CAPITOLO 29

≪ Stupida, stupida, stupida di un'auto! ≫ Non voglio tornare a casa di Jack per riprendere le chiavi che sbadatamente ho dimenticato. Non voglio nemmeno salire al quinto piano del meraviglioso palazzo di mia madre. Spero solo che nessuno chiami la polizia vedendomi intenta a calciare lo stupido sportello di questa scatola di lamiera. La pioggia sembra non voler smettere di cadere. I capelli e il vestito mi aderiscono come una seconda pelle, e l'ironia della sorte si beffa di me. Bloccata qui sotto senza un'ombrello a disposizione. 

≪ Bevy, sei tu? ≫

Oh, no! Mancava solo Pat per completare questa giornata di merda. Madre natura, eri in vacanza, non è vero? Altrimenti non si spiega. Fingo di non sentirlo continuando a calciare e graffiare con il tacco della mia scarpa la fiancata ormai logora per tutte le botte appena prese. Una mano stringe il mio braccio e come una furia mi volto. I capelli coprono parte del mio viso, il sudore m'imperla il collo e la schiena e sono ad un millimetro dalla collisione. Sotto il suo ombrello tutto sembra ovattato e distante.

≪ Pat, lasciami in pace. Devo solo riuscire ad aprire questa stupida auto e tornare a casa. ≫ Mi fissa sconcertato.

≪ Bev, non sarebbe opportuno aprirla con le chiavi come le persone normali? ≫

≪ Ma che genio, e pensare che non sapevo minimamente che le auto si aprissero con le chiavi. Non le ho. Le ho scordate e ho bisogno di tornare a casa. ≫ Urlo tra lo sconforto e la frustrazione.

≪ Andiamo, ti do uno strappo con la mia auto. ≫ Arresa, lo seguo sedendomi sul sedile del passeggero e chiudendo gli occhi. La realtà pesa come un macigno sopra la mia testa. Vorrei poterla spazzare via con una mano. Ma non ho le forze. Pat, intanto, blatera e io non lo ascolto minimamente. Ma più parla e più monta la rabbia, e più monta la rabbia e più vorrei intimargli di stare in silenzio, e più vorrei farlo e più le lacrime bruciano dietro agli occhi, e più ardono e più le trattengo, e più le trattengo e più sgorgano inesorabili sul mio viso. Poggio la fronte al finestrino, sperando che lui non mi veda, ma accosta e mi fissa. Sento i suoi occhi addosso.

≪ Hei... non so cosa sia successo. Ma stiamo per arrivare a casa tua. Non piangere piccola. Per quel che vale puoi contare su di me. So... so che è strano. Però mi dispiace. Mi dispiace che tra noi non abbia funzionato a dovere e mi dispiace vederti versare lacrime. In realtà non so nemmeno perché lo stia dicendo, ma se avessi bisogno io posso essere tuo amico. Adesso rimetto in moto. ≫

Le parole sgorgano e spingono per uscire dalla mia gola. ≪ E' che è tutto così imperfetto. Io... ho bisogno di una pausa per elaborare gli ultimi avvenimenti di queste giornate. E, ti ringrazio Pat. Ma adesso non mi va di parlarne. Ma ti sono debitrice. ≫ Appena sotto casa, gli sorrido a mezza bocca e scendo dall'auto. Mi dirigo a grandi passi verso l'ingresso e apro la porta. La casa è vuota. Come del resto lo è stata nell'ultimo periodo. Mi fiondo in camera mia, sbottono la cerniera della meringa rosa e indosso leggins e canotta. Ancora infreddolita e con i capelli bagnati  scosto le coperte e finalmente nel silenzio della mia stanza mi sdraio. Chiudo gli occhi e spengo il cervello.

≪ Cuoricina, apri gli occhi. Ho bisogno della mia migliore amica. ≫

≪ Rose... ≫ Mugugno istintivamente aprendo un'occhio.

È proprio bella. La coda le dona. Gli zigomi pronunciati brillano di un rosa quasi naturale, gli occhi neri luccicano anche al buio e quel sorriso rassicurante mi trasmette sempre tranquillità. Ha l'odore di casa. Della sorella che ho scelto per accompagnarmi nella mia vita. E solo adesso mi rendo conto di quanto mi sia mancata in così poco tempo.

≪ Hei cuoricina, perché quei lucciconi agli occhi. Sono sempre io. Ti va di dirmi perché sei così triste? Mad è agitata, perfino Pat lo è. Mi hanno detto entrambi che eri molto scossa. ≫

≪ Il matrimonio, Jack, Aly, voi che andrete presto a vivere con i vostri fidanzati, la mia solitudine... semplicemente troppe cose da digerire in un sol boccone. ≫ C'è tanto altro. Ma non voglio affliggerla con i miei mille problemi. Voglio e devo farcela da sola, almeno questa volta. I pensieri mi vorticano in testa e non riesco a ordinarli. Confusi vagano cozzando tra di loro. Inspiro ed espiro. Riapro gli occhi e fisso Rose che continua a sorridermi.

≪ Ti va di andare a prenderci un gelato? ≫ Le sussurro.

≪ Certo. Ma decido io il tuo abbigliamento. ≫

Cosa??

≪ Cosa? Ma sei impazzita? E perché mai? ≫ Urlo sgomenta, ma ironica.

≪ Perché adesso si farà a modo mio. E Jack si pentirà di averti lasciato la mano, e tua madre si pentirà di non vantare una figlia così meravigliosa, e io e Mad ci pentiremo di non abitare più con te in un prossimo futuro, e la tua solitudine scomparirà fin quando noi saremo vicine. Io ti voglio bene. Ma un bene vero. Reale. E... voglio semplicemente vederti sorridere. Non importa se il processo sarà lungo, ma io ti starò accanto. Sempre. Adesso sbrigati che abbiamo da preparare un successo! ≫

Non voglio più sentirmi affranta. È una sensazione così triste che voglio depennarla dal mio vocabolario. Rose è speciale. Le sue parole fomentano quella fiammella quasi spenta dentro il mio essere. Tutto era nero, o lo è stato per qualche momento. Poi dal grigio è passato a un bianco pallido. Presto tornerà a splendere e avrò la forza di affrontare queste piccole battaglie che assieme sembrano così insormontabili.

Il tempo dei non sorrisi è passato.

Adesso un sorriso inaspettato svetta dalle mie labbra.

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