Capitolo 7

Rose lo presenta a tutti come il cugino preferito che è tornato da poco in patria. Racconta che è stato a lavorare fuori.

«Jacky lei è Beverly e lui è Pat.»

Senza degnare di uno sguardo il mio accompagnatore, Jackson si rivolge direttamente a me.

«Signora, ma ciao! Ci si rivede eh? Spero che oggi non sia con la tua auto. Ho paura per la mia incolumità. »

Bastardo. «Capisco che l'età avanza, ma carissimo la serata fuori è stellata e a meno che tu non abbia bisogno di un paio di occhiali, puoi evitare di venirmi addosso!» Ribatto ai limiti del furioso/sarcastico.

«Cugino, ma già vi conoscete? Come è possibile? »

Mi affretto a rispondere. «Lunga storia Rose. Niente di che. »

«Sì, esatto. Solo un disguido.» Conferma sedendosi fronte la mia poltroncina.

«Allora dimmi un po', com'è che conosci la mia cuginetta? »

«Non che siano affari tuoi, ma abitiamo insieme. Con noi anche Mad. L'hai conosciuta prima. »

Con un ghigno sulle labbra si appresta a lanciare la sua freccia.

«Fantastico. Starò a casa vostra per qualche settimana, il tempo di finire i lavori per la ristrutturazione a casa mia. Non lo sapevi? »

Oh cazzo. No. No. No. Vederlo ogni giorno, condividere bagno, cucina, divano e lo stesso tetto, è qualcosa alla quale non sono pronta. Non ho mai visto un uomo nudo, figurarsi se posso accettare che cammini per casa con un semplice pigiama. O che incappi nel suo intimo. Potrei rimanerne sconvolta. Buon Dio, devo assolutamente calmarmi.

«Ok. Il divano letto sicuramente sarà scomodissimo. Ma ti saprai adattare. »

Con un cenno affermativo si volta a parlare con gli altri non calcolandomi per il resto della serata.

L'odore di bacon e uova e il volume di una musica assordante alle sette e trenta del mattino mi svegliano. Con un diavolo per capello mi alzo dal letto e vado a controllare cosa succede in cucina. Direttamente a piedi scalzi, mi scaglio nel soggiorno e ciò che vedo ordina ai miei piedi di ritornare indietro a bocca chiusa. Sì, perché in questo momento ho la mascella che striscia a terra. Jack, con solo indosso il pantalone del pigiama, sta preparando la colazione. Il tavolo è apparecchiato per quattro, il succo è nei bicchieri e i piatti sono stracolmi.

Il suo petto è gremito di piccole goccioline d'acqua che cadono dai capelli bagnati. Gli addominali sono disegnati e non credevo che nella realtà potesse esistere una tale perfezione. Dall'ombelico fin sotto all'elastico del pigiama una scia di peli riccioluti gioca a nascondino. I bicipiti guizzano ad ogni movimento, e quegli avambracci sono sexy da morire. Cielo... potrei sciogliermi se sapessi come fare a ricompormi dopo. Le sue labbra sono rosse e i denti le mordicchiano lentamente. Credo di essere sotto shock. I miei occhi continuano a vagare per il suo corpo. I fianchi snelli, il sedere fasciato da quel tessuto morbido, le gambe muscolose almeno così sembra, e i piedi privi di calzatura sono l'apoteosi della sensualità. Dovrei asciugarmi la bava che cola dalla bocca, ma momentaneamente ho perso l'uso degli arti oltre all'uso della parola. Non posso credere che questo momento sarebbe arrivato una domenica mattina alle sette e mezza. Qualcuno doveva avvertirmi, mi sarei dovuta preparare per l'occasione. Avrei dovuto riprendere tutta la scena e immortalarla. Dovevo fare qualcosa. Invece sono bloccata sull'uscio della porta con gambe e bocca che non funzionano, con i capelli tutti scarmigliati e con indosso solamente una culotte e una maglia a maniche lunghe. Non sono assolutamente presentabile!

«Beverly stai bene? Sei pallidissima. Vieni siediti.» Mi dice un Jackson abbastanza preoccupato.

Le gambe riprendono a funzionare ma la bocca non vuole sputare fuori nemmeno una parola. Il mio naso, invece, sente benissimo il suo odore. Mi inebrio di questa fragranza e tutto sembra prendere vita nuova. Come se standogli vicino la patina che oscura la mia realtà venisse spazzata via. Lo fisso preoccuparsi per me e portarmi un bicchiere d'acqua che bevo a piccoli sorsi. 

«Jack, sto bene. Mi sarò alzata troppo rapidamente dal letto. Adesso mi riprendo.» Fingo mestamente.

«Ok bè... stai qui. Ti porto qualcosa da mettere sotto i denti.»

«Sì, ok! Come vuoi!»

Un omelette e un succo d'arancia dopo, mi sento molto meglio. Ho ripulito il piatto in silenzio e lo stesso ha fatto lui. Mi alzo da quel giaciglio e prendendo anche il suo piatto, li posiziono dentro la lavastoviglie.

Solo ora mi accorgo di essere stata seduta sopra il suo letto tra le sue coperte e di avere addosso il suo odore. Sento le guancie in fiamme, la gola e il petto bruciare e non so cosa dire. Mille domande affollano il mio cervello, ma di certo non posso porgergliele. Dio, non so come comportarmi con un uomo.

Sono un caso irrecuperabile.

Zitta, zitta mi lancio verso la mia camera chiudendomi dentro. Sotto le coperte, finalmente, mi sento al sicuro e ritorno a dormire.

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