3. La colazione al bar

Ho passato quasi tutta la notte in bianco, non dormo bene da quando sono tornata a Londra. Tra il funerale di nonna che mi si presenta davanti agli occhi ogni volta che vorrei riposarmi, e tra i pensieri della lontananza con mia sorella che mi fanno rattristare ancora di più. Sono qua ma mi sento molto più sola ora che quando mi sono trasferita a New York, sono nuovamente con la mia famiglia ma comunque non ho nessuno con cui parlare. Non c'è cosa più triste di sentirsi soli con persone fisicamente accanto a te.

In un'altra occasione sarei andata da nonna Hellen e le avrei chiesto come fare per parlare con Lucia e ristabilire un rapporto con lei, ma mia nonna non c'è più e dovrò affrontare tutto questo da sola. Anche se, in realtà, non so ancora come.

Sospiro debolmente e scendo le scale per andare a fare colazione, trovandomi davanti mia sorella che sistema le cose dentro una piccola borsa bianca. La osservo per un po', cercando di trovare qualcosa da dire, poi mi decido ad entrare in cucina e semplicemente la saluto. I suoi occhi chiari si posano su di me per qualche attimo e poi riprende a sistemare la borsa, salutandomi a sua volta.

"Stai uscendo? Magari posso prepararmi velocemente anche io e possiamo andare a fare colazione insieme." in questi ultimi giorni non abbiamo avuto modo nemmeno di vederci, ha passato gran del suo tempo all'università o con il suo ragazzo. Sono passati giorni dal funerale di nonna e ancora noi non ne abbiamo parlato nemmeno una volta, nemmeno per sbaglio. Mi sembra quasi che siamo due coinquiline sconosciute e non due sorelle che si sono appena ritrovate.

"Mi dispiace Aurora, ma devo andare in facoltà." fa spallucce, mentre io la osservo attentamente. Non sembra per niente dispiaciuta di dover (o voler) rifiutare il mio invito.

"Lucia, oggi è sabato, non credo tu abbia lezione."

"No infatti, devo andare in biblioteca per finire di preparare un esame per settimana prossima." mi rivolge un debole sorriso e questo non fa altro che farmi capire che sta scappando da me. "Stasera poi sono invitata a cena fuori, quindi nulla. Dovremmo rimandare."

Vorrei dirle qualcosa, qualsiasi cosa, vorrei dirle come mi sento ferita in questo momento, come la solitudine mi sta mangiando viva, ma non riesco per nessuna ragione al mondo. Al momento mi sembra così distante, tanto da pensare che se le parlassi di me non prenderebbe a cuore niente nemmeno per un secondo. Non so se sia davvero così, ma un blocco mi impedisce anche solo di provarci. "D'accordo, allora non ti tratterrò oltre. Buono studio." le regalo un piccolo sorriso, cercando di non mostrarle la mia delusione, e mi avvicino ai fornelli per prepararmi qualcosa da mangiare.
Non mi giro più verso la sua direzione, lo faccio solo quando sento i suoi passi allontanarsi e poi la porta dell'ingresso aprirsi e chiudersi subito dopo. La consapevolezza che è andata via da me anche stavolta mi fa formare un groppo in gola, ma deglutisco e mi obbligo a tornare in me e a smettere di rimuginare.

Forse le serve solo tempo, non credo che mi abbia totalmente eliminato dalla sua vita solo perché non ero qua e ora ha una routine di cui non facevo parte... forse è arrabbiata, forse è delusa, forse è impaurita, forse è triste... io non so cosa abbia, basterebbe che me lo dicesse e così potrei capire, cercherei di risolvere, o almeno ci proverei. Invece, in questo modo, mi sento come se fossi a un vicolo cieco... non so proprio come uscirne fuori.

*****

Sono certa che quando lunedì inizierò nuovamente a lavorare sarà un toccasana. Stare ai fornelli mi tiene impegnata e se sei impegnata non hai tempo di pensare, né tempo di farti domande e di conseguenza non hai nemmeno tempo per stare male. Cucinare mi ha sempre aiutato. Stare in cucina è come stare in un mondo totalmente diverso, il mio mondo... dove alcune cose non possono raggiungermi, non ne hanno il potere. È il mio metodo per staccare dalla realtà, il mio rifugio personale. Chissà quante volte ho preferito cucinare che lasciarmi andare ai pensieri deleteri e dolorosi... quando i nostri genitori saltavano il mio compleanno, e mandavano solo un misero messaggio scusandosi di non poterci essere a causa del lavoro, quando saltavano le recite a scuola, i colloqui, quando avevo bisogno di un consiglio e non erano presenti. Nonna Hellen era sempre lì, è stata lei a trasmettermi l'amore per questo mestiere fin da quando ero bambina... era una donna speciale, con tante passione, e la cosa più favolosa è che tutto ciò che amava fare le riusciva alla perfezione. Credo che non esistano tante persone così al mondo, capaci in tutto, con centinaia di talenti nascosti.

Ora, per ammazzare il tempo e tenere a bada i pensieri, ho deciso di fare un po' di shopping terapeutico. Ho appena acquistato delle bellissime platform nere con la suola rossa di Christian Louboutin, le desideravo da un bel po' e ho deciso di cedere e prenderle. Non sono una che spende sempre in abiti e scarpe, ma quando lo faccio compro sempre ciò che desidero senza badare a spese. Credo di meritarlo, ho lavorato sodo per tre anni, rinunciando a tutto e lanciandomi a capofitto nella mia professione. E poi, tra l'altro, non sono una che è attaccata ai soldi, se li guadagno non vedo il perché di non spendere almeno qualcosa in uno sfizio... conservare tutto non mi renderà più felice.

Esco dal negozio, bloccandomi in mezzo al marciapiede quando i miei occhi si posano sul bar davanti a me, quello sull'altro lato della strada. È un posto carino che ho frequentato alcune volte anni fa. Le enormi vetrate sono la cosa più bella abbinata all'arredamento minimal, e sembra abbiano addirittura ampliato l'interno, ma non è niente di tutto ciò ad aver attirato la mia attenzione. I capelli rossi di mia sorella sono inconfondibili, è accomodata a uno dei tavolini fuori, in compagnia di due ragazze che non conosco. Deglutisco mentre ripenso a quando un'ora e mezzo fa circa mi ha detto che sarebbe andata in facoltà per studiare mentre invece ora me la ritrovo davanti che fa colazione.
In un primo momento mi sento triste, ma subito dopo la rabbia ha la meglio. Non riesco a credere che mi abbia mentito.

Attraverso la strada, spinta dall'impulsività, e mi avvicino al loro tavolino. Tutte e tre si voltano nello stesso istante, ma i miei occhi sono posati solo su Lucia. Non fa nessuna espressione particolare, niente di niente, non è nemmeno dispiaciuta che abbia scoperto la sua bugia. Ma chi è diventata? Mi sembra di non conoscerla più. Ha l'aspetto di mia sorella ma è comunque un'altra persona.

"Non sapevo che la tua facoltà fosse al bar." il mio tono è tagliente e nervoso, tanto che le sue amiche si scambiano uno sguardo, che però ignoro. Non mi interessa di cosa penseranno, è Lucia che ha voluto questo. Io ho provato per giorni a parlarle, e lei è sempre scappata, addirittura mentendomi. "Potevi semplicemente dire che non avevi voglia di stare con me. Invece sei diventata una bugiarda?"

"Scusami? Io sono andata in biblioteca e poi loro mi hanno chiesto di fare colazione e le ho raggiunte, non pensavo di doverti avvisare dei miei cambi di programma come se fossi una bambina di dieci anni che ha bisogno di essere controllata." ride nervosamente e vedo i suoi occhioni luccicare "Sono abituata a stare sola. Ora smettila di starmi addosso come se fossi un cucciolo smarrito che ha bisogno di aiuto. Sono adulta."

Mi parla con freddezza e rabbia, lasciando fuoriuscire tutto ciò che si è tenuta dentro dal mio ritorno. Pare che le mie parole abbiano scatenato una sua reazione. Bene. "È il modo di trattarmi? Io voglio solo parlare con te, parlare di come stai, parlare della nonna."

"Della nonna?" si trattiene dall'urlare e vedo il suo viso pallido arrossarsi "Di cosa diavolo vuoi parlare? Tu non eri qui, non l'hai vista stare male, non hai visto la luce nei suoi occhi spegnersi poco a poco. Io ero sola. Non c'era nessuno con me quando ha esalato l'ultimo respiro. Non c'eri, così come non c'eri negli ultimi anni della mia vita. Poi però decidi di tornare e pretendi che tutto sia come prima? Tu ora vuoi parlare e gli altri devono obbedire sennò ti offendi e fai scenate come questa?" mi sputa in faccia tutto quello che pensa e, anche se mi sento male all'idea che abbia affrontato tutto questo da sola, mi sento attaccata e non riesco a restare serena e a rispondere con diplomazia cercando di calmare i nostri animi prima di fare peggiorare la situazione.

"E tu, come la persona matura che sei, hai deciso di scappare ogni volta invece di chiedermi tempo? Brava, complimenti, proprio la cosa migliore da fare." ribatto con altrettanta rabbia "Avrei capito se me l'avessi detto, ma ormai hai deciso che sono come i nostri genitori e mi hai chiuso fuori dalla tua vita senza se e senza ma."

"Io? Tu mi hai abbandonata, tu mi hai tagliata fuori da tutto. Ora non hai nessun diritto di parlarmi in questo modo." stavolta non si trattiene dall'urlare, attirando l'attenzione di alcuni passanti e facendomi trasalire. Abbiamo discusso tante volte, come succede a tutte le sorelle, ma mai in questo modo, mai con così tanto rancore in corpo. Eravamo capaci di risolvere tutto con una frase e un abbraccio, eravamo l'una la metà mancante dell'altra, l'una il sostegno dell'altra, mentre adesso? Ora sembra tutto distrutto, tutto perso. Di quello che eravamo sono rimaste solo le macerie, e sembra che nemmeno abbia ancora finito di franare, sembra abbia intenzione di ridursi tutto ancora maggiormente in polvere. "Voglio che mi lasci in pace. Torna a fare la tua vita senza di me, non mi serve la tua ipocrisia. Ho aspettato fin troppo tempo che ti degnassi di ricordarti di me, ora è tardi. Non mi serve più nessun aiuto."

Resto per qualche secondo a guardarla con gli occhi fuori dalle orbite e il mio petto che si abbassa e alza velocemente a causa del nervoso che sto provando. Mi sta davvero chiedendo di dimenticarmi di lei? Io non l'ho mai fatto nemmeno quando era a New York, come può credere una cosa simile?! Però sono consapevole che ora, niente di quello che dirò, potrà aiutare a sistemare le cose o a farle cambiare idea. La ferita è troppo fresca, i dolori si sono accumulati, e abbiamo solo bisogno di ricostruirci piano piano prima di avere un confronto perlomeno civile.

Per questo annuisco solamente, senza ribattere nessuna parola, e voltandomi di spalle mi allontano dal bar e da mia sorella, ignorando una fitta pungente al petto e ignorando la sensazione di aver rovinato tante cose della vecchia me e della mia vecchia vita.

*****

Bevo un sorso del vino rosso che ho trovato nella credenza in cucina e accendo la tv, bloccandomi però quando sento la porta dell'ingresso aprirsi. Per un istante penso che sia Lucia, ma poi il suo ragazzo e il suo amico mi appaiono davanti. Ovviamente, era scontato non fosse lei. Sono sicura che non tornerà nemmeno stanotte per dormire. Mi starà lontana finché potrà, proprio come facevamo noi due insieme con i nostri genitori quando siamo venute a vivere qua.

"La tua ragazza non è qua." lo informo senza nessuna traccia di sentimento nella voce, mentre lui scuote la testa come per allontanare le mie parole. Che sta succedendo?

"Lo so, è con Maria ed Eléonore... non sono qua per lei. Sono venuto a parlare con te." si infila le mani nelle tasca della giacca sportiva che indossa e io inarco un sopracciglio stranita. Non capisco cosa abbiamo da dirci io e lui, ci siamo parlati mezza volta, non ci conosciamo. Per me è un perfetto sconosciuto.

Comunque sia, per non fare la maleducata, poso il bicchiere sul tavolino davanti al divano e mi alzo in piedi, raggiungendo Benjamin e ignorando il suo amichetto biondo che è a pochi metri da noi e ci sta fissando come se fossimo una puntata della sua serie tv preferita. Questo tizio non dev'essere tanto normale. "Di cosa vorresti parlarmi?"

"Di Lucia. So che non sarebbe d'accordo, ma l'ho vista piangere disperata fino a poco fa per il litigio che avete avuto al bar stamattina e ho deciso di fare qualcosa." mi si stringe il cuore sentendo le sue parole... io non voglio questo, non voglio proprio che mia sorella stia male. "Non è stato bello ciò che le hai detto."

"Come prego?" ed ecco nuovamente quel moto di rabbia tornare a farmi visita, ma chi si crede di essere? Non si dovrebbe mettere in mezzo, non dovrebbe parlare di cose che non conosce fino in fondo. Cosa ne sa del mio rapporto speciale con mia sorella? Direi proprio nulla. Non ci ha mai viste prima, ha visto solo come siamo ora, e per questo pensa di poter venire in casa mia per sparare sentenze? "Non eri nemmeno presente e non le ho detto niente di peggio di quello che mi ha detto lei."

"Per cui è una gara a chi ferisce di più l'altra? Le hai detto di essere immatura tra l'altro, come ti salta in mente di etichettarla così per il suo modo di reagire al dolore? Ognuno di noi fa quello che può, come può. Ha appena perso sua nonna, tu sei appena tornata nella sua vita... dalle un po' di tregua."

"Sua nonna?" gli faccio eco, trovando irrispettoso tutto ciò che esce dalla sua bocca. "Era anche mia nonna, e anche io l'ho persa. Dannazione, lo so che sta male. Io voglio infatti che insieme proviamo a superare il dolore. Cosa sto facendo di sbagliato è oltraggioso, scusa? Sto solo cercando di essere d'aiuto." vedo Martin fissarmi insistentemente e sbuffo senza riuscire a trattenermi "E poi questo deve per forza stare in casa mia a fissarmi in quel modo mentre parliamo di questa cosa privata e delicata?"

"Sei proprio una stronza." mi risponde direttamente lui, lanciandomi un'occhiata maligna e uscendo poi da casa mia. Per fortuna ha capito almeno di non essere ospite gradito. Ci mancava solo lui nel quadretto. Non ho capito perché debbano entrare e uscire da qui come se fosse tutto normale. Devono capire che ci sono dei limiti che non deve superare. Non mi va per niente bene che Martin resti qua o che si stia in mezzo quando si parla di questioni private.

"Aurora... io non volevo dire questo." Ben sospira e attira così nuovamente la mia attenzione "Senti, Lucia non ha ancora trovato il coraggio di dirtelo, ma quando sei andata via si è sentita abbandonata. Tu eri lontana, non vi sentivate più, e lei qua senza di te si è sentita persa. I vostri genitori hanno messo il carico da cento tutto sulle sue spalle, se la sono presa ancora di più contro di lei, come se fosse il capro espiatorio. Vostra nonna ha cercato di aiutarla a reagire, ma quando ci hanno presentati avevo davanti una versione rotta e a pezzi di tua sorella. Pensava e diceva sempre che ti eri fatta una vita senza di lei e che per questo non la cercavi più. Ha provato a non perdere il rapporto, ma tu non le rispondevi mai se non per poco tempo, eri sempre così impegnata e lei si sentiva sempre di troppo. Era tutto diverso tra voi. È passata dall'essere una cosa sola con te a non riuscire nemmeno più a parlarti in santa pace per più di qualche minuto a settimana. Dopo un po', nonostante le mancassi da morire, ha smesso piano piano di parlare di te, di usarti come esempio nei racconti e nei discorsi. Ha iniziato a vivere la sua nuova vita, per non soffrire e per cercare di non pensarti. Poi Hellen è morta, lei ha perso l'altro suo pilastro, dopo aver perso te, e si è ritrovata nuovamente a pezzi. Se ora scappa è perché è impaurita, ferita, delusa... perché nella sua solitudine ha sofferto tanto, perché aveva bisogno di te centinaia, migliaia di volte ma tu non c'eri. Sei appena tornata, dopo la lontananza... non si può riavere tutto ciò che c'era una volta. Devi cercare di ricostruire tutto..."

Mi manca l'aria quando ascolto Benjamin, come se qualcuno mi avesse tirato un calcio nella bocca dello stomaco. Mia sorella si è sentita così male e a pezzi quando sono andata via e io non mi sono accorta di nulla? Sono stata così egoista, volevo solo cambiare aria e smettere di stare male per colpa dei nostri genitori, volevo fare il lavoro dei miei sogni senza che mi sentissi soffocare. Ho preso una scelta, non pensando che così avrei ferito e distrutto la persona più importante della mia vita. L'ho lasciata sola e indietro mentre io scappavo lontano dai problemi. Che persona sono? Che sorella sono? Forse non ha torto a paragonarmi a loro, forse non sono poi così tanto diversa da mamma e papà.

"Sono una merda..." un singhiozzo mi toglie il fiato ma me ne frego. Mi lascio andare per una volta, lascio sfogare le mie lacrime, ignorando tutte le volte che ci veniva proibito di mostrarci così. Non mi importa niente ora, se non il male che ho causato a Lucia. "Cosa posso fare per recuperare? Non voglio perderla ancora, voglio che capisca quanto è importante per me nonostante non glielo abbia dimostrato negli ultimi anni."

Lo sguardo del suo ragazzo si addolcisce appena, mentre allunga una mano e mi lascia una piccola carezza di conforto sulla spalla. "Scrivile tutto su una lettera, tutto ciò che provi e hai provato. In questo modo eviterete di discutere con rabbia ancora prima di dirvi ciò che dovete, inoltre lei non si sentirà pressata e verrà a parlarti appena si sentirà pronta." mi suggerisce questa idea con tatto e delicatezza, da come parla e si interessa all'argomento capisco che tiene davvero tanto a lei. Forse potrebbe non essere così male come ho pensato, forse l'ho giudicato troppo in fretta. Pensavo che fosse lui una delle cause per cui Lucia mi sta tenendo lontana, invece mi sono sbagliata e anche di tanto. L'unica colpevole qua, a quanto pare, sono io.

"D'accordo..." accetto, trovando che sia una cosa che ha senso e può funzionare "Farò così." lui annuisce e mi sorride appena, per la prima volta da quando ci conosciamo, così ricambio, come a volergli dimostrare che ho appena deposto le armi e non ho più intenzione di essere sgarbata con lui. Ci sta aiutando a risolvere, non mi serve sapere altro di più sul suo conto per capire che è okay.

Mi asciugo le lacrima dal viso con le maniche della felpa che ho addosso e la mia mente inizia già a pensare a cosa scrivere sulla lettera.
Sarò trasparente, cercherò di aprirle il mio cuore e farle leggere cosa davvero porto dentro, cercherò di farle capire che la voglio nella mia vita e che ho intenzione di ricostruire il rapporto tra noi, senza se e senza ma, costi quel che costi.

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