzioni, e coltivando così una relazione che di lì a poco sarebbe sbocciata regalandogli innumerevoli gioie.
A scuola invece era tutto tranquillo. Nonostante gli impegni in pizzeria, Franz stava facendo del suo meglio per seguire le lezioni e riusciva a essere presente tutti i giorni, anche se a volte con un po' di ritardo.
«Heilà socio!» Lo salutò il signor Marcello accogliendolo sul pianerottolo dell'edificio.
Franz rimase colpito da quel curioso appellativo riservatogli. È vero che di recente avevano legato molto e che si intrattenevano spesso dopo le lezioni a parlare di letteratura e altri interessi in comune, tuttavia, definirsi soci, gli sembrò a primo acchito un tantino eccessivo.
«Socio carissimo!» Rispose poi, ricambiando il saluto dopo qualche secondo di titubanza. Realizzò infine quanto gli facesse piacere sentirsi coinvolto, incluso come parte fondamentale in quell'inedito duetto.
I due così si avviarono in classe dove sederono come al solito l'uno a fianco all'altro. Avevano preso l'abitudine di riservarsi il posto a vicenda, a seconda di chi arrivava per primo.
La lezione di sala bar si rivelò scevra di momenti eclatanti. Il docente per quel giorno decise di attivare la lavagna elettronica e mostrare agli alunni un interessantissimo video sulla produzione del caffè in Nicaragua. Nessuno all'epoca poteva sospettare che nei successivi due anni e mezzo avrebbero rivisto quello stesso video innumerevoli volte, cosa che lo fece diventare sempre meno avvincente.
Alle otto e trenta le lezioni terminarono come d'orario stabilito. Gli stanchi e provati studenti si alzarono rumorosamente dai loro posti e iniziarono con flemma a raccattare tutti i loro arnesi per poi abbandonare le aule.
«Oh, come siamo numerosi! Disturbo?» Chiese il professore Torboli irrompendo in classe con la sua solita foga. «Carissimi devo fare una breve comunicazione, vi rubo solo due minuti.»
I corsisti si guardarono con aria stanca. Non vedevano l'ora di tornarsene a casa ma nessuno ebbe l'ardire né la volontà di opporsi all'energico coordinatore che, come al solito, era riuscito a catalizzare l'attenzione degli astanti.
«Allora, come sapete bene, abbiamo tenuto di recente i consigli scolastici e devo dire che, come corpo docenti, siamo più che soddisfatti di questa classe... a parte un paio di individui.» Disse poi, lanciando un'occhiataccia verso dei banchi vuoti. «Comunque sia, come si dice, il meglio è migliorabile! Abbiamo individuato un punto su cui questa classe può e deve progredire: l'affiatamento. Ci rendiamo conto che siete tutti adulti, ma la collaborazione è fondamentale visto che vi aspetta ancora un lungo percorso da condividere. Inoltre, sapete meglio di me quanto sia importante, in una brigata di cucina, avere un forte e coeso spirito di gruppo.» Comunicò con toni sempre più entusiastici. Man mano che proseguiva col suo sproloquio pareva sempre più soddisfatto di come stava argomentando la cosa.
Gli sguardi stanchi e per nulla coinvolti dei corsisti lo convinsero infine ad arrivare al punto della questione.
«Abbiamo deciso, di unanime accordo con gli altri colleghi, di assegnarvi dei progetti extra-scolastici, delle ricerche da svolgere in coppia, così da incoraggiarvi a fare amicizia. Ovviamente non ci sono scadenze, ci rendiamo conto che lavorate e avete già un sacco di impegni, tuttavia vi esortiamo a svolgere la cosa al più presto, così da non ritrovarvi a fine anno scolastico con l'acqua alla gola. Ci tengo a precisare che terremo conto di questi lavori nella valutazione complessiva di fine anno, quindi non sottovalutateli e svolgeteli con cura. Per quanto riguarda gli abbinamenti, ho provveduto personalmente a farli, e li troverete esposti in corridoio, sulla tabella informazioni. Bene!» Disse infine, producendosi in uno di quei suoi tipici saltelli a piè pari. «Ho detto tutto mi pare. Vi saluto, buona serata!» E si dileguò, lasciando tutti a bocca aperta.
Il signor Marcello e il suo nuovo socio si lanciarono una complice occhiata. Erano piuttosto sicuri che il buon Torboli li avesse abbinati, tuttavia, di lì a poco dovettero essere disillusi. Il nostro caro Franz rimase di stucco una volta davanti l'infausta tabella.
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