Continuo a domandarmi come imparare a utilizzare Toby possa essere stata la mia idea geniale per cominciare questa fantomatica svolta. Forse, e dico forse, l'unica scusa plausibile è l'idea che: essendo più esperta e più spavalda avrei potuto abbattere quel muro di insicurezza che mi protegge persino da me stessa.
Ma, allo stato attuale, non ne capisco la ragione. Egoisticamente potrei raggiungere vette a me sconosciute e godere della vista. Stupidamente non avevo fatto i conti con il mio pudore.
≪ Oh cazzo. Cosa vedono i miei occhi. ≫
Ci mancava solo Mad. Adesso posso andare a nascondermi in un angolo.
≪ Non ti hanno insegnato a bussare? ≫
≪ Tesoro, se avessi saputo che ti avrei trovata a fissare un pene di gomma, sarei arrivata con largo anticipo. Adesso spiegami come mai una cosa del genere è nella tua camera, e soprattutto perché la fissi con le mani ai fianchi. ≫ Sussurra quasi sghignazzando.
Madre Natura ti ringrazio per questa evoluzione del mio ego. Mi serviva proprio.
≪ Mad, sto facendo a cazzotti con la vergogna per non arrossire spudoratamente. Pensavo che Toby potesse aiutarmi a divenire più sfacciata. Ma se mi hai trovato a fissarlo e perché per l'appunto non so se sia giusto usarlo. ≫
Sconcertata fissa prima me e poi lui.
≪ Chi diavolo sarebbe Toby? Un altro stupido uomo? Beverly stai passando il segno. E poi con un giocattolino di plastica. E Jackson che pensa a te. Amica mia... ≫ Non la lascio nemmeno terminare, poiché sta equivocando il tutto. Che ansia.
≪ Mad, per Dio! Il giocattolino è Toby, gli ho dato un nome, e poi cosa diavolo significa che Jackson mi pensa? Cosa sai? ≫
Si piega in due e inizia a ridere sguaiatamente. L'ilarità della situazione non la colgo e aspetto che mi dica il perché di tutto ciò. Ma gira su se stessa tornando in soggiorno lasciandomi di stucco.
≪ Buon divertimento con Toby, che ridere. E poi dalla mia bocca non è uscito nulla riguardo Jackson. ≫
Cosa è appena successo? La mia migliore amica mi ha scoperta con un giocattolino erotico e l'unica cosa che fa è ridere di me? Ho bisogno di un bicchiere di vino.
O meglio, di una bottiglia.
Quest'ultima giace sopra il mio tavolo da cucina guardandomi e ondeggiando. O forse sono io che ondeggio. O meglio, il vino che era dentro la bottiglia e finito dentro il mio stomaco, ondeggia.
In realtà ondeggia tutta la casa.
Credo di essermi presa una sbronza. E tutto perché mi hanno scoperta a giocare a fare la grande per diventarlo. Chiaramente anche i miei pensieri sono ubriachi, altrimenti non straparlerei inutilmente perfino nella mia testa.
Modo ineccepibile per dare una svolta alla mia vita disastrata.
Ricordo che le regole fondamentali di una sbronza sono tre. Uno, fallo in un posto dove nessuno ti può vedere. Due, non utilizzare il telefono per contattare qualcuno, soprattutto se con quel qualcuno c'è un problema. Tre, fallo, se devi, con delle persone di cui ti fidi e che terranno lontano da te quell'aggeggio infernale che è il telefonino.
Mi rendo conto che la prima regola l'ho attuata diligentemente. Ma per la seconda e la terza ho qualche disturbo a poterla eseguire. Sembra come se, il mio cellulare, mi chiamasse per dirmi di fare l'ennesima cazzata della giornata. Purtroppo non vedo nessuna motivazione per la quale non farla. Le mie amiche non ci sono, mia madre dorme e non vedo nessuno che mi possa tenere lontana dai guai.
Barcollante mi dirigo verso il divano per prenderlo. Me lo rigiro tra le mani e inizio a scrivere un lungo messaggio. Il vino però rallenta i miei istinti e impiego più di un'ora per scrivere una ventina di righe. In vino veritas si dice, e se dovesse essere realmente così, tutte le parole che si susseguono sono dettate esclusivamente dal mio cuore. È da codardi scrivere piuttosto che comunicare occhi negli occhi e in un barlume di coscienza cancello le mille frasi che meritano di essere pronunciate e non dedicate tramite una forma di comunicazione così sterile.
Digito il numero e chiamo.
≪ Beverly, che succede?≫
Il tono allarmato mi rallegra un pochino. Si preoccupa per me. Sono tre settimane che non ci sentiamo. Sicuramente sarà più sorpreso che altro.
≪Ehm, volevo solo sapere come stai≫ biascico sotto voce.
≪Tutto ok, ma sei ubriaca.≫
Afferma. Non pone domande. Lo sa. Lo sente.
≪Forse brilla. Ma sto bene. Volevo solo sentire la tua voce.≫
Sento sospirare dall'altro capo del telefono e mi rendo conto che è stata una pessima idea.
≪Sì... capisco. Adesso dovrei andare, ma mi ha fatto piacere sentirti.≫
In sottofondo sento delle voci. Più che altro di donne. Qualcosa a proposito di tende da mettere in camera da letto.
≪Con chi sei Jackson?≫ Il bisogno di sapere tutto mi corrode.
≪Sono in un centro commerciale. Avevo delle commissioni da fare.≫
≪Non hai risposto alla mia domanda.≫
≪Sono con Alyson.≫
Freddo e affermativo.
≪Me l'aspettavo.≫
≪Non è come credi... ≫Indugia per qualche secondo ma non gli permetto di continuare. Chiudo con un click la conversazione.
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