CAPITOLO 37
≪ Io, credo che andrò a comprare le sigarette al tabacchino qui sotto. ≫ Esclamo quasi assente.
≪ Bev, ma tu non fumi! ≫ Ridacchia Jackson, guardandomi con un ghigno sulle labbra.
Eh già, io non fumo. Ma ho bisogno di una scappatoia per prendere un boccone d'aria e liberarmi di questo cappio strettissimo che ho allo stomaco. Non riesco a infilare i pensieri uno dietro l'altro. La scusa della sigaretta mi sembra la migliore al mondo.
≪ Tu non mi conosci Jackson. Per favore tieni buona Jud il tempo che torno. Solamente 5 minuti. È questo che ti chiedo. ≫ Freddamente, prendo la pochette, apro la porta e mi dirigo verso le scale.
Scalino dopo scalino mi rendo conto di quanto sia vera la frase appena esclamata. Lui non mi conosce. Non sa nulla di me, e non può pretendere di saperla. Non è sufficiente conoscere dei piccoli dettagli come il non andare d'accordo con mia madre. Il balbettare dal nervosismo, o l'indossare dei vestiti alquanto stravaganti. L'essere vergine e l'avere poca esperienza in fatto di uomini. Tutte situazioni superficiali. Non conosce le motivazioni viscerali che portano a tutti questi effimeri dettagli. E non mi capacito di come io possa pensare di essere invaghita o innamorata di questo uomo.
≪ Un pacco di sigarette alla menta, grazie. ≫ Esco e racimolo l'accendino da una tasca del mio giubbotto indossato appena prima di uscire.
Accendo il mozzicone e ingerisco, a pieni polmoni, il fumo della sigaretta. Tossisco di rimando, perché è pur vero che non fumo, ma quella freschezza della menta, per un attimo, mi porta a dimenticare ciò che mi affligge.
≪ Ciao dolcezza, dobbiamo smetterla di incontrarci senza fissare un appuntamento. ≫
Sorrido di rimando. ≪ Mathias che piacere. Cosa ci fai da queste parti? Stai andando a lavoro? ≫ Domanda un po' stupida poiché, forse, è ancora presto.
≪ Stavo passando con l'auto, per fare un giro, ti ho vista e son venuto a salutarti. Ti va una passeggiata? ≫
Quando Madre Natura vuole, ti porta le scappatoie su di un vassoio d'argento.
≪ Certo. Andiamo. ≫ Ci dirigiamo a grandi passi verso il mezzo. Indosso la cintura di sicurezza e partiamo verso una destinazione a me sconosciuta.
≪ Sei stramba. Perché sei conciata così? ≫
≪ Mi spiace dirtelo, ma io vesto in questo modo. Quando mi vedi con abiti normali è perché mi obbligano. ≫ Rido affermando.
≪ Oh... ma che problema c'è? Possiamo disfarci di questi indumenti. ≫ Ammicca, schiacciandomi l'occhio. Ed è così spensierato che per un attimo penso che sia realmente questo quello che cerco. Essere corteggiata da qualcuno a cui tu piaci; senza se e senza ma. Solamente per il gusto di farlo. Per essere desiderata. Tralasciando tutti i problemi che appesantiscono chi ti sta accanto. Poiché entra in gioco la preoccupazione. L'interesse di non ferirti e tantissime altre stupidaggini che con lui non avrebbero motivo di esistere.
Una lampadina si accende.
Posso scegliere. Posso decidere. Posso essere ciò che voglio e desiderare ciò che non posso. Posso decidere di divertirmi. Posso scegliere di non soffrire per stupidaggini. Posso decidere di mettermi avanti a tutto e a tutti. Essere egoista per qualche volta traendone giovamento.
Nessuno mi obbliga a soffrire per un affetto materno non corrisposto. Nessuno mi obbliga a soffrire per la malattia di mia madre. Nessuno mi obbliga ad attendere di essere desiderata dall'uomo che desidero. Nessuno mi può obbligare a indossare indumenti che non voglio. Nessuno mi può obbligare a pormi in certi modi verso il prossimo.
Posso e devo solamente imparare a mettermi al primo posto. A inserirmi nel piedistallo della vita come vincitrice.
≪ Mathias, mi baceresti? ≫
Cosa?
Cosa ho appena detto? Madre Natura dovresti riattivarmi il filtro bocca cervello!
Lui, accosta, e si gira di scatto verso il lato del mio sedile.
≪ Bev, ho sentito bene o me lo sono sognato? Vuoi che ti baci? ≫
Affermo con un movimento della testa, perché le parole potrebbero non voler uscire dalla mia bocca. E questo è un problema.
≪ Questo mi spiazza. Ti ricordi quando tu mi parlavi dal pavimento, o quando ci siamo incontrati e mi hai dato un passaggio? Ecco, io credo che per avere salva la vita, le mie labbra non possano toccare le tue. Jackson potrebbe sul serio rompermi il naso. E il mio bel faccino ne ha bisogno. Lavoro, donne... capisci? Tu sei davvero sexy. Lo giuro. Ma preferisco esserti amico, flirtare e fermarmi prima di combinare un casotto. ≫
Mentre sproloquia a proposito di avere salva la vita, i suoi occhi fissano insistentemente le mie labbra. Slaccio la cintura e mi avvicino. Lui non si allontana, piuttosto, come una calamita, non riesce a non accostarsi sempre di più. Tanto che, la sua frase finisce sussurrandola.
≪ Uno solo. Ho bisogno di capire. ≫ Non posso spiegargli cosa. Ma lui sembra intendermi e sfiora le mie labbra con le sue.
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