Cap. 11
Jude's Pov
Ore 11.30 pm
《Ti stanno bene i miei vestiti..》, non riuscivo a smettere di ridere.
Sembrava una mongolfiera con la mia maglietta della nonna. Era abbastanza grande e calda. Forse fin troppo grande.
《Smettila di prenderti gioco di me.》, ribatte imbronciata.
Sembrava stare meglio, ma ogni tanto mi diceva di avvertire un mal di testa martellante. Forse doveva smaltire i medicinali che le avevo fatto prendere.
Avevamo cenato; lei mangiò di tutto. Sembrava un lupo famelico e questo mi divertiva. L'avevo guardata per tutto il tempo cercando di trattenere le risate e per la fame non si era accorta di nulla. Poi eravamo andati in salotto, lei si era seduta sul tappeto chiaro facendo zapping coi canali, mentre io sistemavo alla meglio il divano per dormirci su la notte. Victoria aveva insistito affinché dormissi nel mio letto, ma per me non c'era alcun problema a cedere il posto; mi capitava spesso di addormentarmi sul divano.
《Non ti prendo in giro..》, scherzai ridendo.
《Si, certo. Come no.》, abbassò lo il capo fissandosi i piedi nudi e alcune ciocche le ricaddero sul volto mentre torturava l'orlo della maglia.
《Bhe, allora buonanotte. E scusami per il disturbo che ti sto dando.》
《Nessun disturbo. Buonanotte Vick.》.
Allungai una mano per accarezzarle la testa, ma il braccio rimase stupidamente a mezz'aria nell'indecisione; così lo ritrassi e, dopo aver dondolato un poco sui piedi, indietreggiai fino ad arrivare al divano. Il tappeto bianco era morbido sotto i miei piedi scalzi, quasi solleticante.
La vidi intrufolarsi sotto le coperte fino a sparire; poi un esile braccio fuoriuscì da quel gomitolo di coperte per spegnere la lampada posta sul comodino.
Nell'improvviso buio, rischiarato solo dalla luce della luna che penetrava attraverso i vetri della parete finestra, mi lasciai cadere pesantemente sul divano.
Mi coprii col lenzuolo e, fissando le foto incorniciate poste sul basso mobilio del salotto vicino a me, mi addormentai immediatamente .
Ore 04.47 am
Corri. Corri! Sto raggiungendo la luce, devo solo essere più vicino...
Socchiusi gli occhi e vidi l'uscio del bagno illuminato.
Poi notai il mio braccio allungato verso la luce.
'Che coglione', pensai tra me e me.
Lo ritrassi e sbuffando mi passai stancamente una mano sulla faccia, stropicciandomi gli occhi.
Puntellandomi su un gomito, mi sollevai, rimanendo seduto sul divano e riprendendo l'equilibrio per riuscire ad alzarmi dal letto e spegnere la luce accesa. Forse la ragazzina era andata in bagno e aveva scordato di spegnerla.
Subito sentii un rumore assordante provenire del terrazzino e balzai in piedi di scatto, prendendo il primo oggetto pesante che mi capitò tra le mani.
Di soppiatto superai la televisione e mi avvicinai alla mia stanza; Victoria non era nel mio letto, qualcosa non andava. Rivolsi gli occhi alla parete a vetri e subito la vidi spalancata con l'esile figura della ragazza a terra.
Lasciai cadere incurante il pesante soprammobile sul pavimento, correndo di corsa verso la ragazza.
Mi rivolgeva le spalle e la sua schiena era nuda. La sedia in ferro battuto era rovesciata a terra e insieme a questa vi era anche un vaso ormai in pezzi, il cui terriccio era sparso su tutte le mattonelle.
Il mio esame durò meno di un secondo, poi mi accostai alla ragazzina seduta in terra. Barcollava e tremava.
Cosa cazzo aveva combinato?
Ignorando la sua nudità, la presi da sotto le ascelle e la trascinai dentro, appoggiandole poi la schiena al bordo del letto. Tornai indietro a prendere la maglietta che le era scivolata dalle mani e chiusi il vetro per evitare che entrasse vento. Così, dopo aver fissato per alcuni istanti la brutta maglietta tra le mie mani, mi voltai.
La sua testa era abbandonata di lato sul materasso e abbandonate erano anche le sue braccia e le sue gambe. Con sguardo vacuo fissava fuori dalla parete a vetri e teneva le fronte aggrottata. Respirava a fatica e il petto nudo le si alzava velocemente. Anche sforzandomi, non riuscii a non guardarla e per questo mi diedi dello stupido: anche in quelle condizioni, a terra, strafatta, e febbricitante, illuminata dalla luna, era bellissima.
Lentamente mi avvicinai a lei, ma sembrava non notarmi. Così mi posi fra le sue gambe e, cercando di attirare la sua attenzione, iniziai a parlarle:
《Vick..》,schioccai le dita davanti al suo volto, 《..ehi bambina! Dai lo so che mi senti. Sforzati a rispondermi.》
Non lo fece e i miei tentativi furono vani; così scivolai seduto sul pavimento, fissandola negli occhi distratti. Vidi infondo a questi accendersi qualcosa e senza che me ne rendersi conto me la ritrovai a pochissima distanza dal mio viso.
Cosa stava facendo? Cosa diamine le era preso? Ma soprattutto, cosa stava facendo?
Non mi veniva nulla in mente su come...fermarla? Fermarla da cosa poi?
Rispose alla mia domanda posando la sua bocca sulla mia e sentii le sue fredde e piccole mani intrecciarsi tra i miei capelli. Non resistetti. Non riuscivo più a pensare a niente. Nulla. Bianco. C'era solo l'istinto che mi spingeva a tenerla più vicino, mentre una dolorosa e piacevolissima sensazione al petto e allo stomaco mi toglieva il respiro. Sentii il suo seno sfiorarmi il petto e la mia pelle bruciare; allora senza esitazione strinsi il suo corpo freddo al mio. Il suo profumo era inebriante, i suoni capelli mi accarezzavano il viso e io chiusi gli occhi per godermi tutto più intensamente.
Era bellissimo.
Era perfetto..
Poi mi ritornò un pizzico di cervello in testa, che per un secondo riuscì a sovrastare l'eccitazione.
Allontanai Victoria da me e la fissai; no, non andava ancora bene. Non andava letteralmente bene. Troppe distrazioni.
Mi sfilai la maglia nera e gliela misi in fretta e furia, calcandola sulla sua testa in modo che entrasse. La sentii debole sotto le mie mani e l'afferrai prima che scivolasse di lato. Mi sollevai da terra con la sua testa barcollante appoggiata al mio petto. Giunto al letto, flessi le ginocchia e , allontanando le coperte, l'adagiai sul materasso. Mi ritrovai di nuovo a non sapere cosa fare; il cuore martellava forte contro il petto e rimasi in piedi impalato. Ero preoccupato. Arrabbiato. Confuso. E preoccupato. Molto. Così, per starle vicino feci il giro del letto e mi sdraiai accanto a lei. Continuava a tremare, non aveva fatto altro per tutto il tempo; così per riscaldarla, ma anche per sentire di nuovo la sua pelle sulla mia, l'avvicinai e la strinsi. Perché? Perché lo aveva fatto. Non volevo riaccadesse. Non volevo accadesse anche a lei. Non sapevo perché mi importasse così tanto. Perché era successo tutto questo quella sera..
《Perché? 》, sussurrai.
Il suo respiro si era regolarizzato. Si era addormentata. Le carezzai la testa, scostando i morbidi capelli scuri dal viso. Poi mi misi comodo e provai a prendere sonno, il quale arrivò subito, a ritmo del mio cuore martellante.
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