L'ora di cena non tardò ad arrivare e Laura era già sotto casa di Paolo. Aveva deciso, glielo avrebbe detto. Sua sorella aveva ragione, doveva essere sincera, doveva farlo per se stessa, per la sua felicità. Paolo spuntò sulla soglia della porta e le si parò davanti. Il suo viso era bellissimo illuminato da un sorriso. I suoi denti bianchissimi e perfetti. Un filo di vento fece svolazzare una ciocca ribelle tra i suoi ricci capelli neri. Aveva la fronte sudata ma, stranamente, quelle gocce di sudore sembravano diamanti che brillavano sotto il riflesso delle luci. E i suoi occhi... Aveva il mare in quegli occhi, un'inquietante combinazione fra bellezza e sconvolgimento. Erano loro i principali responsabili del rapimento del suo cuore; doveva assolutamente evitarli.
La prima ora passò in assoluto silenzio, nessuno dei due osava aprir bocca. Un silenzio imbarazzante, un silenzio che urlava loro in faccia la cruda verità. Le cose erano cambiate; lei lo sapeva, lui lo sapeva.
Fu Paolo a rompere quel silenzio.
«Sei ancora bellissima, come la prima volta.»
«Quel giorno pioveva!» intervenne Laura «e tu eri inzuppato fradicio davanti a quella moto che ti aveva piantato in asso.» Rimase un istante a fissare i suoi occhi, poi riprese: «Anche tu sei ancora bellissimo.» Sorrise imbarazzata.
Poi continuò: «Paolo io...»
«Shh! Non dire niente, non serve.» Paolo le adagiò il retro della sua mano sul viso, accarezzandole la pelle liscia e morbida. Poi stappò una bottiglia di spumante e ne versò per tutti e due.
«Domani parto.»
«Lo so.»
«Ti va di ballare?» le chiese mentre fece partire la musica.
Laura si alzò e gli tese la mano. Cominciarono a ballare lasciandosi trasportare dalla melodia. Ballarono per ore stretti l'un l'altra. Era il loro ultimo ballo, la loro ultima serata. Le loro labbra si cercavano ma non avevano il coraggio di toccarsi. Si accoccolarono nel tepore del loro corpo, sotto le note di Giuliano ed Elisa che cantavano la loro "basta così", e proprio in quel momento sembrava la stessero cantando per loro.
«Non rincorrere i tuoi sogni... Vivili!» le sussurrò Paolo.
Laura avvertì quelle parole come se non fossero state pronunciate, come se gliele avesse trasmesse in una sorta di telecinesi. Se le sentì imprimere nel cuore, accompagnate da una sensazione di calore che le si diffuse in tutto il corpo.
«Se vuoi puoi rimanere stanotte» riprese Paolo.
«Non penso che sia una buona idea!»
«A tua madre le verrà un colpo vedendoti tornare a quest'ora.»
«Pensa cosa le verrebbe se non mi vedesse tornare per niente.»
Paolo sorrise e si arrese.
«Ti rivedrò?»
«Ogni volta che ne avrai voglia.»
Paolo le prese il viso tra le mani e la guardò per un breve lasso di tempo, come se stesse registrandone ogni piccolo particolare. Si avvicinò lentamente. Chiuse gli occhi. Si regalarono un ultimo dolce bacio, il bacio dell'addio, il bacio che avrebbe concluso, una volta per tutte, una storia destinata a finire. Laura sentì un brivido attraversarle la schiena. Si staccò lentamente e si diresse verso l'uscita, una lacrima le rigava il viso, ma Paolo non l'avrebbe mai vista. La guardò andare via fino a che il buio non la inghiottì definitivamente, senza mai voltarsi indietro.
Quella notte Laura non riuscì a chiudere occhio, e alle prime luci dell'alba era già in cucina a fare colazione. Uscì di casa prima che si svegliasse sua madre, non aveva voglia di discutere. Infilò la mano in borsa in cerca delle sigarette ma ne tirò fuori qualcos'altro. Era un pacchetto regalo con una lettera allegata. In alto a sinistra una scritta: "Ricorda, non rincorrere i tuoi sogni... Vivili!"
Era di Paolo, ne aveva riconosciuto la calligrafia. Di nuovo quella strana sensazione di calore le invase il corpo. Aprì la lettera e cominciò a leggerne il contenuto. I suoi occhi si riempirono di lacrime, sentiva il suo cuore impazzito esploderle nel petto. Guardò l'ora e sperò che non fosse già troppo tardi. Doveva correre da lui. Infilò il pacchetto con la lettera in borsa. Prese la macchina di sua madre e si diresse verso l'aeroporto. Una miriade di pensieri contrastanti le offuscavano la mente. Intanto non riusciva a smettere di piangere. All'aeroporto abbandonò l'auto in un parcheggio per disabili, incurante delle conseguenze, e corse verso il settore "partenze internazionali." Cercò nel tabellone delle partenze il volo per New York. La partenza era prevista alle otto e dieci. Guardò l'ora e si lasciò cadere le braccia. Non ce l'aveva fatta. L'aereo era già partito. Tirò fuori di nuovo il pacchetto dalla sua borsa. Tolse delicatamente la carta regalo fino a scoprire un cofanetto azzurro con un elefantino intarsiato in superficie. "Lui sapeva!" pensò. "Lo ha sempre saputo."
Fine.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top