CAPITOLO 36

≪ Jud, vorresti latte e biscotti? Siediti qui che adesso te li porto. ≫ Affermo, mentre mia madre e Jack continuano a seguirmi in tutti i movimenti che compio.

≪ Io voglio stare in baccio a pincipe. ≫ Urla divertita la piccola. Buongustaia.

≪ Capisci Bev? Io sono il principe. E verremo con te e ti guarderemo mentre prepari il latte con i biscotti. Al cioccolato, vero tesoro? ≫ Parla dolcemente come se fosse abituato a trattare con i bambini. E questo è... bello. Intenso.

Mentre il latte bolle, loro si siedono sullo sgabello sotto l'isolotto della cucina. E parlottano ridendo. La situazione esprime tanta perfezione da farmi stringere il petto in una morsa così stretta che mi manca il respiro. Lui così a suo agio, lei così piccola da risultare perfetta, io che mi prendo cura di Jud preparandole una merendina. E la voglia di possedere ogni singolo attimo di questa scena mi carpisce completamente. Il desiderio di possedere qualcosa di unico come un uomo che ti ama, o come una figlia che ripone la sua fiducia, o come una famiglia felice, mi fa scoppiare il cuore di gioia. Quel cuore che inizia una corsa così potente da destabilizzarmi. Quella mancanza che sento in ogni fibra del mio essere.

Quel desiderio che non ho mai avuto. Quella solitudine che non ho mai voluto scacciare come adesso. Quel desiderio di essere più matura per poter desiderare queste grandi cose. Quel desiderio di non essere così goffa e sbadata. Quel desiderio di essere per qualcuno qualcosa di importante; o meglio di essere il perno intorno al quale gira il suo asse. Quella speranza di poter avere queste cose nel mio futuro. Ma non con qualcuno in generale. Ma con quest'uomo che ho di fronte.

Intanto, mia madre entra in cucina, si accomoda accanto a loro e inizia a giocare con la piccola.

E mi rendo conto che, non ricordo un momento in cui io abbia guardato mia madre con quegli occhioni grandi che aspettano di sapere, che vogliono ridere e che ti ammirano solamente perché tu sei adulto e gli adulti fanno sempre la cosa giusta.

Mi rendo conto che Jack non mi ama, che Jud non è mia e che mia madre non mostra affetto nei miei confronti da anni. E l'atmosfera utopica che sento o meglio che sentivo fino a qualche minuto fa, si sgretola e si scioglie come neve al sole. Perché non esiste, perché è un desiderio e perché a volte vorrei poter essere capricciosa per sentire e percepire che a qualcuno importa dei miei desideri seppur irrazionali.

E la frase che ripeto: "Tutto andrà per il verso giusto", si frammenta nella mia mente per non ricomporsi nell'immediato.

La fragilità prende il sopravvento, il grigio Londra torna prepotente a coprirmi, e nessuno si rende conto dell'imperversare del terremoto. Del mio terremoto personale.

≪ Beverly, forse dovresti mettere il latte nella tazza, qui stiamo aspettando la merenda. ≫ Spiega Jack. Borbottando con mia madre lascia la bambina sulle sue gambe e viene verso di me. Ogni singolo arto del mio corpo è immobile, credo di non riuscire a respirare o di chiudere gli occhi. Spegne il fornello, versa il latte nella tazza e ripone qualche biscotto al cioccolato su di un vassoio. Lo porge a Rachel che aiuta Jud a inzupparli nel latte. E la piccola è contenta. Contenta di poter stare con la mia di madre. Contenta che qualcuno si prenda cura di lei. Contenta di essere tra gli adulti che compiono ogni azione in maniera corretta.

Se tutto fosse vero, prenderei per oro colato ogni singola azione e la custodirei gelosamente e con cura. Ma io non sono Jud e Jack mi fissa capendo ciò che in realtà non voglio dire. Poiché se dovessi dirlo ad alta voce, ogni singola parola imprimerebbe il suo significato dentro questa gabbia di delusione.

≪ Hei, che succede. Hai bisogno di un momento? ≫

Un momento. Qualcosa di fuggevole. Ciò di cui necessito sta dentro di me. In fondo al tunnel. Con forza sto tirando fuori per uscirlo. È stramaledettamene difficile.

Ho bisogno di quel sorriso di facciata. Per proteggermi.

La gonna fiorata e la casacca turchese non mi difendono a dovere. A volte anche ai migliori occorre essere deboli. Fragili come un foglietto appeso a una finestra mentre il vento fa di lui ciò che più gli aggrada.

E le ferite pesano, le ammaccature incidono mentre le situazioni più esaltanti crollano una dopo l'altra.

Da quando mia madre è entrata in questa casa, la mia vita è ribaltata. Due giorni di agonia e non riesco a trovare un appiglio che non sia friabile come me in questo momento.

La voglio fuori di qui.

Il mio aiuto lo avrà alle mie condizioni.

Perché nonostante la cattiveria, c'è qualcosa che mi lega a quella donna. Qualcosa di indissolubile e di vero.

Prima o poi verrà fuori e sarò pronta all'impatto.

Lo sarò in quanto questa instabilità mi sta abbattendo ed edificando allo stesso momento.

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